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Messaggi Don Orione
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Due paginette delicate in un vecchio libro deteriorato dal tempo tracciano un profilo vivo ed essenziale del santo della carità.

Cesare Angelini fu un illustre letterato e critico letterario, manzoniano di fama mondiale, sacerdote, professore presso il seminario di Pavia e rettore dell’Almo Collegio universitario “Borromeo” dal 1939 al 1961. Nacque ad Albuzzano, il 2 agosto 1886, e morì a Pavia, il 27 settembre 1976).

Lo scritto “I fioretti di Don Orione” fa parte del volume intitolato “Acquerelli”, pubblicato nel 1948, che l’autore nella Prefazione definisce: “leggeri schizzi a matita o in punta di penna, tirati via alla svelta, che il tempo facilmente e ragionevolmente scolorisce”.

Nelle due pagine dedicate (54-55) a Don Orione, l’autore, con pochi richiami biografici, riesce ad evocare stati d’animo profondi e vigorosi, resi incantati dall’intuizione contemplativa che unisce sguardo e visione, fatti e progetti, umano e divino.
“Il ritratto di Don Orione colpisce per la delicatezza delle immagini che offrono al lettore una poetica luminosa sintesi della sua vita di fede e di carità. Ma il tempo non ha oscurato questo “acquerello” di Don Orione. Ancora oggi lo leggiamo con emozione e lo serviamo nel cuore” (Francesca Argentini).

 

Era d'aprile quando il fanciullo vide lungo la «strada del paese una cancellata traboccante di campanelle molli, colme di cielo. Immaginò che dovessero suonare come il campanello dell’elevazione; e, arrampicato fra le sbarre, ne colse una, agitandola con esitante garbo. Suonava; suonava argentina come il campanello della messa. Divertito della cosa, continuò a strapparne e a lasciarle cadere con quel suono esile ma distinto da attirar gente a udire suoni che parevano sgorgare da lontananze celesti. Dieci anni: e già sapeva cogliere il magico che corre per il mondo, gl’invisibili paesaggi; già provava la sua confidenza con le forze segrete della terra e del cielo.

Figlio d'un selciatore di strade (ma, nel nome portava lo stormire d’una costellazione) lavorò qualche tempo nella dura fatica, stando ore e ore con le ginocchia affondate nella sabbia umida, la schiena curva, le mani incallite, a zappare, a soppesar sassi, a squadrarli, a sistemarli con tintinnanti colpi di martello. Un giorno, ch’era chino al lavoro, uno sciancato gli chiede un po’ d’elemosina. Il fanciullo gli offre il pane della sua colazione; poi, lo segue con l’occhio mentre s’allontana per la strada polverosa. Come rapito in visione, il mendicante non è più uno, sono molti, una processione: storpi, sordi, muti, ciechi incespicanti, brevi passetti di bimbi, cadenti passi di vecchi: gente priva di pane, priva di casa, priva d’amore. E vede sé, grande, in testa a quel corteo di miserabili. La sua persona s’era drizzata nel simbolo... E tornò a squadrar sassi testardi, con un senso più dolce, quasi agevolasse il cammino a quegli sciancati arrancanti.

Fu nel gennaio del ‘15 che il terremoto distrusse città e paesi della terra tra la Maiella e la piana del Fucino. Egli vi corse primo, a portare l’aiuto della carità, passando giorni e notti tra il fango e le nevi che coprivano le case crollate, i focolari distrutti. Per raccogliere orfani di cui aveva avuto notizia, si spinse fino a un villaggio sui monti. Ne trovò quattro, seminudi, semimorti. Li accompagnò giù dal monte. Sbucano da una macchia quattro lupi famelici, e li rincorrono. Strilla, grida dei fanciulli spauriti. L'uomo di Dio li copre col mantello, e i lupi s’arrestano. Riprende il cammino coi suoi piccoli. Sulla via maestra una macchina, visto il gruppo pietoso, si ferma. Il padrone apre lo sportello e li invita a salire. Era il re, in visita ai luoghi sinistrati. Re e mendicanti entrano compostamente nei giorni e nelle opere di don Orione. Fratello dei mendicanti, vedeva inchinarglisi i re.

Fu anche in America, in visita alle Case della Congregazione. Per le vie di Buenos Aires con un amico ben vivo e ben milanese, di botto porta la mano alla fronte alzata quasi in colloquio con gli spazi, e dice “In Italia è morta una grande benefattrice”. Il giorno dopo - 5 gennaio - i giornali davano la notizia ch’era morta Margherita, la regina. Attraverso la fede e la carità, la sua persona s’era fatta così trasparente che, cadute tutte le pareti, poteva raccogliere ogni prodigioso rapporto. Sensibilissima antenna di messaggi celesti.

 

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