Questo sito utilizza cookie per le proprie funzionalità e per mostrare servizi in linea con le tue preferenze. Continuando a navigare si considera accettato il loro utilizzo. Per non vedere più questo messaggio clicca sulla X.
Messaggi Don Orione
thumb

Nella foto: Don Flavio con Consiglio generale al CG 14, 17 maggio 2016.
Pubblicato in: Atti e Comunicazioni, n.247, gennaio-aprile 2016, p. 5-21.

Lettera Circolare del Superiore generale, 26 aprile 2016.

“VI TRASMETTO QUELLO CHE ANCH’IO HO RICEVUTO”.

L’esperienza e il messaggio di Don Orione.

 

26 aprile 2016, Madonna del Buon Consiglio

 

            Cari Confratelli, Suore e Amici tutti della Famiglia Orionina

      Deo gratias!

             Sono al termine del mio secondo mandato di superiore generale della Piccola Opera della Divina Provvidenza. Desidero esprimere in questa lettera il mio ringraziamento al Signore per avermi sostenuto in questi anni, alla Madonna, Madre della Divina Provvidenza, e al nostro padre e santo Don Orione che spesso ho invocato per chiedere luce e fedeltà.

            Nel momento del “ho terminato la mia corsa” dei 12 anni, la mia riconoscenza va poi ai due Consigli generali con cui ho condiviso direttamente la responsabilità, alla Comunità della Curia generale e a tutti i Confratelli, alle Piccole Suore Missionarie della Carità, alle Consacrate dell’Istituto Secolare Orionino, ai Laici del Movimento Laicale Orionino, ai Collaboratori nelle nostre attività, agli Amici, Benefattori e Devoti di Don Orione. Metto davanti a Dio, alla Madonna, a Don Orione e a tutti voi che siete stati parte e partecipi di questi anni anche i miei limiti e le mie mancanze e ne chiedo perdono. E guardo avanti, “proteso verso il futuro, corro verso la mèta per arrivare al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù” (Fil 3,14) confidando nella Divina Provvidenza.
            Termino il mio ufficio di superiore generale ma mai dimenticherò che, a causa di questo ufficio, sono stato e resterò il 7° successore di Don Orione, una responsabilità che mi stimola e conforta.
            Sto vivendo questo scampolo di tempo, prima del 16 maggio e dell’inizio del Capitolo generale, in sintonia con alcuni sentimenti espressi da San Paolo, coinvolto in una vicenda sorprendente, in una missione esaltante e che lo sorpassava, umile e quasi confuso di sé, eppure contento di essersi speso per una grande causa, desideroso di riposare nelle braccia della Divina Provvidenza che conduce la storia.[1]

            In questi 12 anni, le Lettere circolari sono state un momento importante, sia personale che del servizio, per riflettere e orientare il cammino sui passi di Don Orione nei tempi attuali della Congregazione, della Chiesa e del mondo. “Vi ho trasmesso quello che anch’io ho ricevuto” (1Cor 11, 23 e 15,3) dal Signore e dalla vita nella Congregazione. Ora, nel momento della despedida, non trovo altro tema più caro e altro messaggio più prezioso da lasciarvi se non quello che anch’io ho ricevuto: l’incontro con Don Orione, la sua esperienza di Dio e di carità che porta i piccoli, i poveri, il popolo alla Chiesa e al Papa, per Instaurare omnia in Christo, secondo il piano della sua Divina Provvidenza di cui noi siamo una “piccola opera”.

 

  1. LA CARITÀ È DIO. È SANTIFICATRICE.

            Cosa ci direbbe Don Orione se gli chiedessimo qual è stata la sua esperienza di Dio e della carità, della carità che salva il mondo.[2] Con questa domanda ci presentiamo anche noi a Don Orione, oggi, e dovremo farlo continuamente nel futuro.

Egli potrebbe dirci semplicemente: "L'anima mia magnifica il Signore. Egli ha guardato al suo povero servo e grandi cose ha fatto in me, facchino, asinello, straccio della sua Divina Provvidenza (Lc 1, 47-49)". Poi, vedendo che siamo noi, suoi figli e figlie, a fargli una simile domanda, si aprirebbe a un sorriso, specchio di quanto ha ricevuto da Dio e di quello che vuole trasmettere a noi, persone a lui care.

Penso che continuerebbe più o meno così.

Eh, cari fratelli e figli miei. La carità, la carità è Dio. La carità è la presenza di Dio nell’anima. La carità è una gioia e un fuoco che ti prende, ti esalta e ti fa umile, ti urge dentro, Charitas Christi urget nos![3] Sì, amare Dio e amare i fratelli sono due fiamme di un solo sacro fuoco. Noi dobbiamo chiedere a Dio non una scintilla di carità, ma una fornace di carità da infiammare noi e da rinnovare il freddo e gelido mondo.[4] Religione e carità sono così unite, che non si possono scindere. Pensare un cristianesimo ed una Chiesa senza carità sarebbe un assurdo![5]
Deus caritas est, Dio è carità.
La vita di Dio è vita di carità.
La vita di Dio è la sorgente della carità che è la vita dell’uomo. La carità è come il fiume montano, ha la sorgente in alto.[6]
Lo Spirito Santo diffuso nei nostri cuori ci dà la vita di Dio. Preghiera e sacramenti, miei cari. Viviamo nello Spirito Santo del Signore e vivremo la carità.

Se Don Orione è un grande santo della carità è perché è un grande santo. Punto.  

Mi viene in mente una discussione, fatta nel cortile del Paterno, tra confratelli, ancora vivente Don Orione. Discutevano su “quale fosse l'aspetto più profondo, giustificativo di tutta la vita e l'azione del nostro Padre; le risposte furono varie, ponendo la spiegazione del 'fenomeno' Don Orione alcuni nella carità, altri nella sua pietà, altri in altri particolari della sua personalità. Ad un certo punto intervenne a metterci zitti e d'accordo il compianto Don Biagio Marabotto che ci chiese: 'Ma dite: che cos'è che spiega tutto in Don Orione? Non è Dio? Ecco cos'è, soprattutto, Don Orione: un uomo che vive di Dio".[7]

Don Orione stesso insegnò ai suoi chierici e confratelli: "Voglio mettervi a parte di un grande segreto. Qual è il grande segreto per riuscire nelle opere di apostolato, per ottenere dei risultati soddisfacenti nel nostro lavoro, nel campo della carità cristiana? Questo segreto è l'unione con Dio, vivere con Dio, in Dio, uniti a Dio, avere sempre lo spirito elevato a Dio".[8]

Detto questo, ho messo a posto il punto centrale di quello che Don Orione ha ricevuto e trasmesso circa la sua esperienza della carità. La sorgente e il dinamismo che spiega tutto è Dio che viveva in lui. Don Orione non solo ha frequentato Dio, ma è stato abitato da Dio per mezzo dello Spirito Santo e per questo ha vissuto una carità esplosiva, la “dinamite della carità”.[9] Il letterato Don Giuseppe De Luca ha detto che "era un uomo in stato permanente di ebbrezza spirituale".[10]

Ora vorrei indicare – solo indicare e confermare con qualche episodio – alcune modalità caratteristiche dell’esperienza della carità di Don Orione e, dunque, anche della sua esperienza di Dio. Le enuncerei così:

  • la carità fa sperimentare la Divina Provvidenza, è evangelizzatrice.
  • la carità fa sperimentare la maternità della Chiesa, è ecclesializzatrice.
  • la carità salva il mondo, è civilizzatrice.

 

  1. LA CARITÀ FA SPERIMENTARE LA DIVINA PROVVIDENZA. È EVANGELIZZATRICE.

Ernesto Campese,[11] conobbe Don Orione ad Avezzano all’epoca dei soccorsi dopo il terremoto della Marsica, nel 1915. Egli era Segretario di Prefettura del Ministero degli Interni, personaggio eminente e noto per i suoi studi e libri. Durante l'opera di soccorso dopo il terremoto della Marsica (1915), andò a incontrare Don Orione.

"Infatti, ero stato inviato con treni di roba ad Avezzano - è Campese che racconta - e fui colpito da questo prete in così cattivo arnese, che correva qua e là, ovunque portando fiducia. Volli parlargli, e, abbordatolo mentre si spostava da un punto all'altro, mi invitò a seguirlo. Ma che passo teneva! Per tenergli dietro inciampai in una trave tra le macerie; non seppi trattenere una bestemmia. Don Orione si fermò a guardarmi; ma, strano, mi guardava come quando da ragazzo ne facevo qualcuna, mi guardava mia madre.
Poi mi chiese: “A che punto siamo in fatto di religione?”.
Io gli risposi: “Tabula rasa”.
E lui: “Ci vuole arrivare a vederlo Iddio?”.
Ed io: “Eh! Se mi si mostra!”.
Don Orione: “Veda ogni giorno di fare un pochino di bene".[12]

Ernesto Campese prese sul serio quel consiglio di Don Orione. Infatti, a distanza di 30 anni, tornò ad un raduno Amici per raccontare che è proprio vero quello che gli aveva detto il Santo sulle macerie della Marsica. Di fatto, divenne anche un fedele benefattore della Congregazione. La carità fa fare esperienza di Dio. La carità apre gli occhi alla fede.

Ricordiamoci sempre di questa verità fondamentale per noi Orionini, “preti di stola e di lavoro”: la carità fa sperimentare la Divina Provvidenza, a se stessi innanzitutto e agli altri.

Don Ignazio Terzi, quarto successore di Don Orione, ha raccontato che, ancora laico, faceva parte di un gruppetto di giovani universitari che, durante un ritiro spirituale a Villa Solari di Genova,[13] furono accompagnati dal Padre fondatore in visita al Piccolo Cottolengo del Paverano. Durante il percorso nei reparti, apparvero alcune persone distinte della città e Don Orione si appartò per qualche tempo con loro. Ritornando a quei giovani, disse loro:

"Vedete, questa opera non l’ho aperta solo per queste persone che vi sono ospitate, ma, ancor più, è per quei signori, perché imparino la carità e trovino Dio".[14]

Le nostre comunità e opere valgono certo per quanto si fa dentro ma anche  per quanto significano fuori. Quante sfide e difficoltà dobbiamo affrontare oggi affinché le nostre opere continuino a significare. Gli ultimi Capitoli hanno promosso la “conversione apostolica delle opere”, la “riappropriazione carismatica delle opere”, una “nuova relazione comunità-opere”. Dovremo continuare perché la nostra Congregazione senza quel “mediante le opere di carità” cesserebbe di essere orionina.

Quando parliamo delle opere di carità, però, non dobbiamo solo riferirci alle istituzioni caritative o educative, ma anche, e previamente, alle opere di carità personale. Ancora un episodio di Don Orione.

Don Orione, in una sera piovosa di tardo autunno, stava tornando a Tortona dopo essere stato a predicare in un paese dell’Oltrepò pavese. Dal parroco di Borgoratto Marmirolo aveva ricevuto come compenso un paio di scarpe nuove. Il medico del paese si offerse di accompagnarlo con il suo calesse coperto. “Però - si scusò con Don Orione - dovrà avere pazienza, perché devo fermarmi lungo la strada per la visita ad un malato”.

Partirono e, presso Staghiglione, il medico fermò il calesse sulla strada dovendo entrare in una casa. Don Orione restò nel calesse, prese il suo rosario e, avvolto nel mantello, iniziò a pregare.

Ad un certo punto, fu svegliato da un poveraccio che batté alla porta del calesse stendendo la mano. Don Orione fece un rapido esame delle tasche. Posò gli occhi su quel povero uomo e vide che le sue scarpe erano sfondate e bagnate. In fretta, senza nulla dire, si piegò, levò le sue scarpe e le porse con gentilezza.
Quell’uomo, sorpreso, si aprì a un sorriso e disse: “Sia lodato Gesù Cristo”.
Sempre sia lodato”, rispose Don Orione.
Furono le uniche parole di quell’incontro. Il medico fece in tempo ad ascoltare quello scambio di saluto e a capirne il perché.

Giunto a casa, dopo le preghiere della sera, alla Buona notte, Don Orione raccontò quanto accaduto ai suoi giovani e ai confratelli richiamando tutta l’attenzione su di un particolare.
Vedete – disse – quel pover’uomo non ha detto ‘grazie Don Orione’, ma ‘sia lodato Gesù Cristo’. Sì, perché la carità fa pensare a Dio, la carità apre gli occhi alla fede. Così dobbiamo essere noi. Dobbiamo far sperimentare a tutti la Divina Provvidenza mediante le opere di carità”.

Vent’anni dopo, quel dottore, Alberto Bernardelli, buon uomo ma lontano dalla pratica religiosa, si trovava in fin di vita all’ospedale di Voghera. Qualcuno ebbe il coraggio di suggerirgli un pensiero di fede e di invitarlo a ricevere i sacramenti. “ - disse - chiamatemi Don Orione”.[15]
Quel gesto di carità fece esclamare “Sia lodato Gesù Cristo” all’uomo bisognoso e fece avvicinare a Dio il medico che l’aveva visto.

 

III. LA CARITÀ FA SPERIMENTARE LA MATERNITÀ DELLA CHIESA. È ECCLESIALIZZATRICE.

Don Orione fu il santo “tutta cosa della Chiesa e del Papa[16] eppure è popolarmente più conosciuto come il "santo della carità", "il padre dei poveri, il benefattore dell'umanità dolorante e abbandonata" (Pio XII). Possa un poco dirsi anche di noi come singoli e come Congregazione che siamo “papalini” mediante le opere della carità.

L’esercizio della carità” è il metodo, la via, la strategia di Don Orione e degli Orionini per “ricondurre la società a Dio riunendola al Papa e alla Chiesa”.

Il 23 gennaio 1995, accompagnato dal nostro Don Florian Gui e Don Antonio Lecchi, visitai a Oradea, in Romania, il vescovo greco-cattolico della città mons. Basile Hossu, un sant’uomo. Prese subito a raccontarci le tante sofferenze e umiliazioni subìte durante il periodo della dominazione comunista, particolarmente aggressiva contro le comunità cristiane greco-cattoliche. Poi, quasi riscuotendosi dai suoi ricordi della persecuzione, si mise a parlare dell'opera degli Orionini ad Oradea: "La vostra attività, il vostro modo di essere per i ragazzi e per i poveri, ha creato nella gente un nuovo atteggiamento nei confronti della Chiesa. Ricordo che un giorno, viaggiando in auto con Don Belisario (Lazzarin), fummo fermati dalla polizia. Un poliziotto ci trattò in malo modo e fu particolarmente sprezzante nei miei confronti perché vescovo. Don Lazzarin, per giustificarsi disse che avevamo fretta, che dovevamo giungere a Oradea dove eravamo aspettati per una celebrazione all’Oratorio. «Oratorio? Andate da Don Luigi, voi?», interruppe il poliziotto. «Sì, siamo suoi confratelli, sono il suo superiore». Il poliziotto cambiò di tono e si mise a parlare benevolmente dell'Oratorio, dei ragazzi. Ci lasciò andare senza multa. Vedete? - concluse Mons. Hossu - l'opera da voi fatta all'oratorio, per i ragazzi e per i giovani sta rendendo amabile e stimata la Chiesa ad Oradea".[17]

Un altro insigne pastore della Chiesa, il cardinale Paulo Evaristo Arns, arcivescovo di San Paolo, anni fa, quando in Brasile c’era un clima piuttosto ostile alla Chiesa istituzionale, scelse il nostro Piccolo Cottolengo  come destinatario delle offerte della “campagna nazionale della fraternità” organizzata dalla Conferenza Episcopale. Definì quella grande opera di carità “l’apri porta della Chiesa cattolica nella città”. Intendeva dire che l’opera svolta dalla Congregazione verso quei bisognosi, con gravi disabilità mentali e fisiche, dava credito e rendeva vicina al popolo la Chiesa cattolica e i suoi Pastori. Apri porta della Chiesa cattolica nella città: me la annotai subito questa espressione, perché esprime qualcosa di molto tipico, di molto orionino.

Sempre su questa linea della carità che unisce alla Chiesa, ricordo il primo contatto del card. Joseph Ratzinger – poi Benedetto XVI - con la Congregazione orionina. Dal 1° marzo 1987, avevo preso servizio alla Congregazione per la Dottrina della Fede da lui presieduta ed Egli venne a celebrare la festa di Don Orione, il 12 marzo seguente, al nostro Centro per orfani e disabili di Via della Camilluccia, a Roma. Ratzinger scelse quel luogo per presentare l’Istruzione dottrinale “Donum vitae” su temi controversi riguardanti l’etica e il rispetto della vita, da lui firmata pochi giorni prima. Ricordo bene quella Messa, un po’ alla buona, con il presbiterio accerchiato da carrozzelle di disabili e da giornalisti accorsi per l’occasione. Dissi tra me: Ecco, questa è l’opera di Don Orione: dare sostanza di carità, credibilità e amabilità alla verità annunciata dal Papa e dai Pastori della Chiesa.

Don Orione ci ha trasmesso un carisma di ecclesialità-papalinità da realizzare mediante la carità: "impiegarsi, con ogni opera di misericordia, a spargere e crescere nel popolo cristiano… un amore dolcissimo al Vicario in terra di Nostro Signore Gesù Cristo che è il Romano Pontefice".[18] Noi Figli della Divina Provvidenza abbiamo il 4° voto di “speciale fedeltà al Papa” e le Piccole Suore Missionarie della Carità hanno il 4° voto di “carità”: sono le due facce dell’unica medaglia orionina che identifica anche l’Istituto Secolare, il Movimento Laicale e quanti vivono lo spirito di Don Orione.

 

IV. LA CARITÀ SALVA IL MONDO. È CIVILIZZATRICE.

Sappiamo tutti che Don Orione definiva “fari di fede e di civiltà” le istituzioni caritative, soprattutto i Piccolo Cottolengo. Egli, nella sua strategia della carità, si proponeva sempre e inscindibilmente il bene religioso/ecclesiale e quello umano/civile. Quando diceva che “Solo la carità salverà il mondo” esprimeva la coscienza che le opere di carità salvano le Anime e sono la salvezza del mondo, della sua vita sociale, economica, culturale, politica. Papa Giovanni XXIII ha osservato: La sua carità andava oltre i limiti normali. Era convinto che si potesse conquistare il mondo con l’amore”.

Abbiamo ancora anche noi questa convinzione? Che nessuno passi tra le file di “quei catastrofici che credono il mondo finisca domani. Dio vincerà in una infinita misericordia. Iddio ha sempre vinto così! Ma a questa era, noi, per quanto minimi, dobbiamo portare il contributo di tutta la nostra vita”.[19]

Mi pare che la carità, anche la più umile e la più modesta, sia la forza più popolare a difesa della verità cattolica; anche così si dimostra che la Chiesa è ancora viva, anche nel campo sociale e ancora feconda come forza benefica”.[20]Oggidì molti ritornano a Dio attraverso le istituzioni di beneficenza, di carità e di elevazione sociale; essi vengano conquistati alla fede dalle opere della bontà e del verace progresso”.[21]

Don Orione è stato protagonista di alcune parabole di ricostruzione sociale operata mediante la carità. Penso per esempio alla parabola vissuta a San Bernardino, quartiere povero e religiosamente ostile di Tortona; oppure alla trasformazione della desolata e malfamata “Patagonia romana, fuori Porta San Giovanni”, o quanto avvenne nelle periferie di Victoria e di Claypole presso Buenos Aires, o al bairro Bixiga di San Paolo del Brasile.

Durante il lungo arco degli anni del mio servizio ho visto attuarsi alcune parabole di elevazione umana, religiosa e civile in alcuni ambienti umani concreti, in diversi contesti sociali. Mi limito a evocarne alcune ricordando nomi di luoghi a tutti noti nel mondo orionino, come Payatas, vicino alla smoking mountain di Manila, o Zarqa (Giordania), prima all’estremo bordo del deserto e ora quartiere dignitoso e di buona convivenza tra religioni e profughi di diversi popoli. Ricordo Bonoua, in Costa d’Avorio, cresciuta attorno al centro per disabili e alla chiesa. Anatihazo, periferia di Antananarivo (Madagascar), ha sviluppato la sua vita religiosa e sociale a partire da quel grande cortile su cui si affacciano chiesa, scuole, dispensario e anche il seminario. Questa parabola di trasformazione sta avvenendo anche ad Ananindeua, periferia di Belém (Brasile), e a Bagamoyo e Zimpeto, periferia di Maputo (Mozambico).

Quando visitai la prima volta Itapoà, una bolgia di immigrazione e di povertà, a venti minuti da Brasilia “città perfetta e senza poveri”, rimasi impressionato perché passando per le viuzze disordinate del bairro, mi accorsi che non c’erano porte e finestre che davano sulla strada, ma solo muri con piccoli pertugi di accesso.  “È un modo di difendersi da ladri e assalti”, mi fu spiegato. Poi, fra quelle viuzze hanno cominciato a viverci e a passare i nostri confratelli; sono state aperte una dozzina di comunità cristiane e ciascuna con la propria “cappella”, con messa, catechismo, pastorale, attività per la salute, per i bambini, per l’elevazione della donna, iniziative di alfabetizzazione, di solidarietà tra poveri (multirâo), cura dei malati e altro. Quando vi sono tornato due anni fa, ho trovato notevoli miglioramenti, molte vie asfaltate, case con porte e finestre aperte sulla strada, gente che cammina e si ferma a chiacchierare, ragazzi che giocano, più pulizia… chiese e cappelle piene di gente. Ho detto tra di me: Ecco, un’altra parabola di carità civilizzatrice a buon punto.

   Cari Confratelli, ho constatato che lo sviluppo e la crescita civile in queste e in altre zone abbandonate, maledette e scartate dalle città, è avvenuta per la presenza di una comunità religiosa, di un’opera di carità e di un tabernacolo/chiesa. Anche se inizialmente era tutto minuscolo, una presenza povera, inerme, piccola come un granello di senape, questo seme vitale ha poi cominciato ad assumere quanto di buono c’era nel terreno, ad aggregare gente, a stimolare relazioni, responsabilità, coinvolgimento, progetti; ha dato identità e creato tessuto di fraternità religiosa, di solidarietà sociale, cittadinanza.

Don Orione era consapevole di questa efficacia sociale della carità cristiana e spiegava: “Con Cristo tutto si eleva, tutto si nobilita: famiglia, amore di patria, ingegno, arti, scienze, industrie, progresso organizzazione sociale: senza Cristo, tutto si abbassa, tutto si offusca, tutto si spezza: il lavoro, la civiltà, la libertà, la grandezza, la gloria del passato, tutto va distrutto, tutto muore”.[22]

Erano altri tempi e altri problemi, ma la dinamica è la medesima: “Cercare e medicare le piaghe del popolo, curarne le infermità, andargli incontro nel morale e nel materiale… In questo modo la vostra azione sarà non solamente efficace, ma profondamente cristiana e salvatrice. Cristo andò al popolo.  Sollevare il popolo, mitigarne i dolori, risanarlo. Deve starci a cuore il popolo. L’Opera d. Div. Provv. è pel popolo. Andiamo al popolo. Bisogna riscuoterci. Evitate le parole: di parolai ne abbiamo piene le tasche: taumaturgo sarà il fatto ricondurre alla fede avita le turbe ricondurle al Padre, alla chiesa = un lavoro popolare”.[23]

 

LA STRATEGIA DELLA CARITÀ

Ho partecipato all’udienza che Papa Francesco ha riservato al Congresso di Cor Unum, il 26 febbraio 2016. Mi è rimasta impressa l’insistenza con cui egli ha detto ai partecipanti, che “la storia della Chiesa, è storia di carità. È una storia di amore ricevuto da Dio, che va portato al mondo: questa carità ricevuta e donata è il cardine della storia della Chiesa e della storia di ciascuno di noi… La carità sta al centro della vita della Chiesa e ne è veramente il cuore”.

Papa Benedetto XVI, nella Deus caritas est ha insegnato che la carità appartiene all’intima natura della Chiesa.[24]  In quell’Enciclica dedica ampio spazio al valore sociale della carità.  Sappiamo che al n.40, Papa Benedetto nomina il nostro San Luigi Orione come rappresentativo dei santi sociali del XX secolo; Don Orione per la prima metà del Novecento e Madre Teresa di Calcutta per la seconda metà. Li definisce “modelli insigni di carità sociale per tutti gli uomini di buona volontà. I santi sono i veri portatori di luce all'interno della storia, perché sono uomini e donne di fede, di speranza e di amore”.

Ma è sorprendente che al n. 24, Benedetto XVI faccia un “accenno alla figura dell'imperatore Giuliano l'Apostata († 363)” che “divenuto imperatore, decise di restaurare il paganesimo, l'antica religione romana” e per meglio riuscirvi decise di instaurare un sistema di carità simile a quello della Chiesa. “I « Galilei » — così egli diceva — avevano conquistato in questo modo la loro popolarità. Li si doveva emulare ed anche superare. L'imperatore in questo modo confermava dunque che la carità era una caratteristica decisiva della comunità cristiana, della Chiesa”.

Da che pulpito viene confermato uno dei dogmi esistenziali tipici del cristianesimo e la ragione d’essere – carisma – della Piccola opera della Divina Provvidenza!

 Quando Giovanni Paolo II ha voluto scegliere, nel giorno della canonizzazione di Don Orione (16 maggio 2004), la qualifica di “stratega della carità” ha messo in evidenza proprio la dinamica civile ed ecclesiale della sua esperienza di carità.

 In che cosa consiste la strategia della carità? Ce lo dice Don Orione stesso.

Viviamo in un secolo che è pieno di gelo e di morte nella vita dello spirito: tutto chiuso in se stesso, nulla vede che piaceri, vanità e passioni, e la vita di questa terra, e non più! La faccia della terra si rinnovella al calore della primavera; - ma il mondo morale solo avrà vita novella dal calore della carità.

La causa di Dio e della Sua Chiesa non si serve che con una grande carità di vita e di opere: non penetreremo le coscienze, non convertiremo la gioventù, non i popoli trarremo alla Chiesa, senza una grande carità e un vero sacrificio di noi, nella carità di Cristo. Vi è una corruzione nella società spaventosa: vi è una ignoranza di Dio spaventosa: vi è un materialismo, un odio spaventoso: solo la Carità potrà ancora condurre a Dio i cuori e le popolazioni, e salvarle”.[25]

Don Orione ha trasmesso questa strategia della carità alla nostra Famiglia Orionina.

Ho l’impressione, dopo tanti anni che conosco la congregazione da una parte all’altra del mondo, intus et in cute, che, dove siamo nel mondo, noi Orionini siamo più conosciuti per le opere di carità che come religiosi. Simile osservazione ho ascoltato recentemente dal cardinale Joseph Cordes: la Chiesa è oggi più stimata per quanto fa per l’uomo che per quanto fa per Dio. Avviene, per dirla con Don Orione, che “Tanti non sanno capire l’opera di culto ma capiscono l’opera di carità”.[26] In un’epoca di secolarismo avanzato, come l’attuale, ciò è ancor più vero e dobbiamo tenerne conto. "Il bene, vedete, piace a tutti, anche ai cattivi!".[27]

Le opere della carità sono la finestra tramite la quale entra la luce di Dio nel mondo e tramite la quale il mondo può vedere qualcosa di Dio. Sono ancora oggi una sorpresa che attira l’attenzione: “Voglio avvicinarmi a vedere questo grande spettacolo: perché il roveto non brucia?” (Es 3,3).

Evidentemente dev’essere impegno nostro vivere insieme la diaconia della carità, l’evangelizzazione della carità e i sacramenti della carità. Diversamente, le opere di carità si riducono a servizi e la Congregazione a una ONG o a società di servizi umanitari.

Non c’è strategia della carità senza la pratica integrale della carità come esperienza di Dio. Non basta elargire i beni materiali (“il pane del corpo”) occorre dare il bene relazionale della nostra fraternità che rimanda alla paternità di Dio (“divino balsamo dell’anima”). E negli operatori non basta la competenza del servizio ma ci vuole la formazione del cuore.

Questa esigenza della strategia della carità, è stata bene sintetizzata da Benedetto XVI nel Discorso al 13° Capitolo generale dei FDP.[28]

Le opere di carità - ci disse -, sia come atti personali e sia come servizi alle persone deboli offerti in grandi istituzioni, non possono mai ridursi a gesto filantropico, ma devono restare sempre tangibile espressione dell’amore provvidente di Dio. Per fare questo - ricorda don Orione - occorre essere ‘impastati della carità soavissima di Nostro Signore’ (Scritti 70, 231) mediante una vita spirituale autentica e santa”.[29]

Concludo questa trasmissione di quello che anch’io ho ricevuto di Don Orione e del suo carisma, ricordando a me e a voi che il primo nostro compito e servizio, nostra felicità e dono, è la santità, l'essere di Dio che è carità, il meglio possibile, in continuo cammino.

“Dacci, Maria, un animo grande,
un cuore grande e magnanimo,
che arrivi a tutti i dolori e a tutte le lagrime.
Fa’ che tutta la nostra vita sia sacra
a dare Cristo al popolo e il popolo alla Chiesa di Cristo;
arda essa e splenda di Cristo, e in Cristo si consumi”.
[30]

 

*  *  *  *  *


NOTIZIE DI FAMIGLIA

Ormai le notizie viaggiano veloci in internet, mediante siti locali e quello generale www.donorione.org. Richiamo l’attenzione solo su alcuni fatti.

Verso il Capitolo Generale

Il 14° Capitolo generale avrà per tema «Servi di Cristo e dei poveri». Fedeltà e profezia in dialogo con le periferie della povertà e dell’evangelizzazione
I Confratelli del Capitolo si riuniranno dal 16 maggio (pranzo) fino al 5 giugno (pranzo), a Montebello (Pavia). Dal 19 maggio (pranzo) al 24 maggio (cena) compresa, parteciperanno al Capitolo anche alcuni invitati rappresentanti delle PSMC, ISO, MLO e Laici collaboratori.

Nei giorni 15-20 febbraio, si è tenuta la riunione della Commissione precapitolare. Essa ha ordinato il materiale pervenuto dai Capitoli Provinciali nell’Instrumentum laboris, ha elaborato una proposta iniziale di svolgimento del Capitolo e ha provveduto a quanto può essere utile per l’importante evento.

Saremo aiutati a metterci in ascolto della situazione da tre relatori: S.E. José Rodriguez Carballo: La vita consacrata nella Chiesa oggi; urgenze, attese, sviluppi; Don Vito Orlando: Lettura sociologica dell’Inchiesta su “La persona del religioso orionino”; P. Amedeo Cencini: Lettura pedagogica formativa di quanto emerso dai Capitoli provinciali e dall’Inchiesta sociologica.

Ci è già stato confermato che Papa Francesco dedicherà un’udienza particolare al nostro Capitolo il venerdì 27 maggio, alle ore 12. È un atto di amore alla Congregazione.

Accompagniamo tutti, anche quanti sono coinvolti nelle nostre attività, nella preghiera per il Capitolo generale. Con il tema “Servi di Cristo e dei poveri” vogliamo - personalmente e come Congregazione - andare al centro della nostra vocazione orionina per riconoscere quanto vi è di specifico e quanto ad essa è contrario o anche solo distrae, devia l’attenzione, fa perdere tempo ed energie spirituali, disgrega. Ci è chiesta la conversione, la purezza delle intenzioni e degli affetti, la fedeltà al progetto del Fondatore.

 

Sviluppi in Mozambico

Voglio comunicarvi la particolare soddisfazione per il recente viaggio in Mozambico (28 marzo – 4 aprile), ultima missione aperta per celebrare il centenario della Congregazione 21 marzo 1903-2003. In una situazione di particolari difficoltà sociali ed economiche, i Confratelli portano avanti la missione con molto sacrificio e gioia.
Il Signore sta benedicendo con il dono di vocazioni: 8 aspiranti, 3 postulanti, 5 novizi e 8 professi. Per essi è stata preparata una casa di formazione semplice e spaziosa che ho avuto occasione di benedire. Come anche ho potuto celebrare una Messa nella nuova chiesa ancora in costruzione dell’Obra Don Orione, un Piccolo Cottolengo per bambini con gravi disabilità.
L’evento più importante di questo viaggio è stata la firma dell’accordo con la diocesi di Xai-Xai per assumere una nuova parrocchia e avviare una scuola professionale a Chiconela, zona rurale molto povera bisognosa di aiuto materiale e pastorale. Queste ripartenze fanno rivivere lo spirito e le modalità degli inizi della Congregazione.

 

Celebrazioni di Don Orione a Tortona e Zduńska Wola

Molto significativi sono stati anche gli eventi celebrativi a Tortona, in occasione della conclusione dei 75 anni dalla morte di Don Orione. Con molta ufficialità e partecipazione civile, l’11 marzo, è stato firmato un “Patto di amicizia nel nome di Don Orione” tra le città di Tortona, Pontecurone e Zduńska Wola.
Il 12 marzo, è stato caratterizzato da un convegno di studio, al teatro civico comunale, sul tema della “Carità ricostituente sociale e dalla celebrazione della Messa presso la tomba di Don Orione, nel santuario della Madonna della Guardia, da parte del vescovo diocesano, mons. Vittorio Viola. Alla sera, nel salone dell’episcopio, è stato offerto un intrattenimento storico e musicale con “Note e notizie di Don Orione e Don Perosi”.
Similmente, a Zduńska Wola, Don Orione e la Congregazione sono stati messi al centro dell’attenzione civile in Polonia mediante il conferimento di due onorificenze, una con Decreto del Presidente della Polonia e una con delibera del Sindaco di Zduńska Wola.
Sono eventi che, al di là dell’aspetto celebrativo, aiutano a continuare a riflettere e ad attualizzare l’esperienza di vita che passa da Don Orione alla vita della società e della Chiesa di oggi.

 

Documento sui Religiosi Fratelli

La Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata ha pubblicato nel dicembre scorso il documento «Identità e missione del Religioso Fratello nella Chiesa» per favorire uno specifico rilancio dell’importanza e della modalità della vocazione dei “religiosi fratelli”. Per approfondire il documento e per dare attenzione a questo ramo di religiosi sono state organizzate alcune riunioni dei nostri Fratelli. A loro ho indirizzato una breve lettera.

A tutti vorrei qui dire che il documento «Identità e Missione del Religioso Fratello nella Chiesa» non parla solo ai religiosi fratelli, ma a tutti i religiosi perché tutti siamo fratelli. Di fatto, oggi, i religiosi fratelli costituiscono nella comunità religiosa la «memoria permanente della ‘fondamentale dimensione della fraternità in Cristo’ (VC 60) che tutti i membri devono costruire» (n.11, p. 16).

I religiosi, come recita il sottotitolo del documento, sono tutti fratelli anche se, alcuni, tanti o pochi, sono anche sacerdoti. Noi usiamo correntemente il termine “religioso fratello” per i religiosi laici, però, come ci ricorda il documento, “il fratello è tale solamente in mezzo ai fratelli, e nel contesto della fraternità, mai da solo. Essere fratelli implica sempre una relazione, ed è questa che vogliamo sottolineare” (n. 1, nota 1). Se i religiosi sacerdoti non sono e non vivono autenticamente da fratelli entra in crisi la vocazione e l’identità specifica sia dei religiosi fratelli e sia della vita religiosa.

 

Assemblea generale dell’Istituto Secolare Orionino

Fa parte della vita ordinaria dell’ISO e si celebra ogni 6 anni, con temi da trattare ed elezione del Consiglio generale. È stata riconfermata Responsabile generale Rità Orrù, con consigliere Maria Irene Herrera, vicaria; Blanca Laureiro, consigliera; Lucilene Ribeiro, consigliera.
Un tema importante all'ordine del giorno dell'Assemblea è stata la richiesta dell'Istituto Maria di Nazareth di giungere all'incorporazione nell'unico Istituto Secolare Orionino. La richiesta è stata approvata dall'Assemblea e avverrà assumendo l'attuale Regola di vita dell'ISO e aggiungendo al nome Istituto Secolare Orionino anche Maria di Nazareth. Dopo un cammino di reciproca conoscenza dei membri e di studio della Regola, l’Istituto sarà presentato alla Santa Sede per il riconoscimento canonico pontificio.

 

I nostri defunti

Tra le notizie di famiglia hanno sempre grande rilevanza quelle relative alla morte di nostri cari. Portano nell’animo tanti sentimenti diversi, ma certo conforta sapere che questi confratelli, suore, parenti e amici non sono giunti alla fine, ma al fine: la vita eterna resa possibile per la resurrezione e l’amore di Gesù. 

Con le nostre preghiere affidiamo al buon Dio i confratelli: Fr. Raffaele Rivano, P. Ramón Benjamin Martinez, P. Jan Omałek, e Fr. Leonildo Mendes. Le suore: Maria Albertina, Maria Genziana, Maria Rosanna, Maria Scolastica e Maria Helena della Santissima Trinità (sacramentina). Il papà di Don Francesco Mazzitelli, di Pe. Rodinei Carlos Thomazella, del Ch. Alifer Ferreira. La mamma di Don Leonardo Verrilli, di Pe. Newton Furtado.  Il fratello di: P. Gilberto Gomes Gauto, di Don Virgilio Merelli, di Don Angelo Cordischi e di P. Settimo De Martin. La sorella di Don Pietro Vazzoler e Suor Domenica, sorella di Don Giovanni Bianchin (premorto). Tra i tanti amici e benefattori, faccio menzione solo di Nino Montalto (Palermo) e di Angelica Di Garona (Casa provinciale di Buenos Aires). 

Innalzo al Signore una preghiera speciale e particolarmente affettuosa per i Confratelli che vivono i limiti della malattia e dell’anzianità; con il loro sacrificio e la preghiera sono parte preziosa della vita della nostra Famiglia religiosa. Le Costituzioni, all’art. 60, ci ricordano: “L'affetto e la comprensione verso i confratelli più anziani, che hanno speso le loro energie nell'apostolato e che ci arricchiscono con la loro esperienza, sono il segno tangibile di quella comunità-famiglia che vogliamo realizzare nel nome di Don Orione”.

Mando ancora un saluto ai giovani in cammino di formazione, grazia e responsabilità per tutti, e ai confratelli missionari più lontani e in altre situazioni di frontiera con molto sacrificio per amore del Signore.

Concludo ringraziando il Signore e Voi tutti cari Confratelli per questi anni di fedeltà e di sacrifici miei e vostri.

Per quel po’ di bene fatto, Deo gratias!

Per peccati e miserie: Miserere nobis, Domine!

Sempre fiduciosi nella Divina Provvidenza, Ave Maria e avanti!

Vostro fratello e padre in Cristo e in Don Orione,

Sac. Flavio Peloso, FDP
Superiore generale

 

[1] Penso ad esempio a Fil 1, 3-11, “Ringrazio il mio Dio ogni volta che mi ricordo di voi”; 3, 7-16, “Dal punto a cui siamo arrivati continuiamo ad avanzare sulla stessa linea”; 1Tim 1, 12-17, “Rendo grazie a colui che mi ha dato forza”.

[2] Questo, soprattutto questo, dobbiamo cercare e imitare in Don Orione. Fu la sua grazia particolare, il suo carisma, il suo dono alla Chiesa, la ragione e la forma d’essere della Piccola Opera della Divina Provvidenza nella vita della Chiesa.

[3] Cfr.  Da lettera del 25.7.1936, Lettere II, 391-402; Sui passi di Don Orione, p.261-263 .

[4] Sui passi di Don Orione, p.262; vedi lettera del 25.7.1936 in Lettere II, 391-402.

[5] Parola VII, 158.

[6] Scritti 80, 280.

[7] Summarium, p.993.

[8] Buona notte del 26 settembre 1937; Parola VII, 56-59.

[9] Buona notte del 2 gennaio 1938; Parola VIII, 3.

[10] G. De Luca, Elogio di Don Orione, Edizioni di storia e letteratura, Roma 1999, p.114. Questo sacerdote colto, grande letterato ed esperto di spiritualità, ha lasciato meravigliose pagine sulla personalità di Don Orione. "Pensavo che egli fosse uno dei molti che si danno alle opere, riuscendo nella Chiesa quel che nel mondo riescono i grandi impresari... così io pensavo sulle prime di Don Orione; se non che via via che a lui mi feci vicino scopersi che in lui la sua azione non era tutto; per quanto vastissima era il meno. Il più in lui era altro; ed era non soltanto il più, era il tutto. Dentro di lui viveva una vita segreta, ed era tutta la sua vita, e questa era una vita di amore; quell'amore che si è detto, il quale non conosce fine né confine perché non conosce fine né confine Iddio".

[11] Nacque a Napoli il 2 gennaio 1882 e morì il 1° novembre 1973, a Roma.

[12] Summarium, p.540.

[13] Nella lista dei partecipanti al “Coenaculum Christi” del 10-12 novembre 1939, c’erano Ignazio Terzi, Filiberto Guala, Giuseppe Zambarbieri, Ettore Giulietti, Giovanni Volpe-Landi, Carlo Castello, Riccardo Sacco, Achille Malcovati, Enrico di Rovasenda (cugino di Terzi), Jules Correvon, Chiarazzi e altri.

[14] Ne parlano insieme Don Ignazio Terzi e Fra Filiberto Guala in una testimonianza riportata in Atti e comunicazioni 1985(39), n.4, p. 209-213, e Guala in Summarium, p.683.

[15] ADO, Memoriale di Don Giuseppe Rota; ripreso da Don Sparpaglione in San Luigi Orione, 10° ed., 2004, p. 176-177.

[16] Così si definì scrivendo la sua epigrafe; Scritti 57, 146.

[17] Si trattava del nostro Don Luigi Tibaldo, pioniere in quella città. Oratorio era una parola nuova e anche strana in città, ma divenne famosa sia per le attività tipiche con i ragazzi e sia perché divenne il centro di aiuto di alimenti, medicine e vestiario che alleviò la miseria terribile del primo inverno dopo la caduta del comunismo. Ulteriore sorpresa fu il fatto che gli aiuti non fossero solo per i cattolici, ma anche per ortodossi, protestanti e senza religione.

[18] L’espressione è tratta dal già citato Piano e programma dell’Opera della Divina Provvidenza; Lettere I, 15.

[19] Luigi Orione. Fede speranza carità, Ed. San Paolo, 2013, p. 117-118. Si legga anche la bella lettera di Don Orione del 16.12.1921, “Il caos sarà vinto dalla carità”, ibidem p. 118-121; “L'esercito della carità riporterà nelle masse umane disseccate una tale forte e soavissima vita e luce di Dio che tutto il mondo ne sarà ristorato, e ogni cosa sarà restaurata in Cristo, come disse già S. Paolo”.

[20] Scritti 94, 202.

[21] Scritti 97, 154.

[22] Scritti 53, 6.

[23] Scritti 61, 114

[24] Intima Ecclesiae natura è il titolo dell’ultimo documento di Benedetto XVI che traduce in norme canoniche il compito della carità nella Chiesa illustrato nell’Enciclica Deus Caritas est.

[25]  Lettere I, 178-181.

[26] Riunioni, 95. Questa considerazione pastorale di Don Orione divenne come un dogma istituzionale: “È prassi presso di noi di unire sempre all’opera di culto un’opera di carità”; Scritti 53, 39; 80, 109; 92, 224; 117, 107; “Accanto ad un’opera di culto, deve sorgere un’opera di carità”; Riunioni, 81; Scritti 38, 158; 62, 65b; 49, 33; 50, 297; 90, 347; 92, 216; . “Dove sorge un’opera di culto dobbiamo unire un’opera di carità”, Parola III, 148 e 154; “una qualche opera di carità, unendo Fede e Carità”; Scritti 105, 72; Parola III, 148 e 154; infatti, “La pietà e la carità sono come due buone sorelle, le quali amano di vivere insieme ed abbracciate”, Scritti 100, 195.

[27] Parola III, 41.

[28] Discorso al Centro Don Orione di Roma – Monte Mario, 24 giugno 2010, in occasione della benedizione della Madonnina resturata.

[29] Don Orione, ricordando che è “la vita di pietà interna, vera, che crea il religioso generoso, magnanimo”, concludeva “Quando c’è pietà tutto va bene; se manca la pietà, (e diede   un colpo di mani alla maniera dei piatti della banda musicale) tutto inutile”; Buona notte del 18 maggio 1939.

[30] Nel nome della Divina Provvidenza, p.120-121. Questa invocazione è posta a grandi lettere sull’urna del corpo di Don Orione, al santuario di Tortona.

 

Lascia un commento
Code Image - Please contact webmaster if you have problems seeing this image code  Refresh Ricarica immagine

Salva il commento

thumb
Buonanotte del 18 aprile 2024