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Paolo VI e Don Orione per i sacerdoti lapsi " /> Messaggi Don Orione
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Nella foto: Milano, 7/12/1961. Il Card. Montini posa la prima pietra del nuovo padiglione in luogo della chiesa di villa Restocco
Autore: Gabriele Archetti

L'articolo ricostruisce la stima verso Don Orione e la stretta relazione del Card. Giovanbattista Montini, arcivescovo di Milano, con il Piccolo Cottolengo Milanese.

Paolo VI e Don Orione per i sacerdoti lapsi

L’arcivescovo Montini
e il Piccolo Cottolengo Milanese.


di GABRIELE ARCHETTI

 

«Per S. Ambrogio, 7 dicembre, al pomeriggio, a Dio piacendo, se altri impedimenti non sorgeranno, verrò, come già altre volte in tale data luminosa, al Piccolo Cottolengo milanese, com’Ella propone; speriamo che tutto sia in benedizione»[1]. Così il 31 maggio 1963 il cardinale Giovanni Battista Montini scriveva al superiore generale don Giuseppe Zambarbieri (1914-1988), ripetendo quando aveva detto pubblicamente pochi giorni prima a Varese, in occasione della consacrazione episcopale di mons. Francesco Rossi[2], rallegrandosi perché la richiesta di creare un «pensionato per giovani lavoratori», in risposta ai bisogni urgenti legati alla tumultuosa crescita industriale della città, trovava concreta e positiva accoglienza presso il Piccolo Cottolengo orionino. La promessa, in verità, poté solo in parte essere mantenuta perché il 21 giugno l’arcivescovo di Milano veniva eletto al pontificato col nome di Paolo VI e chiamato alla guida della Chiesa universale[3]; ciò non gli impedì tuttavia di benedire la prima pietra, la cui posa fu affidata al suo successore mons. Giovanni Colombo[4].  

Il 22 aprile precedente aveva fatto una richiesta precisa a don Zambarbieri: «mi permetto di prospettare alla sua caritatevole attenzione l’opportunità che nella nuova, costruenda ala del grande-piccolo Cottolengo di Milano trovi posto un pensionato per lavoratori, ovvero per lavoratrici, oppure per studenti o per impiegati. È una simile destinazione una risposta al grande bisogno di dare ospitalità ed assistenza a tante persone, giovani specialmente, che a Milano vengono per occuparsi, e non hanno né casa, né guida cristiana. Veda per cortesia. L’occhio di Don Orione non ha bisogno di molti ragionamenti per scoprire dove vi sia da fare del bene, né il cuore manca di sante energie per compierlo»[5]. La risposta non si fece attendere e di rimando l’arcivescovo: «Venederatissimo Don Zambarbieri, grazie, grazie di cuore di quanto Ella mi comunica con le Sue lettere del 28 aprile e dell’otto maggio. Sono lieto di sapere che il pensionato per giovani lavoratori entra nei piani della grandiosa “piccola opera della Divina Provvidenza” di Milano; penso che D. Orione dal cielo lo benedirà!»[6]. Gratitudine sincera che rinnovò anche da pontefice pochi mesi dopo[7].

Un vincolo profondo univa Montini al Piccolo Cottolengo Milanese, convinto della forza e dell’originalità della proposta orionina nel contesto caritativo ambrosiano[8]. Lui stesso ne aveva celebrato il venticinquesimo di attività nell’Aula Magna dell’università Cattolica, il 30 marzo 1958, con un discorso seguito dalla premiazione dei giovani ospiti dell’istituto[9]. «Com’è grande il piacere nostro nel registrare, dopo 25 soli anni che l’Opera è a Milano, risultati così cospicui, così rapidi, si dovrebbe dire miracolosi»[10]. Il segreto di tutto, notava Montini con il suo denso, personalissimo linguaggio, è don Luigi Orione (1872-1940), «un uomo di Dio, [ch]e non forziamo la mano e il giudizio della Chiesa, dandogli umanamente il titolo di santo», convinzione quest’ultima fortissima nel presule; in effetti, è «la santità che ha reso possibili queste cose, questa energia misteriosa e potente, questo innesto di forze arcane e superiori, con le più devote, le più eroiche donazioni della capacità umana a corrispondervi. È questo fenomeno umano e divino insieme che si chiama appunto la santità, che ci sembra senza fallo di poter individuare come l’origine di tutta questa bellissima Opera che onora Milano, consola i poveri, organizza la carità, e oggi ci riunisce in questo giubilo di celebrazione»[11].

Secondo l’arcivescovo, che faceva suo il titolo di un volume del 1941 curato da don Carlo Sterpi (1874-1951)[12], stretto collaboratore e primo successore del prete di Pontecurone, così si manifestava lo spirito di don Orione, ossia il «senso del povero» e «il senso di Dio», «quasi due antenne innalzate verso il cielo», capaci di rendere efficace lo slancio caritativo. «Non saprei farvi da pilota – proseguiva –, in mezzo a questa selva, perché tale è, di vegetazione spirituale che chiamiamo lo spirito di don Orione»; in apparenza egli «sembra persona semplice, sembra umile prete di pochi talenti e di poca fortuna; sembra, con quel suo capo grosso, rotondo, direi paesano – me lo ricordo ancora – un po’ curvo sulla spalla, quasi che indicasse con questo una sua timidità e denunciasse subito la umiltà del suo spirito. Sembra molto facile subito individuare questo spirito. Provate ad esplorarlo. Provate a varcare le soglie, con riverenza, vero, e con acutezza psicologica umana e cristiana. Provate, a varcare le soglie di questo spirito e vedrete se la cosa è semplice»[13].

Montini aveva conosciuto personalmente don Orione, lo aveva incontrato più volte, era rimasto affascinato dalla sua forza interiore e dalla fiducia incondizionata nella Provvidenza, al punto da intitolarvi la sua congregazione; ciò significa, osserva il presule, che è esposta «ad un rischio continuo, ad un atto di fede basato non su argomenti tangibili ed umani, terreni e temporali, calcolabili, ma sopra questo incalcolabile ma reale aiuto che viene da Dio. E perché questo fosse possibile mise nel cuore suo, e in quello dei suoi figli e successori, l’arte di captare la Divina Provvidenza; che è un supremo disinteresse, che è una preghiera che non dorme mai, che è una bontà che sorride quando verrebbe tanto da piangere, che è una pazienza che resiste quando tutto farebbe dire: Beh, finiamola e basta così! Se il mondo non vuole, vada alla malora anche lui; ché io sono stanco di beneficare e di consolare chi non vuole essere né beneficato né consolato… Questa capacità di ricevere, di meritare l’aiuto della Provvidenza, l’ascetica cioè che rende possibile il contatto e l’innesto della causalità di Dio con la nostra, don Orione la ebbe»[14].  

Di questi incontri il card. Montini parla spesso e lo fa con parole tanto familiari quanto affettuosamente deferenti e davvero inusuali, che poi trasferisce alle opere, ai religiosi, ai benefattori e agli amici della «cara famiglia» orionina[15], di cui si sentiva parte. Di don Orione aveva avuto notizia sin da ragazzo per via del terremoto del 1908, calamità nella quale il giovane prete piemontese si era gettato senza risparmio; lo aveva poi conosciuto a Genova durante un incontro con i benefattori nel 1934 – dove si era recato su invito di don Franco Costa, assistente ecclesiastico della Fuci[16] – e altre due volte in Segreteria di Stato a Roma in Vaticano al rientro dall’Argentina dopo il 1937; una dozzina di lettere, invece, a partire dal 1928 attesta il comune impegno e il comune apostolato verso i preti in difficoltà[17]. «Questa sera io sono stato chiamato quasi a far parte degli Amici di Don Orione – così raccontava ai benefattori della Don Orione Home di Boston, dove si era recato il 7 giugno 1960 su invito dell’arcivescovo di quella città card. Richard James Cushing (1895-1970) – e lo sono da molto tempo, anche perché ho avuto la rara fortuna d’incontrare, di parlare e di conoscere da vicino la stessa venerata persona di Don Orione; e conservo di queste visioni una memoria incancellabile come si deve a quella di uno che veramente è santo. E sono molto lieto che questo messaggio di carità, di civiltà, di umiltà e di virtù evangeliche, abbia trovato in una città così grande, così operosa, così moderna, una udienza tanto buona e tanto efficace»[18].

Il 4 novembre 1972, rivolgendosi ai partecipanti all’VIII convegno internazionale degli “Amici di don Orione”, non era meno esplicito: «Siete Amici di don Orione, come a dire ammiratori della sua luminosa figura ed estimatori delle sue imprese apostoliche. Molti di voi l’hanno conosciuto, ed anche noi, che più volte l’abbiamo avvicinato, siamo tuttora commossi dal ricordo di quei colloqui, dai quali riportavamo l’impressione di un uomo e di un sacerdote animato da una carica eccezionale di zelo e di dedizione per le anime. “Papa e poveri”, come dice il tema da voi studiato, sono stati un unico amore per don Orione. Uscito più che dalla mente, dal cuore di don Orione, “Papa e poveri” è un binomio dal significato intenso, inscindibile, caro al cuore di quello che noi speriamo di venerare un giorno sugli altari: don Orione. Vero?... Sapete anche noi abbiamo conosciuto don Orione: ricordo benissimo due volte di averlo ricevuto in Segreteria di Stato; una volta ricordo di averlo sentito parlare a Genova, con tanta meraviglia e ammirazione, per la semplicità estrema della sua parola e per la capacità anche di esprimersi e di arrivare ai cuori di coloro cui si rivolgeva il suo discorso»[19].  

Affaticato e provato dalla malattia, nell’udienza generale del 12 gennaio 1978, a pochi mesi dalla morte, l’anziano PaoloVI tornava ancora con sorprendente lucidità a quelle tappe della sua vita, quasi per consegnarle come lascito testamentario ai religiosi dell’Opera, dopo aver approvato due giorni prima il decreto di beatificazione per don Orione. «Abbiamo avuto, direi, la consolazione straordinaria di conoscerlo, in una nostra visita a Genova. Ove eravamo andati per gli studenti universitari; e lui era la prima volta che andava a Genova e fu accolto da amici, molto bene. E parlò, parlò con candore così semplice, così disadorno, ma così sincero, così affettuoso, così spirituale, che toccò anche il mio cuore, e rimasi meravigliato di quella trasparenza spirituale che emanava quest’uomo, così semplice e umile. Narrava la sua vocazione, passata attraverso stadi di sforzi, di esempi di povertà, ma sempre tesa al grande sogno della sua consacrazione»[20].

Il pensiero correva quindi agli anni giovanili: «Poi venne il 1908, noi lo ricordiamo, eravamo ancora ragazzi. Fu nel dicembre il grande terremoto di Messina a cui nessuno era preparato. Fu un disastro sia per la Calabria, e sia per tutto lo stretto di Messina e tutta la costa orientale della Sicilia. Egli fu incaricato – poiché il sacerdote cominciava ad occuparsi appunto di opere di carità – fu incaricato da Pio X, altro santo, di vedere cosa si poteva fare, perché non c’era organizzazione, non c’era niente. Su quel terreno perirono circa centomila persone in quella disgrazia tellurica, che fu anche una vera disgrazia demografica. Sconvolse tutto e le conseguenze durarono per tanti anni, e credo che non siano ancora finite le opere di ricostruzione di Messina e specialmente della costa. Abbiamo visitato, da studenti, queste opere, ed abbiamo ammirato quelle costruite, ma con grande dolore abbiamo visto che non erano sufficienti al bisogno»[21].

I contatti di Montini con il mondo orionino non riguardano solo il fondatore, ma riguardarono la sua opera diventando molto più intensi dopo la morte del fondatore, come il nutrito e varigato materiale documentario conservato nell’Archivio centrale della Congregazione e del Piccolo Cottolengo attesta. Si tratta per lo più di atti legati all’ufficio di sostituto alla Segreteria di Stato vaticana, ma anche di risposta a doni, ad auguri, a richiesta di informazioni, e poi come pastore della grande diocesi milanese e infine come pontefice in relazione alla vita della Congregazione. Ne citiamo almeno uno: la richiesta di informazioni sui fratelli Bassetti fatta da Montini a don Sterpi nell’ottobre 1942 al fine di conferire loro un “titolo onorifico” in segno di gratitudine per l’aiuto dato al Piccolo Cottolengo; nella missiva di risposta si legge: «Conosco molto bene i fratelli Ermete e Felice Bassetti. Sono ottime persone e molto generosi. Al Piccolo Cottolengo hanno offerto, insieme con un terzo fratello Giannino, un milione […]. Anche il Giannino è molto buono e, vorrei dire, più affezionato degli altri due al Piccolo Cottolengo […], è per iniziativa sua e della Sua signora, fervente cattolica, e a spese loro, che lo scultore Minerbi ha scolpito la statua di Don Orione, somigliantissima al defunto nostro Padre, e che costò oltre centomila lire»[22].

Nelle parole di Paolo VI la figura di don Orione diventa immagine della carità. In occasione del VI convegno internazionale degli Amici, il 2 maggio 1965 nella basilica vaticana, egli riprende concetti di vicinanza e di stima non nuovi: «Saremmo quasi tentati di dire che fra gli Amici di Don Orione siamo iscritti anche noi. E cioè, abbiamo noi stessi avuto la fortuna d’incontrarlo vivente. Commemoriamo con questi Amici, e con quanti altri nel mondo a questo nome guardano e benedicono, il 25° della sua morte pia e buona, nella speranza che la Chiesa possa riconoscere in lui quello che tutti comunemente dicevano quando lo incontravano vivente: È un santo! È un santo! E Dio voglia davvero che questo titolo gli sia ufficialmente e qui riconosciuto!». Poi continua in tono confidenziale: «Abbiamo tanti bei ricordi di Don Orione e, cioè, della sua famiglia. San Benedetto di Milano: questo bellissimo centro dove sempre ricevemmo accoglienze così pie e così premurose: vi è nato un villaggio della carità – una specie di transatlantico, ove ci sono tutte le miserie e tutte le bontà – in cui andavamo tutti gli anni il giorno di S. Ambrogio a portare la nostra benedizione»[23].

Al Piccolo Cottolengo Montini si recava volentieri, le fotografie delle sue visite lo ritraggono sempre sorridente, sereno, lontano dallo stereotipo del pontefice “triste” che la vulgata giornalistica gli ha malevolmente talvolta attribuito, non veritiera e contraria al suo temperamento. Ci andava dopo i vespri e il solenne pontificale del 7 dicembre, anche senza voce[24], perché lo riteneva un un luogo in cui «il miracolo della carità che silenziosamente lavora» e mette in crisi le leggi dell’economia e del mercato, forza del popolo e ricchezza della Chiesa, come ebbe a dire nel 1959[25]. Poco dopo l’elezione al pontificato, non esita a confessare pubblicamente «il costante, dolce ricordo» che conserva della parrocchia di S. Benedetto. «Essa, un tempo, era ai margini di Milano; ora, invece, è già circondata dai nuovi quartieri e si distingue per una monumentalità e per una completezza di apostolato impressionante, degno di ogni encomio. A tale centro fiorente – dove sempre l’attuale Pontefice soleva recarsi alla sera della festività di S. Ambrogio, e che lo ha accolto in diverse altre circostanze –, Egli riserva il suo particolare saluto e la benedizione più cordiale»[26].

Tra i Discorsi e scritti milanesi sono sei gli interventi dell’arcivescovo documentati per gli anni dell’episcopato, dal 1955 al 1962. In occasione dell’inaugurazione del nuovo padiglione per l’oratorio e le opere di assistenza sociale (31 maggio 1955)[27], il saluto di benvenuto fu pronunciato da don Gaetano Piccinini (1904-1972) che riprese le parole del discorso tenuto da Montini il 12 marzo 1944 nella chiesa di Santa Caterina a Roma agli Amici sulla necessità di “avere il coraggio del bene”[28]. L’arcivescovo rispondeva indicando Giuseppe Cottolengo e Giovanni Bosco come «radici» orionine del «grande albero che [anda]va grandeggiando e frondeggiando di nuove opere», le quali ormai grazie alla Provvidenza superavano «tutti i calcoli dell’economia, tutti i contabili e tutti i ragionieri che vorrebbero ristretto soltanto alla loro esperienza e a un limite umano il bene, indica che nel bene ci sono orizzonti sconfinati in possibilità», perché «la carità non rifiuta nulla»[29].

Nell’agosto del 1956 l’arcivescovo era al capezzale di don Benedetto Galbiati, che tanta parte aveva avuto nell’acquisto di villa Restocco su cui sorse il Piccolo Cottolengo[30], e il 21 marzo successivo tornava nella parrocchia orionina per celebrare la festa del patrono (1957): «Carissimi figli, volevo da tempo venire a pregare con voi un momento; lo volevo perché, quando ho avuto l’occasione di arrivare fino a questa casa, sempre la fretta urgeva sui miei passi e non mi ha concesso di sostare un momento per conoscervi meglio, per salutarvi, per dire a voi quanta compiacenza, quanta dolcezza mi venga in cuore fra queste mura. Allora col vostro prevosto [don Silvio Ferretti] e con gli altri religiosi che svolgono qui la loro opera di bontà e di carità, abbiamo detto: andremo il giorno di San Benedetto che, secondo il rito romano, si celebra oggi, anche se nel rito ambrosiano prevale, sulla festa del Santo, il grande pensiero della preparazione pasquale, cioè della Quaresima, e la festa del Santo è mandata ad altro giorno, precisamente all’undici luglio»[31].

La predica, incentrata sull’umiltà del bene, mise a confronto il genio benedettino con quello orionino evidenziando la contrapposizione tra la maestosità delle strutture e il nascondimento con cui si esercita la carità. «Da una parte ci sorprende (guardate che mura!) la grandezza di questa casa, di questa chiesa, di queste opere; e dall’altra ci invita e ci incanta l’umiltà di questa stessa casa, di questa chiesa, di questa istituzione. […] Le proporzioni stesse di questa casa ci dicono che non può essere tenuta nascosta e che in mezzo a tutti i grattaceli che sorgono di qua e di là anch’essa, questa casa, sorge alta e solenne per dire: guardate che in mezzo alle case degli uomini c’è anche la casa di Dio, in mezzo alle case degli uomini che pensano ai propri affari c’è anche la casa di coloro che pensano agli affari altrui; di quelli che vivono non di altro preoccupati che del bene della terra; c’è anche la casa di coloro che pensano ai beni o ai destini del cielo»[32]. E ciò avviene non perché direttamente voluto, ma in quanto «è una irradiazione – parola chiave nel lessico montiniano – che il bene ha di natura sua».

Nella festa di Sant’Ambrogio del 1959 la visita dell’arcivescovo diede avvio ad un nuovo padiglione femminile[33]. Colpisce però il tono confidenziale, nonostante l’ufficialità della circostanza, con cui si rivolge agli ospiti del Cottolengo per poi soffermarsi sulla ricchezza della carità: «Non avendo troppo frequente l’occasione di venirli a visitare, vorrei questa sera lasciare a ciascuno di loro il mio saluto e la mia benedizione; e dire loro il mio ricordo, la mia simpatia e anche la mia fiducia che loro stessi, nelle loro sofferenze, non vorranno dimenticare né me né tutta la grande famiglia ambrosiana»[34]; e conclude: «parto molto felice e molto tranquillo, sicuro che quest’opera continuerà e sarà davvero consolazione dei poveri e ricchezza di carità cristiana»[35].

Era stato il direttore del Cottolengo don Zambarbieri ad invitarlo, il quale, nella missiva del 26 ottobre in risposta all’assenso dell’arcivescovo, ricorda come trent’anni prima erano stati don Orione e il card. Schuster a benedire gli inizi del Piccolo Cottolengo proprio nella festa del patriarca ambrosiano[36]. Accanto ai lavori per le strutture assistenziali, però, si arricchivano anche le opere di abbellimento della chiesa parrocchiale: «ci sembra di tanto buono auspicio, Eminenza, che la nuova benedizione sia provvidenzialmente caduta proprio nel giorno di S. Ambrogio, come sarà di qualche sollievo anche all’Eminenza Vostra inaugurare – nella chiesa di S. Benedetto, dove sarà tutta la nostra famiglia ad attendere il successore di S. Ambrogio – l’artistico Battistero e il pavimento di marmo».

Anche la successiva visita del 7 dicembre 1961 divenne occasione per aprire ambienti e iniziare nuovi progetti di fabbricati[37]. «È già la terza inaugurazione che vengo a fare qui – esordisce Montini –, e perciò vedo la crescita, l’aumento, la fioritura di quest’opera grande. Anche a guardarla di fuori, se ne vedono le proporzioni, che sembrano audaci, sembrano sproporzionate all’umiltà dell’inizio, alla modestia di chi promuove quest’opera, alla destinazione: è fatta per gli umili, è fatta per i sofferenti, è fatta per i piccoli»[38]. Illustra quindi le tre radici che rendono possibile tutto questo: la carità dei benefattori, la dedizione dei religiosi e l’aiuto divino. «Io vedo nella monumentalità stessa di questo edificio, di quest’opera, nella sua stessa grandiosità, la misura tangibile della bontà, della dedizione, del silenzio, dell’abnegazione, del sacrificio di questi cari confratelli e di queste buone sorelle e di quanti con loro lavorano per il bene dei poveri e per il bene degli umili. […] E la rapidità, la bellezza e la prosperità di una casa simile mi lasciano davvero credere che la benedizione di Dio è piovuta su questa zolla benedetta e l’ha resa così fiorente e così fruttifera. […] Come è bello allora celebrare nella nostra Milano un fenomeno di questo genere: qui c’è la pioggia di Dio, che lavora, che feconda, che incoraggia, che consola che guarisce, che rende gli umili grandi, che rende i sofferenti rassegnati e pieni di meriti»[39].

Il 7 gennaio successivo, giungeva nuovamente nella parrocchia di San Benedetto per la visita pastorale, dopo quella di Schuster del 5 novembre 1954: «La Chiesa non era ancora finita: aveva già stabilito questo posto; “qui deve sorgere una Parrocchia” – esordisce Montini –, questo monumento del vostro tempio non era ancora del tutto costruito; ma ha già avuto la vostra Parrocchia, diremo, il suo battesimo pastorale. Questa è la seconda; e la trovo in piena efficienza, in pieno sviluppo»[40]. Arrivato in anticipo sull’orario stabilito improvvisò un dialogo con i presenti mentre la chiesa si andava riempiendo e nell’omelia raccontò di aver avuto «la fortuna, più di una volta, di vedere e di avvicinare» don Orione a Roma e a Genova, ricavando l’impressione «di essere davanti, davvero, ad un uomo straordinario», che «con una semplicità sconcertante, con un linguaggio quasi puerile, aveva la potenza di farti sentire che abitava in lui la parola e l’eco di Cristo»[41].  

Poco dopo l’elezione al pontificato, il 30 novembre 1963, Paolo VI volle mantenere l’impegno di benedire la prima pietra della “Casa del giovane operaio”, il pensionato per lavoratori e studenti che lui stesso aveva chiesto di costruire a Milano[42]. L’intervento del papa è tra i più belli di quelli rivolti alla famiglia orionina, e merita di essere ripreso in alcuni passaggi. La prima annotazione del papa muove dalla «sorpresa» dell’uso in don Orione dell’aggettivo piccolo, riferito al Cottolengo e all’Opera, quando si tratta invece di iniziative spesso grandiose: «verrebbe naturale – osserva – il supporre che le sue fossero cose di dimensioni molto modeste, mentre la realtà è ben diversa». Poi sorridendo aggiunge: «Così, per oggi, è stata chiesta una piccola Udienza, non solenne, né lunga, appena di qualche minuto; e invece che cosa il Papa vede davanti a sé? Al completo i superiori, la rappresentanza della grande famiglia della parrocchia di S. Benedetto in Milano, e tante altre persone, convenute appunto per celebrare insieme un avvenimento, per il Papa davvero molto caro e significativo. Egli lo accetta quindi anche nella proporzione di solennità e di grandezza, che all’incontro s’è voluto dare»[43].  

Ma la sua «letizia» è motivata pure dalle strutture del Piccolo Cottolengo, la cui edificazione crebbe unitaria e grandiosa, senza cedimenti ad inutili orpelli decorativi, lineare e funzionale agli scopi caritativo-assistenziali e pastorali per cui era stata pensata, come ebbe a dire don Orione a Mario Bacciocchi che ne fu l’architetto[44]. «L’edificio dell’Opera Don Orione a Milano è di proporzioni immense: davvero non si crederebbe come le piccole cose possano avere sviluppi di tale importanza ed organicità. C’è la chiesa, ci sono le scuole, gli ospedali, le attività parrocchiali. È stata aggiunta una quantità di provvide irradiazioni intorno al nuovo nucleo religioso, portato da Don Orione a Milano. Ora, tale complesso di strutture mancava appunto di una parte che deve integrare questa cittadella della carità e della preghiera. E perciò, il sapere che l’ottimo centro sarà finalmente definito in tutta la magnifica simmetria e monumentalità, presentandosi organico e soddisfacente non solo per l’occhio ma per le iniziative che esso promuove, ricolma il cuore paterno di letizia e di augurio»[45].

Una costruzione così moderna e utile alla gioventù operaia in cerca di lavoro ma senza casa, rappresenta «uno dei problemi morali e pastorali più gravi di una metropoli industriale e in crescente sviluppo come Milano», osserva il papa. «Ed ecco la carità sempre all’avanguardia. Sorge l’idea di apposito pensionato. Già altri ve ne sono: e se ne intravvede ulteriore notevole serie nel programma sociale di Milano. Si tratta appunto di aprire le porte e dare ospitalità alla nuova gioventù lavoratrice immigrata nella vasta città. Quello che da oggi si inizia, sarà, di certo, tra i più ridenti e completi, tra i più adatti ad accogliere i carissimi giovani. Essi vi troveranno dimora cordiale e familiare, l’educazione, il riposo, il diporto, la preghiera, quel senso rassicurante di essere immediatamente inseriti in una società non forestiera, non nemica, non ostile, non impenetrabile, bensì in una società come dev’essere la nostra: civile e cristiana»[46]. Il tutto nello spirito di don Orione che, rende viva la carità, nell’intento nobilissimo di «dare casa al lavoro».

Due brevi annotazioni conclusive. La prima che fa certo sorridere, ma fa capire bene le relazioni costanti e non formali tra Giovanni Battista Montini e «la cara famiglia di Don Orione»[47]. In una missiva dell’8 giugno 1943, indirizzata forse a don Piccinini a Roma, il sostituto alla Segreteria di Stato ringrazia per il cestino di frutta ricevuto: «Rev.mo Signore, dicono a me le fragole profumate, ch’Ella a nome del Rev.mo Superiore gentilmente mi manda, la bontà squisita dei figli di D. Orione, che sanno conservare fiore di cortesia in mezzo all’assillo delle loro opere faticose. Non so come ringraziare; ma ammiro contento e un po’ confuso di tanta gentilezza. Dio Benedica!»[48].

La seconda ci porta alla sede universitaria della Cattolica, perché nella cronaca dell’istituto si documentano le visite periodiche dei suoi studenti al Piccolo Cottolengo e come, ad esempio il direttore del collegio Augustinianum, li portasse personalmente al Cottolengo. «Queste visite di giovani, esuberanti di intelligenza e di forza fisica, ci commuovono», si legge in un appunto: «Ci ricordano quanto Padre Gemelli scriveva nel gennaio 1940 a Don Orione: “Io seguo, benché in silenzio, lo sviluppo delle Sue opere e soprattutto La seguo, perché so che visitare i suoi malati fa bene ai miei studenti”»[49]. Parole che continuano ad essere molto attuali, il cui valore formativo rimane intatto anche per gli studenti e i docenti del nostro tempo.

 

 


[1]   Roma, Archivio don Orione, carteggio (Milano, 31 maggio 1963). Ringrazio don Giuseppe Vallauri e Patrizia Martinez per la collaborazione e la disponibilità assicurata nella consultazione dei materiali dell’Archivio centrale della Congregazione, come pure don Dorino Zordan per l’Archivio del Piccolo Cottolengo di Milano.

Più in generale per la storia della fondazione caritativa milanese, si rimanda a Piccolo Cottolengo Milanese di Don Orione. 1933-2008: 75 anni di carità tra storia e cronaca, a cura di D. Zordan, A. Leggieri, Gorle 2009 e a Don Orione e il Piccolo Cottolengo Milanese (1933-2013), Incontro nazionale di studio (Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano, 17 gennaio 2014), Roma 2014, in corso di pubblicazione.

[2]   Le circostanze sono riassunte nel Diario della casa, la piccola cronaca che raccoglie con semplicità le vicende salienti dei primi decenni di vita del Piccolo Cottolengo: «26 maggio 1963. Nella basilica di San Vittore di Varese oggi Sua Eminenza il card. Montini ha consacrato lo zelantissimo Prevosto S. E. Mons. Francesco Rossi, dal Santo Padre Giovanni XXIII nominato Vescovo di Tortona. Al rito, con il Direttore Generale Don Zambarbieri, ha partecipato una rappresentanza del Piccolo Cottolengo. Nella splendida omelia l’Em.mo Arcivescovo si è compiaciuto ricordare Don Orione che “ha reso celebre Tortona in tutto il mondo – ha detto testualmente – con il fulgore di una carità che ci lascia incantati, edificati”. Incontrando Don Zambarbieri, il Cardinale gli ha promesso che verrà qui, per la posa della prima pietra del nuovo Pensionato operai, il 7 dicembre, festa di S. Ambrogio» (La c’è la Provvidenza!... Nove discorsi del card. Montini agli Amici di don Orione, Tortona 1964, p. 234).

[3]   L’avvenimento viene registrato nel Diario della casa: «21 giugno 1963. Gaudio di Milano e del mondo cattolico! Il nostro Cardinale Montini, eletto Papa col nome di Paolo VI, dopo uno dei conclavi più brevi della storia, dalla loggia della Basilica di San Pietro dà la prima benedizione “urbi et orbi” » (La c’è la Provvidenza, p. 234). E poco dopo: «30 giugno 1963. Il nostro Direttore Generale proprio questa mattina, giorno dedicato all’incoronazione del Sommo Pontefice, ha avuto il privilegio, unitamente a Don Ferretti [il parroco della chiesa del Cottolengo, dedicata a san Benedetto], di essere ammesso alla presenza del Papa e di potergli ripetere il devotissimo amore dell’intera Famiglia di Don Orione. Il Santo Padre Paolo VI ha rinnovato la speciale sua benedizione per tutta la Piccola Opera e per la Parrocchia di San Benedetto, assicurando con tanta ambilità che il 7 dicembre, festa di Sant’Ambrogio, sarà al Piccolo Cottolengo Milanese col cuore, con tutto il cuore!» (ivi, p. 235).

[4]   I cui inizi erano così sintetizzati dal presule: «Nella periferia occidentale di Milano, fuori Porta Magenta, una grandiosa opera di carità, il Piccolo Cottolengo Milanese, da trent’anni è visibile testimonianza della Provvidenza. In una zona sconsolata, dove la pioggia faceva fangose le strade e l’inverno accumulava nebbioni sui prati, dove vi era una villa mal conciata e fatiscente, abbandonata dalle stesse Suore Carmelitane, il 4 novembre 1933 festa di San Carlo, il santo che durante la peste del 1576 rivelò ai milanesi i tesori inesauribili della sua carità, Don Orione ebbe l’ardimento di gettare il primo germe di quello che ora si potrebbe chiamare il villaggio delle opere buone» (G. Colombo, Prefazione, in La c’è la Provvidenza, p. XIII); per l’intervento il 7 novembre dell’arcivescovo nella posa della prima pietra benedetta dal papa, Ibidem, pp. 241-244.

[5]   Roma, Archivio don Orione, carteggio (Milano, 22 aprile 1963).

[6]   Roma, Archivio don Orione, carteggio (Milano, 31 maggio 1963).

[7]   Insegnamenti di Paolo VI, I, Città del Vaticano 1963, p. 634: «Ciò merita innanzitutto il ringraziamento del Papa. Perché? Ma perché è bastato un semplice suo accenno alla opportunità di destinare la costruenda ala, integrativa del grande complesso della parrocchia di S. Benedetto, a un pensionato per la gioventù operaia, che subito veniva dato volenteroso e pratico assenso. È un ragguradevole esempio: e merita lode. Del resto il Santo Padre, ogniqualvolta ha avuto occasione di rivolgere una richiesta ai figli di Don Orione, ha sempre trovato in essi pronti e generosi esecutori. A tanta sollecitudine va reso, quindi, pubblico attestato di lode».

[8]   Per l’inserimento di don Orione nel contesto milanese, con riferimento al Piccolo Cottolengo, v. A. Belloni Sonzogni, L’avvio della presenza orionina nel territorio milanese, in La figura e l’opera di don Luigi Orione (1872-1940), Atti dell’incontro di studio tenuto a Milano il 22-24 novembre 1990, Milano 1994, pp. 221-231; per la chiesa annessa all’istituto, invece, si veda a cura del Gruppo studi orionini, La parrocchia San Benedetto abate in Milano. Sessant’anni di fede e di opere, Brescia 2013.

[9]   G. B. Montini (Arcivescovo di Milano), Discorsi e scritti milanesi (1954-1963), II: (1958-1960), Brescia-Roma 1997, pp. 2036-2044; così riferisce la cronaca registrata nel Diario della casa: «30 marzo 1958. Celebrazione del 25° anniversario del Piccolo Cottolengo nella aula magna dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Autorità, Amici, Benefattori e fedeli di ogni grado si stringono attorno all’Ecc.mo Pastore Mons. Montini, che esalta in un mirabile discorso, la Carità di Cristo espressa in amore verso il prossimo. “Senso di Dio e senso del povero” è il tema di questa eccezionale rievocazione, che riporta il pensiero dei più antichi e fedeli Amici alle giornate milanesi di Don Orione del 1937 e gennaio 1939, allorché era lui, il Padre dei Poveri, a parlare della Carità e della Divina Provvidenza. Dal seme di allora, la pianta ricca di frutti di oggi. Lo rileva, beneaugurando e benedicendo, l’Arcivescovo di Milano, e la sua parola, piena di soddisfazione e di plauso per quanto già fatto, entra nei cuori come un impegno al quale i Figli di Don Orione e gli Amici Milanesi non vogliono venir meno: proseguire i lavori di costruzione del Piccolo Cottolengo, facendo un altro passo in avanti nella realizzazione del progetto originario. Don Orione lo vuole, e, con l’aiuto della Divina Provvidenza, si farà» (La c’è la Provvidenza!... Nove discorsi del card. Montini agli Amici di don Orione, Tortona 1964, p. 199).

[10]   Montini, Discorsi e scritti milanesi, p. 2037.

[11]   Montini, Discorsi e scritti milanesi, p. 2038.

[12]   Lo spirito di don Orione tratto dai suoi scritti e proposto ai suoi religiosi, a cura di C. Sterpi, Venezia 1941. Nel 50° dell’ordinazione sacerdotale, il sostituto alla Segreteria di Stato gli faceva pervenire una lettera di felicitazioni: «Reverendo Padre, la fausta ricorrenza del Giubileo Sacerdotale del Rev. D. Carlo Sterpi, che riempie di gioia tutti i figli di Don Orione e li stringe con unanimità di affetto intorno a chi fu di Don Orione il braccio destro e il sagace continuatore dell’Opera, non poteva non richiamare sul festeggiato lo sguardo paterno di Sua Santità. Il Santo Padre infatti non ignora i grandi meriti acquistatisi da D. Sterpi nei lunghi anni del suo fecondo apostolato, durante i quali ha saputo essere interprete fedele del venerato Fondatore e tradurne in pratica le nobili iniziative con tanto slancio di carità e vivezza di fede nella Divina Provvidenza. Perciò l’Augusto Pontefice, associandosi al gaudio dei figli di D. Orione invia al Rev. Don Sterpi congratulazioni ed auguri perché possa per lungo tempo ancora dedicare le sue energie al mantenimento dello spirito dell’indimenticabile Fondatore e all’ulteriore sviluppo delle sue Istituzioni, oggi più che mai necessarie alla dolorosa umanità. E quale auspicio delle più elette grazie del Cielo imparte al festeggiato una specialissima Benedizione Apostolica che desidera estesa pure alla P. V. e a tutti i membri, benefattori ed amici della benemerita Congregazione, nonché a tutti gli orfani e poverelli che all’ombra di D. Orione hanno sperimentato i miracoli della Divina Provvidenza e della carità di Gesù Cristo» (Roma, Archivio don Orione, carteggio, Vaticano, 14 maggio 1947, n. 152289).

[13]   Montini, Discorsi e scritti milanesi, pp. 2039 e sgg. per i riferimenti testuali precedenti; cfr. anche Montini, Discorsi e scritti milanesi, I: (1954-1957), p. 1270; Insegnamenti di Paolo VI, I, pp. 635-636.

[14]   Montini, Discorsi e scritti milanesi, p. 2043.

[15]   Così si esprimeva Paolo VI nella lettera al direttore generale don Giuseppe Zambarbieri del 3 gennaio 1973 in risposta all’accoglienza riservata al Segretario di Stato card. Villot in visita il 1° gennaio a Roma a Monte Mario, al posto del pontefice colpito da influenza, e per l’offerta data ai ragazzi terremotati di Managua (Roma, Archivio don Orione, carteggio, Vaticano, 3 gennaio 1973).

[16]   In una nota d’archivio lo stesso mons. Costa scrive: «Ebbi occasione di presentare l’allora Mons. Montini a Don Orione. Se ben ricordo era il giorno di San Giuseppe del 1934 o di un anno o due prima. Andai ad ascoltare una sua conferenza a Genova con Mons. Montini che stava predicando una preparazione pasquale agli Universitari. Don Orione parlò, come sempre, della carità. Mons. Montini lo ascoltò con grande attenzione e ricordo che parlammo a lungo di lui, e non certo della sua parola umana, ma della santità che traspariva attraverso la sua parola» (Roma, Archivio don Orione, b. 1).

[17]   Per qualche notizia al riguardo, F. Peloso, Un carteggio inedito degli anni ’30 tra mons. Montini (Paolo VI) e don Orione, rivela la collaborazione in favore dei preti lapsi, «Messaggi di don Orione», 33/105 (2001), pp. 65-71; ripreso in Idem, Lettere di misercordia, «30Giorni», 7/8 (2001), pp. 70-73.

[18]   La c’è la Provvidenza, pp. 51-52.

[19]   Insegnamenti di Paolo VI, X, Città del Vaticano 1972, p. 1124; Papa Paolo VI, «Amico di Don Orione», a cura di S. Cavazza, Tortona 1985, p. 127.

[20]   Papa Paolo VI, «Amico di Don Orione», pp. 150-151; sull’invito di don Costa a Montini, assistente nazionale della Fuci, a Genova per la Pasqua degli universitari e a proporgi di partecipare all’annuale incontro di don Orione con gli Amici del Piccolo Cottolengo Genovese, v. G. Zambambieri, Ricordando Paolo VI, «Don Orione», 1 (1978), pp. 7-8; Idem, Prefazione, in Papa Paolo VI, «Amico di Don Orione», pp. 7-8.

[21]   Papa Paolo VI, «Amico di Don Orione», p. 151.

[22]   Roma, Archivio don Orione, carteggio, le due missive sono datate rispettivamente: Vaticano, 7 ottobre 1942, n. 5778; Tortona, 15 ottobre 1942.

[23]   Papa Paolo VI, «Amico di Don Orione», p. 111.

[24]   Montini, Discorsi e scritti milanesi, III: (1961-1963), pp. 4801.

[25]   Montini, Discorsi e scritti milanesi, II, pp. 3200-3201.

[26]   Insegnamenti di Paolo VI, I, p. 633.

[27]   Così l’avvenimento viene registrato nel Diario della casa: «31 maggio 1955. Prima visita dell’Arcivescovo S. E. Mons. Montini, che viene per la inaugurazione dell’Oratorio Don Orione. Sono presenti le maggiori autorità cittadine: il Prefetto dott. Liuti, il Preside della Provincia avv. Casati, l’ing. Giambelli per il Sindaco, il Provveditore agli Studi prof. Clausi Schettini, S. E. Merra, gli Assessori dr. Montagna e Avv. Sala e fa corona una folla immensa di amici e di benefattori. L’Ecc.mo Mons. Montini, che viene accolto dal nostro Superiore Generale Don Pensa, benedice il nuovo padiglione destinato all’Oratorio e alle opere di assistenza sociale. “È uno dei più belli di Milano”, commentavano unanimi i visitatori. Sua Eccellenza passa poi a portare la sua benedizione ai vari reparti del Piccolo Cottolengo. Pronuncia quindi, ammirato e commosso, un discorso tanto affettuoso nel cortile centrale dell’Istituto, gremito di amici, e si compiace consegnare i premi al merito ai mutilatini che si sono maggiormente distinti per studio e condotta» (La c’è la Provvidenza, pp. 188-189).

[28]   Montini, Discorsi e scritti milanesi, I, pp. 275-278; per l’intervento del 1944 per l’adempimento del voto alla vergine Maria “salus populi romani”, cfr. G. Piccinini, Roma tenne il respiro, Palermo 1956, pp. 103-110; ripreso in La c’è la Provvidenza, pp. 5-10; Papa Paolo VI, «Amico di Don Orione», pp. 15-18.

[29]   Montini, Discorsi e scritti milanesi, I, p. 277.

[30]   La visita viene registrata nel Diario della casa: «11 agosto 1956. Anche Don Benedetto Galbiati raggiunge oggi Don Orione in Paradiso, torna a Dio piissimamente. Nella clinica San Giuseppe di Via S. Vittore, dove si trovava da una settimana, ha il conforto anche della visita e di una estrema benedizione da parte del venerato Arcivescovo Mons. Montini. Nel pomeriggio, poi, esprime il desiderio che sia un sacerdote di Don Orione ad amministrargli l’Olio Santo. […] La nostra Casa lo ricorderà con motivi di particolare gratitudine perché fu proprio Don Benedetto, nell’autunno del 1931, che si interessò e segnalò a Don Orione la possibilità di un Piccolo Cottolengo nella villetta del Restocco. Per i suoi buoni uffici presso il Padre Atanasio e le Suore Carmelitane, la villetta veniva venduta alla Piccola Opera della Divina Provvidenza ed il 4 novembre 1933 vi aveva inizio l’opera di carità che doveva così provvidenzialmente svilupparsi. A chi lo felicitava per questo, quasi fosse un cofondatore del Piccolo Cottolengo Milanese, rispondeva arguto: Cofondatore io? Non ci avrò altro merito del cartolaio, che fornì l’inchiostro a Dante per scrivere la Divina Commedia!» (La c’è la Provvidenza, pp. 191-192). In occasione della nomina cardinalizia di Montini, invece, il fatto viene annotato nel modo seguente: «Novembre 1958. Gaudio di Milano, gaudio della Chiesa! La metropoli lombarda saluta nel suo Arcivescovo un Principe di Santa Romana Chiesa. Giovanni Battista Montini apre l’elenco degli Em.mi Cardinali elevati alla porpora dal Santo Padre Giovanni XXIII. All’amatissimo Pastore s’eleva in festoso augurio, la voce riconoscente degli ospiti del Piccolo Cottolengo e degli Amici Milanesi di Don Orione» (ivi, p. 204).

[31]   Montini, Discorsi e scritti milanesi, I, pp. 1269-1274; anche in La c’è la Provvidenza, pp. 17-25; Papa Paolo VI, «Amico di Don Orione», pp. 23-28.

[32]   Montini, Discorsi e scritti milanesi, I, pp. 1270, 1272.

[33]   Nel Diario della casa l’evento è annotato nel modo seguente: «7 dicembre 1959. La prima pietra di un nuovo erigendo padiglione. Un’altra tappa del Piccolo Cottolengo Milanese, un altro balzo avanti nella coraggiosa realizzazione del programma benedetto dai Servi di Dio il Card. Schuster e Don Orione, per il conforto e l’assistenza dei più poveri! A felice ricordo del 25° del Piccolo Cottolengo, l’Em.mo Card. Montini ha oggi benedetto la prima pietra del padiglione che comprenderà la scuola medico-pedagogica per minorati recuperabili, la scuola materna per i bimbi della zona e l’Oratorio parrocchiale femminile. Alla cerimonia fungono da padrini il più giovane dei ragazzi poliomielitici e la più anziana delle donne assistite. Attorno al Successore di Sant’Ambrogio, assieme a umili fedeli e agli assistiti dell’Istituto, sono numerose Autorità cittadine e un folto gruppo di Amici di Don Orione. Prima di aspergere con l’acqua santa la pietra fondamentale, l’Em.mo Pastore ha parlato nella chiesa di San Benedetto, suscitando fremiti di commozione nell’esaltare la ricchezza interiore e la forza della carità di Cristo. Felicitandosi per la testimonianza operosa data, attraverso la misericordia verso i poveri, dai buoni ambrosiani, ha dichiarato la propria sicurezza che “quest’opera continuerà a sarà davvero consolazione dei poveri e ricchezza di carità cristiana”» (La c’è la Provvidenza, pp. 210-211).

[34]   Montini, Discorsi e scritti milanesi, I, pp. 3200-3204; anche in La c’è la Provvidenza, pp. 41-48; Papa Paolo VI, «Amico di Don Orione», pp. 55-60.

[35]   Montini, Discorsi e scritti milanesi, I, p. 3204.

[36]   Roma, Archivio don Orione, carteggio (Milano, 26 ottobre 1959).

[37]   Nel Diario della casa si dà conto dell’evento: «7 dicembre 1961. Festa di Sant’Ambrogio e 20° anniversario di fondazione del Gruppo “Amici di Don Orione”. Il Card. Montini inaugura un nuovo padiglione del Piccolo Cottolengo e benedice la prima pietra di un’altra costruzione che sorgerà al posto della vecchia Villa Restocco. Dall’altare della chiesa di San Benedetto il Cardinale rivolge il suo saluto alle Autorità, ai benefattori e agli assistiti del Piccolo Cottolengo e pronuncia un elevato discorso. Il Vicario Generale Don Zambarbieri legge il telegramma del Santo Padre e si procede alla benedizione della pietra fondamentale di un altro nuovo padiglione. Una vecchina ed un piccolo poliomielitico fungono da padrini della cerimonia, che si conclude con la firma di una pergamena da parte delle maggiori autorità. Quindi il Cardinale benedice la nuova cappella di San Giuseppe Benedetto Cottolengo, donata dagli Amici ambrosiani a ricordo del 20° di fondazione del gruppo, e visita i locali del nuovo fabbricato soffermandosi paternamente, benedicendo e confortando le malate dell’Istituto» (La c’è la Provvidenza, p. 224). In precedenza l’arcivescovo era intervenuto in occasione del cinquantesimo di messa del parroco: «Maggio 1961. In questo bel mese, dedicato alla Madonna, la nostra parrocchia di San Benedetto ha celebrato il 50° anniversario dell’ordinazione sacerdotale del suo parroco Don Silvio Ferretti. […] Il Card. Montini ha fatto pervenire al festeggiato la seguente lettera: “Rev.mo Signore Don Silvio Ferretti, Prevosto Parrocchia San Benedetto. Informato della prossima ricorrenza del cinquantesimo anniversario della Sua Ordinazione Sacerdotale, desidero esprimerLe per tale fausta ricorrenza le mie felicitazioni e i miei voti. Conosco il Suo zelo, il bene che Ella va facendo e promuovendo in cotesta Parrocchia, conosco l’opera di carità a cui attende la Famiglia religiosa alla quale Ella appartiene; e ringrazio perciò il Signore, mentre imploro dalla divina bontà nuove grazie di santificazione e di fecondo apostolato per la paternità vostra, per i Sacerdoti dell’Opera di Don Orione, per i fedeli della Parrocchia di San Benedetto affidati alla Sua guida e al Suo ministero. Con questi voti mi è caro inviarLe, con un cordiale saluto e con sensi di riconoscente ossequio, la mia Pastorale Benedizione. G. B. Card. Montini”» (ivi, pp. 220-221).

[38]   Montini, Discorsi e scritti milanesi, III, pp. 4801-4804; anche in La c’è la Provvidenza, pp. 55-61; Papa Paolo VI, «Amico di Don Orione», pp. 64-68.

[39]   Montini, Discorsi e scritti milanesi, III, pp. 4803-4804.

[40]   Montini, Discorsi e scritti milanesi, III, pp. 4853-4857, 4858-4863, cit. p. 4857; anche in La c’è la Provvidenza, pp. 63-70, 71-81; Papa Paolo VI, «Amico di Don Orione», pp. 69-74, 75-98.

[41]   Montini, Discorsi e scritti milanesi, III, p. 4859. Il decreto arcivescovile relativo alla visita pastorale del 7 gennaio 1962, dà questo resoconto: «Parrocchia di recente istituzione, riceve, dopo quella del Venerato nostro Predecessore, la sua seconda Visita pastorale, la quale trova felicemente costruita la vasta Chiesa, fiancheggiata da grandi edifici, che uniscono le misericordiose opere di Don Orione a quelle del ministero parrocchiale, così che la carità ha qui più ampio e completo, irradiante domicilio. Esprimiamo la nostra compiacenza ai Sacerdoti di questo monumentale “Piccolo Cottolengo”. Ma tutto non è finito: vorremmo che non tardasse ad esserlo l’altare maggiore. E raccomandiamo, com’è costume, la formazione della comunità parrocchiale con l’incremento delle associazioni cattoliche e la partecipazione dei fedeli alla preghiera liturgica. G. B. Card. Montini, Arcivescovo» (Milano, Archivio parrocchiale di San Benedetto, busta 1, Decreto arcivescovile, Milano, 28 febbraio 1962).

[42]   Le note del Diario della casa sono precise al riguardo: «30 novembre 1963. Che grande giornata abbiamo vissuto! Il Papa ha benedetto la prima pietra della Casa del Giovane Operaio da lui desiderata presso il Piccolo Cottolengo Milanese. Doveva essere una piccola udienza ed invece alla nostra rappresentanza ambrosiana si sono aggiunti giovani lavoratori delle varie Case della Congregazione, apostolini, amici, stretti attorno ai Superiori Maggiori e al Consiglio Generalizio delle Piccole Suore Missionarie della Carità. Il Santo Padre, dapprima stupito, se ne è vivamente rallegrato ed ha espresso il suo compiacimento con un discorso che non poteva essere più affettuoso e consolante. Che cose meravigliose la Provvidenza va operando in questi giorni! Ieri l’altro era arrivata la notizia che S. S. Paolo VI, come già Pio XII e Giovanni XXIII, ha accettato di essere Protettore dei Figli di Don Orione… Deo gratias!» (La c’è la Provvidenza, p. 241; per il riferimento alla “protezione apostolica” della congregazione, v. Roma, Archivio don Orione, la lettera del sostituto alla Segreteria di Stato mons. Angelo dell’Acqua, n. 7933, del 23 novembre 1963).

[43]   Insegnamenti di Paolo VI, I, 1963, p. 633.

[44]   Don Luigi Orione. Lettere, II, Roma 19693, pp. 567-568 (Milano, 7 dicembre 1939, all’architetto Mario Bacciocchi); anche G. Archetti, Come granello di senape. Da Norcia a Milano sulle orme di san Benedetto, in La parrocchia San Bendetto, pp. 110-137; ma soprattutto F. Stroppa, Mario Bacciocchi e il progetto del Piccolo Cottolengo, in Don Orione e il Piccolo Cottolengo Milanese, in corso di pubblicazione.

[45]   Insegnamenti di Paolo VI, I, p. 634.

[46]   Insegnamenti di Paolo VI, I, pp. 634-635.

[47]   Roma, Archivio don Orione, carteggio (Vaticano, 3 gennaio 1972).

[48]   Roma, Archivio don Orione, carteggio (Vaticano, 8 giugno 1943).

[49]   La c’è la Provvidenza, p. 139.

Commenti
Antonio Fanni
19 ottobre 2018 alle 08:54
Bellissimo articolo, grazie Don Flavio



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