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Messaggi Don Orione
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Nella foto: Don Giovanni Minozzi (a sinistra) e Padre Giovanni Semeria (a destra).
Autore: Flavio Peloso

La soluzione della "questione romana", gli orfani e l'aiuto ai sacerdoti lapsi unirono i due santi sacerdoti nella prima metà del '900.

PADRE GIOVANNI MINOZZI

L'INCONTRO CON DON ORIONE NEL CAMPO DELLA CARITA'.

 

FLAVIO PELOSO

Giovanni Minozzi nacque a Preta, frazione di Amatrice. Crebbe in un ambiente molto religioso ed ebbe nello zio sacerdote, don Giuseppe Minozzi, il modello ispiratore. Studiò all’Apollinare e si laureò in Lettere all'Università La Sapienza di Roma. Divenuto sacerdote nel 1908, si diede all’insegnamento. Scrisse di letteratura, apologetica e ascetica.[1]

In un tempo di conflitti, tra chi spingeva per il rinnovamento nella Chiesa e chi vi si opponeva, Giovanni Minozzi è tra i primi e questo fu per lui fonte di sofferenza.[2]
Svolse attività pastorale nella campagna romana e cominciò a frequentare il Cenacolo culturale di padre Giovanni Genocchi, dei Missionari del Sacro Cuore,[3] verso il quale nutrì grande ammirazione. “Intorno a P. Genocchi palpitava armonioso il modernismo migliore, quello sano e sincero, modernismo – adopero con coscienza tranquilla la parola rovente per intenderci, la parola divenuta perdutamente orrorosa per la defezione invano deprecata di molti – che era solo, per noi, spirito schietto di rinnovamento culturale e spirituale, abbandono di posizioni sorpassate, svecchiamento di tradizioni (…) Niente eresie, niente laceranti ribellioni, niente rinnegamenti di sacre eredità; nessuna folle voluttà di sovvertimento fazioso”.[4]

Anche su Don Minozzi, a motivo della sua apertura culturale e dell’amicizia con vari rappresentanti del modernismo, caddero sospetti e accuse di modernismo.[5] Egli stesso raccontò che “sospettaron taluni ch’io me n’andassi ne’ pomeriggi festivi a complottare modernisticamente col Bonaiuti (sic). E in sordina, di malignazione in malignazione, montarono su un castello di stoltissime accuse”. Gli venne intimato di lasciare Roma entro ventiquattrore. Per fortuna ebbe modo di spiegarsi e di trovare comprensione in Mons. Faberi ‘vero capo del Vicariato’ e la calunnia cadde da sé”.

Fu cappellano militare durante la guerra di Libia (1911-1912) e poi anche durante la Prima guerra mondiale (1915-1918); fondò una rete di "Case del soldato" a scopo ricreativo e culturale. Nel 1916, a Udine, si incontrò con il barnabita padre Giovanni Semeria. La comune esperienza dei drammi della guerra li portarono a dedicare il resto della loro vita ai bambini orfani di guerra. Nel novembre del 1918, a Belluno, i due sacerdoti fondarono l'Opera Nazionale per il Mezzogiorno d'Italia, con prima sede ad Amatrice ove, il 15 agosto 1919, fu iniziata l’ospitalità a 12 bambine orfane di guerra. Ben presto si sviluppò una rete di 80 case per orfani. Per il servizio in queste case furono costituiti e formati i “Discepoli” e le “Ancelle”.

Fu proprio nel comune campo dell’aiuto agli orfani che Don Minozzi entrò in relazione con Don Luigi Orione, al quale inizialmente si appoggiò. L’impegno nella carità fu l’argomento più comune della corrispondenza tra i due conservata nell’Archivio Don Orione.[6] Don Minozzi, particolarmente effusivo nei sentimenti, si rivolgeva a Don Orione come “mio dolce (caro, dilettissimo) amico”. Si aiutavano concretamente.

Nell’aprile 1919, con Padre Semeria si interessò per sostenere l’ampliamento di un orfanotrofio di Don Orione a Prunella Calabra (RC). Il 29 aprile, Padre Semeria scrisse: “Caro D. Orione. Per tua norma con D. Minozzi abbiamo trovato L. 20.000 per portare verso i 60, certo oltre i 50, gli Orfanelli di Prunella. Questi danari, se tu e i tuoi di Prunella accettate questo ampliamento, sono a tua disposizione. Però bisogna mandare a D. Minozzi (Via Sapienza 32 – Roma) delle fotografie del luogo e dei fanciulli (quelli che ci sono ora e quelli che prenderete)”.[7] A loro volta, nel 1920, sollecitarono una collaborazione dei religiosi di Don Orione nella casa di Amatrice.

In varie circostanze, Don Minozzi si rivolse a Don Orione per raccomandargli casi difficili di sacerdoti in difficoltà. “Mio dilettissimo amico, io devo chiederti infinite scuse per non averti risposto prima. Ma… la tua bontà non vuole scuse. Per Pizzigallo io ho fatto quanto ho potuto. È un povero paranoico, che pur ha qualità notevolissime, e va aiutato con grande pietà. Ma chi più di te può farlo? Io ho spuntato tutte le mie armi per lui. Tu solo puoi salvarlo con la tua carità senza limiti e la tua giusta influenza nelle Congregazioni. Io proprio non posso nulla più. E me ne duole. T’abbraccio col cuore che sai e ti do un bacio che vuol salire a te in purità d’affetto fraterno. Tuo D. Giov. Minozzi”.[8] In altra lettera del 29 giugno 1922, ricorre ancora a Don Orione: “Mio caro amico, io non so a chi altri raccomandare il povero Amorosi meglio che a te. Io proprio non so dove metterlo nelle case mie. Ma tu per i poveri confratelli caduti hai un’istituzione apposta di già, e hai poi, su tutto, il tuo gran cuore d’apostolo (…)”.

A sua volta, Don Orione ricorreva alla collaborazione dell’amico Minozzi per altre opere di bene. “Mi dicono che tieni del cor di Federico – il Duce – ambo le chiavi. Se puoi, vorresti ottenermi che non mi si espropri un terreno che m’è costato sangue e su cui vorrei alzare opere di beneficenza educative e la Casa Centrale della Congregazione?”.[9] Don Minozzi gli rispose due giorni dopo: “Mio carissimo, mandami subito il promemoria per Ognissanti e io me ne occuperò col massimo interesse. Ricordami al Signore, ché ne ho tanto bisogno, tanto, tanto! T’abbraccio col cuore che sai. Tuo D. Giov. Minozzi”.[10]

Il rapporto tra i due sacerdoti era straordinariamente confidente, con toni di fraterna tenerezza. Don Minozzi a Don Orione raccomandava: “Curati, per carità, che abbiamo bisogno della tua luce”.[11] E ancora in lettera del 29 novembre del 1926: “Mio fratello carissimo e dilettissimo, solo ora so della tua malattia lunga e penosa, felicemente superata. Ti mando subito il saluto mio col cuore che tu conosci. Ti manderei anche la mia preghiera, se la mia povera preghiera valesse qualcosa dopo la tua che sa le vie del Signore. T’abbraccio e ti bacio più che fratello. Tutto tuo D. Giovanni Minozzi”.[12]

Don Orione assicurava Minozzi e Semeria: “La benedizione di Dio su voi e sull’opera della vostra carità”.[13].

Don Minozzi, Padre Semeria[14] e Don Orione erano uomini di grande respiro sociale e appassionati del bene della Chiesa. Li troviamo insieme anche in un gruppo di studio riguardante la soluzione della “Questione romana”; con loro c’era anche Padre Giovanni Genocchi e l’on. Fulvio Milani, sottosegretario alla Giustizia nel primo governo Mussolini. Si riunirono, il 17 gennaio 1923, in casa dei suoi cugini Santarelli, in Roma, a Via Cavour 325 e fu poi Padre Genocchi a portare al Card. Gasparri il dossier elaborato dal gruppo. A detta di Don Minozzi, fu decisivo il contributo di quel gruppo. Di fatto, due giorni dopo la consegna del dossier, il 19 gennaio, il Cardinale Segretario di Stato incontrava segretamente Mussolini; di lì a poco iniziarono le trattative bilaterali, prima informali e poi ufficiali, che portarono alla Conciliazione del 1929.[15]

            Padre Giovanni Semeria ebbe un rapido declino di salute nel 1931. L’11 marzo, Don Orione e l’amico Franco Berra[16] gli inviarono un telegramma, sapendolo infermo: “Addolorati vostra malattia, preghiamo Iddio conservarvi alta luce di fede di carità all’Italia, Padre ai vostri orfani. Vi abbracciamo fraternamente. Berra, Orione[17]. Il giorno dopo arrivarono parole di speranza: “Orione, Tortona. Amico lentamente migliora, prega molto. Minozzi”.[18]  Purtroppo, però, il 16 marzo, arrivò da Don Minozzi la dolorosa notizia: “Don Orione, Tortona. Straziati partecipiamo morte venerato Padre Semeria. Funerali Martedì Roma. Minozzi, Pizzigallo”.[19]

            Don Luigi Orione morì a Sanremo il 12 marzo 1940. Padre Giovanni Minozzi continuò le sue attività per un altro ventennio. Nel settembre 1959, le sue condizioni peggiorarono rapidamente. Ricoverato presso l'ospedale Fatebenefratelli di Roma, vi morì l'11 novembre.

            Don Minozzi, Padre Semeria e Don Orione furono tre grandi sacerdoti, amici tra di loro e artefici intraprendenti del bene civile e religioso dell’Italia nella prima metà del ‘900. Don Orione è stato riconosciuto “santo” nel 2004 ed anche di Don Minozzi e di Padre Semeria è avviato l’iter di canonizzazione.

 

 


[1] Tra le sue opere, tutte edite da Opera Nazionale per il Mezzogiorno d’Italia,  Roma -, ci sono Montecassino nella storia del Rinascimento, Ricordi di guerra (2 volumi), Ombre care, Giovanni Grosoli, Meditazioni, Rifugi dello spirito, Paolo Segneri (2 volumi), Buona notte! (Come parlo ai miei figliuoli), Padre Giovanni Semeria, Ricordando.

[2] Si veda Flavio Peloso, Una rete di rapporti. Padre Giovanni Minozzi (1884-1959) in Aa.Vv. Don Orione negli anni del modernismo, Ed. Jaca Book, Milano 2002, p.113-115.

[3]Frequentatori del cenacolo evangelico di P. Genocchi erano, fra gl’Italiani Giulio Salvatori, Antonio Fogazzaro, Umberto Fracassini, poco Salvatore Minocchi, pochissimo P. Semeria, di rado Romolo Murri e P. Ghignoni, radissimi Buonaiuti che io non vidi mai, Mons. Benigni e Brizio Casciola; fra gli stranieri Duchesne spesso, Von Hugel, Sabatier, Battifol e Loisy della prima maniera”; G. Minozzi, Ricordando, Opera Nazionale per il Mezzogiorno d’Italia, Roma-Milano 1984, p.97.

[4] G. Minozzi, Ricordando, cit., p.96.

[5] Così nel suo libro autobiografico Ricordando, cit., p.91-92.

[6] ADO, cart. Minozzi.

[7] ADO, cart. Semeria I, 34.

[8] Don Orione poi poté informare Don Minozzi che Don Pizzigallo “tolto da Brindisi… è in una Casa della Divina Provvidenza da sei mesi. Tenne sempre condotta buona, sotto ogni riguardo, e sarei disposto a rilasciargliene ampia dichiarazione”; Scritti 44, 30. La collaborazione per aiutare i preti lapsi fu un importante interesse che legò i due santi sacerdoti. Il 19 gennaio 1924, Don Minozzi informa Don Orione: “Mi scrive un tal Rogataki che vuol venire da me. Ma perché? Che ha fatto da te? Perché ti lascia? Che tipo è? Merita qualcosa?”; ADO, Minozzi. Don Orione su altro caso a Don Minozzi, il 17.10.32: “Quando mi hai scritto, il Trucchetti non era già più da me. In via ordinaria, quelli che Don Orione dimette, non prenderli, perché io vado fin all’inferno e mi ci butto a salvare fin là entro”; Scritti 116, 99.

[9] Lettera del 17.10.32; Scritti 116, 99.

[10] ADO, cart. Minozzi.

[11] Lettera del 19.1.1924; cart. Minozzi.

[12] ADO, cart. Minozzi.

[13] Lettera del 2.4.26; Scritti 116, 98

[14] Si veda A. Lanza, Don Orione e Padre Semeria. Una lunga e fraterna amicizia in Aa.Vv. Don Orione negli anni del modernismo, Ed. Jaca Book, Milano 2002, p.123-222.

[15] P. Minozzi ne scrisse in Padre Genocchi e la Conciliazione nel trentennio dei Patti Lateranensi, in «La Sveglia», agosto 1959. Per la ricostruzione di questa iniziativa, si veda F. Peloso, Don Orione & la Conciliazione in Studi Cattolici XLV(2001) n.484, p.426-431; F. Peloso, Don Orione e la Conciliazione del 1929. Fedeltà alla Chiesa e alla Patria alla prova, “Messaggi di Don Orione34 (2002), n. 107, 27–45.

[16] Franco Berra, giornalista, scrisse la prima biografia di Don Orione dal titolo L’Amico dei poveri, A.R.A. Ed. Giuseppe Gasparini, Mlano, maggio 1940.

[17] Scritti 76, 74.

[18] ADO, cart. Semeria, 32.

[19] ADO, cart. Semeria, 33.

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