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Video: testimonianza di Don Stefani, 7 aprile 2014.

Profilo biografico di Don Pierino Stefani." /> Messaggi Don Orione
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Nella foto: Montebello, luglio 1938. Don Pierino Stefani è il più alto nella foto
Autore: Pierino Stefani

Ricordi, fatti e aneddoti.

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Video: testimonianza di Don Stefani, 7 aprile 2014.

Profilo biografico di Don Pierino Stefani.


MEMORIE ORIONINE DI DON PIERINO STEFANI

L’arrivo al Paterno di Tortona (1932)

Sono partito dal mio paese natale di buon mattino per Trento e poi Tortona. Bella giornata con tanto sole; poi avviandomi verso Verona-Milano nebbia e pioggia.  A Tortona ancor nebbia tanta e anche tanta nostalgia del Trentino. E’ stato facile trovare via Emilia e la casa di Don Orione, detta Paterno.

            Un chierico portinaio mi condusse da un anziano sacerdote con aspetto tanto buono e gentile. Ero convinto di parlare con don Orione. Ebbi con lui un lungo colloquio. Mentre parlava fu bussato alla porta. Ho pensato che qualcuno volesse parlare con “don Orione”., domandai se dovevo uscire per poi ritornare. Mi rispose di star comodo ed entrarono alcuni chierici. “Don Orione” mi disse: “Sono i nostri figlioli che ritornano dal Seminario diocesano che vengono a salutare.

            Mi è piaciuto quel gesto famigliare. Ho visto poi i chierici rivolgersi verso la porta e dire: “C’è il direttore, c’è il direttore”. Io ero confuso. Ma quel sacerdote con il quale ho parlato non è don Orione? No, era don Sterpi, il vicario del direttore.

Eccomi davanti a don Orione. Un sacerdote non molto alto. Subito mi impressionarono i suoi occhi, nei quali mostrava tutta la sua vita. Don Sterpi mi presentò: C’è un nuovo arrivato.

            Lo ossequiai e baciai la mano e subito mi chiese “Da dove vieni?” Da Trento. “Oh, sono  stato più volte. Conosco la Cattedrale del Concilio. In quell’aula ho passato un’ora di paradiso: sono stato come trasumanato; ho vissuto un’ora di comunione con quei Padri che là cantarono. E ho rinnovato la mia consacrazione perpetua al Signore davanti a quel Crocifisso, davanti al quale fecero il loro giuramento i Padri e ho giurato anch’io di vivere e diffondere la fede anche a costo  della vita e del sangue”.

            Ero commosso. Non avevo mai sentito parole così. Parlava con tanto entusiasmo, pieno di ardore, fede. Mentre parlava dicevo tra me: “Questo sacerdote non è come gli altri”. Centro delle sue parole Gesù, Chiesa, Papa, Anime. Verità che conoscevo ma mai come in quel momento sono entrate in me, quasi come una nuova versione e comprensione.

            Finito il suo pensiero chiese ai chierici presenti: “Chi desidera venire a Voghera con me?” Tutti: io, io, e don Orione: “Per non fare torto a nessuno, prendo l’ultimo arrivato”. Dalla finestra mi indicò una macchina -  una vecchia Balilla – nel cortile. “Trovati lì, io vengo subito”.

 

            Eccomi in macchina con don Orione. Si segnò con il segno della Croce e poi disse al fratello coadiutore di partire. Avevo sentito parlare di Don Orione come fondatore, uomo straordinario come P. Pio, ed ora ero accanto a lui.

            Cominciò chiedendomi notizie della mia famiglia. Quando sentì che ero orfano di padre e madre mi diede uno sguardo dolcissimo e mi disse: “Oh se tu sapessi quanto amo gli orfani! Sono i miei figli”. In quell’istante mi commossi. Stentavo a rispondere.

Don Orione si accorse del mio stato d’animo e mi domandò: “Sai perché vado a Voghera?” – “No, padre”, risposi.- “Vado a preparare il presepio vivente.  Sai cos’è il presepio vivente?” Risposi d’aver  sentito qualche cosa. “Sarà una manifestazione folkloristica”.

Non l’avessi mai detto. Don Orione mi prese per un braccio, me lo strinse e gridò: “No, no, figliuolo! Non sarà una manifestazione folkloristica, ma di fede, di fede. Vedi, tu sei già capace di capirmi. Hai fatto il ginnasio. Oggi la Chiesa è staccata dal popolo. Tra il popolo e la Chiesa c’è un passato. Bisogna riempirlo con le opere di carità. Il mondo oggi si salva solo con la carità operosa a favore degli umili, poveri, fanciulli, operai. Dobbiamo portare loro la fede, Gesù, il suo amore. Voglio portare loro la fede con tutti i mezzi. Solo questo desidero. Ho solo questo desiderio. Verrai anche tu e farai il pastore… “. Parlava con un grande amore; si vedeva che tutto usciva dal suo cuore l’amore  per Cristo.

            Voghera era ormai vicina ed io avrei desiderato che quel viaggio non avesse fine…

Partecipai come pastore l’anno dopo, 1933, a Novi Ligure. Un vero spettacolo di fede. Più di un centinaio di angeli, più di 300 i pastori. Un vero gregge  di pecore, cavalli ecc. Una folla proveniente dal Piemonte, Lombardia, Liguria. Ricordo che siamo partiti dalle scuole comunali. Don Orione stesso mi pose sulle spalle un grappolo di datteri selvatici.

            Non dimenticherò mai quel primo incontro. Ho incontrato nella mia vita Padre Pio più volte, don Sturzo, madre Teresa di Calcutta, De Gasperi, grandi anime, ma nessuno mi ha tanto colpito come don Orione. Ingenuamente credevo di essere un suo prediletto. Desideravo venisse presto la mattina per sentire la meditazione che ci dettava.

            Cominciavo ad ambientarmi nella nuova vita. Dopo 15 giorni dal mio arrivo a Tortona mi colpì una dolorosa foruncolosi, con grossi foruncoli sulle braccia e sul viso pieno di cerotti. Una mattina incontro Don Orione e mi domandò cosa fosse successo. Gli risposi che il medico aveva diagnosticato una foruncolosi per il cambiamento d’aria. Don Orione mi disse di andare in infermeria per un po’ di tempo, riguardato. Tutti mi avevano visto con quei cerotti… a Don Orione non scappava nulla. Ecco il padre di famiglia!

 

            Altri piccoli episodi rivelatori di Don Orione educatore.

            Durante i pasti, pranzo e cena, fino alla seconda portata si leggeva sempre la vita di S. Giuseppe Cottolengo. C’erano dei turni stabiliti. Quel giorno toccava a me. Leggevo e non mi ero accorto che Don Orione entrava. Mi si avvicinò e mi disse: “Non leggeresti male, ma va più adagio e ti seguiranno meglio”. Tutto osservava.

            Un altro giorno mi trovavo con altri chierici vicino alla fontana del cortile del Paterno. Si parlava. Ad un certo momento sento Don Orione dietro le mie spalle e mi disse:”Ei, ei, un chierico con le mani in tasca!”. Mi voltai e Don Orione già  si era allontanato. Era vero! Avevo le mani in tasca e don Orione vide e osservò, corresse. Immaginatevi la mia confusione.!

            Sempre al Paterno. Si giocava in cortile a “palla avvelenata” Gioco tanto animato e tutti vi prendevano parte. Don Orione non voleva in cortile “acque chete”. Tra i chierici c’era uno che noi chiamavamo “cammello”. Si chiamava Laricini il quale stava al gioco e non si offendeva. Un chierico lo incitava a mirare un altro chierico gridando: “Dai, dai, cammello”. Don Orione era sul ballatoio del primo piano e fece fermare il gioco. Domandò chi avesse usato quel nomignolo. Il chierico Bevilacqua rispose: “Sono stato io, signor Direttore”. E don Orione: “No. Non usate quei modi. Siate gioiosi sempre con la carità e vi amerete di più”.

Il giovedì al Paterno si andava a passeggio. Un assistente mi aveva pregato di pulire una stanza e l’ho fatto volentieri fermandomi a Casa durante il passeggio. Finito il riordino, ero solo, sono andato nello studio. Ad un certo punto entrò don Orione e mi domanda perché ero solo. Gli spiegai il motivo e poi mi disse: “Cerco un cappello, non trovo il mio; vedi se ne trovi uno”. Infatti c’era. Don Orione lo prese e mi disse: “Se lo cercano dirai che l’ho preso io. Lo riporterò”. Povero Don Orione! Che bella semplicità.

 

            Al collegio San Giorgio di Novi Ligure

            Ricordo, quando ero assistente al “San Giorgio”, vennero dei chierici per sostenere gli esami. Don Piccinini li affidò a me. Un pomeriggio siamo usciti per una breve passeggiata. Ad un certo momento ci sfiorò una macchina e si fermò vicino a noi. Era don Orione che faceva una visita al “S. Giorgio”. Ci disse di ritornare a casa e di trovarci in cappella. Don Orione venne. Ricordò ai chierici i sacrifici che la Congregazione sostiene per farli studiare e poi insistette molto sulla preghiera. Prima preghiera poi studio. Alla fine notò d’aver visto nella strada un chierico che camminando muoveva le braccia avanti e indietro. Don Orione osservò che non è dignitoso per un chierico. Nessuno di noi si era accorto ma Don Orione si. Un vero formatore nelle piccole cose.

            Una mattina, terminata la S. Messa, prima di iniziare la meditazione rivolgendosi a noi chierici disse:” Ho visto uno di voi accostarsi alla Comunione con le unghie “a lutto”. No figlioli. Fede, tanta fede anche nel comportamento esterno riguardo all’Eucarestia”. Come ha fatto? Arrivava a tutto. Sempre formatore…

            Piccole cose fin qui, sempre, ma in seguito d’altro genere, ma per me significativi.

 

            Formatore attento

            Negli anni ’30 si sentiva spesso dire che don Orione raccoglieva nelle sue istituzioni i dimessi dai seminari e istituti religiosi. Si diceva ancora che faceva i sacerdoti con l’accetta. Ho assistito ad un episodio che rivela il contrario. Erano appena terminate le feste natalizie del 1933. Una mattina don Orione entrò nello studio. Aveva in mano dei fogli. Iniziò a parlare dicendo d’aver presenti i voti del primo trimestre di scuola. Per alcuni erano molto scarsi. Mi sembra di sentirlo e vederlo ancora oggi. Seduto in cattedra con viva voce diceva:” I tali, i tali… - e pronunciava i nomi –dalla prima liceo passeranno a Voghera; ripeteranno la V ginnasio… I tali, i tali… dalla seconda liceo passeranno in prima liceo, e… i tali, tali di seconda liceo torneranno in seconda”.

            Eravamo tutti sull’attenti. Così è stato fatto. Come si può pensare e dire che faceva i sacerdoti con l’accetta, con un colpo di qua e di là?

            Ricordo un fatto strano ma vero che è capitato sempre al Paterno. Avevamo terminato la recita in cappella delle litanie dei Santi, la comunità si avviava verso il refettorio. Un chierico, che si chiamava Cavarretta Giuseppe, uno dei cosiddetti segretari che stavano alla porta di don Orione e noi chiamavamo segretario, mi disse: Don Orione ti chiama. Infatti mi aspettava sul pianerottolo dell’orologio. Aveva un aspetto serio e mi disse: “Fermati qui. Verrà un signore e ti chiederà di me. Tu gli dirai che don Orione non può riceverlo. Farai di tutto per impedirglielo”.

            Sono rimasto sconcertato, pieno di paura. Ma perché proprio a me questo incarico; credetemi, tremavo. Pensando… ma la porta centrale di via Emilia è sempre chiusa, l’entrata di via Mirabello  è chiusa, la Chiesa di S. Michele è chiusa, da dove verrà?... Con l’ansia nel cuore pensavo anche… ma qui c’è del mistero e guardavo sotto il portico del cortile e dalla finestra della cappella l’entrata di via Mirabello: Nessuno. Sempre con un grande turbamento, pregavo. Ero, credetelo, turbato. Finalmente il pranzo finì. La comunità salì per la visita in cappella e così don Orione. Quando mi vide mi disse: “Ma sei ancora qui?  Va a pranzo, figliolo”  E si mise a ridere.

            Mi sono ripreso e mi domandavo il perché di questo episodio, una prova? Uno scherzo? Credo d’aver capito qualche cosa in seguito che dirò. Ho chiesto anche a don Luigi Orlandi, grande studioso di Don Orione. Mi ascoltò con tanta meraviglia e non seppe dire altro: “Mistero”. Pensando a quanto mi è accaduto mi ritorna ancora oggi il pensiero di una prova; ma come ho detto, dirò in seguito qualche commento.

 

            Don Orione “un angelo

            Sempre al Paterno, un episodio che mi ha fatto capire quanto il nostro padre don Orione era un “angelo”. Ogni mese l’assistente cambiava gli uffici, cosiddetti. Ad ognuno di noi veniva affidata la pulizia dei vari locali della casa. Una volta mi era stata assegnata la pulizia dei due corridoi dove c’erano stanze riservate a ospiti e quella di don Orione con vicini bagni.

            Chinato facevo il mio lavoro quando si presentò don Orione. Non mi disse una parola, mi fece solo segno di andarmene via. Ed io ho obbedito avendo capito il suo pensiero. Dopo la sua morte, leggendo i propositi fatti il giorno della prima Messa, tra gli altri ho trovato queste parole: “Non mi farò mai vedere ad andare al bagno”. Che bella lezione, anima angelica. La sua vita è stata tutta un lavoro per staccarsi da se stesso e fissarsi solo in Dio.

            Più volte nella mia vita mi è stato chiesto quale è stata l’impressione più forte nel vivere con don Orione. Ho sempre risposto: “Don Orione era un angelo”.

            Una domenica dopo la santa Messa venne da me un giovane e mi disse: “ Lei ha conosciuto don Orione. Mi dica subito senza pensarci: Don Orione che impressione le ha fatto? Subito risposi: Don Orione era un angelo. Il giovane non capì e mi disse: “Ma don Orione ha fatto grandi opere” ed io ho risposto: “E’ vero, le ho detto perché era puro, un angelo”.

Nel maggio 1933, eravamo  a cena. Entrò in refettorio un giovane distinto. Salì il piccolo palco ove mangiavano i superiori e ossequiò don Orione e don Sterpi, fermandosi pochi minuti con loro. Alla sua entrata noi tutti i chierici ci siamo alzati e lo abbiamo salutato e così anche quando uscì. Don Orione batté con il coltello il bicchiere: era segno di silenzio. Iniziò col domandarci: “Perché vi siete alzati in piedi quando è entrato quel giovane? Chi di voi lo conosce?” Nessuna risposta. Don Orione insisté: “Perché vi siete alzati in piedi?” Tra noi chierici ci domandavamo sottovoce: chi è? Nessuno lo conosceva. Don Orione continuò: “Figlioli, quando ci si trova davanti ad un giovane che ha volto puro, occhi puri e tutta trasparenza pura, bisogna alzarsi e riverirli. Questo giovane è così. Vi raccomando di tenerlo d’acconto…” Era un alunno del nostro collegio S. Giorgio. Il Signore mi ha dato la grazia di stare insieme tanti anni. Ci siamo amati e capiti come fratelli. Don Orione aveva intuito bene. Sarà uno dei suoi successori.

 

Vai avanti!” (1933)

Scrivo una pagina poco conosciuta, importantissima per me e penso anche per la Congregazione. Avevamo terminati gli esami finali del primo anno di liceo. Siamo in cortile al Paterno. L’assistente ci invita a recarci in cappella ove don Orione ci aspetta. Tutti abbiamo capito che c’era qualche cosa di nuovo. Mai don Orione ci aveva radunati alle nove del mattino. Venne don Orione, ci intrattenne  per più di un’ora. Ricordo benissimo come iniziò:”Figlioli, il Signore mi concede ancora pochi anni di vita.(1933-1940) Devo mettere ordine nella Congregazione. Negli anni passati non si è potuto fare per tanti motivi, specie  per così dire, nessuno si aspettava tante vocazioni e la sistemazione non è stata facile.”

Si fermò per un’ora a spiegare lo spirito della Congregazione che deve essere  diversa dalle altre. “Non c’era bisogno di fondare una nuova Congregazione per essere come gli altri. Congregazione semplice, ove si cerca solo Dio. Via il fumo, lo sport, la politica, la troppa musica. La Congregazione segue il fumo della carità, non i mondani. Se si amano  quelle cose si diventa mondani ecc. ecc. ma solo la ricerca di Dio… Dio solo, le anime…”

Alla “Buona Notte” continuò il suo pensiero come al mattino. Il giorno seguente ancora in cappella altro tema: “Io sono il padre della Congregazione. Per grazia ricevuta dal Signore dico che alcuni di voi non sono fatti per la nostra Congregazione; devono uscire ed io li aiuterò per una sistemazione”. Si capiva la voce di un padre che ama e vuole il bene dei suoi figli.

Un secondo giorno: alle nove ancora in cappella, stesso tema. Insiste “sono un padre e cerco il bene della nostra famiglia. Alcuni sono venuti da me; cerco di aiutare”. Terzo giorno in cappella ore  nove. Il tono e le parole diverse dai due primi giorni. Iniziò così:”Per volontà del Signore è stata fondata questa Congregazione. Questa mattina vi parlo come fondatore. Alcuni vostri compagni sono venuti da me. Li ho consigliati ad uscire e li ho aiutati. Ora vi dico se per le 3 pomeridiane alcuni, che sanno di dover uscire, non verranno, metterò i loro nomi in bacheca”.

Siamo rimasti tutti allibiti, come folgorati da quelle parole. Nella prima riunione aveva detto: “So chi di voi ha vocazione”. La mia coscienza era tranquilla. Decisi: andrò da don Orione e farò quanto decide per me. Alle tre, assieme ad altri due chierici, ero davanti alla porta della stanza di don Orione. Aspettando ciascuno il proprio turno si commentavano le parole del mattino. Venne il portinaio e disse a don Orione che era aspettato in parlatorio.

Uscì dalla stanza e vedendo noi chierici chiacchierare disse:” Che fate qui? Perché oziate? Ricordatevi che i Figli della Divina Provvidenza debbono avere sempre in mano o la corona del rosario, o un libro, una vanga, zappa, scopa…” e gridò: “Via, via…”.

Don Orione ritornò presto e ci vide come lui voleva. C’era chi aveva in mano il rosario o un libro. Finalmente ecco il mio turno. Mi presentai dicendo: “Padre, sono qui, mi metto nelle sue mani”. Mi fece sedere. Mi ha rivolto diverse domande. Sapeva che ero venuto dai Comboniani. Conosceva tutta la mia storia. Ultima domanda: “Sei deciso? Vuoi continuare?”. “Si, Padre”, risposi. E don Orione: “Vai avanti. Ti prego di non dimenticare “un et” di quanto hai imparato alle Missioni Africane. Mettiti vicino a quel crocifisso. Ti benedico”.

Ero pieno di gioia. Uscito nel corridoio saltavo, avevo le lacrime agli occhi; letteralmente saltavo, non capivo più nulla e un compagno chierico mi avvicinò e mi disse: “Sei diventato matto?” – No, risposi -  Don Orione mi ha dato la pace e ancora tanta gioia –

Questo è stato il secondo grande incontro, indimenticabile come il primo. E non ancora certo clericale.

 

Vicino a noi

Un giorno mi chiamò e mi  consegnò un plico di lettere e mi pregò di consegnarle in città a vari benefattori. Chiedeva aiuti per l’acquisto di “Villa Charitas”. Ricordo che mi disse: “Ti raccomando per strada rosari e giaculatorie”.

Il 24 maggio, ogni sera, don Orione scendeva nel cortile di via Mirabello ove c’era una statua della Madonna Ausiliatrice. Si recitava le  preghiere e dava la “Buona Notte”. Quella sera iniziò dicendo che aveva visto la “Madonna scopare la casa”. Un nostro compagno era uscito dalla Congregazione (era mio vicino nello studio). E don Orione commentò: “Quel chierico aveva cominciato bene ma non pregava più. Era solo. Non aveva appoggi. Il risultato lo vedete. Pregate, pregate sempre La preghiera è sempre ascoltata. Dio solo ci dà forza”.

Ogni mese veniva con noi nello studio e con noi piegava, per la spedizione, il bollettino della “Madonna della Guardia”. Andava da tavolo a tavolo, portando i bollettini da piegare. Era sempre tanto sereno e raccontava la storia della Congregazione.

 

A Villa Moffa, per il Noviziato (1934)

Alla vigilia della festa  della Madonna della Guardia ebbi la consolazione della mia vestizione clericale per le mani di don Orione. Terminato  l’anno scolastico 1934, don Sterpi mi mandò a Villa Moffa per il noviziato. Ricordo che appena arrivati, il padre maestro don Cremaschi, ci fece vedere la “nostra camera da letto”: era la capanna della segatura, poco discosta dal noviziato. Nessuna meraviglia. C’era solo una coperta. C’era tanto spirito di povertà e si era tutti gioiosi.

Durante gli esercizi spirituali in preparazione all’entrata in noviziato, venne don Orione a trovarci. Si era a metà esercizi, il giorno in cui si potesse parlare per alcune ore. Ricordo che era la festa di San Lorenzo e passando da tavolo a tavolo domandava se eravamo andati a cercare il “carbone di San Lorenzo” e rideva.

Prima di partire per l’America, venne nuovamente alla Moffa a salutarci. Don Cremaschi disse che don Orione era a disposizione per chi voleva incontrarlo. Sono andato e mi ricevette con tanto amore. Gli chiesi che cosa potevo fare per continuare bene il noviziato. Mi rispose: “Tanta preghiera e cerca di essere un libro aperto con il maestro”.

 

Dopo il ritorno di Don Orione dall’America (1937-1940)

Io mi trovavo a Novi Ligure per il tirocinio. Don Orione venne più volte a visitare il Collegio durante quegli anni. Ricordo che una volta donò a tutti noi chierici una lettera di Pio XI sul sacerdozio che ho ancora perché donata da lui.

Ottobre 1938, ho finito il tirocinio. Una telefonata da Tortona. Don Orione cercava me. Mi avvertiva di lasciare subito il Collegio S. Giorgio e di trovarmi ad Alessandria nell’Istituto S. Rocco per frequentare il seminario diocesano. Eravamo cinque italiani e cinque polacchi. Don Orione venne a visitarci e vedere come eravamo sistemati. Ricordo che a noi italiani raccomandò di amare tanto i polacchi che in quei giorni soffrivano molto per la loro patria oppressa dai tedeschi.

L’anno scolastico procedeva bene. 1939: Settimana Santa. Una notizia improvvisa: Don Orione è ricoverato d’urgenza all’ospedale di Alessandria per un attacco cardiaco. Divieto di visite. Riposo assoluto. Le Suore dell’ospedale lo assistevano. C’era anche un nostro chierico infermiere. Don Orione disse alle suore, appena ripreso:” Non muoio. Non è ancora giunta la mia ora”.

Don Orione appena ripreso mandò a S. Rocco l’infermiere per chiedere a noi chierici di prestargli il necessario per farsi la barba.  Uno di noi diede il rasoio a lamette, un altro il sapone ed io il pennello che era il più decente. Don Orione restituì tutto. Il pennello l’ho conservato come ricordo e lo tengo ancora con la data 5-04-1939 e la scritta: “questo pennello è stato usato da don Orione. Ch. Pietro Stefani”.

In quei giorni il rettore del seminario ci ha consegnato i voti scolastici  del secondo trimestre. Come “primus inter pares” ho pensato di portarli a Don Orione che si era ripreso. Sono andato all’ospedale e il nostro chierico infermiere mi ha annunziato e Don Orione, con mia grande gioia, mi ha ricevuto per pochi minuti. Quale fu la mia gioia! Per prima cosa mi ha chiesto come stavo, e mi ha domandato notizie dei polacchi. Gli consegnai il foglio dei voti ed osservò: “Sono contento ma non mi piace il voto 9  ½  di condotta di tutti e dieci. Risposi che per il rettore del seminario 10 è segno di perfezione e che la perfezione c’è solo in paradiso. Don Orione sorrise e gioì quando gli osservai che i seminaristi diocesani avevano tutti 9 in condotta.

Don Orione stava benino dunque e tutta la Congregazione era lieta.

Arrivo a S. Rocco (Alessandria) e don Zanmovik, il nostro direttore, mi consegna una lettera. Don Giuseppe, mio fratello, mi dava la notizia del ricovero all’ospedale di Trento di mio fratello maggiore. Sapevo che stava poco bene ma nulla del ricovero. Si era aperta una piaga sul viso e pur  con tante cure, nessun rimedio. Il primario dell’ospedale gli disse: “Ti mando a Padova; sarai operato”.  Non ti nascondo nulla. Dopo l’intervento probabilmente uscirà con la bocca storta ma guarito. Questa la notizia. Avevo le lacrime agli occhi pensando che era prossimo alle nozze. Ero tanto avvilito. Mi ricordai come don Orione mi aveva ricevuto con tanta bontà il giorno prima. Dicevo tra me: Oh se don Orione mi ricevesse di nuovo! Ho detto tra me: Vado; non insisterò per essere ricevuto.

Arrivo all’ospedale. Parlo con il chierico  che stava “di guardia” alla porta. Mi disse: “Proviamo ora sta benino.” Ritornò subito dicendomi: “Vai avanti, Don Orione ti aspetta. Ti raccomando, sii breve”. Don Orione era alzato da letto. Appena mi vide subito osservò: “Cosa hai? Ti vedo un po’ avvilito. Cosa è successo?”. Mi guardava con quei suoi occhi buoni; sembrava parlassero. Gli spiegai quanto succedeva a casa mia, la malattia del fratello, la confusione dei miei parenti. Con paterne parole mi disse di pregare molto e che anch’egli si sarebbe unito alla mia preghiera. In fine mi disse: “ Tuo fratello guarirà, torna alla tua pace”. Mi benedisse.

Ero commosso con le lacrime agli occhi. Tornato a casa, ho scritto tutto quanto mi ha detto. Ho tenuto per tanto tempo quel foglio e poi l’ho smarrito. Sono trascorsi 70 anni! Scrissi subito al fratello del mio incontro con Don Orione e le parole che mi aveva detto: guarirà. A casa gli altri  miei fratelli insistevano perché andasse a Padova. Rispondevo sempre: Credo a Don Orione: guarirà. Infatti è guarito, nemmeno la cicatrice si vedeva. Fu sempre molto devoto a Don Orione. Nel suo testamento volle ricordare il nostro Istituto.

 

Morte e funerali di Don Orione (1940)

Mi trovavo ad Alessandria. Una  telefonata durante la meditazione. Era Don Sterpi: “E’ morto il nostro Padre Don Orione. Pregate e non muovetevi”.

            Dopo il trionfo della salma a S. Remo, riviera ligure, Genova Don Orione morto passò anche ad Alessandria, diretto a Milano. Fummo avvertiti. La salma con il corteo di macchine si fermerà davanti all’Istituto della Michel, la fondatrice di cui Don Orione era il direttore spirituale.

            Ad aspettare la salma c’erano tante suore, sacerdoti, i seminaristi e noi 10 chierici di Don Orione. Mentre si aspettava, girava  tra i presenti un giornalista.

A tutti chiedeva notizie, episodi di don Orione. Arrivò anche presso di noi orionini. Notò subito come il nostro gruppo si distingueva per la semplicità dei vestiti, capelli corti, modo di fare.

            A noi seccava trovarci sulle pagine dei giornali il giorno dopo e cercavamo di evitarlo. L’arrivo della salma ci ha liberati. Voglio notare come quel giornalista osservò subito la differenza tra  noi e i seminaristi della diocesi, nostri compagni di scuola. Anche loro spesso ci dicevano: “Avete qualche cosa che noi non abbiamo. Vi stimiamo per il vostro comportamento semplice, modesto ma decoroso.

            Don Orione diceva nelle “Buone notti” : “Ricordatevi che non valeva la pena fondare una nuova congregazione se non per essere diversi dagli altri..” Lo ripeteva spesso.

Forse, se qualcuno leggerà questi ricordi dirà: “Ma Don Orione è tutto qui?”. Piccoli, piccoli episodi. Don Orione ci formava  servendosi di quanto vedeva in noi. Correggeva, stimolava, aiutava ad  essere prima uomini e poi religiosi convinti, colmi di pietà ed educazione umana. Non gli sfuggiva nulla: educava, ho detto, con le piccole cose. Un piccolo seme genera un grande albero.

            Ricordo in queste pagine alcuni incontri con Don Orione che hanno cambiato la mia vita e poi incontri spesso quotidiani piccoli, piccoli che mi hanno formato alla vita religiosa.

Alcuni episodi descritti in queste pagine non sono mai stati ricordati.

Ricordo ancora un episodio che mi è stato raccontato da don Angelo De Paoli e che è bene che non vada perduto.

Don De Paoli era presente alla Moffa quando arrivò una grande cassa contenente il crocefisso che stava nella cappella del noviziato di Villa Moffa. Nell’estrarre il grande crocefisso un chiodo urtò il corpo di Gesù e si fece un graffio. Don Orione era presente. Si fece una piccola ferita sulla mano e con il suo sangue coprì quel graffio. Don De Paoli ricordava l’impressione del gesto.

Ancora un breve episodio poco conosciuto. Sempre a Villa Moffa don Orione teneva ai suoi primi sacerdoti le famose conferenze. In una di queste riunioni don Piccinini osservò al Direttore don Orione: “Perché nei nostri istituti manda gli ex sacerdoti che spesso non danno buona testimonianza?” Don Orione si commosse e rispose: “Se io domani avessi a cadere in tale situazione, nessuno di voi mi aiuterà?”. Qui c’è tutto don Orione. L’episodio l’ho sentito dalla viva voce di don Piccinini.

 

Sac. Pietro  Stefani  F.D.P.

Roma, 18 febbraio 2009

(a cura di Don Flavio Peloso)

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