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Messaggi Don Orione
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Autore: Don Flavio Peloso

Un quarto d'ora di colloquio personale con Papa Benedetto XVI, su una panchina dei giardini vaticani, al termine del suo rosario.

Ho potuto incontrare personalmente Benedetto XVI, oggi 2 settembre 2016.
Alle ore 19, sono stato accompagnato in auto da una guardia svizzera su, in alto nei giardini vaticani, presso la grotta di Lourdes. Papa Benedetto XVI stava per concludere il rosario, recitato passeggiando, accompagnato dal segretario Georg Gänswein. Ad un cenno di mons. Georg mi sono avvicinato. Papa Benedetto mi ha ricevuto con un sorriso e, accogliente, ha allargato le braccia. "Santo Padre, che gioia poterlo rivedere. Grazie".

È iniziato l’incontro. Un quarto d’ora, a tu per tu, soprattutto ricordando persone e fatti dei 5 anni trascorsi insieme alla Congregazione per la Dottrina della Fede. Abbiamo passato in rassegna, uno a uno, i colleghi allora presenti, i fatti e le abitudini condivise. “Eravamo una bella famiglia, si lavorava bene”, ha concluso soddisfatto il Santo Padre.
Ci siamo soffermati sul costume in uso che prevedeva, al 30 aprile, memoria di San Pio V, istitutore del Sant’Uffizio e festa della Congregazione, la Messa solenne presieduta dal Cardinale con l’omelia dell’officiale più giovane e ultimo entrato in servizio. Toccò a me un anno, potete immaginare con quale trepidazione. Alla fine, mi si accostò per dirmi parole sincere e discrete di ringraziamento.

Un anno toccò ad un altro officiale, ora vescovo, che fece un'omelia brillante. Dopo la Messa fummo in gita ad Ostia e, durante il pranzo – ho ricordato a Papa Benedetto - improvvisammo una C.P., cioè una riunione straordinaria del Congresso Particolare – che si teneva ogni venerdì in Congregazione -, durante il quale fu fatto l’esame dottrinale di quell’omelia. Furono riscontrate tendenze erronee che motivarono alcune misure medicinali per l’oratore: due anni di servizio nelle favelas di Rio de Janeiro e la lettura di tutti i libri di Leonardo Boff. Questo "scherzo da tavola" provocò la divertita ilarità del card. Ratzinger di allora. E di Benedetto XVI questa sera.

Ho trovato Papa Benedetto in forma, con i capelli bianchissimi, un po’ lunghi e mossi sul capo, disteso, vivace, molto presente al discorso e ai ricordi.
Sapendo che avevo terminato il mio compito di superiore generale mi ha chiesto: “E adesso cosa fa?”. “Sono parroco, a Monte Mario. Ma continuerò a studiare”. Si è mostrato molto contento: “Che bello, così avrà un contatto più diretto con la gente”.
Monte Mario ha dato occasione di ricordare la Sua visita del 2010 per la benedizione della statua della "Madonnina". Ricordava molto bene. Da lì, la memoria è andata alla festa del Papa tenuta nella Sala Paolo VI, nel giugno 2006, alla quale Egli fu presente. “Sì, ricordo bene il vostro entusiasmo e la gioia, e le grida. E continuate la festa del Papa”. L’ho assicurato di sì, un po’ ovunque nel mondo dove siamo. “È molto bello questo continuate”.

Di tanto in tanto, è intervenuto anche mons. Georg, infatti il tono del colloquio è stato molto cordiale e spontaneo. È durato circa 15 minuti e, come disse il giovane Silone a Don Orione, “avrei voluto che quel colloquio non finisse mai”.

Nel momento del commiato c’è stato un piccolo scambio di doni e poi gli ho chiesto la benedizione. “Volentieri, volentieri. Benedicat te omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus”.
 

Più volte ho detto che ritengo Egli sia la persona più grande, per sapienza, virtù e santità, con cui abbia avuto frequentazione nella mia vita. Sono stato sotto lo stesso tetto di lavoro, al Palazzo del Sant’Uffizio, sede della Congregazione per la Dottrina della Fede, dal 1° marzo 1987 al 13 maggio del 1992, giorno della mia elezione a consigliere generale della Congregazione. Il card. Joseph Ratzinger era il Prefetto della Congregazione vaticana, non solo il “capo” ma anche la “luce” e il “padre” a cui tutti guardavamo con rispetto e devozione, contenti di servirlo e, per quanto possibile, di imitarlo.

Ho avuto poi modo di contrarlo anche successivamente, quando divenne Papa e fu offerto a tutta la Chiesa che poté conoscere, finalmente in modo diretto, la sua splendida e santa personalità.

Di lui sempre mi impressionarono e affascinarono tre caratteristiche.
La prima è la sua grande intelligenza nella ricerca della verità. È la caratteristica più nota di questo Santo Padre.
La seconda caratteristica è la grande libertà nella ricerca del bene; l’ho constatata nei rapporti di lavoro e di relazione quotidiana. Quando si trattava di perseguire il bene, pur nella sua naturale riservatezza e quasi timidezza, non si lasciava condizionare, non aveva remore, non aveva paure ed esitazioni, puntava dritto al vero bene.
Terza caratteristica eccellente in lui è la mitezza, la dolcezza nelle relazioni. Solo in un secondo tempo, da Papa, tutti poterono ammirare la sua mitezza che significa non solo rispetto dell’altro, disponibilità nella ricerca, ma soprattutto fiducia che il Signore porta avanti i suoi disegni e progetti attraverso l’ascolto, il dialogo, l’aiuto reciproco.

Non c’era nel Prefetto Ratzinger alcuna forma di protagonismo autocentrico o di esibizione di ruolo, nemmeno con i suoi collaboratori più giovani. Ricordo che non mancava mai alla pausa per il caffè, al venerdì quando si teneva il “congresso particolare”. Godeva di stare con noi, si interessava, commentava avvenimenti, sorrideva divertito per qualche amenità, approfondiva qualche valutazione.

Al congresso particolare della Congregazione, ogni settimana, ciascun Officiale faceva relazione dei temi e problemi da lui seguiti e per i quali si rendeva necessaria la decisione dei superiori. Ricordo come il Cardinale ascoltasse con attenzione le nostre relazioni. Attendeva con molto rispetto il nostro parere e, se qualcuno se ne asteneva, lo chiedeva: “Ma lei, lei che ne pensa? Cosa vedrebbe bene?”. Per me, quei venerdì alla Congregazione per la Dottrina della Fede sono stati una grande scuola di vita, di dottrina e di metodologia nell’affrontare i problemi. E il maestro era principalmente Lui, il card. Joseph Ratzinger poi Benedetto XVI.

Di tanto in tanto, lasciata la Congregazione per la Dottrina della Fede, passavo a salutare i superiori e i colleghi e, in primis, il Cardinale che si interessava di quello che facevo e, immancabilmente, mi chiedeva: “E continua ancora a studiare?”.

Caro Papa Benedetto. Ogni sera, la recita del rosario camminando nei giardini vaticani termina con una sosta, seduto, su una panchina dalla quale si vede in primo piano la basilica e la cupola di San Pietro. Si siede là e guarda, guarda… gravitando il suo sguardo e tutto il suo essere verso quella Chiesa di Cristo che tanto ha servito e ama.

Don Flavio Peloso

 

 

"HUBIESE QUERIDO QUE ESE COLOQUIO NO ACABASE NUNCA"

DON FLAVIO PELOSO SE REUNE CON EL PAPA EMÉRITO BENEDICTO XVI.

2 de septiembre de 2016.


Publicado en Un Puente de Fé


Hoy 2 de septiembre de 2016, he podido encontrarme personalmente con Benedicto XVI.

A las 19 horas, fui acompañado en coche por un miembro de la Guardia Suiza a la parte alta de los Jardines Vaticanos, hasta la gruta de Lourdes. El Papa Benedicto XVI estaba acabando de rezar el rosario, paseando junto a su secretario Georg Gänswein. A una señal de Mons. Georg me acerqué.
El Papa Benedicto me recibió con una sonrisa,  alargando los brazos acogedoramente.
“Santo Padre, que alegría volverle a ver. Gracias”

El encuentro había empezado. Un cuarto de hora, cara a cara, recordando sobre todo personas y hechos durante los 5 años transcurridos juntos en la Congregación para la Doctrina de la Fe. Revisamos, uno a uno, a los compañeros entonces presentes, los hechos y costumbres compartidas.“Éramos una bonita familia, se trabajaba bien”, concluyó satisfecho el Santo Padre.
Nos centramos en los hechos y recuerdos.
El 30 de abril, memoria de San Pio V, fundador del Santo Oficio y fiesta de la Congregación, la Misa solemne era presidida por el Cardenal con la homilía del oficial más joven y último en entrar en servicio. A mí me tocó un año, os podéis imaginar un poco de miedo. Al final, se me acercó para decirme palabras sinceras y discretas de agradecimiento.
Un año le tocó a otro oficial, ahora obispo,  que hizo una homilía brillante. Después de la Misa fuimos de excursión a Ostia. Durante la comida - recordé el Papa Benedicto - hemos improvisado una C.P., es decir una reunión del Congreso Particular, que tenía lugar cada viernes en la Congregación, durante la cual se hizo el examen doctrinal de aquella homilía. Se encontraron tendencias erróneas que motivaron algunas medidas medicinales para el orador: dos años de servicio en las favelas de Rio de Janeiro y la lectura de todos los libros de Leonardo Boff. Esta “broma de sobremesa” provocó la risa divertida del por aquel entonces Card. Ratzinger. Y de Benedicto XVI esta noche.

Encontré al Papa Benedicto en forma, con los cabellos blanquísimos, un poco largos y rizados, distendido, vivaz, muy presente en la conversación y en los recuerdos.

Sabiendo que he terminado mi trabajo como superior general me preguntó: “¿Y ahora qué hace?”. Soy párroco en Monte Mario. Se mostró muy contento: “Que bonito, así habrá un contacto más directo con la gente”. Monte Mario ha dado pie para recordar la visita del año 2010 con motivo de la bendición de la estatua de la “Madonnina”. Benedicto lo recordaba muy bien. De ahí, la memoria viajó hasta la fiesta del Papa celebrada en la Sala Pablo VI, en junio de 2006,  en la que estuvo presente. “Sí, recuerdo bien vuestro entusiasmo, el entusiasmo y la alegría. ¿Y continuasteis con la fiesta del Papa?”. Le aseguré que sí, un poco en cualquier sitio donde estemos. “Es muy bonito esto, continuar”.

De tanto en tanto intervenía también en la conversación Mons. Georg, de hecho el tono de la conversación ha sido muy cordial y espontáneo. Ha durado alrededor de 15 minutos y, como dijo el joven Silone a Don Orione; “Hubiese querido que ese coloquio no acabase nunca”.

En el momento de la despedida ha tenido lugar un pequeño intercambio de regalos y después le pedí su bendición. “De buena gana, de buena gana. Benedicat te omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus”.

Muchas veces he dicho y mantengo que él es la persona más grande, por sabiduría, virtud y santidad, que he frecuentado en mi vida. He estado trabajando con él bajo el mismo techo, en el Palazzo del Sant’Uffizio, sede de la Congregación para la Doctrina de la Fe, desde el 1de marzo de 1987 hasta el 13 de mayo de 1992, día de mi elección como consejero general de la Congregación. El Card. Joseph Ratzinger era el Prefecto de la Congregación vaticana, no solo el “jefe” sino también la “luz” y el “padre” a quien todos mirábamos con respeto y devoción, contentos de servirle y, en la medida de lo posible, de imitarlo.

Luego he tenido posibilidad de encontrarme con él sucesivamente, también cuando fue nombrado papa y fue ofrecido a la Iglesia para que se pudiese conocer, de manera directa, su espléndida y santa personalidad.

De él siempre me impresionaron y fascinaron tres características.
La primera es su gran inteligencia en la búsqueda de la verdad. Es la característica más notable de este Santo Padre.
La segunda característica es la gran libertad en la búsqueda del bien; lo he constatado en las relaciones laborales y personales. Cuando se trataba de perseguir el bien, a pesar de su naturaleza reservada y casi tímida, no se dejaba condicionar, no tenía reservas, no tenía miedo y vacilaciones, apuntaba directamente al verdadero bien.
La tercera característica excelente en él era la mansedumbre, la dulzura en las relaciones. Solo en un segundo tiempo, siendo Papa, todos pudieron admirar su mansedumbre que significa no sólo respeto hacia el otro, disponibilidad en la búsqueda,  sino sobre todo en la confianza que el Señor lleva adelante sus designios y proyectos a través de la escucha, el diálogo, la ayuda recíproca.

No había en el Prefecto Raztinger ninguna forma de protagonismo autocéntrico  o de exhibición del rol, incluso con los compañeros de trabajo más jóvenes. Recuerdo que nunca faltaba a la pausa del café, los viernes cuando había el “Congreso Particular”. Disfrutaba estando con nosotros, se interesaba, comentaba acontecimientos, sonreía divertido con alguna gracia, profundizaba en algunas valoraciones.

En el Congreso Particular de la Congregación, cada semana, cada oficial hacía relación de los temas y problemas que cada uno seguía y por los que era necesaria la decisión de los superiores. Recuerdo como el Cardenal escuchaba con atención nuestra exposición. Atendía con mucho respeto nuestra opinión y, si alguno se abstenía, le preguntaba. “¿Y usted, usted qué piensa? ¿Qué sería correcto?”. Para mí, aquellos viernes en la Congregación para Doctrina de la Fe han sido una gran escuela de vida, de doctrina y de metodología para afrontar los problemas. Y el maestro era principalmente él, el cardenal Joseph Ratzinger, luego Benedicto XVI.

De tanto en tanto, una vez fuera de la Congregación para la Doctrina de la Fe, pasaba a saludar a los superiores y colegas e, in primis, al Cardenal que se interesaba por lo que hacía e inevitablemente me preguntaba: “¿Y todavía estudia?”.

Querido Papa Benedicto. Cada noche, el rezo del rosario caminando por los Jardines Vaticanos acaba con una parada, sentado, en un banco desde el que se ve en primer plano la basílica y la cúpula de San Pedro. Se sienta allí y mira, mira… dirigiendo su mirada y todo su ser hacia aquella Iglesia de Cristo a la que tanto ha servido y ama.

Don Flavio Peloso

 

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