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Messaggi Don Orione
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Autore: Giuseppe Zambarbieri
Pubblicato in: La Piccola Opera della Divina Provvidenza, Anno XXXVII – N. 5 – Maggio 1942, p.4-6.

Un articolo di Don Giuseppe Zambarbieri.

PIO XII, IL PASTOR  ANGELICUS

 

Dal 24 settembre al 9 di ottobre 1934, 70 anni fa, Don Orione viaggiò da Genova a Buenos Aires sulla nave “Conte Grande”. Sulla medesima nave era imbarcata anche la Delegazione pontificia, capeggiata dal Card. Eugenio Pacelli, che si recava al Congresso Eucaristico internazionale celebrato nella capitale argentina dal 10 al 14 ottobre 1934. Durante quel viaggio e in terra argentina il futuro Papa Pio XII non perse occasione per manifestare la stima e l’affetto verso Don Orione.

Il Card. Eugenio Pacelli venne poi eletto Papa il 2 marzo 1939, poco dopo le ore 18. L'annuncio urbi et orbi veniva fatto dalla loggia centrale della basilica Vaticana dal card. Dominioni: era una nomina scontata, perché correva voce che il cardinal Pacelli, dotto e affermatissimo in tutto il mondo, come apprezzato e fedele collaboratore di Pio XI, "aveva studiato da Papa sin da piccolo". Giuseppe Zambarbieri, giovane segretario di Don Orione, descrive come Don Orione visse l’evento della elezione del nuovo Papa.

 

Giuseppe Zambarbieri

 

Ad attendere la “fumata bianca”, in quell’indimenticabile pomeriggio di marzo, c’era, in piazza San Pietro, anche Don Orione. Anche Lui con gli occhi inchiodati alla Cappella Sistina, in trepida attesa. Aveva lasciato Tortona nel primo mattino, sofferente per una delle ormai consuete sue notti “non buone”, ed aveva compiuto l’intero tragitto con il breviario o la corona fra le mani in continua preghiera per il Papa.

Verso le 16, con cuore che avresti detto presago, dall’Istituto Divin Salvatore di Via delle Sette Sale si era avviato verso S. Pietro ma anziché trattenersi sulla piazza, gremita già di migliaia di persone, era entrato nella basilica. Passando dinanzi alla statua di bronzo s’era arrestato per deporre il suo bacio di venerazione e mettere, col gesto si santa confidenza che gli era abituale, il suo capo sotto il Piede di S. Pietro. Poi aveva pregato a lungo sulla tomba degli Apostoli.

Uscì appena in tempo per vedere una nuvoletta candida di fumo innalzarsi agile e scomparire, mentre da mille e mille cuori s’era alzato, altissimo, un grido: IL PAPA! Un grido che pochi istanti più tardi si ripeteva moltiplicato, incontenibile e irrefrenabile, quando un nome – EUGENIO – scese verso la folla e fu benedetto in una acclamazione in cui  

Don Orione, con gli occhi che gli brillavano e le mani strette sul cuore che doveva battere forte, s’unì alla esultanza con la semplicità di un bimbo cui sia stata partecipata la notizia più bella.

E cantò il Te Deum a voce spiegata, piangendo di gioia, povero caro Padre, mentre all’inno di ringraziamento facevano eco, in quella sera di paradiso, con le campane di S. Pietro, tutte le torri dell’urbe, tutte le torri del mondo.

Del nuovo Pontefice il venerato Fondatore tesseva, in quello stesso marzo, questo mirabile elogio: “Ancora un Principe della Pace regge e guida con mano sicura la mistica nave: essa, dopo venti secoli di tempeste, solca le onde e volge la prora veloce verso  l’eterno. Sui solchi ricolmi di odio e di violenza vola una colomba che reca il ramoscello d’ulivo: sulla Rocca Vaticana appare il Pastor Angelicus dal portamento umile mite paterno, con quella calma che è la maestà della sua autorità e forza divina, con quella sicurezza serena, ma ferma, che sa i diritti di Dio, che vuole solo la gloria di Dio, il bene delle anime.

Le sue parole sono, saranno sempre parole di Padre, di verità, di amore, di salvezza, di vita eterna: ai piccoli come ai grandi, ai popoli e ai Governi Egli viene nunzio di pace e di restaurazione sociale…. Tutto in Lui parla il linguaggio della pace: il fascino d’una vita santa assorta in Dio; lo sguardo dolcissimo che ha abbracciato milioni di figli nella suggestiva bellezza  di stupende assise attorno agli altari; il nome stesso di Pio; il motto, che è programma di pace nella giustizia; il primo suo messaggio, il suo anelito di servire la verità con fortezza, ma insieme con carità: Veritatem facientes in charitate… ».

Quello che l’animo del nostro Fondatore esprimeva all’indomani della elezione di Pio XII alla Cattedra di S. Pietro è la realtà che si impone oggi al mondo intero rivolto al Pastore Angelico come all’unica luce in così pauroso tenebrore. Il cuore del Padre Comune, sensibilissimo a tutte le miserie e aperto a quanti sono i bisogni della grande famiglia umana, tutta più o meno provata dal dolore, batte accanto ad ogni sventura, divide ogni lacrima, mentre ciascun figliuolo afflitto, nelle carni o nello spirito, si consola nella certezza che c’è un’Anima che geme con lui, che soffre, che prega. Chi patisce per privazioni che si fanno ogni giorno più dure sa che il Papa quasi non tocca cibo e prende spesso sulla nuda terra il già esiguo riposo.

Chi fatica sotto il peso di fatiche immani non ignora che il bianco Operaio del Signore non si concede un istante di tregua e darebbe volentieri anche la vita pur di abbreviare i giorni della prova. I feriti di guerra, i mutilati hanno il suo incoraggiamento, le sue carezze che sono di madre. I prigionieri anche più lontani per le sue quotidiane sollecitudini possono dar segno di vita; e agli animi par di risorgere mentre in intere famiglie è la speranza che torna a rinascere.

 Le popolazioni più colpite dalla guerra, i profughi dai paesi invasi o dalle case distrutte sanno i palpiti della Sua carità, e ai figlioletti che implorano, arriva il pane per i soccorsi del Padre Comune. Chi sospira l’avvento della pace vera e duratura, quella che dovrà rendere i giorni a venire più giusti e più santi, sa che questo è l’anelito stesso del Papa. È la umanità tutta che, nel travaglio di quest’ora, trae forza per sostenere prove e sacrifici inenarrabili dalla fiducia riposta nel supremo Nocchiero. Tutti i buoni sono con Lui e forse mai con tanto amore, con tanta speranza si è guardato alla Cattedra di Pietro.

Il grido di gioia e di gratitudine a Dio che salutò il nome del nuovo Pontefice la sera del 2 marzo non si è spento né si potrà spegnere mai, chè anzi, - se è possibile -  si va facendo ancora più alto e più infuocato. Ogni settimana folle e folle avventurate accorrono a Lui, nella Casa del Padre, e Pio XII scende in mezzo ai suoi figliuoli dilettissimi, allarga le braccia per benedire tutti, vicini e lontani, presenti ed assenti, poi vorrebbe offrire a ciascuno,  con il conforto di una parola, il dono di un sorriso. È uno spettacolo che commuove e richiama le più belle scene evangeliche.

In Pio XII che con la santità della vita, col verbo di un sublime magistero e le tenerezze di una carità sconfinata, passa Angelo di consolazione e di salvezza, è San Pietro che rivive dopo venti secoli, è Gesù stesso… È il cuore di Gesù che batte nel cuore del Papa: è la parola di Gesù che conforta nella parola del Papa: nella mano del Papa che si alza per benedire è la benedizione del Signore, quella benedizione che reca in sé, per l’ora segnata nei misteri misericordiosi di Dio, la certezza di una pace che troverà attorno al Pastore Angelico, più stretta e più devota che mai pel passato, la intera umanità purificata da tanto dolore e da tante lacrime.

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