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Messaggi Don Orione
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Pubblicato in: "Per un presente che abbia futuro. L’inculturazione del carisma in una Congregazione che cambia" in "Atti e comunicazioni" 2011, n.236, p.223-238.

L’inculturazione e lo sviluppo del carisma in una Congregazione che cambia.

PER UN PRESENTE CHE ABBIA FUTURO

L’inculturazione del carisma in una Congregazione che cambia

29 dicembre 2011

            Cari Confratelli,

Deo gratias!

Scrivo questa Lettera circolare ancora una volta dall’eremo di Sant’Alberto di Butrio, dove sto trascorrendo alcuni giorni del tempo natalizio con la comunità dei nostri Eremiti. C’è tempo per pregare e per riflettere, nel silenzio e davanti a Dio, sulla vita personale e della Congregazione.

Nel pensare alla tematica della Lettera, mi è subito venuta alla mente la richiesta di alcuni Confratelli di sviluppare il tema dell’inculturazione del nostro carisma nel mondo attuale.[1]

Il tema è grande e complesso. È molto importante perché il carisma orionino, “nostra ragione e forma di essere nella Chiesa”, continuerà nel suo cammino nella storia se riusciremo ad impiantarlo, allo stesso tempo con fedeltà e creatività, là dove siamo e dove operiamo. Piantare il carisma nelle diverse culture è stato l’impegno più che centenario della nostra Congregazione, a partire dalla fondazione e dalle prime missioni di Don Orione, in Brasile, Argentina, Uruguay e Polonia e, successivamente, in molte altre nazioni.

Il nostro carisma orionino è cattolico perché è evangelico. E ha già dato prova della sua cattolicità anche esistenziale perché è stato assunto dalle diverse categorie di persone (religiosi, sacerdoti, contemplativi, suore, laici consacrati, associati o singoli), da diversi popoli (una trentina di nazioni) ed ha attraversato diverse epoche e culture della storia.[2]

Quest’opera di inculturazione del carisma continua. La missione della Famiglia orionina sarà significativa ed efficace, ed avrà perciò futuro, se riuscirà a presentarsi allo stesso tempo fedele a se stessa ma anche ‘a casa sua’ nell’ambiente popolare e culturale in cui si trova. Proprio per questo intendo riflettere con voi, cari Confratelli, sull’inculturazione del carisma orionino nell’attuale contesto storico della Congregazione. Mi sembra un compito di estrema urgenza. La vitalità della Congregazione nei diversi Paesi in cui è incarnata dipende dalla buona sintesi vitale tra fedeltà al carisma e aderenza al proprio ambiente storico-culturale.

            UNA INCULTURAZIONE DEL CARISMA NUOVA E GLOBALE

            La cultura e la storia influiscono sul carisma, determinano un dialogo, e una sua ri-espressione con difficoltà e opportunità, adattamenti e cambiamenti, rinnovamento. Don Orione stesso, fedele al suo carisma, affrontò varie inculturazioni. Nell’Italia della grande fioritura sociale  (fino al 1914), egli promosse soprattutto scuole, colonie agricole. Poi, nel clima e nelle condizioni del ventennio fascista (1922-1943), Don Orione e la Congregazione si rivolsero molto agli orfani, ai poveri, alle categorie più abbandonate, sorsero i Piccoli Cottolengo. Nella successiva epoca della “ricostruzione sociale”, la Congregazione si aprì alle emergenze del dopo-guerra con decine di opere per orfani, mutilatini e disabili, scuole professionali e case del giovane lavoratore.

            Insomma, guardando alla sola storia in Italia, risulta evidente che la Congregazione è rimasta fedele al suo carisma rinnovandosi secondo i tempi e il contesto sociale.

Ed oggi, come sta andando l’inculturazione del nostro carisma nel mondo?

Per la mia conoscenza della Congregazione, osservo che nelle diverse nazioni, siamo chiamati a una inculturazione del carisma che oltre che nuova è anche globale, perché nuovi e globali sono molti tratti del contesto di economia, di costume, di cultura, di politica, di religiosità. In passato, quando il mondo era meno intercomunicante, l’inculturazione era più specifica in ogni singola nazione. Il “farsi veneziano con i veneziani, inglese con gli inglesi, brasiliano con i brasiliani” indicava l’incontro con ben definite culture e situazioni. Dobbiamo prendere atto che il cambiamento a cui è chiamata la Famiglia orionina oggi è più globale.

            Ancor più per la nostra accentuata vocazione “popolare” di contatto con la gente e di servizio incarnato, siamo chiamati a cambiare nel mondo che cambia per essere “dentro ai nostri tempi” e avere futuro. Il cambio avviene inevitabilmente. Solo possiamo scegliere – e di fatto scegliamo - se cambiare bene, cioè in modo attualizzato e fedele, o cambiare male, cioè subendo passivamente i tempi e i costumi senza identità carismatica oppure estraniandoci dai tempi e dai costumi attuali. 

            Senza inculturazione il carisma si ridurrebbe a enunciati di ideali e a una nicchia di devozione; memoria e non progetto; nostalgia e non proposta.

Facciamoci il segno della croce e gettiamoci fidenti nel fuoco dei tempi nuovi”.[3] In questa indispensabile opera di inculturazione del carisma per un presente che abbia futuro, tutto può servire: la riflessione amichevole e spontanea, le riunioni di Congregazione, l’attuazione cordiale e impegnata delle linee date dai capitoli e dai superiori; i Segretariati sono un laboratorio culturale e pratico di rinnovamento.   

            Come personale contributo, annoto  alcuni principali nuclei di inculturazione del carisma a cui è chiamata la Congregazione.

L’EVOLUZIONE DELLE OPERE DI CARITÀ

È già avvenuta una notevole evoluzione di tipologie e di forme di gestione delle opere di carità[4] ma anche della loro qualità e significato apostolico.

In un contesto in cui è generalmente cresciuta la previdenza statale, è notevolmente diminuita la provvidenza agli sprovvisti (desamparados) esercitata dalla Congregazione. Può bastare ai Figli della Divina Provvidenza essere buoni gestori della previdenza sociale?

In tutte le nazioni in cui siamo presenti, fino a qualche decennio fa, bastava aprire un’opera assistenziale ed essa era immediatamente un’opera caritativa, un bel segno della carità della Chiesa e della Congregazione “per portare i piccoli, i poveri alla Chiesa e al Papa per Instaurare omnia in Christo”, secondo il carisma. Oggi, dopo l’evoluzione avvenuta, non è più automatico che un’opera assistenziale o sociale o educativa sia ipso facto un’opera caritativa-apostolica.[5] Ci sono opere assistenziali “come tutte le altre”, quasi prive di qualità e di significato apostolico. Proprio per questo è nato il giusto e inevitabile travaglio di tanti confratelli, le inquietudini, le impazienze e i progetti che nei Capitoli generali hanno preso il nome di “rilancio apostolico”, “riappropriazione carismatica”, “conversione apostolica” delle opere di carità. Tutti percepiamo il problema delle “opere di carità” che non “aprono gli occhi alla fede”.

Come è globale il cambio – già avvenuto - di identità, di gestione e di senso delle opere, così dovrà essere globale e congregazionale la nuova inculturazione di questo strumento principe del nostro carisma, voluto e fissato da Don Orione e riconosciuto dalla Chiesa.

C’è da aggiungere che non solo la dinamica delle opere è cambiata – e deve cambiare -, ma anche quella dei religiosi che vi operano. L’ultimo Capitolo generale parla di identità e ruolo dei religiosi chiamati ad essere nelle opere soprattutto “testimoni”, “garanti del carisma”, “pastori”, “formatori”, “profeti”,[6] con dinamiche di relazione nuove ma non meno esigenti di quelle del passato.

Su questa nuova e necessaria inculturazione ( = discernimento, adattamento, rinnovamento, creatività) delle opere carismatiche la Congregazione è da tempo in movimento. Abbiamo interessanti esperienze a cui anche altre Congregazioni guardano.  Vanno prendendo corpo alcune innovazioni nelle modalità di gestione, si cerca di realizzare un nuovo ruolo dei religiosi nelle opere, si ricentra il rapporto apostolico dell’opera con il territorio.

Coraggio, cari Confratelli, contribuiamo all’evoluzione delle opere di carità in modo tale che continuino ad essere carismatiche e apostoliche anche nel contesto sociale attuale molto cambiato. In alcuni casi, si tratterà di lasciare certe opere non convertibili in strumenti di apostolato. 

So che la evoluzione delle opere ha creato e crea tensione di interpretazione e di soluzioni. È inevitabile perché non ci sono soluzioni immediatamente evidenti. Il cambio della nostra relazione con le opere ci chiama, ci provoca, e qualche volta anche ci scoraggia. Però siamo lì, la Congregazione è lì, ad affrontare il cambio. Serve il dialogo e lo scambio di esperienze positive. Va delineandosi un cammino comune con le indicazioni degli ultimi due Capitoli generali e l’azione dei Segretariati. Non dobbiamo essere né catastrofici (“Basta, è finita l’epoca delle opere”) né illusi (“Le opere parlano da sole”). Nessuno si ponga “fuori” del tema, ma offra il proprio contributo di idee e soprattutto la collaborazione pratica nelle singole comunità e nelle attività, nella partecipazione ai segretariati e alle altre riunioni di Congregazione.

EVOLUZIONE DEI POVERI E DELLA POVERTÀ

Un altro ambito in cui la fedeltà al nostro carisma oggi deve rinnovarsi è quella della destinazione ai “poveri più poveri” data dal Fondatore. Il nostro futuro passa attraverso una nuova fedeltà ai “poveri più poveri”, espressione spesso abusata e svuotata, ma piena di realismo nel pensiero e nella pratica di Don Orione e di tanti orionini.

L’ultima circolare del sessennio precedente era dedicata a questo tema: “Resti ben determinato che la Piccola Opera è per i poveri”.[7] È un punto invalicabile del carisma, un “saldo muro” di confine per camminare fedeli sui passi di Don Orione. Don Orione ha voluto rinforzare il guard-rail della nostra strada carismatica con uno speciale giuramento di povertà.[8] Chi collabora a mantenere il saldo muro[9]dello stile personale povero e del servizio ai “poveri più poveri” contribuisce a un presente della Congregazione che abbia futuro.[10]

Però ci sono anche difficoltà concrete nuove. Oggi le categorie e l’ambiente dei poveri, che sono il nostro habitat nel qualecresce la pianta unica con diversi rami della Divina Provvidenza,[11]  sono in evoluzione, sono cambiati.

Non è mio compito richiamare visioni, interpretazioni e diagnosi sociologiche. Desidero solo fare un’osservazione  interpretativa carismatica che può servire per l’inculturazione.  

Ci sono ancora i poveri localizzati in una regione geografica della nazione o della città, ma molti convivono nel tessuto ordinario della società. Oggi, la categoria “povertà” è estesa ad ogni esperienza del limite e del bisogno delle persone: materiale, spirituale, fisico, psichico, relazionale, culturale, religioso. La minore omogeneità geografica o sociologica dei nostri destinatari, i poveri, può portare a concludere:  “Bene, allora facciamo un po’ di tutto”, genericamente, “perché tanto tutti sono poveri”. C’è del vero, ma la nostra presenza perderebbe la sua prerogativa carismatica di essere “per i poveri più poveri”, come suo segno ecclesiale specifico. 

Certamente il “per i poveri” inteso da Don Orione significa “per tutti i poveri”. Non ha scelto categorie specifiche come altri fondatori (malati, disabili, bambini, lavoratori, anziani, immigrati, donne, ecc.). Ma in Don Orione c’è dell’altro. Se da un lato è evidente l’universalità di destinazione e di azione caritativa da lui voluta, dall’altra è chiara anche la sua concentrazione carismatica: “Noi siamo per i poveri, anzi per i più poveri e più abbandonati”.[12] Cosa intendeva con l’espressione, “i più poveri?”. Eccone quasi una definizione: “i più poveri fra i poveri, quelli cioè cui nessuno provvede e non possono essere accolti in altri Istituti”.[13] Infatti, “Quelli che hanno protezione da altra parte, per loro v’è già la provvidenza degli uomini, noi siamo della Provvidenza Divina, cioè non siamo che per sopperire a chi manca ed ha esaurito ogni provvidenza umana”.[14]

“I più poveri” sono “i più abbandonati”, i “desamparados”, i più sprovvisti di altre provvidenze. Questo è il criterio di discernimento e di progetto carismatico. Un orionino non deve mai dimenticare che il carisma non ci lega a una tipologia di poveri ma il carisma ci lega alla condizione di maggior abbandono dei poveri. Dobbiamo privilegiare la carità verso “i più abbandonati, los mas desamparados”, perché questo era e sarà in futuro il segno pubblico e semplice, efficace e convincente, “per far sperimentare la Provvidenza di Dio e la maternità della Chiesa” voluto da Don Orione.

Nessuna incertezza: “i più poveri” di Don Orione e degli Orionini sono “i più abbandonati”, i “desamparados”, i più sprovvisti di altre provvidenze.  A caratterizzare il “privilegium orioninum” per i poveri è il loro grado di abbandono e di mancanza di altre previdenze: “Noi siamo della Provvidenza Divina, cioè non siamo che per sopperire a chi manca ed ha esaurito ogni provvidenza umana”.[15]

Cari Confratelli, scrivo queste cose in preghiera e sento di toccare un punto fondamentale per la custodia e la promozione del nostro carisma, e dunque del nostro futuro. Nell’inculturazione del nostro servizio ai “poveri più poveri” ritengo che la Congregazione debba fare una riflessione e un cammino più deciso rispetto a quanto fatto finora. Non è facile. La continua esiguità del nostro numero di religiosi e la pressante esigenza delle istituzioni grandi e tradizionali, ci ha impedito quasi del tutto di inculturare questo aspetto “conditio sine qua non” di fedeltà al carisma: la destinazione “ai poveri più poveri”.

Conforta tutti sapere che l’inculturazione del servizio ai “più poveri” continua ad avvenire soprattutto nelle nuove missioni. Ma ce n’è ancor più bisogno – pur essendo più difficile - nelle Province consolidate; qui qualcosa è stato fatto soprattutto sostenendo i laici a realizzare gruppi di aiuto, centri di ascolto, case famiglia per la vita nascente, piccole istituzioni per minorenni in difficoltà, iniziative di accoglienza per immigrati, qualche ambulatorio gratuito per poveri, iniziative di sostegno a poveri fuori delle istituzioni, ecc. Tutto ciò è molto buono.

Andiamo avanti, in quanto religiosi e in quanto comunità religiose, per portarci “in prima linea Pro Providentia!”.[16] Ci sono due decisioni del 13° Capitolo generale che vanno in questo senso.

Decisione 28: Ogni provincia, discernendo nella propria realtà le forme con cui la vita è più minacciata (vita nascente, vita debole, immigrati, ecc.), definisca le azioni più significative per la sua difesa. In tutte le nostre opere (educative, assistenziali, parrocchiali) ci siano segni di accoglienza e interesse alle povertà dei “desamparados” (abbandonati).

Decisione 29: Ogni provincia, entro il prossimo sessennio, costituisce una nuova comunità (o realizza almeno una esperienza significativa) che parta poveramente tra i poveri.

 Certamente i discorsi sono complessi, ma su questo punto strettamente carismatico o rispondiamo in modo attualizzato o finiamo fuori gioco. Un orionino fuori campo dei poveri è fuori gioco e non potrà realizzare il suo goal[17]carismatico.

EVOLUZIONE DELL’AMORE AL PAPA

Anche il nostro modo di amare il Papa evolve perché è mutato il contesto entro cui siamo chiamati ad amare il Papa.

Don Orione affermava "La mia fede è la fede del Papa, è la fede di Pietro".  Scrisse nel suo Piano e Programma (1903) che “Questo fine – unire al Papa per instaurare omnia in Christo – è proprio di nostra vocazione. (…) L'Opera della Divina Provvidenza, accesa di grandissimo e filiale amore al Vicario in terra di Nostro Signore Gesù Cristo, gode di obbligarsi con vincolo speciale alla Cattedra del Beato Pietro”.[18]

            Sappiamo bene che il nostro IV voto di “speciale fedeltà al Papa[19] non ha solo contenuti dottrinali o disciplinari, ma chiede un amore attivo, incarnato, filiale e pastorale, “per poter tirare e portare i popoli e la gioventù alla Chiesa e a Cristo. Allora toglieremo l'abisso che si va facendo tra il popolo e Dio, tra il popolo e la Chiesa”.[20] 

            Stare su questo “abisso”, soprattutto dalla parte dei poveri, per “toglierlo”  è il luogo carismatico degli Orionini.

            Questo abisso è stato prodotto lungo la storia da diversi fattori: per esempio, la questione romana e la separazione Chiesa-Stato dei tempi di Don Orione, il socialismo che seduceva le masse popolari, il liberalismo ateo, e poi contribuirono varie ideologie politiche e movimenti culturali, fino ai recenti fenomeni del secolarismo e del relativismo individualistico.  

            Oggi, come "concorrere a rafforzare, nell'interno della Santa Chiesa, l'unità dei figli col Padre (cioè il Papa) e, nell'esterno, a ripristinare l'unità spezzata col Padre… e ciò con l'apostolato della carità tra i piccoli e i poveri, mediante quelle istituzioni ed opere di misericordia più atte"?[21]  

Per rispondere dobbiamo guardare alle forme di divisione e agli “abissi” che ci sono tra i poveri e la Chiesa, tra il popolo e il Papa.

Pensiamo a Don Orione: visse nel clima liberal-massonico anticlericale e illuminista; era il clima dell’emarginazione della Chiesa contrapposta al messianismo socialista che conquistava popolo e poveri; era il tempo dell’ostilità aggressiva verso il Papa come persona e verso la Chiesa come tale.

Oggi non c’è più quell’odio e ostilità manifesti verso il Papa presenti al tempo di Don Orione. Anzi, oggi vediamo il Papa osannato e riverito in mondo-visione, con piazze di milioni di giovani come a Madrid o di folle immense nei viaggi apostolici. Tutti i grandi della terra si premurano di esprimere e talvolta di ostentare il loro ossequio al Papa.

Oggi si scavano altri abissi di separazione e di ostilità. Gli attacchi al Papa non sono più tanto frontali, dottrinali, rivolti alla sua persona. Sono piuttosto pratici, indiretti, insegnati e attuati nei costumi di vita.

Usa love singer, but not the song” (USA ama il cantante, il Papa, ma non la canzone, quello che dice) titolarono i giornali americani dopo la riuscitissima GMG con Giovanni Paolo II a Toronto. E’ il fossato dominante oggi.

Stando così le cose, noi saremo orionini non solo se ci uniremo ai molti che battono le mani al cantante, ma se ameremo la canzone e la ricanteremo con le nostre parole e attività in mezzo al popolo e ai poveri.

Il Papa non è attaccato per il suo ruolo di Papa, come nel Piemonte “gallicano” e nell’Italia di Don Orione. Oggi, il primato del Papa non è contestato ma ridotto a simbolo sociale. Gli si dà palco volentieri, anche a motivo dei buoni risultati mediatici ed economici, poi però il Papa, e i Vescovi con lui, sono ignorati o attaccati sul terreno dei valori e dei costumi, socialmente indotti e nettamente contrapposti: valori sociali, familiari, della sessualità, dell’economia, delle relazioni politiche interne ed internazionali.

Salvo qualche velleità, non si attacca direttamente la persona del Papa e la presenza della Chiesa. Sarebbe “impopolare”. No, semplicemente si mostra il mondo ecclesiale come estraneo alla modernità, con una fede e dei riti folcloristici, desueti, mentre la vita della gente va da un’altra parte, ad un abisso di distanza.

Un piccolo particolare. Sappiamo la formidabile rilevanza mediatica che ha avuto la Giornata Mondiale della Gioventù, a Madrid. Ore di trasmissione in diretta in tutto il mondo, pagine e pagine di giornali. Poi però, un grande giornale italiano, descrivendo il kit dei giovani della GMG terminava l’elenco dicendo con “e naturalmente una confezione di preservativi”. Come dire: il Papa fa grandi discorsi, lo applaudono, però poi la morale e la vita vanno per conto loro, distanti un abisso.

Questi accenni di lettura del contesto entro cui essere papalini oggi servono solamente per interrogarci con quali forme e su quali campi, o abissi, deve essere espresso il nostro impegno per “togliere l'abisso che si va facendo tra il popolo e Dio, tra il popolo e la Chiesa”.

Anche la nostra papalinità va inculturata, attualizzata.

L’EVOLUZIONE DELLE VOCAZIONI

È un altro fattore in evoluzione globale, riguarda tutta la Congregazione. Il cambio dei membri e delle nuove vocazioni della Piccola Opera comporta alcuni cambi importanti per l’inculturazione del nostro carisma nel presente e nel futuro.

La lettera è già diventata molto lunga e perciò annoto solo tre indicatori del cambiamento.

1.      C’è un calo delle vocazioni orionine religiose (membri e aspiranti), consistente, stabile, localmente diversificato.[22]

2.      C’è una ridistribuzione geografica delle vocazioni orionine. È avvenuto nella Congregazione quello che è avvenuto nella Chiesa. I membri della Congregazione, 50 anni fa, erano il 70% europei e il 30% delle altre nazioni; ora la proporzione è esattamente capovolta.[23]

3.      C’è una crescita delle vocazioni orionine laicali. Il carisma orionino si incarna sempre più con abito laicale e secolare; ciò non relativizza ma responsabilizza i religiosi.[24]

Questi cambiamenti delle vocazioni orionine sono molto importanti per l’inculturazione del carisma nel prossimo futuro.

“Con coraggio superiore di gran lunga alle nostre forze”

            Concludo questi cenni su alcuni cambi che interessano l’inculturazione del carisma invitando ad “aumentare un coraggio superiore di gran lunga alle forze che sentiamo, perché dove finiamo noi, là comincia l'azione di Dio che è con noi! Confidenza in Dio!”.[25] Questo noto testo di Don Orione prosegue con la raccomandazione: “state uniti nella carità di Gesù Cristo!”. È proprio sull’unione fraterna che vorrei dire l’ultima parola:  assicura la presenza e l’azione di Dio con noi,  valorizza tutti i talenti personali.

                         Per operare quel movimento/rinnovamento necessario per l’inculturazione del carisma è richiesto che formiamo un cuor solo e un’anima sola, un corpo ben articolato.

Pertanto, vogliamoci bene nel Signore e stimiamoci tra di noi. Coltiviamo lo spirito di famiglia e ravviviamo la buona coscienza di spendere la vita per una buona causa: Dio, la Chiesa, le Anime. Amiamo Don Orione e amiamo quello che Don Orione amava.

            Un pensiero ai più anziani: promovete l’unità di famiglia; con la vostra storia alimentate lo spirito di famiglia. Anche se tante novità vi superano o non vi sentite di affrontarle, non chiudetevi e non isolatevi dal cammino della Congregazione in modo auto protettivo e privo di speranza. Coltivate l’apertura agli altri e alle novità. Quidquid minimum, ma avanti, con un passo o anche solo con il desiderio per “non mettere la lampada sotto il moggio”.

  Un pensiero ai più giovani: evitate inutili fughe ideali; non frustrate le energie su sentieri solitari e presto interrotti. Uniti, farete e aiuterete a fare il movimento possibile e duraturo alla comunità, alla Congregazione. Don Orione raccontava con commozione di Giacobbe che “aveva con sé la moglie, i figli ed anche i suoi agnellini, e vedendo che non riuscivano a seguire il fratello (Esaù), lo pregò ad avere compassione di essi ed a misurare il suo passo al loro: grande esempio, grande insegnamento della Sacra Scrittura”.[26]

C’è oggi bisogno di molta fraternità e di unità, di compassione e di pazienza, determinanti per tenere insieme le nostre povere membra, i fratelli della Congregazione, nel cammino di inculturazione cui siamo chiamati oggi.

 

NOTIZIE DI FAMIGLIA

            Come sempre, segnalando alcuni eventi degli ultimi mesi, invito a tenersi informati della vita della Congregazione visitando il sito ufficiale www.donorione.org, aggiornato quotidianamente, e anche i siti particolari delle singole Province.

 Kenia. Dal 16 al 24 settembre, assieme a P. Malcolm Dyer, ho fatto visita canonica alle due comunità orionine del Kenya, Nairobi-Langata e Kaburugi. È stato un momento importante di comunione ma anche di progetto per questa presenza di Congregazione che sta crescendo. Nella casa-seminario di Langata c’è un buon gruppetto di giovani aspiranti che fanno ben sperare per il futuro. Ci sono state 4 prime professioni.

I Confratelli di Langata hanno la cura della parrocchia di Kandisi. Si tratta di una parrocchia rurale, povera, poco distante dalla capitale, nella regione dell'etnia Masai dedita alla pastorizia. La gente sta preparando, con i propri risparmi, la casa per la comunità religiosa. Sognano anche una scuola per i loro figli che attualmente devono fare 5 chilometri per arrivare alla più vicina.

A Kaburugi, i Confratelli hanno la responsabilità di una estesa parrocchia rurale e di un piccolo ma esemplare Centro di riabilitazione per ragazzi con gravi disabilità. Pur  con pochi mezzi economici, aiutano oltre 40 ragazzi e ragazze, dal primo aiuto fino all’inserimento lavorativo protetto nelle serre e negli orti del Centro. In tutto il Kenya si parla di questo piccolo Centro perché è un modello da imitare. “Con questo piccolo Centro – ha detto il P. Alex Ruiz – sta cambiando la concezione degli handicappati in Kenya, prima considerati solo una maledizione e inutili”. Del medesimo parere si sono manifestati il Nunzio apostolico, Charles Lebeaupin e il Vescovo della diocesi di Muraga, James Wainaina Kungu, che ha offerto due terreni per un'altra opera per i disabili fisici, molto numerosi in diocesi e tenuti nascosti.

Le tante richieste e possibilità di sviluppo animano e anche imbarazzano. Signore manda operai nella tua messe.

Durante la visita è stato lanciato il progetto Don Orione for Marsabit in aiuto delle popolazioni del Nord Est del Kenya colpite dalla  carestia e dalla fame.

Era stato pensato con Fr Malcolm, delegato per la missione del Kenya, Don Eldo Musso, consigliere per le opere di carità, Don Alessio Cappelli, responsabile della Fondazione Don Orione, e con i Confratelli del Kenya; la Madre generale Suor Maria Mabel ha assicurato la disponibilità delle Piccole Suore Missionarie della Carità presenti in Kenya. L’aiuto alla popolazione in situazione drammatica di carestia e di fame – più volte segnalato dal Papa – è per noi Orionini anche un’occasione per rinnovare la sensibilità di “pronto soccorso”  già espressa da Don Orione e da tanti Confratelli nella storia antica e recente della Congregazione. Sarà anche occasione per far sentire alla giovane Famiglia orionina in Kenya che nel mondo c’è una grande Famiglia solidale pronta all’aiuto.

Con l’aiuto economico proveniente soprattutto dalla generosità di case e province della Congregazione si è già fatta una prima spedizione di tre settimane in ottobre. Per gennaio-febbraio è programmata una seconda spedizione di solidarietà che oltre all’aiuto materiale prevede un aiuto pastorale. Il vescovo di Marsabit, Peter Kihara, ci ha assegnato la casa della parrocchia di Kargi, un villaggio a circa 75 Km da Marsabit, da tempo vuota e senza sacerdote, in una zona di grande povertà e abbandono. A questa spedizione, che inizierà il 24 gennaio, parteciperanno il nostri Don Vittorio Muzzin, i kenyoti Ian Kiprotich Katah (tirocinante) e Anthony Gachau (postulante), tre suore  e tre laici, due di Pontecurone e uno di Madrid. Da Kargi, il gruppo  porterà gli aiuti (alimenti, medicine, piccole cisterne  per raccogliere acqua piovana) e faranno opera di incontro della gente, visitando famiglie, incontrando bambini e malati,  celebrando nella chiesa parrocchiale.

Mediante il sito www.donorione.org ho dato informazione del mio viaggio nel Chaco argentino, a Itatì e nella regione del Neembucù, in Paraguay.

Questa visita mi ha molto coinvolto interiormente sia perché avevo nella memoria la visita – l’unica  in queste terre - del nostro Don Orione e sia per quanto visto e incontrato nell’attualità. Tutte le tappe Saenz Peña, Itatì, Rosario e General Lagos, Barranqueras e Ñeembucú sono state ricche di incontri, di momenti di fede e di commozione umana e sacerdotale. Ho negli occhi le grandi celebrazioni, gioiose e devote, ma anche la visita alle tante piccole comunità-con-cappella: la fede e la chiesetta costituiscono un’autentica ricchezza per questa gente. Ma manca ancora a troppe persone.

I nostri santi di famiglia.

L’anno scorso, Suor Maria Plautilla Cavallo è stata proclamata “venerabile”, cioè è ultimato il processo di beatificazione e solo si attende un miracolo perché possa essere proclamata “beata”. Per lei sono state fatte celebrazioni di ringraziamento soprattutto al suo paese natale, Roata Chiusani (Cuneo), e al Santuario della Guardia di Tortona. Sono intervenuti il vescovo di Cuneo e Fossano mons. Giuseppe Cavallotto, la madre generale, suor Mabel Spagnuolo, e il postulatore Don Aurelio Fusi. E' in libreria la nuova biografia scritta da Don Aurelio Fusi, Suor Maria Plautilla. Un riflesso del volto di Don Orione. Ed. Paoline, Milano 2011, p.232. Nella Prefazione, il Card. Angelo Bagnasco ha osservato:  «Ciò che è stato veramente grande in lei - se l'eco n'è rimasta fino a oggi - è l'atmosfera interiore che colorì di divino la monotonia insignificante del suo lavoro. Ma di questa atmosfera, solo Dio è capace di riferire. E Dio, si sa, specie nei suoi prediletti, ama mantenere il segreto nuziale».

Abbiamo avuto notizia che il processo sulla vita e martirio del P. Ricardo Gil Barcelón e del postulante Antonio Arrué Peiró ha avuto il voto positivo della Commissione Teologica. Ora manca solo il voto della Congregazione dei Cardinali e la pubblicazione del Decreto da parte del Santo Padre. Anche questo processo è concluso e attendiamo come “prossima” la loro beatificazione.

Quest’anno abbiamo ricordato con particolare devozione il 60° della morte del “venerabile” Don Carlo Sterpi, con celebrazioni a Gavazzana, suo paese natale, e a Tortona. Per la beatificazione solo manca il riconoscimento di un miracolo attribuito alla sua intercessione. Dobbiamo pregare.

Il Convegno missionario della Famiglia Orionina (20-23 novembre) ha  radunato per tre giorni circa 100 rappresentanti delle due Congregazioni religiose, del MLO e dell’ISO sul tema “Tutti in missione. Come il Padre ha mandato me così anch’io mando voi”. Il convegno ha avuto per obiettivo informare, fare discernimento e dare indicazioni per attuare le decisioni dei rispettivi Capitoli generali e per elaborare il progetto missionario del prossimo sessennio. Si è concluso con l’invio missionario di Paulin Preka, orionino albanese in partenza per il Mozambico e di Suor Maria Silvina, PSMC argentina in partenza per la Costa d’Avorio.

Un breve documento conclusivo raccoglie le linee di progetto missionario per il sessennio, alcune specifiche delle due Congregazioni e altre comuni.

Il Convegno Amministrativo (24-27 novembre) ha avuto per tema generale “Provvidenza ed operosità: linee operative per una gestione carismatica delle opere". Relazioni e riflessioni di gruppo si sono alternate sui principali temi: dinamiche di gestione e qualità apostolica delle opere nella società attuale; povertà e comunione dei beni in un mondo globalizzato; soggetti giuridici e dinamiche loro proprie; nuove risorse, fund raising e benefattori; cassa comune e comunione dei beni; e altri ancora.

I nuovi Consigli provinciali in America Latina sono stati nominati Consigli Provinciali per il triennio 2012-2014 della Provincia “N. S. de la Guardia” (Buenos Aires), N. S. de Fatima (Brasilia), N. S. da Anunciaçâo (S. Paulo) e N. S. del Carmen (Santiago de Chile). Auguri e preghiere per i Confratelli che svolgeranno questo servizio, tanto prezioso per la fedeltà alla vocazione religiosa e per l’unità della Congregazione. Don Orione diceva ai superiori: “La perfezione del governo è compresa in queste cinque parole: vegliare, amare in Domino, sopportare, perdonare e pascere in Domino”.

La riunione dei Consigli generali FDP, PSMC, ISO e MLO (2-3 dicembre) è, ogni anno, un momento importante di comunione e di programmazione. Ampio tempo è stato dedicato alla reciproca informazione, ai temi di collaborazione delle due congregazioni religiose, alla valutazione dello Statuto del MLO che sarà presentato per il riconoscimento canonico alla Congregazione per la Vita Consacrata e, infine, al Calendario.

Il Decreto di erezione della nuova Provincia Madre della Divina Provvidenza,  datato 20 novembre 2011, conclude l’iter giuridico dell’unificazione delle precedenti Province San Marziano (Tortona), San Benedetto (Genova) e SS. Apostoli Pietro e Paolo (Roma). Dal 29 giugno 2012, prenderà vita la nuova Provincia che avrà sede a Roma, nella “Villetta rossa” di Via della Camilluccia 142. Si tratta di un necessario e non facile cambio giurisdizionale-organizzativo a motivo della forte riduzione numerica dei religiosi in Italia, culla del Fondatore e della Congregazione.

Motivi di preghiera

Come sempre, affido alle vostre preghiere i nostri defunti che hanno raggiunto il Signore per ricevere il premio dei servi buoni e fedeli.

Sono morti i confratelli Don Andrea Giuseppe Alice, Don Timoteo Peñalver e Don Ignazio Cavarretta (a 99 anni, era il più anziano); le suore: Suor Maria Estela, Sr. Maria Quirina, Sr. Maria Bertila, Sr. Maria Eustella e Sr. Maria Aurelia; e Cettina Lo Cascio, una consacrata dell’ISO.

Con riconoscenza, affidiamo alla bontà del Signore, i nostri parenti defunti: il papà di P. Paul Mboche Mwangi, Ch. Sebatião Bertoldo Tigre Filho e del P. Hugo Rubén Camino; la mamma di Ch. Nab Mathias Dabire, Pe. Francisco de Assis Silva Alfenas e di Mons. Raymond Ahoua, vescovo di Grand-Bassam (Costa d’Avorio); i fratelli di P. Vicente Di Iorio, D. Ignazio Terzi (premorto) e D. Damian Danut Ciobanu; le sorelle di Fr. Orlando Boggio, D. Giovanni Bianchin (premorto), Ch. Carlos Ignacio Espinola Pereira e Suor Maria Tecla delle suore di San Camillo, sorella di D. Severino Didonè.

In ogni casa e provincia, ricordiamo poi gli Amici, Benefattori e Collaboratori più vicini a noi e alla nostra opera.

Tanti nostri Confratelli sono particolarmente provati dalla sofferenza e dalla malattia; hanno bisogno del nostro sostegno, della stima e della preghiera.

Auguri!

Concludo con gli auguri di Buon Natale e Felice Anno 2012.

I Padri della Chiesa dicevano che il bue e l’asinello rappresentano tutti noi. Il bue, in particolare, rappresenta il popolo d’Israele che aveva il giogo della legge e il dono della Parola, eppure faceva fatica a riconoscere il suo Signore. E l’asinello? L’asinello rappresenta tutti i popoli che non avevano la luce della Parola di Dio, ma avevano il creato e la natura, eppure non hanno riconosciuto il Creatore. Per questo è venuto in mezzo a noi Gesù per aprirci gli occhi per riconoscere il Padre, il Signore Dio.

Sappiamo che il nostro Padre fondatore diceva che è la carità che apre gli occhi della fede. È la carità del Natale che ci apre gli occhi per riconoscere Gesù, per riconosce in Lui il Figlio di Dio fatto uomo, per riconoscere in Lui il volto del Padre che sta in cielo e il volto di ogni fratello che sta in terra.

Il mio augurio è che la carità di Dio manifestata nel Natale possa aprirci gli occhi della fede, gli occhi della carità, gli occhi della speranza.

E la benedizione di Dio onnipotente, Padre e Figlio e Spirito Santo, discenda su di noi e con noi rimanga sempre.

Buon Natale! Felice anno nuovo 2012!

Don Flavio Peloso, FDP
(Superiore generale)


[1]  Avevo comunicato qualche spunto di riflessione durante la riunione dei Direttori delle Province italiane, al Centro Mater Dei di Tortona, dedicata a “Direttori oggi in un mondo che cambia”.

[2] Il tema comincia ad essere abbastanza studiato; si vedano, ad esempio, in Don Orione e il Novecento (Atti del Convegno di Studi, Roma 1-3 marzo 2002, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2003) i contributi di Giovanni Canestri, Don Orione incontra l’Italia, 99-114; Antonio Sagrado Bogaz, Don Orione incontra il Brasile, 115-140; Enzo Giustozzi, Don Orione in Argentina, 143-160; Anzelm Weiss, Don Orione incontra la Polonia, 161-178; Roberto Simionato, Ragioni e atteggiamenti dell’abbraccio dei popoli, 179-198.

[3] Scritti 75, 242.

[4] Per “opere di carità” intendiamo tutta la vasta gamma di opere indicate da Don Orione nel famoso Capo I delle Costituzioni del 1936 e le altre che “secondo i bisogni dei paesi e dei tempi, piacesse alla santa sede di indicarci, come più atte” sono sorte nelle varie nazioni. Si veda la Circolare Quali opere di carità?: Atti e comunicazioni 2005, n.217, p.111-132.

[5] Ho riflettuto su questo tema fondamentale per il nostro carisma nella circolare “Quali opere di carità?”.

[6] Sono qualifiche molto ricorrenti. Si veda in particolare le Decisioni 16 e 17 e la Linea operativa 20.

[7]Resti ben determinato che la Piccola opera è per i poveri”: Atti e comunicazioni 2010, n.231, p. 3-11.

[8] Si veda l'art. 36 delle attuali Costituzioni.

[9]La povertà dev’essere il saldo muro di difesa della Congregazione. Sono cadute o furono soppresse Congregazioni illustri fondate da Santi, Congregazioni che ebbero una fioritura di uomini di Dio in altri tempi, illustri per pietà, scienza e spirito di osservanza religiosa; caddero perché avevano lasciato l’osservanza della povertà”; Spirito di Don Orione V, 73-75. Cfr. L I, 558; Riunioni, 58, cfr anche 77.

[10] Ricordo e condivido quanto osservava Don Ignazio Terzi sul futuro del carisma, che non può venir meno perché incentrato sui soggetti Papa e Poveri. Infatti, “i poveri li avrete sempre con voi” (Mt 26, 11)   e della Chiesa è detto che “Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa” (Mt 16, 18). E quindi ci sarà sempre bisogno della carità che unisce i Poveri alla Chiesa e al Papa. La Congregazione avrà futuro se vive il suo carisma che ha futuro.

[11] Questo concetto è stato approfondito nella Circolare Vita Religiosa: al centro, in prima linea: Atti e comunicazioni 2005, n.215, p.283-310.

[12] Spirito di Don Orione II, 71.

[13] Scritti, 108, 55.                          

[14]I Figli della Divina Provvidenza vivono della mercede di Dio, della vita di lavoro e di povertà, solo, dobbiamo essere per i poveri, per i più poveri, per i rifiuti, per los desamparados (per gli abbandonati) della società”; da Spirito di Don Orione V, 107.

[15] L’art. 119 delle Costituzioni: “Dedicati ai poveri e bisognosi, vogliamo considerare un privilegio servire Cristo nei più abbandonati e reietti”. La Norma 120: “Lo spirito di carità proprio di don Orione deve portarci a risolvere i casi urgenti e pietosi che la Provvidenza possa mandarci, anche a costo di rischi e scomodità. Nei centri maggiori dovrà essere apprestato un locale disimpegnato per asilo notturno di emergenza. Nell'accettazione, poi, daremo precedenza assoluta ai casi più poveri, senza lasciarci condizionare da valutazioni economiche”.

[16] Scritti 64, 322.

[17] Significa meta, scopo, obiettivo.

[18] Riportato in Lettere I, 11-22.

[19] Le Piccole Suore Missionarie della Carità emettono il quarto voto “di carità” per unire al Papa e alla Chiesa e così Instaurare omnia in Christo; cfr art.3 e 45 delle Costituzioni.

[20] Lettere I,  21. Si veda la Circolare Quale amore al Papa?: Atti e comunicazioni 2005, n.216, p.3-15.    

[21] Tale espressione ricorre nei testi carismatici più importanti: nel “Piano e programma” del 1903, nel “Capo 1° delle Costituzioni del 1936 e all’art.5 delle attuali nostre Costituzioni del 1988.  I testi si possono trovare anche in Sui passi di Don Orione, pp. 233-235 e 295-298.

[22] I Figli della Divina Provvidenza sono diminuiti a meno di 1000 membri, dopo che per trent’anni si erano mantenuti tra i 1000 e i 1100. Attualmente sono 925, con un calo di 40-50 membri nel sessennio scorso e ciò si ripeterà probabilmente anche nell’attuale sessennio, a causa dell’aumento dei morti (i molti entrati ai tempi di Don Orione), delle defezioni e del numero di ingressi (112 professi perpetui nell’ultimo sessennio).

[23] Nella sola Italia, nel 1965 c’erano 802 religiosi, mentre attualmente in Italia ci sono 221 religiosi. Nel 1965, erano più di 2/3 dei religiosi; ora sono italiani il 31,8% dei religiosi, dei quali il 7,1% in altre nazioni. Sono cresciuti altri poli di presenza consistente: Brasile (215), Argentina (110), Polonia (101), Afrique (89), medio-piccola: Spagna (23), Madagascar (23), Chile (22), India (16), Filippine (12), Romania (11), Venezuela (10), Uruguay (8), Paraguay (8); piccola (in embrione o in calo): USA (6), Mexico (7), Kenya (10), UK (6), Albania (6), Mozambico (5), Bielorussia (4), Giordania (4), Ucraina (3), Eire (2).

[24] Si intendono qui le vocazioni orionine laicali e non semplicemente i laici collaboratori per quanto orioninamente ben formati. Un laico è di vocazione orionina quando assume il carisma orionino come propria spiritualità e modo d’essere, espresso in testimonianza e appartenenza. La crescita delle vocazioni orionine laicali non è ben definibile in quantità e qualità, ma certo è fenomeno nuovo, confortante e globale della nostra congregazione.

[25] Lettera ai Confratelli del Brasile, 12.1.1930; Lettere II, 76.

[26] Don Orione si riferiva a Genesi 33. 

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