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Messaggi Don Orione
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Nella foto: Il Crocefisso di Don Orione, al santuario della Madonna della Guardia a Tortona.

Contesto, motivi, forme della devozione di Don Orione.

CRISTO RE CROCIFISSO.

Contesto, motivi, forme della devozione di Don Orione.

 

Note di Don Flavio Peloso

 

La devozione a Cristo Re ha fondamenti biblici e teologici. La regalità di Cristo è la chiave di interpretazione e di sviluppo di tutto il mistero cristiano e della vita ecclesiale.

La regalità di Cristo costituisce anche una contestazione e un richiamo di carattere sociale. È un invito a concepire e realizzare l’autorità politica come servizio e sacrificio, riconoscendo che la donazione, l’oblazione e l’amore sono fondamentali nell’esercizio di tale autorità. La regalità di Cristo è il modello di ogni autorità politica. «I capi delle nazioni, voi lo sapete, dominano su di esse e i grandi esercitano su di esse il potere. Non così dovrà essere tra voi; ma colui che vorrà diventare grande tra voi, si farà vostro servo, e colui che vorrà essere il primo tra voi, si farà vostro schiavo; appunto come il Figlio dell'uomo, che non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti» (Mt 20, 25-28).

 

LA REGALITÀ DI CRISTO

Socialmente ed ecclesialmente, la devozione a Cristo Re ha preso consistenza anche come risposta all’assolutismo culturale e politico che prescinde da ogni riferimento a Dio, etsi Deus non daretur,[1] ed è uno dei tratti tipici della modernità. Come tale, la regalità di Cristo fu “riscoperta” a partire dal XVII secolo, dal secolo dell’assolutismo politico che affonda le sue radici nella concezione, tipicamente umanistico-rinascimentale, di un potere non organicamente legato al Vero e al Bene (a Dio) ma che deve trovare il proprio fondamento in se stesso.

L’enciclica Annum sacrum di Leone XIII, del 25 maggio 1899, afferma che la devozione al Sacro Cuore ha la sua ragione teologica proprio nella regalità sociale di Cristo. Infatti, il coronamento del culto pubblico al Sacro Cuore fu l’istituzione della festa liturgica di Cristo Re. Il Giubileo del 1900, fu l’anno della consacrazione a Cristo Re. Leone XIII regalò una statua di Cristo Re perché fosse collocata sul monte più alto (raggiungibile) di ogni regione d’Italia.

Una statua fu anche collocata sul Monte Giarolo, sull’appennino tortonese. Per la solenne benedizione vi fu anche Don Orione. “Trent’anni fa anch’io ebbi a provare tali sentimenti quando ebbi, dopo penoso e faticoso viaggio, raggiunto la cima del Giarolo, il monte più alto dell’Appennino Ligure. Andai in treno da Tortona a San Sebastiano Curone. Da San Sebastiano Curone poi, fino alla cima del monte, andai a piedi, portando 20 Kg. Per la propaganda, poiché si doveva scoprire, inaugurare la statua del Divin Redentore. Ci furono tre Vescovi e anche molto Clero. Io giunsi là la vigilia della festa, affaticato e sudato con alcuni forestieri. Che impressione!, mai più provata!”.[2]

Nel 1922, Pio XI, subito all’inizio del suo pontificato, nella sua enciclica “Ubi arcano Dei”, si occupò del “liberalismo”. Leggiamone alcuni passaggi.

«Allontanato Gesù Cristo dalle leggi e dalla società, l'autorità appare senz'altro come derivata non da Dio ma dagli uomini, in maniera che anche il fondamento della medesima vacilla: tolta la causa prima, non v'è ragione per cui uno debba comandare e l'altro obbedire. Dal che è derivato un generale turbamento della società, la quale non poggia più sui suoi cardini naturali».

E conclude: «È necessario, dunque, che Egli regni nella mente dell'uomo, la quale con perfetta sottomissione, deve prestare fermo e costante assenso alle verità rivelate e alla dottrina di Cristo; che regni nella volontà, la quale deve obbedire alle leggi e ai precetti divini; che regni nel cuore, il quale meno apprezzando gli affetti naturali, deve amare Dio più d'ogni cosa e a Lui solo stare unito; che regni nel corpo e nelle membra, che, come strumenti, o al dire dell’Apostolo Paolo, come "armi di giustizia" (Rom. 6, 13) offerte a Dio devono servire all'interna santità delle anime. Se coteste cose saranno proposte alla considerazione dei fedeli, essi più facilmente saranno spinti verso la perfezione.».

Pio XI pensò di trasmettere al popolo le importanti insegnamento sulla signoria di Cristo mediante una festa liturgica intesa ad “accelerare e affrettare questo ritorno alla regalità sociale di Cristo”. Spiegò che la festa di Cristo Re sarebbe stata “un rimedio efficacissimo a quella peste, che pervade l'umana società. La peste della età nostra è il così detto laicismo, coi suoi errori e i suoi empi incentivi”.

Nel 1925, Pio XI stabilì dunque che la festa venisse celebrata l’ultima domenica dell’anno liturgico. E in tale giorno rinnovò e fece rinnovare la consacrazione dell’umanità intera al Cuore di Gesù.

Leggiamo alcune parole tratte dalla Quas primas, l’enciclica di Pio XI, dell’11 dicembre 1925, che istituisce la Festa di Cristo Re:

«Chi non vede che, fin dagli ultimi anni del secolo precedente, in modo ammirevole andava preparandosi il cammino per l’istituzione di questa festa? Tutti sanno che l’autorità e la regalità di Cristo sono stati già riconosciuti dalla pia pratica delle consacrazioni e omaggi al Sacro Cuore di Gesù rivoltigli da innumerevoli famiglie, e non solo da famiglie, ma anche da Stati e Regni, che hanno compiuto lo stesso atto. (…) Il diluvio di mali sull’universo proviene dal fatto che la maggior parte degli uomini ha respinto Gesù Cristo e la sua sacrosanta Legge, sia dalla vita privata che da quella pubblica. Non vi sarà certa speranza di pace duratura fra i popoli, finché gli individui e le nazioni si ostineranno a negare e rifiutare l’imperio del Salvatore».

            La nuova festa contribuì moltissimo a diffondere la devozione di Cristo Re.

            La devozione a Cristo Re servì pure a contrastare le diverse dottrine politiche del tempo, comunismo, nazismo e fascismo. La regalità di Cristo segnava il punto di contraddizione e di divaricazione rispetto alle teorie totalitarie della vita pubblica. Offre una visione e un progetto alternativo di società fraterna e cristiana e si oppone a qualsiasi potere politico assoluto e idolatrico.

            La maggioranza dei martiri lungo i secoli furono uccisi per la loro fedeltà al Regno divino. In nome di Cristo Re, i cristiani e la Chiesa resistettero ai totalitarismi d’ogni tipo lungo i secoli.

Proprio all’inizio del XX secolo, in un’epoca di assolutismi politici, l’adesione alla regalità di Cristo rinforzò l’impegno dei cristiani per la dignità e la libertà dell’uomo. Molti cristiani, durante le persecuzioni, morirono al grido di "Viva Cristo Re!".

            In Messico, i "cristeros" protestarono contro uno Stato persecutore ispirato dalla massoneria. La persecuzione iniziò nel 1926 e si concluse, anche se non definitivamente, nel 1929. Il nome Cristeros nacque dagli avversari in senso dispregiativo, deriva da Cristos Reyes, i “Cristi-Re”, “quelli che credono a Cristo Re”; molti morirono professando come ultimo atto di fede “viva Cristo Re”.  Il tema della regalità di Cristo era all’epoca molto popolare, dopo l’istituzione della festa di Cristo Re e l’enciclica Quas primas, di  Pio XI.

In Spagna, Cristo Re rappresentò per i cattolici il simbolo dell'opposizione alla repubblica laica e laicista, antireligiosa ed anticlericale che scatenò una persecuzione religiosa cruenta soprattutto negli anni 1936-1939. "Viva Cristo Re!" fu il grido glorioso da contrapporre al "Viva il comunismo!" o “Viva l’anarchia”, preteso dai carnefici per salvare la vita prima dell'esecuzione capitale. Così avvenne anche nel momento del martirio degli orionini Padre Ricardo Gil Barcelòn e Antonio Arrué Peirò, il 3 agosto 1936.[3]

Dopo l'avvento del nazismo, in Germania ci furono cristiani che si ribellarono a Hitler in nome di Cristo Re; l’Azione Cattolica tedesca innalzava il monogramma di Cristo in opposizione alla svastica. La persecuzione fu particolarmente violenta contro gli esponenti del cattolicesimo in Germania e Polonia. Significative le ultime parole del martire orionino a Dachau, il beato Francesco Drzewiecki: “Per Dio, per la Chiesa e per la Patria”.[4]

In Russia e nei paesi di dominio comunista, la resistenza cristiana ha scritto molti, diversi ed eroici capitoli respingendo come idolatria il regime totalitario ateo che per prima cosa eliminava la cultura e la memoria di ogni altro regno antagonista, compreso quello di Cristo.

            Oggi, all’inizio del terzo millennio, il cristocentrismo e la visione di Regno di Cristo ha il suo valore più che “contro” particolari regimi totalitaristi (succede ancora) come “oltre” il relativismo laicista, la frammentazione culturale e morale, l’individualismo disgregante e mortifero, che costituisce la condizione perché prevalga il più forte. Papa Francesco non ha esitato a identificare il nuovo totalitarismo idolatrico nel potere del Denaro e di chi lo detiene.

 

INSTAURARE OMNIA IN CHRISTO ORIONINO

L“Instaurare omnia in Christo” è l’affermazione/evento della redenzione speculare all’affermazione-evento della creazione: “Tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste” (Gv 1, 3).

L’”omnia” indica l’unitotalità, il “pleroma”.[5] Il termine «pleroma - πλήρωμα» significa pienezza. Questo termine nelle lettere di san Paolo indica che Cristo è la pienezza per eccellenza, pienezza di ogni cosa; e che le membra del corpo mistico sono piene di Dio, in Cristo. Diventano così una pienezza, un pleroma innestato sul pleroma di Dio; πλήρωμα designa ciò che è riempito, non ciò che riempie.

Instaurare omnia in Christo” indica il movimento creativo/redentivo, da cosmo creato al cosmo escatologico, ri-creato e riunificato in Christo dopo essere passato per il caos (male-peccato).

            Don Orione scelse per sé e per la sua Congregazione il motto di San Paolo "Instaurare omnia in Christo". [6] "E' il motto e programma nostro", dirà più volte.

            L’Instaurare omnia in Christo è percepito da Don Orione soprattutto nella prospettiva storico-esistenziale, nel senso apostolico di contribuire a rendere participi le persone e le realtà terrene della salvezza operata da Cristo.

            La scelta apostolica di Don Orione non si qualifica tanto sul piano del fare ("instaurare"), o dei destinatari ("omnia"), ma si incentra sull'essere ("in Christo"). È il piano della salvezza del Padre; "L'opera della sua Divina Provvidenza consiste nell'instaurare omnia in Christo". E Don Orione, con i suoi, vuol essere nella Chiesa una "Piccola" opera della Divina Provvidenza. [7] "Amiamo chiamarci Figli della Divina Provvidenza, intendendo collaborare come singoli e come famiglia religiosa, al disegno provvidenziale del Padre, che vuole condurre all'unità di un solo capo, Cristo, tutte le cose ("Instaurare omnia in Christo"), per l'edificazione dell'intero suo corpo". [8]

            Don Orione, appassionato discepolo e apostolo di Cristo, è aperto, spalancato sugli altri, sulle "anime da salvare", sulla società che va mutando.

            Guardando all'illusorio affermarsi di ideologie e costumi che negano Dio e ascoltando al grido angoscioso di tanti fratelli, commosso dal disorientamento del popolo “come pecore senza pastore” annunciava la profezia disarmante: "Verrà un giorno in cui basterà alzare un Crocifisso e tutti si inginocchieranno davanti a Dio". [9]

            Alla società, groviglio di problemi, di tensioni, di tristezze e di mali, aveva un unico annuncio di liberazione da portare: "solo Cristo salverà il mondo".

            "Senza Cristo tutto si abbassa, tutto si offusca, tutto si spezza: il lavoro, la civiltà, la libertà, la grandezza, la gloria del passato, tutto va distrutto, tutto muore!". [10]

            "Quando il popolo sembrerà per sempre strappato a Dio, allora si risveglierà come un forte, e comprenderà che solo Cristo è la sua vita e la sua felicità, e a voce grande e angosciosa invocherà il Signore, il Dio delle misericordie". [11]

            In questa visione, il servizio più urgente è: "Su tutto e su tutti alziamo Gesù Cristo e Cristo Crocifisso: non vi è altra salute e altra vita". [12]

            "Alzare il Crocifisso sul mondo" fu il gesto famoso e consueto di Papa Giovanni Paolo II che alzava il crocifisso il suo pastorale, segno di unità e speranza, sulle folle di tutte le terre visitate nei suoi numerosi viaggi missionari, accompagnato dalle parole "Aprite le porte a Cristo"! Nella sua enciclica programmatica Redemptor Hominis n.10, scrive: "Cristo Redentore rivela pienamente l'uomo all'uomo stesso. L'uomo non può vivere senza amore... la sua vita è priva di senso se non si incontra con l'amore, se non lo sperimenta e non lo fa proprio, se non vi partecipa viva­mente. L'uomo è chiamato - con la sua inquietudine e incertezza ed anche con la sua debolezza e peccaminosità, con la sua vita e morte – ad avvicinarsi a Cristo".

            La società ha bisogno di buoni politici, di buoni programmi sociali ed economici, di buone leggi, ma ha soprattutto bisogno di un'anima, di uno spirito e di un progetto: Cristo.

            "In quest'ora del mondo, ora tanto dolorosa e tanto triste, risolviamo di conservare inestinguibile e ognor più divampante il sacro fuoco dell'amore a Cristo e agli uomini. Senza questo sacro fuoco, che è amore e luce, che resterebbe dell'umanità? Ottenebrata la intelligenza, il cuore fatto freddo, gelido più che il marmo di una tomba, l'umanità vivrebbe convulsa tra dolori di ogni genere senza alcun altro conforto, solo abban­donata ai tradimenti, ai vizi, e scelleraggini, senza nome... Con Cristo tutto si eleva, tutto si nobilita: famiglia, amore di Patria, ingegno, arti, scienze, industrie, progresso, organizzazione sociale". [13]

La devozione a Gesù crocifisso e alla Croce fu uno dei cardini della sua spiritualità di Don Orione. Ricordava che “La Piccola Opera è sorta ai piedi di un Crocifisso, in una Chiesa del Crocifisso e in una Settimana Santa”.[14]

“La nostra Congregazione ha tre devozioni principali verso Gesù: la prima a Gesù Crocifisso poiché dovete sapere che la nostra Congregazione è sorta in un umile Oratorio chiamato del Crocifisso e ai piedi del Crocifisso sorse la nostra Congregazione. La seconda devozione è al Santissimo Sacramento; e la terza è al Sacro Cuore di Gesù”.[15]

L’espressione "Gesù si ama in Croce e crocifissi con lui o non lo si ama affatto” è una delle espressioni che marcano il suo stampo spirituale e ascetico. Il cristianesimo può diventare un sentimentalismo senza la conformazione a Cristo Crocifisso. “Soffriamo con Gesù Cristo. Se la Congregazione non sarà educata dal dolore rimarrà sempre bambina”,[16] avvertiva Don Orione.

"Morire a noi stessi per vivere a Cristo, fare della nostra vita un olocausto di amore a Dio e al prossimo nelle mani di Maria Santissima, sempre umili e devoti ai piedi della Santa Chiesa: questa sia la nostra vita".

            "Su, animo, siate fin lieti di soffrire con Gesù Crocifisso e con la Chiesa... Beati quelli che patiscono qualche cosa, che dolorano nello spirito e nel corpo, nel nome e per l'amore di Gesù Cristo... Nulla è più saporito del legno della Croce".

A ricordare la centralità del mistero della redenzione, instaurò una consuetudine: “Alle parole «sia lodato Gesù Cristo» d’ora innanzi si aggiungerà «Nostro Dio e nostro Re Crocifisso». La redenzione viene da lì. La redenzione non viene da Santa Filomena o da S. Espedito. Il nostro Redentore è il Crocifisso. Il Signore si ama così. E’ nostro Re, ma Re dalla Croce. Regnavit a ligno Deus. Regnò dal legno il Signore”.[17]

Un’altra consuetudine alquanto curiosa e significativa. Don Orione era solito dare il “nome” nuovo alle Piccole Suore Missionarie della Carità al momento della professione religiosa. A tutte le suore dava come primo nome “Maria” e poi, a molte, dava un nome, in latino, che celebrava qualche prerogativa della “Croce”. Con i nomi delle Suore ha scritto una vera litania e una teologia della Croce.[18]

Alla devozione a Cristo crocifisso è strettamente legata l’attitudine a riconoscerlo e a servirlo nella persona dei poveri. Raccomandava: “Vi dovete onorare di servire Gesù Cristo: amare i poveri è amare Gesù: servire i poveri è servire Gesù. E così giungerete alla perfezione nella carità che è santità, la carità che è amore di Dio e del prossimo, e dei più bisognosi”.[19]

Un’altra consuetudine alquanto curiosa e significativa. Don Orione era solito “dare il nome” alle Piccole Suore Missionarie della Carità al momento della Professione religiosa. Dava a tutte per primo nome comune: MARIA. Don Orione, a molte Suore diede un nome, in latino, che celebrava una prerogativa o un frutto della CROCE. Con i nomi delle Suore, ha scritto una vera litania e una teologia della Croce.[20]

Concludiamo con un testo di Don Orione di grande sapienza e valore mistico.

"La nostra vita e tutta la nostra Congregazione
dev'essere un cantico insieme e un olocausto di fraternità universale in Cristo.
Vedere e sentire Cristo nell'uomo.
Dobbiamo avere in noi la musica profondissima e altissima della carità.
Per noi il punto centrale dell'universo è la chiesa di Cristo,
e il fulcro del dramma cristiano l'anima.
Io non sento che una infinita, divina sinfonia di spiriti, palpitanti intorno alla Croce.
E la croce, stilla per noi, goccia a goccia, attraverso i secoli,

il sangue divino sparso per ciascuna anima umana.
Dalla croce, Cristo grida: Sitio!
Terribile grido di arsura che non è della carne, ma è grido di sete d'anime,
ed è per questo sete delle anime nostre che Cristo muore.
Io non vedo che un cielo, un cielo veramente divino,
perché è il cielo della salvezza e della pace vera:
io non vedo che un regno di Dio, il regno della carità e del perdono,
dove tutta la moltitudine delle genti è eredità di Cristo e regno di Cristo.
La perfetta letizia non può essere che nella perfetta dedizione di sé a Dio e agli uomini,
a tutti gli uomini, i più miseri come ai più fisicamente moralmente deformi,
ai lontani, ai più colpevoli, ai più avversi.
Ponimi, o Signore, sulla bocca dell'inferno perché io, con la misericordia tua, lo chiuda.
Che il mio segreto martirio per la salvezza delle anime, di tutte le anime,

sia il mio paradiso e la suprema mia beatitudine".[21]      

 

[1] Etsi deus non daretur - Anche se dio non fosse dato è una espressione latina coniata per affermare che il diritto naturale è valido di per sé, che Dio esista o meno (Ugo Grozio, 1625). Benedetto XVI ha proposto di capovolgere "l’assioma degli illuministi, l’etsi Deus non daretur nel cui segno nasce la modernità, poiché anche chi non riesce a trovare la via dell’accettazione di Dio dovrebbe comunque cercare di vivere e indirizzare la sua vita veluti si Deus daretur, come se Dio ci fosse";

[2] Parola del 5.10.1930; IV, 357..

[3] La persecuzione religiosa di Spagna portò a circa 7000 religiosi e decine di migliaia di laici uccisi, alla distruzione degli edifici religiosi, costringendo il culto e la vita religiosa alla clandestinità. Vedi Flavio Peloso, Anche voi berrete il mio calice. Padre Riccardo Gil Barcelón e Antonio Arrué Peiró martiri orionini in Spagna, Borla, Roma, 2002.

[4] Al lager di Dachau è legata una delle pagine più tragiche e gloriose del Clero polacco: in esso furono reclusi ben 1780 ecclesiastici e di essi 868 vi trovarono la morte. Migliaia furono i laici reclusi e uccisi solo perché erano figure influenti del cattolicesimo. Vedi Flavio Peloso - Jan Borowiec, Francesco Drzewiecki. N. 22666: un prete nel Lager, Borla, Roma, 2008.

[5] “Signore Gesù Cristo, in virtù del quale esistono tutte le cose e noi esistiamo per lui”, 1Cor 8,6; “Tutte le creature del cielo e della terra, sotto la terra e nel mare e tutte le cose ivi contenute”; Ap 5,13;

[6] Cfr. Lettera a Mons. Bandi del 18-1-1905, Lettere, I, p. 43-46. Non è facile tradurre in lingua corrente il verbo instaurare. Don Orione stesso usa varie "traduzioni": ricapitolare, riunificare, edificare, ricostruire, mettere sotto lo stesso capo... tutto, tutti... in Cristo.

[7] Tutto questo è mirabilmente esposto da San Paolo nella lettera agli Efesini nello splendido "inno cristologico" (Ef. 1,3-14) da cui è tratto l'"instaurare omnia in Christo" e che, a buon diritto, può essere definito l'inno all'opera della Divina Provvidenza. Don Orione lo assume a schema e fonte di ispirazione nello stendere il fondamentale testo del "Piano e Programma della Piccola Opera" con cui presenta il suo carisma di fondatore al Vescovo Mons. Bandi (11-2-1903) per avere il riconoscimento e l'approvazione diocesana della Congregazione. Cfr. Lettere, I, 11-22.

[8] Costituzioni e Norme dei Figli della Divina Provvidenza (Don Orione), 1982. Art. 1.

[9] Scritti, 61-119. Don Orione nella luce di Maria, p. 484. In cammino con Don Orione, p. 316-8.

[10] Scritti, 53-9.

[11] Scritti, 61-119.

[12] In cammino con Don Orione, p. 317. Si tratta di una bella lettera a Don Benedetto Galbiati. "Sì, Gesù vuol regnare, ma a ligno, sì Gesù vuol vincere, ma nell'amore; vuol trionfare, ma nella misericordia... Il tempo è breve; e non vi è altra salute che alzare sui popoli Gesù Cristo e Gesù Crocifisso", p. 318.

[13] Scritti 53-9 e 57-222.

[14] Cfr Scritti 57, 167; 65, 69; 68, 81. Quel crocifisso cui tante volte Don Orione fa riferimento, si trovava nella chiesa detta “del Crocifisso”; lì adunava i ragazzi del primo Oratorio del 1892. Quel Crocifisso, chiusa la chiesa, lo teneva nella sua cameretta al “Paterno” di Tortona fino a quando, nel 1931, fu collocato nel Santuario della Madonna della Guardia di Tortona, ove tuttora si trova.

[15] Parola del 6.12.1929; III, 226.

[16] Scritti 57, 170.

[17] Parola X, 1-2.

[18] Ecco i nomi, alcuni dati anche più volte: Abnegatio Crucis, Amor Crucis, Ardor Crucis, Auxilium Crucis, Beatitudo Crucis, Charitas Crucis, Confidentia Crucis, Consolatio Crucis, Corona Crucis, Desiderium Crucis, Devotio Crucis, Divitia Crucis, Dulcedo Crucis, Fides Crucis, Gaudium Crucis, Gloria Crucis, Gratia Crucis, Laetitia Crucis, Misericordia Crucis, Misterium Crucis, Mortificatio Crucis, Passio Crucis, Pax Crucis, Perfectio Crucis, Regina Crucis, Salus Crucis, Sapientia Crucis, Serva Crucis, Signum Crucis, Spes Crucis, Suavitas Crucis, Via Crucis, Virtus Crucis, Vita Crucis, Viventia Crucis.

[19] Scritti 105, 390.

[20] Abnegatio Crucis, Amor Crucis, Ardor Crucis, Auxilium Crucis, Beatitudo Crucis, Charitas Crucis, Confidentia Crucis, Consolatio Crucis, Corona Crucis, Desiderium Crucis, Devotio Crucis, Divitia Crucis, Dulcedo Crucis, Fides Crucis, Gaudium Crucis, Gloria Crucis, Gratia Crucis, Laetitia Crucis, Misericordia Crucis, Misterium Crucis, Mortificatio Crucis, Passio Crucis, Pax Crucis, Perfectio Crucis, Regina Crucis, Salus Crucis, Sapientia Crucis, Serva Crucis, Signum Crucis, Spes Crucis, Suavitas Crucis, Via Crucis, Virtus Crucis, Vita Crucis, Viventia Crucis. Sono 36 nomi e alcune volte li hanno avuti più Suore.

[21] Scritti 63, 227.

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