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Messaggi Don Orione
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Nella foto: Don Leszek Woytjs con i
Autore: Flavio Peloso

Profilo di un umile e grande sacerdote orionino.

LESZEK WOJTYŚ

Il prete dei “senza tetto”.

 

In Italia e nel mondo si fa un gran parlare di 5 milioni di italiani “in povertà assoluta”, di immigrati da accogliere. La Congregazione ha alcune iniziative specifiche. Ci sono confratelli sensibili. Ne voglio ricordare uno: Don Leszek Wojtyś. È morto l’anno scorso, il 24 marzo 2017, a Łaźniew (Polonia).

Ricordo di averlo incontrato a Czarna, in un “ostello per senza tetto” all’inizio degli anni ’90. Mi meravigliai nel vedere quel sacerdote, di stazza robusta e distinta, in una casa molto in disordine, maleodorante, arrangiata alla meglio, tra poveracci che portavano sul volto i segni di fame, freddo, solitudine e storie dolorose.

Don Leszek era già persona matura, essendo nato a Sroczków (Kielce) il 19 luglio 1933. Fece i voti nel 1952 e divenne sacerdote nel 1958. Aveva svolto per tutta la sua vita apostolato parrocchiale a Zduńska Wola, a Włocławek, a Malbork, a Kalisz, a Rybna, a Zielenice.

Mi spiegò che, alla caduta del regime comunista, in Polonia si creò un’ondata enorme di poveri che vivevano sulle strade. “Terminato il mio incarico di parroco a Zduńska Wola, i superiori mi incaricarono di fare qualcosa per questa gente. Mi trovai nell’imbarazzo. Non ne avevo esperienza. Ebbi l’idea di fare anch’io il “barbone” per un breve tempo per sapere da queste persone i loro problemi e necessità. E poi iniziai”.

Per venire incontro alle necessità e ai bisogni delle persone colpite dalla crisi sociale ed economica, nel 1991 gli fu affidata la casa di Czarna. Trovò molta opposizione nell’ambiente, perché “la gente aveva paura di ubriachi e di ladri”. Con il passare del tempo la stessa gente ha cominciato a voler bene a questa casa e ai suoi ospiti, vedendo con quanta carità si rispondeva alle disgrazie umane.

A Czarna – disse Don Leszek – ho avuto tanti viveri che gli stessi poveri facevano da mangiare alla gente bisognosa del luogo. Per sette anni non ho mai dovuto comprare un pezzo di pane né qui né lì. Spesso eravamo addirittura noi a distribuire il pane con la minestra alle altre famiglie che venivano qui a prenderlo. Una volta capitò che si avvicinava la domenica ed eravamo senza il pane. Diedi i soldi chiedendo di comprare il pane. L’incaricato non era riuscito ad arrivare in strada che già arrivò una macchina con un cesto di pane”. Poveri che aiutano altri poveri. È la Divina Provvidenza!

Nel 1994 Don Wojtyś fu trasferito a Henryków (Zduńska Wola) per portare avanti un altro Ostello per i senza tetto. Qui rimase fin che ebbe un po’ di salute, fino al 2015. Lo visitai varie volte in questo ostello, anche perché condivideva l’impegno con il confratello Don Józef Kubicki, ex prigioniero del lager di Dachau e compagno del beato Francesco Drzewiecki del quale ero postulatore.

A Henryków, Don Wojtyś continuò l’opera e quell’apostolato povero per poveri. Nei primi 7 anni accolsero ben 1.500 clochard, “sporchi, pidocchiosi, con gravi malattie”, sprovvisti di assistenza sanitaria. Si succedevano occupando ogni spazio della casa centinaia di persone durante l’inverno.

Don Leszek Wojtyś portava uno stimolatore cardiaco e a volte qualcuno dei suoi “angioletti”, come li chiamava lui, si preoccupavano anche per lui, perché lavorava troppo. Ma lui rispondeva con una grande pace che questa era ormai la sua ultima casa e la prossima sarebbe stata il Paradiso e voleva arrivarci quanto prima, fiducioso in quanto diceva Don Orione: “chi dà al povero, dà a Dio e da Dio riceverà la sua ricompensa”.

E gli ospiti degli ostelli orionini erano dei veri “angioletti”: Ricordava Andrea che durante un insopportabile gelo era venuto con i piedi tutti congelati, fu scaricato sotto il muro di cinta dell’Ostello; Casimiro, ubriaco, che bussava alla porta d’inverno, a mezzanotte, perché si stava congelando.

Nel 2015, Don Leszek, molto malato, fu trasferito nella casa per anziani di Łaźniew. Anche qui, nonostante si muovesse solo in carrozzella, andava tutti i giorni a pregare, a visitare e a fare conferenze agli altri malati e in modo speciale nel reparto riservato ai “senza tetto” infermi, provenienti dalle strade.

Qui il Signore lo chiamò a sé, il 24 marzo 2017, benedicendolo perché “io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi” (Mt 25).

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