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Messaggi Don Orione
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Nella foto: Padre Pio Pietrelcina, Don Luigi Orione, Giovanni Battista Morelli e Giorgio Festa
Pubblicato in: Estratto da: Flavio Peloso, Don Orione e Padre Pio nel decennio della Tormenta: 1923-1933, Jaka Book, Milano 1999, p. 105-116.

Nel primo discernimento sui fenomeni di Padre Pio, grande rilevanza ebbe il giudizio sulla natura e valore delle stimmate. Don orione fece intervenire sul tema anche il Prof. Giovanni Battista Morelli di Montevideo.

LE STIMMATE DI PADRE PIO DA PIETRELCINA

I contatti di Don Orione con il Dott. Giorgio Festa e il Prof. Giovanni Battista Morelli

 

Flavio Peloso

Tra le manifestazioni mistiche che più attirarono l’attenzione ed anche i problemi su Padre Pio, quella più rilevante è senza dubbio la prebsenza delle stimmate. Il fenomeno, pur avendo avuto dei segni precedenti, si fissò nelle carni del Frate il 20 settembre 1918. Sulle stimmate si concentrarono devozione e sospetti, amore e calunnie. Senz’altro non si può dire che non siano state debitamente studiate e analizzate sotto vari punti di vista (medico, psichiatrico, mistico, ecc.) e in diversi tempi.
Le prime tre vere indagini scientifiche sulle piaghe di Padre Pio vennero condotte dai Dottori Luigi Romanelli, Amico Bignami e Giorgio Festa.[1] Furono eseguite già nel 1919.

Non è nostro interesse entrare nella valutazione del fenomeno, ma di seguirlo in quanto è parte integrante del “decennio della tormenta”. Ed anche in questo è coinvolto Don Orione, soprattutto per la sua relazione con il Dott. Giorgio Festa.

Il Dott. Giorgio Festa, compì la visita l’8 ottobre 1919 con estremo rigore scientifico. Dopo una ventina di giorni raccolse le proprie “Impressioni e deduzioni scientifiche” in 15 pagine dattiloscritte, stese il 28 ottobre successivo e consegnate alla Curia generalizia dei Cappuccini il 15 novembre. Egli descrive il fenomeno delle piaghe, passa in rassegna le possibili spiegazioni della scienza, escludendole tutte, e conclude dicendo “dopo tutto ciò, niuna meraviglia per noi se intorno a lui e nella sua stessa persona hanno luogo degli avvenimenti che la nostra scienza non spiega”.[2]

Al Dott. Festa fu chiesto di fare una seconda visita alle piaghe di Padre Pio, a distanza di un anno dalla prima. Avvenne il 15 luglio 1920, compiuta assieme al Prof. Romanelli. È datata 31 agosto 1920 la sua seconda Relazione. Lo studio delle piaghe del Padre fu ancor più accurato e prolungato. Alla fine il Dott. Festa conclude:

“osservando che queste non sono il prodotto di agenti esterni di nessuna specie, né l’esplosione di uno stato morboso serpeggiante nel suo organismo; dimostrato anche che non possono derivare da una condizione psichica anormale, né da un qualsiasi processo auto-suggestivo, sia pure incosciente, dimostrato in altre parole, che le nostre cognizioni scientifiche sono ben lungi dal poter lumeggiare questo lato dell’importante argomento, se la ragione ed il cuore vorranno ancora insistere nell’indagarne l’origine, è necessario allora che si elevino a grandi certezze: è necessario che liberi da ogni oscuro preconcetto, assurgano finalmente a quelle purissime altezze, d’onde emana sicura e radiosa la vera luce del sapere e del sentimento”.[3]

Il Dott. Festa avrebbe voluto sottoporre padre Pio ad un ulteriore esame clinico nel 1924, ma non gli fu concesso. Elaborò più compiutamente i risultati delle due precedenti visite in uno scritto dal titolo “Per amore di verità. Impressioni e deduzioni scientifiche sul Padre Pio da Pietrelcina”. Questo testo fu consegnato al Sant’Offizio.[4]

Il Dott. Festa rivide un’ultima volta le stimmate di Padre Pio il 5 ottobre 1925, durante l’operazione da lui fatta a Padre Pio di ernia inguinale.[5]

I dottori G. Festa e L. Romanelli, chiamati a pronunciarsi sulle stimmate di Padre Pio, concordavano sostanzialmente sulla loro “inspiegabilità scientifica” e ciascuno dei poi nell’andare “oltre” assumevalegittime posizioni diversificate, soprattutto in riferimento all’approccio di fede.

La “tormenta” sulla questione delle stimmate scoppiò dopo la visita di Padre Agostino Gemelli, a San Giovanni Rotondo, avvenuta il 19 aprile 1920. L’illustre francescano chiese di poter vedere le piaghe di Padre Pio. Questi si negò, perché non poteva mostrarle senza il permesso scritto del Sant’Offizio.

Dopo pochi giorni, si sparge la voce che Padre Gemelli abbia fatto giungere in Vaticano una “relazione terribile”, negativa, nonostante non abbia visitato le piaghe ed abbia scambiato solo poche battute con Padre Pio. Inoltre, egli scrive più tardi un articolo sulle stimmate, negandone la verità mistica, ad eccezione di quelle di San Francesco. La rivista “La civiltà cattolica” definisce l’affermazione “inesatta ed imprudente”. Nel 1926, sempre Padre Gemelli scriverà per il Sant’Offizio una relazione che sarà tenuta molto in conto perché egli era una autorità in campo scientifico.

Anche su questo problema scottante, ad un certo punto, entra in scena Don Orione. O meglio, abbiamo documenti che provano il suo personale interessamento.

Il 7 febbraio 1925, Don Orione viene contattato dal Dott. Giorgio Festa che, pur “non conoscendolo di persona”, gli chiede un appuntamento per conferire su di “un argomento molto grave ed importante”.[6] Si trattava dell’argomento “stimmate”. L’incontro avviene nella casa del Dott. Festa.

Dopo qualche tempo, egli fa avere a Don Orione le relazioni. “Le prime 2, manoscritte, riguardano le 2 visite da me fatte al P. Pio nel 1919 e nel 1920, e presentate ai superiori dell’Ordine immediatamente dopo. La terza, a macchina, è quella che ho presentato il 7 corrente al S. Offizio, consegnandole nelle mani stesse di Mons. Perosi. Vi è pure una copia della breve relazione del prof. Bignami.

Tengo molto al suo giudizio e ai consigli che vorrà darmi in ordine alla linea di condotta che si dovrà ancor seguire in avvenire, per rendere omaggio alla verità”.[7]

Il Dott. Festa, dunque, consegna a Don Orione una copia dei suoi studi sulle stimmate. Don Orione dopo poco va a restituirgliele personalmente. Il 13 maggio successivo, il Dott. Festa gli scrive ringraziando della premura. “Non era però il caso che Ella si incomodasse a mandarmi con tanta sollecitudine quelle relazioni. Quanto all’ultima, la tenga pure per tutto il tempo che desidera e qualora, ai fini per i quali io la scrissi, Ella ritenesse anche opportuno conservarla definitivamente presso di sé, la trattenga pure ché io ne sarò ben contento”.[8]

Il Dottor Festa nella lettera ha espressioni di entusiasmo e di devozione, sue e della famiglia, nei confronti di Don Orione. Tornerà poi a scrivergli a distanza di pochi giorni per riavere anche l’ultima relazione, perché gliela chiedeva un sacerdote ed egli non ne aveva più. [9]

Sempre sul tema delle “stimmate”, interviene un altro personaggio, finora sconosciuto. E’ il Prof. Giovanni Battista Morelli,[10] noto dottore e professore alla Facoltà di Medicina dell’Università di Montevideo, insigne benefattore della congregazione di Don Orione. Probabilmente su diretto interessamento di Don Orione – ricordiamo che era stato in Uruguay nel 1921-1922 – durante un suo soggiorno in Italia, il Professore passò due giorni a San Giovanni Rotondo, dal 9 all’11 febbraio 1925. Qui ebbe ripetuti e prolungati colloqui con il Padre.[11] Egli intendeva farsi un giudizio soprattutto di tipo psicologico. Successivamente aveva contattato Padre Gemelli per sapere da lui, espressamente, quale era il suo giudizio su Padre Pio. [12] 

Il Prof. Morelli poi fa relazione di queste personali indagini a Don Orione il 23 marzo 1925.

“(…) Mi affretto a farle noto che fui due volte all’Università Cattolica del Sacro Cuore, ma non potei vedere il P. Gemelli che era allora a Roma. Però potei sapere da un francescano addetto all’Università che il P. Gemelli era convinto che le piaghe del P. Pio erano molto superficiali (erosioni) e di origine artificiale. Naturalmente ascoltai senza dir nulla in proposito, né sulla mia avvenuta visita a S. Giovanni Rotondo.
Nella mia lettera facevo a Lei noto che il P. Gemelli, pur avendo doti e meriti indiscutibili di uomo di scienza pure era stato rimproverato di essere troppo precipitato nei suoi scritti ed anche - ciò che è più grave - nei suoi argomenti. Per esempio nel suo libro ‘Enigma della Vita’… (ed illustra la fragile argomentazione del Gemelli).
Quando mi si fece entrare nello studio del P. Gemelli pregai un Pater, dinanzi all’immagine del S. Cuore perché il Signore aprisse gli occhi ed il cuore a colui che in quella stanza sarebbe venuto a lavorare.
Ho riflettuto assai in questi ultimi giorni sopra il P. Pio e per varie ragioni mi sono convinto della sua sovrannaturale virtù e di tutto ciò che Lei, P. Orione pensa od almeno di tutto ciò che io ho creduto potere indovinare (…)”.[13]

Il Prof. Morelli non nascose le sue convinzioni circa Padre Pio e confermò quelle di Don Orione.

Il Prof. Morelli tornò a Montevideo affascinato di Padre Pio. Quando nel maggio di quell’anno sua moglie si ammalò gravemente, Don Orione gli scrive per assicurarlo del suo affetto e delle sue preghiere. Ed aggiunge: “Qui le preghiere continueranno, qui e altrove, e anche a San Giovanni Rotondo si pregherà”.[14]

La valutazione del Morelli doveva essere un servizio “da amico” fatto a Don Orione, il quale, nella sua prudenza, pur già avendo un giudizio sul tema, voleva ascoltare una autorevole voce extra coro. In un secondo tempo, Don Orione chiese all’amico Prof. Giovanni Battista Morelli qualcosa di più di una lettera, per quanto ben pesata. Gli chiese una relazione più dettagliata, scientifica. Poteva servire anche ad altri. Erano infatti, nel frattempo, successi fatti nuovi: la relazione negativa di Padre Gemelli al Sant’Offizio del 1926, un nuovo tentativo di allontanare Padre Pio dal convento di San Giovanni Rotondo, le iniziative di Brunatto e Morcaldi, e le cose stentavano a prendere la piega giusta.

Il Prof. Giovanni Battista Morelli inviò a Don Orione un testo di 7 pagine, datate 18-19 febbraio 1928. Ne riportiamo alcuni significativi passi e rimandiamo alla lettura del testo integrale riportato tra i Documenti.

“Scrivo queste pagine collo scopo di fissare i miei ricordi ed anche le mie impressioni relative ad una visita da me fatta nel mese di Febbraio 1925 al convento di S. Giovanni Rotondo (Foggia)… Avrei avuto molto interesse di effettuare uno studio completo, tanto sotto il punto di vista medico come dal punto di vista psicologico (o psicologico religioso) sopra il P. Pio; ma ciò mi era impossibile per due ragioni:

1° Innanzitutto per proibizione espressa del Santo Offizio, proibizione che secondo mi fece noto il P. Ignazio, Guardiano del Convento, era stata inviata per iscritto anche alla persona in questione.

2° Per mancanza di tempo per effettuare uno studio veramente esauriente; giacché lo studio e controllo severo del fatto fisico più saliente che offre il P. Pio, cioè le stimmate, richiederebbe per la scienza positiva una osservazione prolungata per parecchie settimane, ed in condizioni tali da potere assolutamente escludere ogni causa di errore.

Questo studio sarebbe molto interessante, perché (e parlo in senso generale, giacché come si vedrà in seguito ho tanto rispetto per il P. Pio, che questa prima supposizione non gli si può appropriare) una volta escluso la fraudolenza, non resterebbero per ispiegare le stimmate altre che le cause extra-naturali (super o praeter). Per mia parte, allievo come sono di Babinski e di Mingazzini, credo debbasi escludere assolutamente la produzione di stimmate per influenza nevropatica. E’ mia opinione perciò che giammai l’isterismo possa giungere a provocare queste lesioni trofiche. Perciò quando si potesse escludere la produzione artificiale si dovrebbe senz’altro ammettere l’intervenzione come dicevo di un agente fuori dell’ordine naturale, del mondo fisico.

Né esame delle lesioni, che potrebbero secondo le loro peculiarità offrire dei dati interessanti per la soluzione del problema, né il controllo di cui parlavo più sopra, mi erano possibili; perciò l’esame scientifico-medico, secondo le esigenze della scienza positiva o razionalista non fu effettuato.

Ma è impossibile che un medico che come me si è occupato molto di neuropatologia e qualcosa di psicologia non abbia, senza intenzione, quasi suo malgrado, osservato tutto il possibile e riflettuto molto sopra le caratteristiche psicologiche e religiose che un religioso che tanto ha fatto parlare di sé permette di cogliere nelle molteplici conversazioni sostenute”.[15]

Compiuto questo studio personale sulle relazioni degli esperti dategli del Dott. Festa e su quella del Prof. Morelli, Don Orione si sentiva abbastanza certo dell’autenticità del valore delle stimmate di Padre Pio. Non parla più dell’argomento, ma certo gli fu di sostegno nella convinta azione in favore del riconoscimento della verità su Padre Pio. Gli sarà di riferimento di fronte alle autorità della Chiesa, a persone che ricorrevano al suo parere, a quanti gettavano discredito e calunnie sulla credibilità e santità del Frate di Pietrelcina legata molto spesso alla “verità” o meno delle stimmate..

Dopo alcuni anni, il tema viene invece ripreso dal Dott. Festa che intendeva raccogliere e pubblicare in un libro il frutto delle sue indagini. A tal fine scrive a Don Orione  il 15 febbraio del 1933, ricordandosi di una promessa fattagli. Illustratogli il proposito della pubblicazione, conclude: “Ma, prima di procedere a questa (pubblicazione), fedele alla promessa fattale desidero sapere esplicitamente da lei se coltiva sempre il desiderio di occuparsene Lei, cosa che, è superfluo ripeterlo, a me sarebbe sommamente cara”.[16]

Passano alcuni mesi. Don Orione non risponde. Il Dott. Festa torna a riproporre a Don Orione il progetto di pubblicazione del suo libro.

Scrive nell’agosto successivo da San Benedetto del Tronto, dove si trova in vacanza con tutta la sua famiglia.

Innanzitutto, accomuna nella sua grande devozione Don Orione e Padre Pio: “Il mio pensiero non sa e non vuole distaccarsi da Lei e dal buon Padre Pio, che io considero come i due grandi benefici fattori del mio benessere spirituale. Che Gesù benedetto dia all’uno e all’altro tesori tali di grazia, che sia loro possibile raccogliere per questi le più care, le più elette consolazioni che sia possibile raggiungere nella loro santa vita di apostolato, di amore e di bene!”.

Poi dà notizia del lavoro ultimato e pronto per la stampa: “L’ingegnere Marengo Le avrà certamente consegnato una copia del mio lavoro perfettamente corretta”. Ed esprime il desiderio di affidarne la riproduzione a Don Orione “in modo che se ne avvalga in avvenire come di cosa completamente e insindacabilmente sua, per quei fini di bene cui crederà meglio impiegarla”.[17]

Don Orione indugiava ancora. Non gli dice di no, ma nemmeno di sì. E nemmeno chiede una dilazione nel tempo per un qualche motivo. Egli poteva realizzare la stampa del libro del Dott. Festa nella sua editrice “Emiliana”. Avrebbe dato lavoro a quella Scuola Tipografica che ospitava orfani e poveri ragazzi. Avrebbe potuto avere un utile per le sue opere di beneficenza sempre sbilanciate nei debiti. Perché non accetta?

La risposta pare venire da una condizione per la pubblicazione posta dal Dott. Festa: “Una condizione soltanto io sento il dovere di imporre nella eventuale riproduzione del mio libro, quella cioè che ne venga fatta la ristampa esattamente, come nella prima edizione, cioè senza aggiunte e senza mutilazioni; in modo che la ignoranza del Padre Gemelli figuri appieno, così come egli stesso l’ha con tanta boria pronunziata…”.[18]

Conoscendo il carattere di Don Orione, ed il suo dogma pratico del “veritatem facientes in charitate”, questa dovette risultargli una condizione inaccettabile. Padre Gemelli avrà avuto le sue responsabilità, ma aveva anche tanti meriti e stava promuovendo grandi opere di bene nella Chiesa. Basti pensare alla Università Cattolica del Sacro Cuore.  

Don Orione soffriva quando vedeva un uomo di Chiesa mettersi contro un altro uomo di Chiesa non in una logica di dialettica ma di divisione. Si faceva in quattro per cucire divisioni laceranti, per rimediare a miserie e scandali da cui non sono preservati uomini di Chiesa talvolta anche di grande valore.[19] Le discordie ed anche le miserie dovevano essere risolte con fermezza sì, ma nella discrezione, nella carità fraterna, in sinu Matri, in cubiculo charitatis, e non messe a pubblico spettacolo e scandalo. Come spesso ripeteva semplicemente: i panni sporchi vanno lavati in casa propria.

Dunque, Don Orione rinuncia, come altre volte, ad un possibile vantaggio di immagine ed economico pur di non contravvenire alla verità e alla carità ecclesiale.[20] “M’è più caro un’oncia di carità che mille quintali di diritti. Coi diritti ci inforchiamo; con la carità ci uniamo in Cristo e ci santifichiamo”.[21]

Il Dottor Festa si rese conto che Don Orione non si decideva alla pubblicazione del libro ed allora decise lui: “pur lasciandone a Lei la piena facoltà per l’avvenire, secondo l’intesa già intervenuta fra noi, ne vorrei curare frattanto una nuova edizione per conto mio”.[22]

Di fatto il libro uscì in quello stesso anno 1933 con il titolo “Tra i misteri della Scienza e le luci della Fede”, un vero gioiello dal punto di vista scientifico, letterario e tipografico.

 


[1] Abitava a Roma era chirurgo e medico di fiducia della Curia Generalizia dei Cappuccini. Visitò più volte Padre Pio, lo operò di ernia; divenne il più convinto sostenitore della inspiegabilità scientifica delle stimmate.

[2] Dattiloscritto del Dott. Giorgio Festa “Il Padre Pio da Pietrelcina”. Impressioni e deduzioni scientifiche”, p.15.

[3] Dattiloscritto del Dott. Giorgio Festa “Il Padre Pio da Pietrelcina”. Seconda Relazione, p.16.

[4] Il testo dattiloscritto è datato 6.4.1925 e consta di 59 pagine, in ADO.

[5] Tutte le notizie e i documenti riguardanti le stimmate di Padre Pio sono state dal Dott. Giorgio Festa raccolte nel suo Tra i misteri della scienza e le luci della fede, Roma, 1933.

[6] Biglietto del Dott. Giorgio Festa (Via Farini 40) del 7.2.1925; in Padre Pio, ADO.

[7] Lettera del 21.4.1925; in Padre Pio, ADO.

[8] Lettera del 13.5.1925; in Padre Pio, ADO.

[9] Tutto ciò è contenuto in altra lettera del Dott. Festa a Don Orione del 20.6.1925; in Padre Pio, ADO.

[10] Il Prof. Giovanni Battista Morelli è figura assai nota in Uruguay. Nato ad Artena, il 27.4.1968, percorse una lunga e gloriosa carriera sia nel campo della medicina che in quello della politica. Professore a 20 anni, egli esercitò la docenza all’Università di Montevideo per ben 50 anni; ebbe cattedra di batteriologia, fisiologia, patologia, clinica terapeutica, clinica medica; fu il primo ad applicare il pneumotorace artificiale e il ‘metodo Forlanini’ in America Latina. Nell’esercizio della professione sono ricordati suoi gesti eroici. Spirito filantropico, seppe muoversi nel campo della politica con dignità, impegno etico e civile. Fu a lungo membro del comitato centrale del Partito Nazionale, nel quale fondò l’ala democratica, e ne divenne presidente. Fu senatore dal 1927 al 1941 e per 5 anni fu presidente del Senato. Morì il 31.12.1947.

[11] Nei primi giorni di quel febbraio furono a San Giovanni Rotondo anche Mons. Tomas Gregorio Camacho, vescovo di Salto e il suo avvocato, Mons. Viola, dell’Uruguay. Si firmarono nel registro dei visitatori il 1° febbraio 1925.

[12] Don Orione fece conoscere al Dott. G. Festa il Prof. Morelli. Un incontro provvidenziale. Il perché lo spiega il Dott. Festa: “In maniera veramente inaspettata, dopo un anno e mezzo che invano io l’avevo ricercata… il Prof. Giovanni B. Morelli, venuto qui per breve tempo, ebbe occasione di incontrarsi con me. Durante una nostra conversazione, avendo io ricordato che il suo nome era riportato nel memoriale che descriveva i particolari della guarigione improvvisa avvenuta nella Signora  Teresa Salvadores di Montevideo, ho voluto interpellare il suo giudizio a riguardo(cfr. Per amore di verità, cit. p.30). La guarigione avvenne “dopo l’applicazione sulla parte malata di un guanto che era stato portato dal Padre Pio” (ibidem p.29). Il  Dott. Morelli consegnò una relazione medico-anamnestica al Dott. Festa, il quale la allegò nel suo dossier Per amore di verità dove presentò questo caso di presunto miracolo. ( ibidem, p.48-54).

[13] Lettera del 23.3.1925, in Padre Pio, ADO.

[14] Lettera del 31.5.1925; V.5.I, ADO.  Il Dottor Morelli fu un grande sostenitore delle opere orionine in Uruguay. Don Orione gli manifestò in varie occasioni “fraterna amicizia”. Collaborò alla edificazione del Santuario di “Nuestra Senora de las Flores” a La Floresta, presso Montevideo e “alle benefiche istituzioni che, per merito del Sindacato de Iniciativas vanno a sorgere ai piedi della Vergine dei Fiori. In confidenza Le dirò che mi par di vedere una grande luce diffondersi dalla Vostra Patria per tutto il Sud-America - è luce spirituale di fede, di bontà, di misericordia, di civiltà che esce dal Cuore della Santa Madre di Dio e va irradiando tutte codeste plaghe lontane. Non nobis Domine, non nobis! È tutto la Madonna che farà, caro Dott. Morelli, noi non siamo che dei poveri ciabattini, dei poveri facchini. Tuttavia è pur bello e assai confortante essere i facchini di Dio, a servizio di Maria e per le anime dei nostri fratelli. Coraggio dunque, Dottore e avanti in Domino! Camminiamo umili e fedeli ai piedi della S. Chiesa e di codesto venerato Arcivescovo e tutto sarà benedetto!”; Scritti 51, 221-223.

[15] Relazione a Don Orione del 18-19 febbraio 1925, in Padre Pio, ADO. Cfr. Documento II.

[16] Lettera del 15.2.1933; in Padre Pio, ADO.

[17] Lettera del 10.8.1933; in Padre Pio, ADO.

[18]Lettera del 10.8.1933; in Padre Pio, ADO. Se il Dott. Festa sente il bisogno di fissare questa condizione significa che Don Orione era contrario a questo passaggio del suo testo e voleva cambiarlo o toglierlo. Per una ricostruzione della questione della “mancata visita” di Padre Gemelli alle stimmate di Padre Pio e sul suo giudizio su tale fenomeno si veda  Saldutto G. Un tormentato settennio (1918.1923)…, o.c., p.118-122 e 385-398.

Fa pensare il fatto che mentre Padre Gemelli “ammorbidito” in scritti successivi i giudizi sulle stimmate in generale espressi nell’articolo del 1924 su “Vita e Pensiero” abbia costantemente affermato di aver visitato le stimmate di Padre Pio. Significativa è la sua corrispondenza con il gesuita P. Martindale per chiedere una rettifica su quanto richiesto nella rivista The month a suo riguardo nel 1952. “Io ho esaminato accuratamente il Padre Pio e anche le sue stimmate; durante l’esame delle stimmate era presente il suo Provinciale (…). Io ho una sola colpa: quella di aver esercitato la mia opera di perito medico mandato dal S. Ufficio ad esaminare P. Pio. Il S. Ufficio mi ha sempre consigliato di tacere ed io ho obbedito” (Lettera del 19.7.1952 in Saldutto G., cit., p.392-393)  “Solo una persona (Don D. Palladino) -  scrive ancora Saldutto -  a p.395 del suo documentato studio, a pag.395 sostiene che non una ma due volte P. Gemelli s’è recato a San Giovanni Rotondo effettuando il controllo nel secondo viaggio: ciò le fu riferito da Padre Gemelli stesso”. E se fosse vera questa versione dei fatti perché fondata sull’unica parola di Padre gemelli e a quel silenzio che egli aveva giurato all’Autorità della chiesa. Un ragionevole dubbio, pare legittimo e rispettoso verso il Gemelli.

[19] In occasione della raccolta di documentazione presso le Congregazioni romane, è stato riferito al Postulatore, don Luigi Orlandi, che il nome di Don Orione appariva in questioni delicate relative a problemi ecclesiali e soprattutto concernenti il sostegno e il recupero di personalità ecclesiastiche e laiche in situazioni problematiche. In alcuni casi c’era la annotazione del Papa: “Mandare Don Orione!”, “Sentire Don Orione!”.

[20] Situazione analoga si verificò nel 1923, quando la tipografia orionina “Emiliana” di Venezia stava per stampare un libro di Don Brizio Casciola, destinato all’insegnamento della religione nelle scuole, e giunsero a Don Orione dei rilievi su alcuni passaggi giudicati poco “ortodossi”. Don Orione scrisse al Card. La Fontaine, Patriarca di Venezia, dicendo: “Per la grazia di Dio, non venderò una virgola sola della mia Fede per nessun piatto di lenticchie: per me e per i Figli della Divina Provvidenza… tutto l’oro del mondo e qualche cosa di più e di meglio, non vale un alito dei desideri del Papa. Io pensavo di poter dare un po’ di lavoro e di pane ai miei orfani; ma ‘ non di solo pane vive l’uomo’, e prima, molto prima del pane, c’è la fede. Quanto al pane ci penserà la Provvidenza di Dio benedetto”; in Scritti 49, 118-119.

[21] Scritti 42, 79. Fece tale affermazione a chiudere una controversia con un parroco, dove rinunciava ad proprio diritto perché fosse salva l’unità ecclesiale.

[22] Lettera del 18.8.1933; in Padre Pio, ADO.

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