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Messaggi Don Orione
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Come Don Orione ha espresso il carisma della fondazione? Come è stato recepito nelle Costituzioni posteriori? Dai primi Abbozzi alle Costituzioni attuali.

IL CARISMA DELLA CONGREGAZIONE

ESPRESSO NEI TESTI COSTITUZIONALI

 

Don Flavio Peloso[1]

 

PRIMA REDAZIONE DELLA “REGOLA FONDAMENTALE” (1897)

Si tratta di primi abbozzi di regole stesi da Don Orione, non datati, definiti “Regola fondamentale” perché questa qualifica è data da Don Orione stesso ne testo. Ci sono due minute: Scritti 90, 404 e 110, 233; una riporta due articoli di regola che, date le poche correzioni, mostrano di essere esposti nella loro forma definitiva; nell’altra, c’è solo il secondo articolo e il titolo di un terzo: “Il modo di vivere nell’esteriore”. Vari indizi portano a concludere che la data della stesura sia il 1897 e, comunque, precedente al Pro-memoria sulla Compagnia del Papa.

I. Il fine di questa Compagnia (Società) è attendere non solo, per la grazia di Dio, con tutta l'anima e tutte le forze, alla propria santificazione, ma, nella grande misericordia del Signore, impiegarsi nella perfezione e salute delle anime tutte e, con ogni modo voluto dalla carità, portare tutta la società al nostro caro Signore Gesù Cristo: -  Instaurare omnia in Christo - specialmente col fare sinceramente cristiana e cattolica la gioventù, dalle scuole ai campi, e coll'attuare la volontà e i desideri del Papa con ogni opera di carità spirituale e temporale.

II. E' fine esplicito della Compagnia, e proprio essenza della nostra vocazione, essere del Papa: e di nostro non avere più nulla: né volontà, né persona, né roba, né altro: siamo uniti e consacrati alla volontà della Santa Sede: a Lei tutto il sacrificio della nostra sommissione in tutto e sempre, e della nostra mente e del nostro cuore, e di tutte le nostre viste personali, e della nostra vita e di tutto quanto abbiamo e potremmo avere: strumenti docili e affatto ciechi e totalmente abbandonati nelle mani del Vicario di Gesù Cristo - veri figli del Papa - fatti e uniti tutti per santificarci nelle sue sante mani, per vivere e morire per Lui, non mossi da affetti o ambizioni terrene, ma unicamente e sempre per la gloria di Dio!

Secondo questa vita vogliamo vivere e morire, e per essa, malgrado tanti peccati, speriamo fermamente nella misericordia del Signore di salvare l'anima nostra

Questa è la regola fondamentale e la nostra professione di fede e di vita religiosa; essa starà invariata, né alcun articolo o deliberazione potrà modificarla mai[2].

Tutto, in base a quanto sopra, la Santa Sede, - o chi per Lei -, come crederà, modifichi e cambi e sopprima, oggi o domani o quando crederà: - noi con tutto il cuore e con tutto ciò che siamo, che abbiamo o possiamo avere, siamo e saremo sempre nelle Sue mani: e benediciamo e benediremo sempre il nostro caro Signore!".[3]

 

IL PRO-MEMORIA SULLA COMPAGNIA DEL PAPA (1899)

A Don Orione, il 3 giugno 1899, arrivò da parte del vescovo di Ventimiglia, mons. Ambrogio Daffra, l'invito a prendere la direzione di un Convitto San Romolo in Sanremo con l'inizio del nuovo anno scolastico. Si trattava di un'attività fuori diocesi di persona autorevole e cara.[4] Don Orione si affrettò a preparare una regola almeno per far riconoscere un primo nucleo dell’Opera da parte del Vescovo di Tortona. Se così fosse avvenuto, avrebbe potuto ardire di chiedere il permesso al Vescovo di Tortona affinché l'Opera potesse operare anche fuori diocesi. Il nucleo su cui poteva contare, e “presentabile” subito, era quello dei pochi sacerdoti e chierici che collaboravano con lui. Pensò di chiamarlo “Compagnia del Papa”. Poteva essere il gruppo centrale attorno al quale poi collegare altre componenti, o famiglie religiose, delle quali c’erano già i primi germogli. [5]  Così, in sole due settimane, preparato in fretta un testo di regola, datato 17-18 giugno 1899, Don Orione presentò a mons. Bandi per l’approvazione il nucleo della Compagnia del Papa.[6] Di esso, non sono conservate altre minute. È un documento bello e solitario, senza una storia e altre tracce di elaborazione. Esso è più una dichiarazione di intenti che una regola; i verbi che si riferiscono alla costituzione della Compagnia e alla sua attività sono tutti al futuro, perché la Compagnia del Papa non esisteva. Vi compare, per la prima volta, il IV voto di fedeltà al Papa.

 

PRO MEMORIA SULLA COMPAGNIA DEL PAPA

"I.  a) Il Papa è il bersaglio principale degli inimici,- ed è il Vicario di Nostro Signore Gesù Cristo, è il Padre della fede e delle anime nostre e il nostro duce infallibile. - Alla difesa del Papa, alla pronta e completa esecuzione delle sue volontà e de' suoi desideri sorgerà, se così piacerà al Signore, una nuova Congregazione, che ha per titolo: La Compagnia del Papa; per scopo mediato remoto: la santificazione de' congregati e della società; per scopo immediato prossimo: la completa esecuzione del programma pontificio.

Questo fine proprio viene sancito da un quarto voto, ponendosi così l'Istituto ed ogni congregato alla pronta ed assoluta obbedienza del Pontefice, in ogni ordine di idee, e di fatti, con ogni attività dell'intelletto, del cuore e del braccio; per eseguire dove, come, quando e cosa al Pontefice piace per l'attuazione del Suo programma.

b)  O, in altre parole, la Congregazione ha per

 punto di partenza: il programma pontificio generale (per la umanità, il Regno Sociale di Gesù Cristo) e il programma pontificio particolare (per ogni nazione, quel dato programma secondo i vari bisogni delle varie nazioni).

Programma che il Pontefice ha il diritto e l'ufficio di dare e che, riguardando il governo universale della Chiesa, tiene dell'infallibilità del supremo pontificato, - programma che il Papa di fatto promulga chiaro, preciso e graduale.

Via intermediaria: pongo anzitutto la via gerarchica della Chiesa e poi la Compagnia del Papa, la quale ha la missione di: a) cercare, raccogliere, ordinare i documenti pontifici; b) studiarli; c) popolarizzarli; d) metterli in pratica; e) farli eseguire dai fedeli di qualunque nazione, - nella misura e nel modo desiderato e voluto dal Papa.

Punto di arrivo: esecuzione del programma per parte dei fedeli, guidati dai propri Pastori; istruiti, sollecitati, agevolati, entusiasmati dalla Compagnia del Papa.

II. La Compagnia del Papa troverà tanto miglior posto nella compagine della Chiesa:

1. quanto più sarà manifestamente gradita al Pontefice al cui totale servizio si offre, poiché deve nascere e vivere per la causa del Papa;

2. quanto più sarà protetta dai Vescovi de' quali seconderà l'azione: strumento de' voleri e de' desideri dell'Episcopato;

3. quanto più sarà ben voluta dai sodalizi preesistenti;

4. quanto più sarà amata dai fedeli.

Questi favori mi pare si potranno far scaturire dal fine netto e circoscritto della Compagnia, fine che, ben delineato, dimostrerà il vantaggio della nuova Congregazione, il rispetto alle preesistenti e l'agevolezza ai cattolici bene intenzionati di attuare il programma pontificio.

b) La Compagnia del Papa vivrà della doppia vita - contemplativa ed operativa - ritenendo quella siccome il substrato necessario per l'efficace completamento dell'altra.

La vita contemplativa si aggirerà attorno alla pratica dei tre consigli evangelici, oltre all'osservanza dei comandamenti di Dio e dei precetti della Chiesa: intorno all'unione con Dio, all'interna perfezione, ai doveri di pietà e di culto, all'attuazione di ogni virtù, e sovrattutto alla preghiera, alla meditazione, alla penitenza  di ogni maniera ed in ispecie all'annegazione della propria volontà.

La vita operativa si espanderà nell'esecuzione del programma pontificio, IV voto, e fine specifico e proprio  della Compagnia.

Resi forti dalla grazia di Dio, provati nelle virtù, liberi da ogni impegno domestico, politico e sociale, pronti insomma e nello spirito e nella carne per beneficio della vita contemplativa, la Compagnia non domanderà al suo Capo Supremo, il Papa, che benedizione e lavoro, che ordini e missioni.

Il IV voto si compendia nella più completa adesione di mente, di cuore e di opere al Pontefice e, come il religioso adempie ai propri doveri verso Dio in modo supremamente più regolare e preciso che non il laico in mezzo al mondo, - così la Compagnia del Papa, come un sol uomo, si propone col IV voto di adempire più rigorosamente ed in modo assai più perfetto al dovere, pur comune a tutti i cattolici, di unione, di amore filiale e di difesa della Sede Apostolica, - anzi alla volontà del Papa, alla libertà del Romano Pontefice ed alla attuazione de' suoi disegni sulla umanità intera, si dedicherà e si voterà la Compagnia con tutta la sua intelligenza, con tutte le sue forze nel nome santo del Signore.

III. La opportunità, che mi pare vedere al presente, di una Congregazione che si dedichi alla completa esecuzione del programma pontificio, si mantiene anche riguardando il futuro; - sia la dimane favorevole o no al trionfo del Papato, sia che gli avvenimenti precipitino o si succedano con lentezza.

a) Se i tempi migliori maturano lentamente, cioè si svolgono per crisi e per evoluzione, la Compagnia del Papa sarà sempre la più atta, o fra le più atte, a preparare con calma la nuova generazione ad essere più docile della cadente al verbo pontificio, e a questo giungerà specialmente coll'impadronirsi della gioventù dalle scuole ai campi.

b) Se i tempi matureranno bruscamente, per rivoluzioni o per catastrofe sociale, la Compagnia del Papa sarà un nucleo di persone preparate ai nuovi tempi.

c) Se il domani sarà benigno per il regno di Gesù Cristo e del Suo Vicario, la Compagnia del Papa sarà la tranquilla propagatrice del pacifico e restauratore verbo papale, e varrà a mantenere lo stato di pace e di libertà per la Chiesa.

d) Se il futuro sarà fosco e saranno giorni di lotta più acuta tra i figli di Dio e i figli degli uomini, tra Cristo e Satana, tra il Papato e la Massoneria, - i membri della Compagnia del Papa saranno sempre, - come fermamente lo spero e come ne prego il Signore ogni giorno -, saranno sempre all'avanguardia dell'esercito pontificio, i pionieri delle libertà papali epperciò della cristiana e verace libertà in mezzo alla società  convulsa ed apostata, - pronti all'uopo a suggellare col sangue l'amore al Nostro carissimo Signore Gesù ed al Suo Vicario in terra, il Papa!

Siano grazie a Maria SS,  e sia lodato Gesù Cristo!

17-18 Giugno 1899".[7]

 

LA REVISIONE DEI PRIMI DUE ARTICOLI DEL PRO-MEMORIA SULLA COMPAGNIA DEL PAPA (1900)

Testo dei primi due articoli rivisti e datati 13 novembre 1900. In nota, segnaliamo le variazioni nei confronti della prima stesura.

LA COMPAGNIA DEL PAPA

1. Il fine di questa minima Compagnia del Papa è di compiere la volontà di Dio e di cercare la sua maggiore gloria con l'attendere, con la divina grazia, alla propria salute e perfezione e alla salute e santificazione del prossimo, adoperando ogni studio a crescere in sé e nei fedeli l'amore di Dio e del Papa, avendo per suo programma immediato l'attuazione completa del programma papale, nei paesi cattolici, - e, nei paesi acattolici, di aiutare, con ogni opera di cristiana carità, le anime a convertirsi alla nostra santa Chiesa Cattolica , Apostolica, Romana, - consacrandosi in special modo ad ottenere l'unione delle Chiese separate.[8], ut fiat unum ovile et unus Pastor"!

2. Questo fine, che è proprio e precipuo di nostra vocazione, pone la Compagnia ed ogni suo membro alla pronta e assoluta obbedienza del Vicario di Nostro Signore Gesù Cristo, che è il Vescovo di Roma, Pastore e Maestro supremo, universale e infallibile dell'unica vera e santa Chiesa di Dio, - per eseguire, in qualsiasi parte del mondo, in ogni ordine di idee e di fatti; con ogni attività e sacrificio delle sostanze e della fama, dell'intelletto, del cuore e della vita, - tutto quello che al Vescovo di Roma, Padre universale della Santa Chiesa Cattolica e delle anime, piacerà di comandare, o mostrerà desiderare al Superiore Generale della Compagnia[9], alla massima dilatazione del regno di Dio e per il bene delle anime e dei popoli.[10]

 

LETTERA A DON CARLO STERPI (20 novembre 1900)

Don Orione scrive a Don Sterpi, che si trovava a Sanremo, una lunga lettera di cui abbiamo la minuta di 4 pagine.[11] Tratta di vari argomenti pratici.

"Dopo avere chiesto assai volte l'aiuto di Dio ti dico che nel giorno dell'Immacolata mi pare conveniente che presentiamo al Vescovo di Tortona quanto ti ho mandato nel dì di S. Stanislao, e ti mando oggi, ritoccato, per specificare e dichiarare sempre più il fine per cui ci siamo uniti.
Sarà firmato da tutti: cioè da me, da Albera, da te, da Risi, da Piana, da Cesare, da Fra Vincenzo, da Goggi, da Volante, da Minardo, - da fra Gaetano, da Alvigini e se sarà del caso, da D. Paolo Cassola anche.
Avrei desiderato anche da Zanocchi, ma è meglio non affrettare di troppo, se egli non è totalmente nostro.
Ho intenzione di scrivere al Vescovo di Noto che ricorra alla S. Sede e domandi il permesso di dare il nome a questa minima tra le Compagnie di S. Chiesa.
Presto la riceverai da firmare.
Guarda che a Don Luigi
[Gamaleri] ho letto il fine della Compagnia, spiegandogli che questa sarebbe quella  Compagnia essenziale che deve avere in mano tutte le altre famiglie religiose che costituiscono l'Opera della Div. Provvidenza, per tenere unito un corpo formato da membra così varie: eremiti lavoratori, adoratori, dame, Collegi, Suore, preti ecc., deve avergli fatto un po' d'impressione, ma più favorevole che no.
Tu però taciane".[12]

 

SECONDA REDAZIONE DELLA “REGOLA FONDAMENTALE

(20 AGOSTO 1901)

Siamo nel 1901 e Don Orione intendeva chiedere espressamente l'approvazione della Congregazione, come risulta dalla circolare che il 3 luglio di quell’anno inviò ai confratelli dell'Opera per invitarli agli Esercizi spirituali a Sanremo, dove si sarebbero trovati per "provvedere alla salute dell'anima nostra secondo la nostra vocazione e a pregare per l'approvazione e lo stabilimento della nostra minima Congregazione".[13] Nel nuovo testo, ai due articoli della prima stesura della Regola fondamentale, premise un preambolo (riferito al piano della salvezza), come era richiesto qualora si presentassero delle regole  in vista dell'approvazione canonica. Don Orione considerò il preambolo come primo articolo, per cui da due che erano, divennero tre.

 

Carissimo Don Sterpi,

Ti mando i primi tre punti delle Costituzioni: il 1° punto riguarda l'ordine generale della Provvidenza o meglio il fine generale della Redenzione di N. Signore e dell'azione della Chiesa nei secoli cristiani, (è un preambolo)[14]

2.  Ora la nostra minima Congregazione che, per somma bontà del Signore, sorse sotto la denominazione di Opera della Divina Provvidenza, questo ha per fine suo precipuo: di compiere, con la divina grazia, la volontà di Dio, di cercare la sua maggiore gloria con l'attendere alla cristiana perfezione dei suoi membri  e impiegarsi  con ogni opera di misericordia, spirituale e temporale, a spargere ed accrescere l'amore di Dio nel cuore dei poveri, dei piccoli e degli afflitti da diversi mali e dolori, specialmente se soli e abbandonati.

I figli dell'Opera si propongono Gesù Cristo a modello e intendono di realmente servire a Lui nel prossimo, ricordando che questo Divin Salvatore - che è la carità medesima, Deus caritas est - non ha raccomandato nulla con maggior istanza quanto la pratica delle opere di misericordia ...(e vengono riportati i passi evangelici al riguardo),

E' anche proprio del nostro Istituto di coadiuvare nella sua piccolezza, l'azione della Divina Provvidenza nel condurre le anime e le umane istituzioni a prendere posto nella santa Chiesa, a reggersi e a santificarsi secondo la dottrina e la carità di Gesù Cristo Crocifisso, nella piena subordinazione e unione filiale, di mente, di cuore e di opere, al Vicario in terra di nostro Signore, che è il Papa, concorrendo ad attuare, nei paesi cattolici, la completa esecuzione della volontà del programma papale, e, nei paesi acattolici, predicando il santo Vangelo a tutti gli uomini, secondo il mandato di Gesù Cristo agli Apostoli (...), se medesimo (l'Istituto) in particolarissimo modo consacrando con ogni studio e sacrificio di carità ad ottenere l'unione delle chiese separate.

3. Questo duplice fine, che è proprio di nostra vocazione, pone l'Opera della Divina Provvidenza ed ogni suo membro nella pronta ed assoluta obbedienza del Vicario del nostro Signore Gesù Cristo, che è il Romano Pontefice - Pastore e Maestro Supremo Universale ed infallibile dell'unica vera santa cattolica ed apostolica Chiesa di Dio - per eseguire,  sempre con la divina grazia, la sua volontà, sotto la dipendenza e l'indirizzo dei superiori dell'Opera in qualsiasi parte del mondo: in ogni ordine di idee e di fatto, con ogni attività e sacrificio delle sostanze, dell'intelletto, del cuore e della vita, tutto quello che a Lui, vescovo e Papa della santa Chiesa cattolica e delle anime tutte, piacerà di comandare, o mostrerà di desiderare alla massima gloria e dilatazione del Regno di Dio e per il bene delle anime e dei popoli"[15].

 

L’ALTISSIMO CONSIGLIO DI LEONE XIII (1902)

Il testo di Regola fondamentale fu preso in esame dai confratelli invitati alla prima Adunanza dei Figli della Divina Provvidenza, tenuta a Sanremo nel settembre 1901. Di qui prese avvio la stesura formale dei testi costituzionali dell’Opera della Divina Provvidenza.

Don Orione non aveva ancora presentato a Mons. Bandi i nuovi tre articoli della Regola fondamentale quando, pochi mesi dopo, si offerse la possibilità di un’udienza personale con Papa Leone XIII, il 10 gennaio 1902. Per l’occasione egli preparò un loro riassunto nel quale non si menzionava l’azione per l’unione delle chiese separate, che invece stava molto a cuore al Papa. Proprio su questo punto “ecumenico”, Don Orione intendeva avere un parere esplicito del Papa prima di inserirlo nel testo ufficiale di Costituzioni.

Durante la famosa udienza di Leone XIII, come Don Orione riferì: "Presentai la regola, la benedisse, la toccò, mi mise più di una volta la mano sulla testa battendola per confortarmi; mi disse tante cose, anche di mettere di lavorare per l'unione delle Chiese d'Oriente: 'E' questo - mi disse - un altissimo mio consiglio'".[16] Il consiglio fu una conferma e non una innovazione della finalità ecumenica.[17]

 

I SOMMI PRINCIPI DELL'«OPERA DELLA DIVINA PROVVIDENZA»

(11 febbraio 1903)[18]

Ormai Don Orione era pronto per presentare le Costituzioni e la Congregazione al vescovo Bandi per l’approvazione. Ebbe contatti con varie persone in vista della stesura del testo ufficiale. Da ricordare che Don Orione trascorse l’anno 1902, quasi per intero, alla Colonia agricola Santa Maria di Roma. Fu a Montecassino[19] "per vedere alcune costituzioni della vita di quei monaci" col proposito di "visitare"  anche altre "badie e monasteri per avere lumi e consigli".[20] Prese in visione le costituzioni di altri ordini e congregazioni come, ad esempio, quelle dei Padri Carmelitani,[21] dei Barnabiti[22], con particolare interesse per quelle dei Rosminiani.[23]

Il 1° maggio si rivolse a Padre Giovanni Semeria chiedendogli di aiutarlo a preparare una regola impregnata di "una carità grande che non veda confini", un amore "specialmente per i piccoli e per i poveri e per tutti gli afflitti da ogni male e dolore", insomma: "una cosa che abbracciasse il cielo e la terra (...)”.[24] Per esplicitare la finalità dell'unione delle chiese separate si rivolse, invece, ad un altro Padre: "Quando sono stato dal Santo Padre mi ha detto di lavorare per l'unione delle chiese separate. Come ci si può far entrare? Pensateci un po', o caro Padre, e fate tutto".[25]

Nella seconda parte del gennaio 1903, ci furono i noti e drammatici giorni per le sorti della Congregazione, in quanto il vescovo Bandi voleva “regolarizzarla”, darle diverso indirizzo e affidarla alla responsabilità di don Paolo Albera. Dopo il colloquio “chiarificatore”, nella stessa mattinata, fece pervenire a Don Orione il seguente biglietto: "Carissimo nel Signore, la carità del Cuore sacratissimo di Gesù sia sempre con noi! Benedico all'Opera tua, perché prosperi e si propaghi al bene delle anime e alla maggior gloria di Dio. La Vergine Immacolata accolga sotto il suo patrocinio la tua persona e tutti i tuoi collaboratori. Prega e fa pregare per me, oppresso dal dolore e dal peso della Croce".[26]

Improvvisamente, dopo la benedizione liberatoria del Vescovo, Don Orione poté inoltrare finalmente la richiesta di approvazione della Congregazione.

L'11 febbraio 1903, inviò la domanda al Vescovo. Don Orione espose il piano dell'Istituto in sette punti, definendoli "i sommi principi dell'Opera della Divina Provvidenza”.[27] È un testo di grande valore storico per quanto riguarda l’esplicitazione del carisma, essendo il primo documento presentato formalmente da Don Orione all’Autorità della Chiesa per il riconoscimento canonico.

L'opera della Divina Provvidenza, nei secoli avanti la nascita di Nostro Signor Gesù Cristo, era coordinata a disporre l'umanità a ricevere Gesù Cristo Redentore; e, dopo la venuta di Nostro Signore nel corso dei secoli nei quali la Santa Chiesa milita sulla terra, l'opera della Divina Provvidenza consiste nell'instaurare omnia in Christo: illuminare cioè e santificare le anime nella conoscenza e nella carità di Dio, e instaurare successivamente tutte le istituzioni e tutte le cose, anche appartenenti alla società esterna degli uomini, in Nostro Signore Gesù Cristo Crocifisso, facendole entrare nello spirito e nella vita del Cattolicesimo, perché abbiano a prendere in esso il loro posto, abbiano a portare un ordine perfetto nella umana società e riuscire alla divina gloria, unendo tutta la umanità in un corpo solo, la S. Chiesa Cattolica costituita da Nostro Signore Gesù Cristo sotto la divina potestà dei Vescovi, in unione e dipendenza con la divina e suprema potestà Apostolica del Beato Pietro, che è il Romano Pontefice, perché appunto di tutte le umane creature e le umane istituzioni si faccia un solo ovile, sotto la guida di un solo Pastore: « ut fiat unum ovile et unus Pastore ».

E perché Nostro Signore Gesù Cristo designò propriamente nel Beato Apostolo Pietro chi doveva farsi servo dei servi di Dio, e su Lui fondò la Sua Chiesa, e a Lui commise l'unità del governo visibile che avvicinasse sempre più gli uomini a Dio, e, per la assistenza dello Spirito Santo, diede in Lui ai Suoi successori sino alla fine dei secoli le parole infallibili di vita eterna, onde riuscire allo scopo della Redenzione, che è rinnovare in Gesù Cristo tutto l'uomo e tutti gli uomini, e il regno sociale di Gesù Cristo: « instaurare omnia in Christo », il nostro minimo Istituto che, per bontà del Signore, sorse sotto la denominazione di Opera della Divina Provvidenza, riconoscendo nel Romano Pontefice il cardine dell'opera della Divina Provvidenza nel mondo universo, siccome in Lui venera il Successore del Beato Pietro, il Vicario in terra di Nostro Signore Gesù Cristo, questo ha per fine suo precipuo:

di « compiere, con la divina grazia, la volontà di Dio nella volontà del Beato Pietro il Romano Pontefice, e cercare la maggiore gloria di Dio con attendere alla perfezione dei suoi membri, e  impiegarsi, con ogni opera di misericordia, a spargere e crescere nel popolo cristiano e specialmente nell'evangelizzare i poveri, i piccoli e gli afflitti da ogni male e dolore un amore dolcissimo al Vicario in terra di Nostro Signore Gesù Cristo che è il Romano Pontefice, Successore del Beato Apostolo Pietro, coll'intento di concorrere a rafforzare, nell'interno della Santa Chiesa, l'unità dei figli col Padre e, nell'esterno, a ripristinare l'unità spezzata col Padre ».

La cui parte attiva più ampiamente è:
per una azione interna nella S. Chiesa: lavorare e togliere la  confusione delle idee e, con le opere di misericordia, ravvivare, stringere e mantenere l'unità dei fedeli col Beato Pietro, penetrando in prima di un vigoroso ed operoso amore al S. Padre:
a) la educazione della gioventù dalla scuola ai campi;
b) la evangelizzazione degli umili, secondo i princìpi sociali cristiani; 
c) gli afflitti dei tanti mali e dolori, e ogni istituzione a favore del popolo.

Sì che Nostro Signore Gesù Cristo entri pel Suo Santo Vicario in tutti i cuori, e nel cuore specialmente di quelli che il Divino Maestro ha mostrato di amare tanto i piccoli di età e di condizione, che sopra tutti tanto bisogno hanno del conforto di conoscerlo e di seguirlo; e, per questi, entri in tutte le manifestazioni di ciò che il cristiano e come individuo e come popolo pensa, vuole ed opera.

Per volontà espressa del Santo Padre poi, è proprio di questo Istituto di coadiuvare, nella sua  piccolezza, I'opera della Divina Provvidenza col faticare e sacrificarsi a togliere la confusione dei tabernacoli, e a far ritornare alla piena dipendenza e unità col Beato Pietro le chiese separate; sì che, per l'unità col B. Pietro, che è il Romano Pontefice, e per la attuazione delle Sue volontà cioè di quello che per tutto e pei vari Stati va col nome di programma papale, arrivi a tutti e dappertutto la Carità  soavissima del Cuore SS. di Gesù, e per essa le genti e le nazioni stabiliscano un giusto ordinamento sulla terra, e vivano e prosperino in Nostro Signore Gesù Cristo Crocifisso: « Instaurare omnia in Christo».

Questo fine - unire al Papa per instaurare omnia in Christo - , che è proprio di nostra azione, pone  Opera della Divina Provvidenza ed ogni suo membro alla pronta ed assoluta obbedienza del Vicario di Nostro Signore Gesù Cristo, il Romano Pontefice - Padre, Pastore e Maestro supremo, universale ed infallibile dell'unica vera, santa, cattolica ed apostolica Chiesa di Dio - , per eseguire, sempre con la divina grazia e secondo gli ordini e i desideri che Egli si degnerà manifestare al Superiore dell’Istituto, in qualsiasi parte del mondo, in ogni ordine di idee e di fatti, con ogni attività e sacrificio delle sostanze, dell'intelletto, del cuore e della vita, tutto quello che a Lui, Vescovo e Papa della Santa Chiesa Cattolica e delle anime tutte, piacerà di comandare, o mostrerà desiderare, alla massima gloria e dilatazione del Regno di Dio, e per il bene delle anime e dei popoli.

Epperò, in prima, accesa di grandissimo e filiale amore al Vicario in terra di Nostro Signore Gesù Cristo, l'Opera della Divina Provvidenza gode di obbligarsi con vincolo speciale alla Cattedra del Beato Pietro, pronta a recarsi ovunque al Santo Padre piacesse di inviarla
Va inoltre gloriosa di poter prestare ogni sua opera e servizio ai Vescovi, cui lo Spirito Santo pose a governare la Chiesa di Dio.

I Fratelli di questa Congregazione vanno distinti in due classi, quella dei laici e quella dei sacerdoti.

I fratelli laici saranno chiamati col semplice titolo di fratelli; i sacerdoti col titolo di Coadiutori dell'Opera della Divina Provvidenza. I membri dell'Opera, dopo un congruo tempo di Noviziato - il quale, secondo le norme date dalla Sacra Congregazione dei Vescovi e Regolari, deve durare non meno di un anno-, saranno ammessi ai voti temporanei annuali di castità, povertà ed obbedienza per un intero triennio, dopo il quale potranno fare i voti perpetui; e solo dopo questi conseguire, nulla ostando, l'Ordine del Suddiaconato. Questi sacerdoti poi che, emessi i Voti perpetui come sopra, saranno creduti degni dal Superiore, potranno far parte di  una Sezione speciale avente obbligo speciale, senza voto però, di servire in tutto e per tutto il Romano Pontefice, e avuti siccome servitori fino alla morte e figli del Papa.

Questi debbono aver fatto un sacrificio continuo e totale di se stessi alla volontà dei Superiori: non vivono che per la S. Chiesa, pronti per essa sempre a morire.

Questi sono i sommi principi dell'«Opera della Divina Provvidenza» (…).

 

REGOLA DELLA CONGREGAZIONE (1904)
“L’Opera della Divina Provvidenza”

Testo manoscritto

Don Orione riteneva i 7 punti dei Sommi Principi come “vere Costituzioni summatim”[28]. Si doveva però elaborare un nuovo corpo di costituzioni, perché Mons. Bandi, aveva messo nel Decreto di approvazione che fosse sottoposto alla sua approvazione il testo delle Costituzioni "finito in tutte le sue parti"[29].

Per la loro compilazione Don Orione prese ispirazione dalla regola benedettina[30] e dalle Costituzioni dei Salesiani;[31] trovò un valido aiuto in don Carlo Perosi e, almeno per la traduzione del testo in latino, in Don Gaspare Goggi.[32] Furono approvate da Mons. Bandi nel 1904[33] e rimasero allo stato di manoscritto. Portano il titolo: "Regole[34] della Congregazione 'L'Opera della Divina Provvidenza". La materia è distribuita in 26 articoli; ne riportiamo solo 7, presi da una copia manoscritta con grafia del Servo di Dio Don Gaspare Goggi.

1 – La Congregazione l’ ”Opera della Divina Provvidenza” dedicata al Nostro Redentore Gesù Cristo, alla beata sempre Vergine Maria, a S. Giuseppe – Patrono della Chiesa -  al Beato Arcangelo Michele, ai Beati Apostoli Pietro e Paolo e a tutti i Santi, si compone di fedeli cristiani, che accesi di ardente desiderio del discepolato dello stesso Divino Maestro e Signor Nostro Gesù Cristo, confortandosi e aiutandosi a vicenda attendono alla propria santificazione.

2 – Per la qual cosa i Membri, facendo vita comune, sotto l’ubbidienza del legittimo Superiore, coi tre voti di povertà, di ubbidienza e di castità, da emettersi prima ogni anno per tre anni, poi in perpetuo, attendono con cura alla propria santificazione.

3 – Il fine della Congregazione è questo: “unire con un vincolo dolcissimo e strettissimo di tutta la mente e del cuore il popolo cristiano alla Sede Apostolica nella quale, secondo le parole del Crisologo, il Beato Pietro vive, presiede e dona la verità della fede a chi la domanda (Ep. Ad Euntes 2°) per mezzo delle opere di misericordia e principalmente coll’informare l’animo dei giovanetti al puro spirito della fede cattolica coll’evangelizzare i poveri e confortare per la carità di N. S. Gesù Cristo gli affaticati e gli aggravati”.

Niente perciò sta più a cuore ai Congregati che accrescere ognor più negli animi dei fedeli, specialmente dei piccoli e dei poveri, i sensi della divozione e dell’ubbidienza verso il R. Pontefice, quanto più accanita è la guerra che contro di lui si combatte, e niente cercano con maggiore impegno, che ritornare quando piacerà al Signore, alla primitiva unità della Chiesa coloro i quali, pure conoscendo e confessando essere G. Cristo Signor Nostro, Figlio di Dio e il Salvatore dell’uman genere, pure vanno errando lontano dalla sua Sposa: la S. Madre Chiesa.

4 – I Membri di questa Congregazione sono o Laici, o Sacerdoti: i Laici si chiamano “Fratelli”; i Sacerdoti “Figli della Divina Provvidenza”.

5 – Quei Sacerdoti poi, che emessi i voti perpetui, come sopra, saranno creduti degni dal Superiore, potranno far parte di una sezione speciale, avente speciale obbligo, senza voto però, di servire in tutto e per tutto al R. Pontefice e avuti siccome servitori fino alla morte e figli del Papa. Questi debbono aver fatto un sacrificio continuo e totale di se stessi alla volontà dei Superiori: non vivano che per la S. Chiesa, pronti per essa sempre a morire.

6 – Chi chiede di essere annoverato tra questi Congregati si interroghi accuratamente sui vincoli da cui potrebbe essere legato per ragione di giustizia o di carità, sia per patto che per naturali condizioni di stato, di guisa che altri avesse diritto a qualche parte della libertà o dell’opera sua, ed egli dovesse  prestare questa a vantaggio altrui, nel qual caso nessuno si ha da ammettere alla professione dei voti della Congregazione.

7 – Ciononostante, affinché coloro che sono legati dai predetti impedimenti non siano privati di quel vantaggio che loro potrebbe provenire nel Signore dall’ascrizione alla Congregazione, e siano di aiuto alla medesima nell’esercitare le opere di carità, parve ottima cosa lo stabilire che questi fedeli cristiani, quelli cioè che lo desiderano e lo domandano venissero stretti alla Congregazione col vincolo dello spirito e colla comunione dei beni spirituali, e che quelli fra essi che bramano con tutto l’animo di seguire la perfezione e sarebbero disposti di fare i voti, se fosse loro dato, si tenessero come “Figli adottivi”; che tutti gli altri poi che hanno buon nome si chiamassero Ascritti all’Istituto, ossia “Terziari”.

 

PRIME COSTITUZIONI A STAMPA, DEL 1912

Don Orione, ritornato dal periodo messinese e fatti i voti perpetui nelle mani di Pio X il 19 aprile 1912, si accinge alla revisione delle Regole, mutando ben poco il testo del 1904, - tanto da definire, anche quelle del 1912, "primitive Costituzioni". Vi dedica meticoloso impegno specialmente per tradurre con fedeltà le "correzioni" di Pio X e per esprimere nel modo più chiaro possibile la devozione e l'attaccamento della Congregazione alla Chiesa e alla Sede di Pietro.

Ai primi di ottobre uscirono finalmente, dalla tipografia San Giuseppe di Tortona, le prime copie delle "Costituzioni dei Figli della Divina Provvidenza. Riportiamo solo gli articoli di esplicitazione del carisma, espresso in Fine e Mezzi.

 

Fine della Congregazione

III – Il bisogno di sostenere la Religione Cattolica si fa gravemente sentire; il perché fine proprio di questa piccola Congregazione è, non solo di curare la santificazione dei suoi membri, ma di consacrare tutti i suoi affetti e le sue forze ad unire con un vincolo dolcissimo e strettissimo di tutta la mente e del cuore il popolo cristiano alla Sede Apostolica, nella quale, secondo le parole del Crisologo, «il Beato Pietro vive, presiede e dona la verità della Fede a chi la domanda ( Ep. Ad Eutic. 2^).

Mezzi

IV – E ciò per mezzo di quelle opere di carità spirituali e corporali che, secondo i bisogni dei paesi e dei tempi, il Superiore stimerà più atte ed efficaci a rinnovare in Gesù Cristo Signor nostro l’uomo e la società: e precipuamente coll’insegnamento della dottrina cattolica: col diffondere e sostenere gli Atti della S. Sede, e con quelle istituzioni che valgono ad informare l’animo dei giovanetti al puro spirito e alla pratica della Fede, e a portare alla Chiesa e al Vicario di Gesù Cristo il cuore della gioventù.

Spirito di amore e obbedienza al Papa e ai Vescovi

V – E poiché Gesù Cristo Signor Nostro «coepit facere et docere» (Act. Ap. 1-1), così nulla dovrà stare ai Congregati più a cuore quanto di unirsi più intimamente a Dio con un amore tenerissimo alla S. Madre Chiesa e al nostro dolce Cristo in terra, il Papa, rendendosi dì e notte quasi olocausti viventi di amore di Dio e del suo Vicario: dando a tutti l’esempio della obbedienza più affettuosamente filiale e perfetta, interiore ed esteriore, non solo in ciò che si riferisce ai comandi, ma anche ai desideri che il S. Padre si degnasse manifestare al Superiore.
Onde, per quanto siamo pochi e piccoli e deboli pure, per divina grazia, si ricordi sempre essere proprio della nostra vocazione che niuno ci debba mai vincere nel lavorare e cercare con ogni maggiore impegno e sacrificio di diffondere e radicare nei cuori l’amore e l’obbedienza al Romano Pontefice, quanto più è l’odio, il moto di ribellione, e accanita è la guerra che contro di Lui si combatte. Come pure andremo ognora gloriosi di poter prestare ogni nostra opera a servigio dei Vescovi, quos Spiritus Sanctus posuit regere Ecclesiam Dei (Act. Ap. 20-28).

 

BOZZE DI COSTITUZIONI DEL CARD. BOGGIANI (1929)

Dopo la promulgazione del nuovo Codice di Diritto canonico, bisognava pensare all’aggiornamento delle Costituzioni del 1912. Don Orione si affida alla competenza del domenicano card. Tommaso Pio Boggiani. Il 9 ottobre, il Cardinale consegna il manoscritto delle nuove Costituzioni e stende una lettera di accompagnamento con l’indicazione delle pratiche da farsi per ottenere dalla S. Sede il decreto per l'approvazione della Congregazione e delle Costituzioni. Don Orione definisce quel manoscritto le nostre "seconde Costituzioni, ritoccate e coordinate alle nuove disposizioni della Santa Sede Apostolica da quel santo uomo che è il Cardinale Boggiani".

Il Cardinale fece un ottimo lavoro, un corpo di Regole di ben 425 articoli, nei quali non mancava nulla di quanto il Diritto Canonico del 1917 poteva desiderare,[35] ma era assai lacunoso nella parte riguardante lo spirito della Congregazione, presentato in due scarni articoli.[36] Queste Costituzioni rimasero sempre nella forma di “bozze” di studio e mai furono messe in vigore.

 

CAPO I DELLE COSTITUZIONI (22 luglio 1936)

Don Orione è in Argentina; in Italia c’è la Visita apostolica dell’abate Emanuele Caronti che, tra i compiti, ha quello di portare all’approvazione pontificia la Congregazione e le sue Regole.

L'11 luglio 1936, Don Orione inviò a Don Sterpi due copie del testo del Capo I delle Costituzioni dei Figli della Divina Provvidenza,[37] steso di suo pugno per fissare lo spirito e il fine proprio della Congregazione. Rivide e ritoccò nei dettagli quel testo che sapeva sarebbe stato determinante. Il 22 luglio spedì la nuova stesura a Don Sterpi dicendogli: “occorrendo, si dica a voce questo è come lo aveva redatto Don Orione, dopo anni di preghiera”.[38] Mandò più copie e, accompagnando l’ultima, scrisse: "Vi mando l'ultima e definitiva redazione del cap. 1° delle Costituzioni: resta abrogata qualunque mia forma antecedente (...). Questa, che ora vi mando, ritengo in Domino che risponda a quanto la nostra Congregazione ha sempre sentito, ha voluto e vuol essere: dice il suo vero fine e il suo vero spirito papale".[39]

Questo testo, minuziosamente pensato e redatto, in un momento tanto importante in cui il Fondatore consegnava all’Autorità della Chiesa, per il competente riconoscimento, la sua ispirazione è da considerarsi il testo di formulazione del carisma più autorevole, preciso e definitivo.[40]

 

Capo 1°

Del Titolo e del fine della Congregazione.

1° - Il titolo della Congregazione è: «Piccola Opera della Divina Provvidenza» ossia: Congregazione dei figli della Divina Provvidenza.

La Congregazione è posta sotto la protezione speciale di Maria SS., Immacolata e Misericordiosissima Madre di Dio e nostra, di San Giuseppe e dei Beati Apostoli Pietro e Paolo.


 2° - Il fine primario e generale di questa umile Congregazione è la santificazione dei suoi membri, mediante la osservanza dei tre voti semplici di povertà castità e obbedienza, e di queste Costituzioni.


3° - Il fine particolare e speciale è di diffondere la dottrina e l’amore di Gesù Cristo, del Papa e della chiesa, specialmente nel popolo; trarre e unire con  un vincolo dolcissimo e strettissimo di tutta la mente e del cuore i figli  del popolo e le classi lavoratrici alla sede apostolica, nella quale, secondo le parole del Crisologo, «il Beato Pietro vive, presiede e dona la verità della fede a chi la domanda» (Epist. ad Eut. 2.).
E ciò con l’apostolato della carità tra i piccoli e i poveri, mediante quelle Istituzioni ed Opere di misericordia più atte alla educazione e formazione cristiana dei figli del popolo e a condurre le turbe a Gesù Cristo e alla sua Chiesa.


4° - Quei Figli della Divina Provvidenza poi che, emessi i voti perpetui, avranno fatto almeno dieci anni di irreprensibile vita religiosa, potranno essere ammessi a un quarto voto, di consacrazione al Papa, avente speciale obbligo di servire in tutto e per tutto al romano Pontefice.
Essi non devono vivere che per la santa madre chiesa di Roma, votati, per misterium Crucis, a darle tutto il cuore, la mente, il sangue e la vita, in un sacrificio continuo e totale di sé, offrendo quotidie preghiere e mortificazioni, ut fiat unum ovile et unus Pastor.
E accesi da ardentissima carità di difendere e propagare la fede, godranno  se piacerà al Vicario di Gesù Cristo di chiamarli a faticare contro il per colo protestante, come a dilatare il regno di Dio tra gli infedeli o a richiamare alla primitiva unità della chiesa i fratelli separati.

Resti dunque ben determinato che questa Piccola Opera, - affidata alla sola infinita bontà e aiuto della Divina Provvidenza, volendo conformarsi, il più perfettamente possibile, all’esempio lasciato dal Figliolo di Dio, - è per i poveri, nei quali vede e serve nostro signore Gesù Cristo, e vuole essere fondata nella umiltà.

 

C’è da aggiungere che a Don Orione si chiedeva di fissare con quali opere – considerate i mezzi – intendeva conseguire il fine. Don Orione era riluttante perché riteneva fosse sufficiente dire “mediante quelle Istituzioni ed Opere di misericordia più atte”. Comunque, per rispetto pose fuori testo un elenco lungo e svariato di opere e, alla fine, aggiunse ancora: "... e quelle opere di fede e di carità che, secondo i bisogni dei paesi e dei tempi piacesse alla Santa Sede di indicarci come più atte a rinnovare in Gesù Cristo la Società". [41]

 

 

RIEDIZIONE DELLE PRIME COSTITUZIONI  E NUOVE NORME PRATICHE (1940)

Il 12 marzo muore Don Orione. Don Carlo Sterpi, suo collaboratore e primo successore, cura subito la riedizione e mette in vigore le prime Costituzioni a stampa del 1912,[42] affiancandovi un libretto di Norme Pratiche di 254 articoli, aggiornati con le decisioni prese dal 1° Capitolo generale nell’agosto 1940.

 

NUOVE COSTITUZIONI (1944)

Don Sterpi, avvalendosi anche dell’esperienza e autorevolezza dell’abate Caronti, visitatore apostolico, prepara il nuovo testo delle Costituzioni da presentare al giudizio e all’approvazione della Congregazione dei Religiosi. Don Sterpi, con studio amoroso e intelligente degli scritti e dei precedenti testi costituzionali del Fondatore, compila un corpo di regole di 384 articoli, facendo ricorso abbondante alle parole stesse di Don Orione e attenendosi alla normativa vigente della Chiesa. Queste Costituzioni sono presentate alla S. Congregazione dei Religiosi in data del 18 maggio 1943. Con “Decretum laudis” del 24 gennaio 1944, le Costituzioni dei Figli della Divina Provvidenza vengono lodate e raccomandate “amplissimis verbis” e approvate “ad experimentum” per sette anni.


3 - Fine speciale è diffondere la conoscenza e l'amore di Gesù Cristo, della Chiesa e del Papa, specialmente nel popolo; trarre ed unire con un vincolo dolcissimo e strettissimo di tutta la mente e del cuore i figli del popolo e le classi lavoratrici alla Sede Apostolica.
E ciò mediante l'apostolato della carità fra i piccoli e i poveri, con quelle istituzioni ed opere di misericordia spirituale e corporale più atte alla educazione e formazione cristiana della gioventù più bisognosa e del popolo, con l'intendimento di modestamente cooperare, ai piedi della Sede apostolica e degli Ordinari Diocesani, a rinnovare e unificare in Gesù Cristo Signor nostro l'uomo e la società, portando alla Chiesa e al Papa il cuore dei fanciulli più abbandonati, dei poveri e delle classi operaie: “Ad omnia in Christo instauranda, ut fiat unum ovile et unus pastor”.
Resti, pertanto, ben determinato che la Piccola Opera, affidata alla sola infinita bontà e aiuto della Divina Provvidenza, volendo conformarsi, il più perfettamente possibile, all'esempio lasciato dal Figlio di Dio “è per i poveri”, nei quali vede e serve nostro Signore Gesù Cristo, e vuole essere fondata nell'umiltà.

4. Per conseguire questo fine, i Figli della Divina Provvidenza attendono alle seguenti opere: formazione religiosa ed ecclesiastica; preservazione propagazione della fede e ritorno dei dissidenti all’unità della Chiesa; case di santificazione per il clero; redenzione sociale; assistenza ai malati, agli orfani, ai vecchi, ai deficienti e ai rifiuti della società; insegnamento agricolo, tecnico-professionale, magistrale; e tutte le altre opere di carità che saranno, allo scopo, più indicate dai tempi.

5. Fedeli al programma che il venerato fondatore soleva continuamente esprimere nel grido appassionato anime, anime, i Figli della Divina Provvidenza ricordino sempre che la molteplicità delle opere, cui sono destinati, ha un unico scopo, quello di guadagnare le anime a Gesù Cristo, formarle alla virtù secondo il Santo Vangelo e farle vivere della vita della Chiesa in intima unione con il suo Capo visibile il Romano Pontefice, e con gli Ordinari Diocesani.

 

APPROVAZIONE DEFINITIVA DELLA CONGREGAZIONE (20.11.1954)

In vista dell’approvazione, con la cura del superiore generale Don Carlo Pensa, le Costituzioni del 1944 vengono ritoccate: un articolo in più per lo sdoppiamento di uno precedente, piccoli miglioramenti lessicali. Sono queste le Costituzioni che vengono presentate alla Santa Sede con la richiesta di approvazione pontificia definitiva della Congregazione.

Il Decreto di Approvazione pontificia definitiva porta la data del 20 novembre 1954. Quel 20 novembre era il terzo sabato del mese dell’Anno Mariano 1954, giorno in cui era fissata la festa liturgica della “Madonna della Divina Provvidenza”, festa della Piccola Opera della Divina Provvidenza. Da allora, fu chiesto e ottenuto che in Congregazione la festa della Madonna della Divina Provvidenza, “Madre e celeste Fondatrice”, restasse fissata al giorno 20 novembre, e non più al terzo sabato di novembre, proprio per ricordare la approvazione pontificia definitive della Congregazione.

 

LE COSTITUZIONI DOPO IL CONCILIO VATICANO II (1982)

Il Concilio Ecumenico Vaticano II, invitò tutti gli Istituti religiosi al ritorno alle fonti carismatiche e pertanto chiese anche la revisione delle Costituzioni. Ciò avvenne in tre tappe, segnate dai Capitoli generali del 1969, 1975, 1981, cui corrisposero tre differenti edizioni riviste delle Costituzioni. Finalmente giunse il Decreto del 26 aprile 1982 che approvò l’edizione delle Costituzioni da ritenersi definitiva.

Il nucleo carismatico è espresso nell’Art.5:

5 - Fine speciale della Congregazione è diffondere la conoscenza e l'amore di Gesù Cristo, della Chiesa e del Papa, specialmente nel popolo; trarre ed unire con un vincolo dolcissimo e strettissimo di tutta la mente e del cuore i figli del popolo e le classi lavoratrici alla Sede Apostolica, nella quale, secondo le parole del Crisologo, il beato Pietro vive, presiede e dona la verità della fede a chi la domanda.

E ciò mediante l'apostolato della carità fra i piccoli e i poveri, con quelle istituzioni ed opere di misericordia spirituale e corporale più atte alla educazione e formazione cristiana della gioventù più bisognosa e del popolo, con l'intendimento di modestamente cooperare, ai piedi della Sede apostolica e dei Vescovi, a rinnovare e unificare in Gesù Cristo Signor nostro l'uomo e la società, portando alla Chiesa e al Papa il cuore dei fanciulli più abbandonati, dei poveri e delle classi operaie. Ad omnia in Christo instauranda, ut fiat unum ovile et unus pastor.

Resti pertanto ben determinato che la Piccola Opera, affidata alla sola infinita bontà e aiuto della Divina Provvidenza, volendo conformarsi, il più perfettamente possibile, all'esempio lasciato dal Figlio di Dio è per i poveri, nei quali vede e serve nostro Signore Gesù Cristo, e vuole essere fondata nell'umiltà.

 

LE COSTITUZIONI DOPO IL CODICE DI DIRITTO CANONICO (1988)

Il 25 gennaio 1983, fu pubblicato il nuovo Codice di Diritto Canonico e fu necessario rivedere le Costituzioni per eventualmente adeguarle alle nuove disposizioni del Codice. Il IX Capitolo Generale (1987) esaminò e approvò le modifiche. Le poche modifiche apportate erano strettamente limitate ad aspetti canonici. Il 12 marzo 1988, si ebbe la pubblicazione delle nuove Costituzioni e Norme, attualmente in vigore.[43]

 


[1] Testo presentato all’Istituto Teologico Don Orione, 23 novembre 2020.

[2]Nella seconda minuta troviamo la dichiarazione esplicita che gli articoli riportati - lì chiamati “capitoli” - sono i primi delle nostre Costituzioni: “Questi due primi capitoli sono la nostra professione di fede e di vita religiosa (...). Tutto ciò che verrà, le costituzioni o regole posteriori a questi due articoli, s’intende che dipendono da questi due primi”. In questa minuta, Don Orione ai due capitoli aggiunge anche “III. Il modo di vivere nell’esteriore” senza dargli alcun sviluppo; Scritti 110, 233. 

[3] Scritti  90, 404 e c’è una seconda minuta in 110, 233.

[4] Mons. Ambrogio Daffra, vescovo di Ventimiglia, era stato il primo direttore del chierico Luigi Orione nel seminario di Tortona.

[5]  Entro quell'anno furono costituiti il gruppo dei primi Eremiti della Divina Provvidenza (luglio 1899)  e quello delle Dame della Divina Provvidenza (settembre 1899).

[6] Cfr F. Peloso, Quale rapporto tra Compagnia del Papa e Opera della Divina Provvidenza? In MdO, n. 110, 2003, p.40-45.

[7] Scritti, 52, 1.

[8]  Nella prima stesura c’era "tendere con ogni sforzo ad unire al Papa le chiese separate, i protestanti e gli infedeli".

[9]  Nella prima stesura l'oggetto dell'obbedienza al Pontefice era indicato in "quello che al Papa piacerà di comandare, o mostrerà desiderare", mentre qui è inserita anche la mediazione “o mostrerà desiderare al Superiore Generale della Compagnia”.

[10]  Scritti, 52, 4.

[11] Scritti 10, 11-14.

[12] Scritti 10, 14.

[13] Scritti, 30, 16.

[14] Scritti 10, 3.

[15] A. Bianchi, Le Sante Regole,  dattiloscritto, ADO, p. 360s. Il testo completo ci è stato tramandato da Don Sterpi, che trascrisse i tre punti in un suo notes.

[16] Scritti 72, 187. Don Orione aveva già messo l'intenzione di lavorare per "ottenere l'unione delle chiese separate" negli articoli di regola del 13-20 novembre 1900 e dell'agosto-settembre 1901.

[17] Cfr F. Peloso, La finalità ecumenica posta nelle prime Costituzioni è originale di Don Orione? In MdO, n. 110, 2003, p.54-59

[18] Scritti 45, 30 f. Il testo pubblicato in Don Orione. Le Lettere, 1969, I, 11-22; Sui passi, p.233-235.

[19]  Scritti 57, 107.

[20]  Scritti, 70, 172.

[21]  Scritti, 102, 172s.

[22]  Scritti, 102, 44.

[23] Si veda la corrispondenza con padre Bernardino Balsari del 1902, riportata in F. H. Fornerod, La Iglesia es caridad. La experiencia eclesiològica de San Luis Orione, Agape, Roma, 2008, p. 407-408.

[24]  Scritti, 112,43.

[25]  Scritti, 97, 2. 

[26] Bandi, Cartella B. 5. III. Don Orione aggiunse su quel foglio: “In un momento di grande dolore”.

[27] Si veda il mio La visione teologica e carismatica di Don Orione in MdO, n.150, 2016, p.8-11.

[28]  Scritti 30, 60.

[29]  ADO, Epistolario di Mons. Bandi.

[30]  "La nostra Regola è la Regola di San Benedetto"; Riunioni 70.

[31]  "Per una deliberazione presa, si è stabilito, finché l'Opera della Divina Provvidenza non abbia Regole proprie approvate, di adottare le Regole e le Costituzioni della Società Salesiana"; Scritti 87, 39.

[32]  Cfr. DOPO III, 436ss.

[33]  Riunioni 70. Non se ne conosce la data precisa.

[34]  Nella versione latina il titolo è al singolare, "Regula". Il n. 32 delle Normae però disponeva che il termine 'Regola' fosse riservato per gli Ordini, mentre le Congregazioni dovevano usare 'Costituzioni'.

[35] Tenevano conto anche delle nuove Normae secundum quas Sacra Congregatio de Religiosis in novis religiosis Congregationibus approbandis procedere solet, emanate il 6 marzo del 1921, per il riconoscimento delle Congregazioni Religiose.

[36]  In tutto il lungo testo ci sono solo due accenni ai rapporti con il Papa nell’art. 3 e nell’art. 80.

[37]  Scritti, 59, 20. Lo stesso giorno, nel timore che le due prime copie "si perdessero o tardassero" ad arrivare, ne spedì altre due "per via aerea", rinnovando la raccomandazione di rispondere, se ce ne fosse stato di bisogno: "Questo (capitolo) è come lo aveva redatto Don Orione, dopo anni di preghiera" (Scritti, 59, 22).

[38] Così scrive in una lettera dello stesso giorno inviando una seconda copia a Don Sterpi; Scritti 59, 21.

[39]  Scritti, 59, 25.

[40] Sulle circostanze della stesura del I Capo delle Costituzioni del 1936 si veda A. Lanza, Il IV voto di "fedeltà al Papa" dei Figli della Divina Provvidenza, MdO, n. 60, p. 42-47.

[41] Scritti 59,20-27. Don Orione elenca: “Oratori festivi, dopo scuola e scuole serali, patronati pro juventute, e pro operai e agricoltori, patronati lavoratori, case di Divina Provvidenza per inabili, orfanotrofi,  ospizi di carità per la vecchiaia. Ricoveri per poveri, per malati e deficienti specie pei rifiuti della società. Scuole di religione pel popolo, scuole e collegi per fanciulli poveri e del ceto operaio. Patronati e opere giovanili di preservazione della fede e della morale e di formazione cattolica Scuole agricole e scuole professionali e arti e mestieri. Seminari, per provvedere vocazioni ai vescovi e alle loro diocesi. Scuole apostoliche. Istituti missionarî per provvedere soggetti alle missioni e per la propaganda cattolica, scuole di formazione. Stampa, scuole per la stampa, Scuole popolari ed esternati”; Scritti 118, 215 e 52, 65.

[42] Le nuove Costituzioni non erano ancora elaborate e approvate e Don Sterpi non voleva che si creasse un vuoto sullo spirito e le regole della Congregazione.

[43] Nel Capitolo Generale del 2016, alle Costituzioni furono apportate minime modifiche letterarie, mentre furono ampiamente rivedute le Norme.

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