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Messaggi Don Orione
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Nella foto: Card. Carlo Maria Martini, al Santuario della Madonna della Guardia, Tortona.
Pubblicato in: Messaggi di Don Orione, n. 99, 1999.

Con i suoi discorsi, le sue meditazioni e i suoi libri divenne il padre spirituale del mondo.

CARLO MARIA MARTINI

Arcivescovo di Milano e padre spirituale del mondo.
La sua amicizia con la Congregazione.

 

         Don Flavio Peloso

        Il card. Carlo Maria Martini è stato un grande biblista, arcivescovo di Milano. Con la pubblicazione di tanti suoi libri divenne di fatto “padre spirituale” dei cristiani di tutto il mondo che alle sue meditazioni attinsero nutrimento di dottrina e pedagogia di vita spirituale.

            Il card. Carlo Maria Martini è morto il 31 agosto 2012, ospite dell'Aloisianum di Gallarate, ove si trovava dal 2008 per curare il morbo di Parkinson che lo costrinse al silenzio e all'immobilità. Era nato a Torino, il 15 febbraio 1927. Aveva 85 anni.  Gesuita, sacerdote, biblista, vescovo di Milano dal 1979 e cardinale dal 1983. Dopo le sue dimissioni per limite di età dal governo della diocesi di Milano, nel 2002, visse fino alla fine del 2007 prevalentemente a Gerusalemme, dove riprese gli studi biblici. Rientrò in Italia, definitivamente, nel 2008e si stabilì all'Aloisianum di Gallarate, bisognoso di cure mediche. Alle 15:45 del 31 agosto 2012 è sopraggiunta la morte. I funerali verranno celebrati lunedì 3 settembre nel duomo di Milano dove sarà sepolto.

            Come Congregazione orionina ricordiamo con affetto e devozione il Cardinale Carlo Maria Martini per il suo magistero spirituale, per la sua devozione verso Don Orione e l’attenzione verso la Congregazione. Trovavo i suoi libri di meditazione nei banchi delle cappelle delle nostre comunità in tutto il mondo, tradotti nelle diverse lingue. Ha avuto tratti di attenzione personale verso alcuni nostri confratelli e istituzioni.

            Resta memorabile la sua partecipazione alla Festa della Madonna della Guardia, a Tortona, il 29 agosto 1998. Egli stesso manifestò le ragioni del suo affetto verso la Piccola Opera.

Disse: “Ho accolto con gioia l'invito per attestare i profondi legami esistenti tra la Diocesi di Tortona e la Diocesi di Milano fin dal tempo di San Carlo Borromeo, ma ravvivati dai rapporti affettuosi intercorsi tra il mio predecessore, il Beato Cardinale Schuster, e il Beato Luigi Orione. Fu proprio Schuster a incoraggiarlo nella fondazione del Piccolo Cottolengo della Divina Provvidenza a Milano e a benedire la prima pietra dell'edificio, il 7 dicembre 1938, presso cui sorse la parrocchia di San Benedetto, affidata agli Orionini”.

Poi, il Card. Carlo Maria Martini, accennò ai ricordi personali. “Io stesso mi sento legato a don Orione per tanti motivi: la profonda impressione ricavata dalla lettura della sua vita nel tempo della mia formazione; un ritiro di otto giorni predicato tanti anni fa a molti novizi orionini, di cui qualcuno è oggi qui presente”.

Il legame istituzionale e pastorale più stabile fu con “Milano, dove ho incontrato la presenza dei suoi zelanti sacerdoti e della Piccola Opera. Ero giunto da poco a Milano come Arcivescovo quando, il 27 ottobre 1980, Giovanni Paolo II lo proclamò beato. Nell'omelia in quell'occasione il Papa paragonò il cuore di don Orione a quello dell'apostolo Paolo: "Tenero e sensibile fino alle lacrime, infaticabile e coraggioso fino all' ardimento, tenace e dinamico fino all'eroismo, sempre raccolto in continua e fiduciosa preghiera talvolta accompagnata da terribili penitenze. E, il 27 giugno 1981, toccò a me benedire la statua del nuovo Beato, scolpita nel marmo di Candoglia, che venne collocata sulla facciata destra del Duomo di Milano”.

A Tortona, il card. Martini disse: “In questo stupendo Santuario c'è lo spirito di Don Orione, non soltanto l 'urna con il suo corpo. C'è la testimonianza della sua fede e della sua autentica filiale devozione alla Madonna che egli chiamava "la fondatrice e la Madre della Piccola Opera della Divina Provvidenza" . In realtà Maria è stata, per così dire, all'inizio della vocazione sacerdotale di don Luigi e poi di tutte le sue opere. È vero che senza di lui, senza il suo coraggio non si sarebbe costruito questo tempio dedicato alla Madonna della Guardia di Tortona, ma è altrettanto vero che – sono parole sue - fu "la Madonna a volerlo".

Di Don Orione ammirò e additò soprattutto la fede, la fiducia nella Divina Provvidenza: “Di questa fede, per la quale ci si affida perdutamente al Signore e si vede ogni evento e ogni rapporto nella luce di Dio, noi abbiamo oggi estremamente bisogno.
È la fede del Beato Orione che diceva: "La nostra fede , fatta potente contro ogni battaglia, divenuta il più grande e divino conforto della vita umana, è la più alta ispiratrice d'ogni valore, di ogni santo eroismo, di ogni arte bella che non muore, di ogni vera grandezza morale, religiosa e civile. Deh! che· Gesù mai abbia a rivolgerei il rimprovero rivolto ai discepoli, impauriti dalla tempesta! La nostra fede riposa in Lui.
E proseguì:
“A proposito c'è una pagina molto bella. "Io non vedo che un Cielo divino, il cielo della salvezza e della pace vera. Io non vedo che un Regno di Dio: il regno della carità e del perdono, dove tutta la moltitudine delle genti è eredità e regno di Cristo. Ponimi, Signore, sulla bocca dell'inferno perché io, per la misericordia tua, la chiuda.
Che il mio segreto martirio per la salvezza delle anime, di tutte le anime,sia il mio paradiso e la mia suprema beatitudine”.

Il card. Martini concluse quella sua bella omelia, chiedendo: Ci doni il Signore, per intercessione della Madonna della Guardia e del Beato Orione, di vivere la sapienza dell'amore e della croce”.

 

LE VIRTÙ DELLA FEDE E DELLA SAPIENZA

Testo dell'omelia del card. C. M. Martini alla festa della Madonna della Guardia, a Tortona, il 29 agosto 1998

Ho accolto volentieri l’invito anzitutto nel desiderio di onorare la Madonna. Come scrive il Papa nella Tertio Millennio Adveniente: “Maria, Madre del bell’amore, sarà per i cristiani incamminati verso il Giubileo del terzo millennio la Stella che ne guida con sicurezza i passi incontro al Signore”. Vorrei quindi vivere questo momento anche come preparazione all’anniversario bimillenario della nascita di Cristo Gesù, e anche come uno degli ultimi atti di un secolo che si può ben chiamare secolo di Maria, segnato dalla proclamazione del dogma dell’Assunta, dagli eventi di Fatima e da altri segni della presenza della Madre di Dio.

I numerosi santuari mariani sparsi nel mondo sono i luoghi dove si sperimenta una particolare presenza di Maria come Madre, i luoghi verso i quali accorriamo per aprirle il cuore e chiederle di pregare per e con noi. Del resto, proprio la storia del vostro Santuario attesta che la Vergine tiene il cuore aperto all’ascolto e ci custodisce, veglia su di noi con particolare protezione. Sono dunque lieto di essere qui oggi per la prima volta. Anche se, passando in macchina per l’autostrada e vedendo luccicare la statua dorata della Mater Dei collocata sulla torre del campanile, mi trovavo invitato a pensare alla storia e alla gloria di questo luogo.

Mi sento legato a Don Orione

Il secondo motivo per cui ho accolto con gioia l’invito è quello di attestare i profondi legami esistenti tra la Diocesi di Tortona e la Diocesi di Milano fin dal tempo di san Carlo Borromeo, ma ravvivati dai rapporti affettuosi intercorsi tra il mio predecessore, il Beato Cardinale Schuster, e il Beato Luigi Orione. Fu proprio Schuster a incoraggiarlo nella fondazione del Piccolo Cottolengo della Divina Provvidenza a Milano e a benedire la prima pietra dell’edificio, il 7 dicembre 1938, presso cui sorse la parrocchia di San Benedetto, affidata agli Orionini.

Ma io stesso mi sento legato a don Orione per tanti motivi: la profonda impressione ricavata dalla lettura della sua vita nel tempo della mia formazione; un ritiro di otto giorni predicato tanti anni fa a molti novizi orionini, di cui qualcuno è oggi qui presente. E poi a Milano, dove ho incontrato la presenza dei suoi zelanti sacerdoti e della Piccola Opera.

Ero giunto da poco a Milano come Arcivescovo quando, il 27 ottobre 1980, Giovanni Paolo II lo proclamò beato. Nell’omelia in quell’occasione il Papa paragonò il cuore di don Orione  a quello dell’apostolo Paolo: “Tenero e sensibile fino alle lacrime, infaticabile e coraggioso fino all’ardimento, tenace e dinamico fino all’eroismo, sempre raccolto in continua e fiduciosa preghiera talvolta accompagnata da terribili penitenze”. E, il 27 giugno 1981, toccò a me benedire la statua del nuovo Beato, scolpita nel marmo di Candoglia, che venne collocata sulla facciata destra del Duomo di Milano.

Ora, in questo stupendo Santuario c’è lo spirito di Don Orione, non soltanto l’urna con il suo corpo. C’è la testimonianza della sua fede e della sua autentica filiale devozione alla Madonna che egli chiamava “la fondatrice e la Madre della Piccola Opera della Divina Provvidenza”. In realtà Maria è stata, per così dire, all’inizio della vocazione sacerdotale di don Luigi e poi di tutte le sue opere. E’ vero che senza di lui, senza il suo coraggio non si sarebbe costruito questo tempio dedicato alla Madonna della Guardia di Tortona, ma è altrettanto vero che - sono parole sue - fu “la Madonna a volerlo”.

Mi è quindi caro evocare oggi anche il volto evangelico di don Orione, mentre cantiamo la bellezza della Vergine. Già durante la novena, predicata da Monsignor Giovanni Giudici, mio Vicario Generale, avete meditato a lungo sulla Madonna e su diverse figure bibliche che ci aiutano a conoscerla. Io vorrei limitarmi, lasciandomi guidare dalla prima e dalla terza lettura della Messa, a sottolineare la virtù della fede e il dono della sapienza che rifulgono in Maria in maniera esemplare e che risplendono pure nella vita di don Orione. Potremo così trarre dalla festa di oggi due importanti messaggi per il nostro cammino di Chiesa e di cristiani in questa fine di millennio.

“Beata colei che ha creduto”

Il brano del Vangelo secondo Luca, che racconta la visita di Maria all’anziana cugina Elisabetta, ha nel centro, nella sua prima parte, il grido incontenibile di gioia che esce dalla bocca di Elisabetta.               

“Beata colei che ha creduto”. Beata tu, Maria, che hai creduto. Questo accostamento tra la fede e la beatitudine è davvero profetico: mossa dalla Spirito santo, Elisabetta dice una verità grandissima e la dice come realizzata di fatto in Maria. In Maria Dio finalmente dà compimento al suo disegno di salvezza con l’Incarnazione del Figlio, in lei tutte le ricchezze della fede trovano l’accoglimento più perfetto; lei è la credente per eccellenza perché abbandona la vita alla sua fede e fa della sua vita uno spazio nel quale i misteri di Dio possono dilagare, in obbedienza totale alla volontà del Padre. Le parole di Elisabetta non si applicano soltanto al momento dell’annunciazione, ma a tutto l’itinerario dell’esistenza di Maria, fino alla passione e alla morte di Gesù. Ai piedi della croce, ella partecipa mediante la fede alla morte redentrice del Figlio.

 Per questo Elisabetta ha esclamato: “Benedetta tu fra le donne, e benedetto il frutto del tuo grembo!” Le sue parole sono simili a quelle che nell’Antico Testamento vengono rivolte a due donne (Giaele e Giuditta) che hanno liberato il popolo d’Israele con la violenza, la seduzione e le armi; Maria invece libera il suo popolo accogliendo nel suo grembo il Verbo di Dio, con le armi della fede, della disponibilità e dell’attesa amorosa.

Di questa fede, per la quale ci si affida perdutamente al Signore e si vede ogni evento e ogni rapporto nella luce di Dio, noi abbiamo oggi estremamente bisogno. E’ la fede del Beato Orione che diceva: “La nostra fede, fatta potente contro ogni battaglia, divenuta il più grande e divino conforto della vita umana, è la più alta ispiratrice d’ogni valore, di ogni santo eroismo, di ogni arte bella che non muore, di ogni vera grandezza morale, religiosa e civile. Deh! che Gesù mai abbia a rivolgerci il rimprovero rivolto ai discepoli, impauriti dalla tempesta! La nostra fede riposa in Lui e nella sua infinita bontà e misericordia: egli è il Dio e il Padre nostro, grande e buono che, se affanna suscita, se abbatte consola, e “non turba mai la gioia dei suoi figli se non per prepararne loro una più certa e più grande”. Noi siamo sempre ammirati di fronte alla carità immensa di Don Orione, ma la fede, una fede ardente e robusta, incrollabile, era il fondamento di tanta carità.

Il dono della sapienza

E, con la fede, rifulge in Maria  il dono della sapienza quale partecipazione alla sapienza di Gesù. La sapienza è il dono, infuso in noi dallo Spirito santo, che ci fa vedere tutto con gli occhi di Dio, con il suo sguardo, di vederlo dall’alto. E’ il dono di cogliere il mistero di Dio nelle contrarietà, nella povertà, nel volto di Gesù Crocifisso, quindi di capire la croce.

Maria è sapiente nella forma più alta permessa all’umanità. Tale sapienza la contempliamo nella seconda parte dell’episodio evangelico della Visitazione, cioè nel Magnificat, ella legge la storia dalla parte di Dio e dei poveri, non si ferma alle apparenze, sa andare oltre.

Per questo, nella prima lettura della Messa, l’antico inno della Sapienza viene riferito a Maria. In esso noi leggiamo dunque tre cose: primo, che Dio si dona e il suo dono ci colma di ogni bene e di ogni soddisfazione profonda. Secondo, che Dio si dona a Maria e la colma in sapienza. Terzo, che Maria è sede della Sapienza perché Madre del Figlio di Dio e sommamente ricolma di questo dono.

E’ il dono di cui la Chiesa e ciascuno di noi abbiamo sempre molto bisogno, che ci viene dato col Battesimo ma che dobbiamo coltivare, attuare, vivere, come faceva il Beato don Orione. In proposito c’è una pagina molto bella. “Io non vedo che un Cielo divino, il cielo della salvezza e della pace vera. Io non vedo che un Regno di Dio: il regno della carità e del perdono, dove tutta la moltitudine delle genti è eredità e regno di Cristo. Ponimi, Signore, sulla bocca dell’inferno perché io, per la misericordia tua, la chiuda. Che il mio segreto martirio per la salvezza delle anime, di tutte le anime, sia il mio paradiso e la mia suprema beatitudine. Amore delle anime! Scriverò la mia vita con le lacrime e il sangue. La nostra carità è un dolcissimo e folle amore di Dio e degli uomini che non è della terra. Soffrire, tacere, pregare, amare, crocifiggersi e adorare”. E ancora: “Non saper vedere e amare nel mondo che le anime dei nostri fratelli. Anime di piccoli, di poveri, di peccatori, di giusti; anime di penitenti, di ribelli alla Chiesa, di figli degeneri, anime orgogliose del male, anime avide di potere e di oro, anime dolenti, anime urlanti nella disperazione della condanna. Tutte sono amate da Cristo, per tutte Cristo è morto, tutte vuole salve tra le sue braccia e il suo Cuore trafitto!”

Ci doni il Signore, per intercessione della Madonna della Guardia e del Beato Orione, di vivere la sapienza dell’amore e della croce.

“Oh Vergine santissima, Madre di Gesù, Regina del cielo e della terra, tu sei la nostra vigilantissima Guardia, e per l’amore che porti agli uomini, ti compiaci di essere invocata con questo nome. Deh, o santa Vergine, degnati di ascoltare le nostre umili suppliche dirette a ottenere la tua protezione.

Fa’ o nostra celeste guardiana che, consolati da te nell’anima e nel corpo, null’altro rimanga che ringraziarti delle tue misericordie. Amen”.

Il Cardinale Carlo Maria Martini è nato a Torino, il 15.2.1927. Dal 1979 è Arcivescovo di Milano. Omelia tenuta al Santuario della Madonna della Guardia, Tortona, il 29.8.1998.

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