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Messaggi Don Orione
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Autore: Flavio Peloso

San Filippo Neri è uno dei santi più popolari della Chiesa, e di Roma in particolare. Pietro e Paolo… e Filippo: da 500 anni gli “apostoli di Roma” sono diventati tre, tanta fu l’importanza di san Filippo per la fede di Roma. E anche per la spiritualità di Don Orione.

SAN FILIPPO NERI

SANTO DEL CALENDARIO DI DON ORIONE

 

Il 21 luglio 1515, Filippo Neri nasceva a Firenze, città che presto lasciò per trasferirsi nella città del Papa e dare inizio a una straordinaria esperienza di carità tra i più poveri, intessuta di letizia e spontaneità.

“San Filippo Neri visse in un tempo sporco, corrotto; il fango stava perfino sulla stola pontificale di Alessandro VI. San Filippo visse a Roma in tempi nei quali anche la disciplina si era rilassata ed egli intraprese l'opera di rassodare negli animi la pietà trascurata. Ed è veramente ritenuto come restauratore della vita religiosa in Roma, una specie di riformatore. E anche oggi a Roma lo si festeggia. Roma fa quasi una festa di precetto quando cade la festa di San Filippo. Era un Santo assai popolare, d'una santità che non allontana; tutti i ragazzi e i giovani di Roma lo seguivano, perché faceva a tutti del gran bene. Anche oggi verso San Filippo Neri, dopo tanti anni, vi è a Roma una venerazione tutta particolare.” (Don Orione).

Da fiorentino, Filippo Neri, da laico prima e poi da sacerdote, si fece “romano con i romani” e per i romani, tra le piazze della Città Eterna e i vicoli, quelli più degradati, dove come pastore santo prese l’odore delle pecore, che in questo caso era il puzzo di ambienti degradati, della malattia e della povertà che svuota le tasche e l’anima. Il centro di Roma, allora, aveva lo stesso volto sporco delle periferie. Proprio lì Filippo andò a risiedere in una stanzetta, a San Girolamo, in via Giulia. “Sin dai primi anni era chiamato ‘Pippo bono’. Sacerdote per obbedienza, rinunciò ad una cospicua eredità per andare a Roma, fonte della fede, e  la rinnovò cristianamente. Venti cardinali – quasi tutti, allora – si confessavano da lui; i Papi si consigliavano con lui” (Don Orione).

Papa Francesco ha voluto ricordare i 500 anni della nascita di San Filippo con un personale Messaggio, del 26 maggio scorso, al Superiore generale della Congregazione dell’Oratorio, fondata dal Santo. Nel Messaggio parla di San Filippo Neri con le stesse parole con cui egli dipinge i religiosi e sacerdoti d’oggi. E, da orionino, osservo che sono le stesse parole con cui Don Orione voleva i suoi figli e discepoli.

Di giorno, Filippo conduceva una vita intensissima, faccia simpatica e cuore lieto, portava a chi incontrava il calore di Dio – all’inizio non era nemmeno prete - accompagnandolo, quando poteva, con un pezzo di pane, o con una carezza sulla fronte, o una parola di conforto a chi si lamentava sui pagliericci dell’Ospedale degli Incurabili o nei tuguri malsani. Di notte, un’anima di fuoco qual era, Filippo, si immergeva in Dio, nella preghiera e nel “cuore a cuore”. “Come mai San Filippo Neri convertì Roma? Perché, da giovane, passava le nottate in preghiera alle Catacombe di San Sebastiano”, diceva Don Orione ai suoi chierici.

Papa Francesco lo ha definito “appassionato annunciatore della Parola di Dio”, “cesellatore di anime”. La sua paternità spirituale, osserva, “traspare da tutto il suo agire, caratterizzato dalla fiducia nelle persone, dal rifuggire dai toni foschi ed accigliati, dallo spirito di festosità e di gioia, dalla convinzione che la grazia non sopprime la natura ma la sana, la irrobustisce e la perfeziona”. E ancora: “Si accostava alla spicciolata ora a questo, ora a quello e tutti divenivano presto suoi amici”. “Amava la spontaneità, rifuggiva dall’artificio, sceglieva i mezzi più divertenti per educare alle virtù cristiane, al tempo stesso proponeva una sana disciplina che implica l’esercizio della volontà per accogliere Cristo nel concreto della propria vita”.

Anche Don Orione raccomandava “Servite Domino in laetitia! ‘Scrupoli e melanconia via da casa mia’, diceva  San Filippo Neri”.

San Filippo era umanamente e spiritualmente affascinante.

Affascinò Don Orione che lo additò spesse volte come modello di spiritualità e di apostolato. Varie volte, Don Orione ricorreva i suoi detti e ai suoi esempi.

Diceva che “San Filippo Neri è un po’ il nostro Santo, almeno per le pazzie”. Ma poi lo indicava anche come esempio di moderazione: “Mòderati – scrive Don Orione a Don Dondero - nel voler fare troppo. 'Non bisogna voler fare ogni cosa in un giorno né diventare santo, in quattro dì', diceva già San Filippo Neri”. “San Carlo non approvava che San Filippo ritirasse i suoi figli da Milano, per timore della peste; ma San Filippo credette bene di mantenere il suo punto di vista e tolse i suoi da Milano”.

La capacità di adattamento per conquistare le anime. "Di San Filippo Neri è detto, in una lapide sul Gianicolo, là sotto la storica quercia del Tasso, che Egli «seppe farsi piccolo coi piccoli sapientemente» Questo è il nostro spirito, o miei cari figli in Gesù Cristo!".

Volendo spronare a santa intraprendenza: “Studiamo bene i santi, e vedremo che essi furono i più grandi, i più veri progressisti, perché vissero di Dio, che è vita e non morte. Niente inerzia nei santi e niente melanconia. Si sa cosa dicesse in proposito San Filippo Neri; si sa cosa Francesco di Sales lasciò scritto: “Santo ignavo, niente santo; santo triste, tristo santo!”.

Per inculcare la serenità e piacevolezza del tratto apostolico. “Se vogliamo fare del bene e trarre specialmente i giovani al servizio del Signore, dobbiamo procurar d’imitare la serena e santa ilarità e piacevolezza di San Filippo Neri, di San Francesco di Sales del Cottolengo e di Don Bosco!”.

Contro il pettegolezzo e le malignità raccontava un famoso episodio. “San Filippo Neri, un Santo che la sapeva lunga – dicevano che era un po’ strano, ma intanto lo veneravano come il riformatore della fede, il riformatore della Chiesa in Roma - ad una signora che non sapeva tenere a posto la lingua… diede la penitenza di spennare una gallina, spargerne le penne per la strada e poi andarle a raccogliere… Non poté raccoglierle tutte e concluse: Così il vostro male si va allargando sempre più e quando vorrete ritirarlo, non lo potrete più”.

E ancora: “Senza mortificazione della gola non c'è nessuna virtù, e non c'è, soprattutto, castità. Per questo San Filippo Neri diceva: «datemi una persona mortificata nella gola ed io ne farò un Santo»".

Circa il sentire umile di sé e il distacco dalle vanità, ricordò che “quando a San Filippo Neri il Papa gli mandò il berretto cardinalizio pare che, presolo in mano e fattone una pallottola, lo lanciò in aria e lo rimandò poi dicendo: Io mi accontento del Paradiso”.
“San Filippo Neri diceva: datemi due dita di testa – della razionale -  e vi darò presto un santo. L’obbedienza è la via più breve, più sicura e più facile, è l’anello d’oro e la catena che per mezzo dei Superiori, ci tiene uniti a Dio e alla Chiesa”.

A San Filippo Neri, Don Orione intitolò la sua prima e più grande scuola di Roma "per gli umili figli del popolo"; l'Istituto San Filippo Neri fu inaugurato il 16 gennaio 1938, "prende il nome di San Filippo Neri, tanto caro  a Roma. Dal grande Apostolo della gioventù di Roma del secolo XVI vuol prendere anche quel Suo spirito di vita cristiana schietta, lieta e fattiva in Domino"

Papa Francesco, con la sua sensibilità tipica che tutti conosciamo, nel Messaggio per i 500 anni della nascita del Santo, osserva che “grazie anche all’apostolato di San Filippo l’impegno per la salvezza delle anime tornava ad essere una priorità nell’azione della Chiesa; si comprese nuovamente che i Pastori dovevano stare con il popolo per guidarlo e sostenerne la fede”.

Filippo fu un appassionato di Gesù Cristo e delle anime da orientare a Lui. “In punto di morte raccomandava: Chi cerca altro che Cristo, non sa quel che si voglia; chi cerca altro che Cristo, non sa quel che dimandi”.

San Filippo, evidenzia Papa Francesco, “nel suo metodo formativo, seppe servirsi della fecondità dei contrasti: innamorato dell’orazione intima e solitaria, egli insegnava nell’Oratorio a pregare in fraterna comunione; fortemente ascetico nella sua penitenza anche corporale, proponeva l’impegno della mortificazione interiore improntata alla gioia e alla serenità del gioco; appassionato annunciatore della Parola di Dio, fu predicatore tanto parco di parole da ridursi a poche frasi quando lo coglieva la commozione”.

“Sua profonda convinzione era che il cammino della santità si fonda sulla grazia di un incontro — quello con il Signore — accessibile a qualunque persona, di qualunque stato o condizione, che lo accolga con lo stupore dei bambini”.

Con il suo «intensissimo affetto al Santissimo Sacramento dell’Eucaristia, senza del quale non poteva vivere», egli ci insegna che l’Eucarestia celebrata, adorata, vissuta è la fonte a cui attingere per parlare al cuore degli uomini. San Filippo si rivolgeva affettuosamente alla Madonna con l’invocazione «Vergine Madre, Madre Vergine», convinto che questi due titoli dicono l’essenziale di Maria”.

Don Flavio Peloso

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