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Messaggi Don Orione
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Pubblicato in: Atti e comunicazioni 2013, n .240, p.23.

Lettera Circolare del 4 maggio 2013. Per un approccio apostolico alla comunicazione virtuale.

MISSIONARI IMMIGRATI NEL MONDO VIRTUALE

 

Valencia, 4 maggio 2013

Carissimi Confratelli

Deo gratias!

Indirizzo questa lettera da Valencia, in Spagna, ove sono venuto per animare un ritiro spirituale della Famiglia Orionina sui passi dei nostri due martiri, Padre Ricardo Gil e Antonio Arrué che saranno beatificati a Tarragona, il 13 ottobre prossimo. È il mio personale atto di devozione ai nostri Martiri spagnoli e alla Spagna orionina, non potendo essere presente a Tarragona per la beatificazione. Con il tema Vita cristiana, vita martiriale” ho condiviso in quei tre giorni la ricerca sulle scelte personali per custodire e alimentare la “passione” della fede e della missione, di cui i due Martiri orionini sono stati ammirabili esempi.

Avevo con me i fogli e gli appunti di questa Lettera circolare e pensavo alla grande distanza tra il contesto sociale del popolo spagnolo del primo Novecento, in cui furono testimoni i nostri due Martiri, e il contesto della nostra gente e dei giovani d’oggi che frequentano le piazze virtuali e navigano nel mare di internet. C’era bisogno della luce del Vangelo e della carità cristiana, allora. E c’è bisogno di testimoni e di apostoli oggi, sulle strade del mondo virtuale percorse quotidianamente da milioni e miliardi di persone. Affido all’intercessione di Padre Riccardo e del postulante Antonio questa lettera, chiedendo e offrendo al Signore un poco della loro passione per le anime necessaria per navigare in internet da apostoli.

Sono anch’io un immigrato nel mondo virtuale creato dai moderni mezzi di comunicazione informatica. Conosco solo poche parole e le regole essenziali sufficienti per comunicare e muovermi sulle nuove vie della comunicazione. Ma il tema è importante, molto influente sulla vita religiosa e sul suo apostolato.[1] È un mondo nuovo in cui tutti ci troviamo ad abitare e di cui dobbiamo imparare il linguaggio, i valori e i problemi per essere protagonisti di umanità, di spiritualità e di evangelizzazione. Dobbiamo guardarlo con interesse.

Già 50 anni fa, il documento del Concilio Vaticano II Inter mirifica (4 dicembre 1963), dedicato ai mezzi di comunicazione sociale, affermava che “tra le meravigliose invenzioni tecniche che, soprattutto ai nostri giorni, l'ingegno umano, con l'aiuto di Dio, ha tratto dal creato, la madre Chiesa accoglie e segue con speciale cura quelle che più direttamente riguardano lo spirito dell'uomo e che hanno aperto nuove vie per comunicare, con massima facilità, notizie, idee e insegnamenti d'ogni genere”.

 

COMUNICAZIONE, DIALOGO, RELAZIONE, COMUNIONE.

La comunicazione è strumento di dialogo. Il dialogo è condizione della relazione. La relazione è sostanza della comunione.  Basta richiamare questa sequenza per dire che tutto quello che riguarda la comunicazione riguarda l’uomo, riguarda la nostra vita di religiosi, nell’ambito spirituale, comunitario e apostolico. Dobbiamo dunque interessarci seriamente della comunicazione. Non sorprenda dunque che dedichi al tema una Circolare.

Prima di addentrarci un poco nei nuovi fenomeni della comunicazione, è utile guardare agli atteggiamenti comunicativi di Gesù. E anche a quelli di Don Orione.

Guardiamo a Gesù comunicatore

Il Figlio di Dio ha assunto la natura umana, il Verbo si è fatto carne, Parola viva e efficace. Gesù è comunicazione, è rapporto. Non è qualcuno che dice parole sublimi su Dio. Nemmeno è soltanto colui che porta il messaggio di Dio. Egli stesso è, nel suo essere, la Parola di Dio, è il messaggio incarnato. Egli non soltanto rivela e comunica Dio. Egli è allo stesso tempo comunicatore, contenuto, mezzo, messaggio, ricettore della comunicazione. Nella sua comunicazione Gesù realizza, annuncia, ascolta, dialoga, discute, tace. È attento e si adatta ai contesti sociali e agli interlocutori.

 Nel pensare alle grandi trasformazioni avvenute nelle modalità della comunicazione, va ricordato che nella vita vissuta e condivisa ci sono già tutti gli elementi del processo comunicativo. Pertanto, tutti siamo costituiti comunicatori.

Poi, riflettiamo che per mettersi in comunicazione con i suoi interlocutori “Cristo Gesù, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana” (Fil 2, 6-7); si è incarnato, contestualizzato, assumendo il linguaggio del suo ambiente storico-sociale.

“Per mezzo della Sua incarnazione, Egli prese la somiglianza di coloro che avrebbero ricevuto il Suo messaggio, espresso dalle Sue parole e da tutta l'impostazione della Sua vita. Egli parlava pienamente inserito nelle reali condizioni del Suo popolo”.[2]

La comunicazione di Gesù consistette in una vita nuova comprensibile. Questo sta alla base anche della nostra capacità e possibilità di comunicare oggi: vivere una vita religiosa comprensibile. Ciò si realizza quando viviamo effettivamente la vita religiosa e quando siamo effettivamente incarnati nel nostro habitat culturale per essere comprensibili.

 

Qualche spunto da Don Orione

Le condizioni comunicative di Gesù, sopra richiamate, le troviamo anche in Don Orione. Fu un santo, un vero uomo di Dio, ad alta carica comunicativa, sia per la vita bella di Dio, che egli viveva, e sia per la capacità di incarnazione quotidiana cui lo spingeva la charitas-passione per le “Anime”, per il bene del prossimo.

A evitare certi fraintendimenti intimistici della vita religiosa, il nostro Fondatore insistette molto nella formazione: "Dobbiamo essere santi, ma farci tali santi che la nostra santità non appartenga solo al culto dei fedeli, né stia solo nella Chiesa, ma trascenda e getti nella società tanto splendore di luce, tanta vita di amore a Dio e degli uomini da essere, più che i santi della Chiesa, i santi del popolo e della salute sociale".[3]

Essere “santi” è la sostanza da comunicare, è la vita, è il contenuto. Senza contenuto non si comunica niente, a nessuno. “Evitate le parole: di parolai ne abbiamo piene le tasche”,[4] sia di quelle lanciate dal pulpito e sia di quelle lanciate in internet.

Essere “santi del popolo e della salute sociale” è la nostra condizione per comunicare. Ciò richiede attenzione al destinatario e ancor prima significa incarnazione, stile, linguaggio popolare attualizzati. "Sono nuovi i tempi? Muoviamoci alla loro conquista con ardente e intenso spirito di apostolato. Non esitiamo: gettiamoci alle nuove forme, ai nuovi metodi di azione religiosa e sociale, con fede ferma, ma con criteri e spirito largo. Tutte le buone iniziative siano in veste moderna, pur di seminare e arare Gesù Cristo nella società".[5]

 Detto questo, riferendoci a Don Orione, poi si può indugiare a descrivere la grandezza e genialità di Don Orione “comunicatore”: fu scrittore vivace ed efficace, conversatore appassionante, predicatore coinvolgente; fu un convinto utilizzatore dei mezzi di comunicazione, fondò riviste e tipografie, parlò alla radio, costituì un ufficio stampa nel 1938, ideò le prime università popolari, e altri simili capitoli di vita. Su questo già si è detto e scritto molto.

Noi oggi possiamo e dobbiamo vivere la medesima passione apostolica comunicando con i nuovi e potenti mezzi informatici.

Ai tempi di Don Orione, l’unico grande mezzo di comunicazione di massa era la stampa. “La stampa è tra le prime forze, e non va trascurata, ma urge valercene a fini alti e santi”.[6] Questo era il suo atteggiamento.

È noto che istituì un “ufficio stampa” già nel 1938. “Apostolato stampa pro populo da me sognato da tanti anni, un apostolato stampa per i piccoli, per gli umili, per la massa dei contadini, degli operai, l'opera della buona stampa per i lavoratori, a salvezza del popolo. La stampa è una grande forza: è il grande oratore che parla di giorno, che parla di notte, che parla nel le città e parla nelle borgate, fin sui monti e nelle valli dimenticate. Dove non arriva la stampa? (…) Quanto bene fa la stampa, quando è in buone mani, quando è posta a servizio di Dio, della Chiesa, della Patria! Può la nostra Congregazione disinteressarsi di una tal forza? Non siamo noi obbligati a valercene pro aris et focis? Con la stampa popolare porteremo Cristo al popolo e il popolo a Cristo”.[7]

È un apostolo che parla in questo modo e non un cultore di novità e di strumenti moderni. Sostituiamo la parola “stampa” con la parola “internet” e il testo di Don Orione, del 1938, vale per noi nel 2013. Ci suggerisce l’atteggiamento di fronte ai nuovi e popolari strumenti di comunicazione informatica.

Nella medesima lettera c’è anche un altro criterio molto valido e attuale: Don Orione chiede di essere "Fermi e saldi ai principi della Fede e a tutto che è dottrina della Chiesa, attenetevi alla regola: in necessariis unitas, in dubiis libertas, in omnibus charitas! Precisi e chiari sempre, rifuggite dallo stile affettato come dai modi antiquati, che sanno, di muffa". È un chiaro invito all'adeguamento, alla modernizzazione nell'ortodossia e nell’ortoprassi.

 

SIAMO ENTRATI IN UNA NUOVA EPOCA

Internet (la rete delle reti) è l’emblema della nuova comunicazione. Internet ha superato i limiti dello spazio e del tempo. Mentre per il telefono passa solo la voce, in internet si stabilisce una relazione “al vivo”, non fisica ma virtuale. La novità di questa nuova epoca è la convergenza digitale: un solo strumento è contemporaneamente giornale, TV, radio, macchina da scrivere, biblioteca, stampatrice, tornio, bisturi, ecc.

Internet è un luogo, un linguaggio, un modo di essere, una cultura. Attraverso la rete, centinaia di milioni di utenti si scambiano quotidianamente ogni genere di messaggi, accedono a documenti, partecipano a gruppi telematici, si incontrano attraverso conferenze elettroniche, discutono su ogni tipo d’argomento. Sempre di più internet diventa uno spazio per le relazioni  personali, di gruppo, istituzionali.

Una statistica del 2011 dell’Unione Internazionale delle Telecomunicazioni dice che internet è usato dal 13,5% della popolazione in Africa, dal 26,2% in Asia, dal 61,3% in Europa (in Italia, sono 41 su 60 milioni di abitanti), dal 35,6% in Medio Oriente, dal 78,6% in America del Nord, dal 39,5% in America Latina e Caraibi, dal 67,5% in Oceania e Australia. Sono dati che vanno aggiornati continuamente perché l’uso di internet è in continua espansione: nel decennio 2000-2010 c’è stato un incremento del 528,1%.[8]

I giovani sono quelli maggiormente coinvolti dal fenomeno della comunicazione virtuale. Gli adolescenti usano internet tanto a casa (89%) quanto a scuola (77%), siano essi maschi (75%) o femmine (69%), di ambiente urbano (75%), suburbano (73%) o rurale (65%).[9] Guardando alla sola Italia, una recente indagine di Eurispes,[10] ha rilevato che l'85,6% degli adolescenti italiani ha un profilo su facebook; l'utilizzo di internet avviene per il 32,2% per una o due ore al giorno, per il 37,7% dalle due alle quattro ore, mentre il 13,3% supera le quattro ore.

Le applicazioni dei sistemi informatici si sono estese a tutti i campi dell’attività umana. Per esempio, le scuole di ogni ordine e grado, comprese le scuole elementari e materne, usano e formano all’uso dei mezzi informatici. Nella riabilitazione dei disabili e nel tempo libero degli anziani si fa sempre più uso di postazioni informatiche. Novizi e chierici chattano o tweettano o parlano in internet sempre di più. Anche in Congregazione, tanti usano i mezzi informatici tutti i giorni e per più ore.

I dati e l’esperienza ci dicono che siamo di fronte a un fenomeno nuovo e globale che ormai influenza la modalità della comunicazione e quindi anche le relazioni. Siamo entrati nell’era della comunicazione e della cultura digitale. Irreversibilmente. Ciò tocca al cuore anche la vita comune e la missione della vita religiosa, creando nuove possibilità e anche nuovi problemi e tensioni.

 

I MODELLI COMUNICATIVI[11]

Per comprendere il cambio di comunicazione avvenuto con l’avvento dei mezzi informatici è utile richiamare semplicemente l’evoluzione dei modelli comunicativi.[12]

Primo modello: comunicazione dialogica presenziale.

È  il modello di comunicazione faccia a faccia, il più naturale e immediato.  In questo tipo di comunicazione, i partecipanti sono presenti in modo diretto l’uno all’altro e condividono un ambiente spazio-temporale comune; l’interazione avviene in un contesto di co-presenza. La comunicazione faccia a faccia è tipicamente dialogica: uno dei due individui parla con l’altro (o con gli altri) e la persona a cui si rivolge può rispondere (almeno in linea di principio), e in questo modo il dialogo va avanti.

Per di più, nella comunicazione dialogica presenziale, le parole possono essere completate da gesti, espressioni facciali, variazioni del tono, ecc.

L’aspetto più importante di questo modello comunicazionale è l’ampia possibilità di scambio e di condivisione tra persone. Questo modello dialogico è stato ed è fondamentale per lo sviluppo di tutto il pensiero umano.

Malgrado l’affermarsi di nuovi modelli di comunicazione, il modello dialogico presenziale è quello fondamentale e decisivo. Gli altri modelli cercano in qualche modo di simularlo e hanno sempre presente i suoi elementi.

Secondo modello: comunicazione di massa.

Si realizza tramite mezzi quali il libro, il giornale, il cinema, la radio, la televisione, ecc. Si è sviluppata tramite la stampa (Gutemberg, 1450) e tramite gli audiovisivi affermatisi da circa un secolo (il primo film nel 1901). Ha svolto un ruolo sempre più rilevante e, ancor oggi, è il principale riferimento di comunicazione nella società attuale.

In questo modello la comunicazione è mediata dalla tecnica; è altamente monologica ed è assente di dialogo. Il rapporto è uno → molti. La comunicazione di massa ha molto influito sulla società contemporanea. Ha permesso di superare le frontiere geografiche e culturali, ha trasformato la comunicazione in un grande mercato, influisce su mentalità e costumi.

La comunicazione di massa è prodotta in un numero di centri sempre più ridotti e diffusi in modo nazionale e mondiale, dipende dalla volontà dei loro produttori e, in particolare, dagli interessi economici.

Terzo modello: comunicazione dialogica non presenziale.

È l’ultima nata. È stata resa possibile e popolare negli ultimi 40 anni con l’avvento degli strumenti informatici e digitali. Ha dunque una storia molto breve. L’avvento di questo tipo di comunicazione non solo si affianca ai precedenti due, ma influisce su di essi e ristruttura tutta la comunicazione.

La caratteristica essenziale di questo nuovo modello di comunicazione è la possibilità della relazione dialogica (sia uno → molti che molti → molti) anche senza la presenza fisica nello stesso tempo e spazio. Viene chiamata comunicazione virtuale. C’è da osservare che la comunicazione virtuale è meno completa di quella presenziale e meno estesa di quella di massa.

Il ciberspazio è la dimensione sociale in cui si realizza questo nuovo modello di comunicazione, attraverso chats, email, teleconferenze, gruppi di discussione, reti sociali, ecc. Cibercultura o cultura virtuale sono i nomi dati alla cultura contemporanea marcata dall’uso di questi nuovi strumenti informatici. Userò di preferenza il termine cultura virtuale.[13] “Tale cultura prima ancora che dai contenuti, nasce dal fatto stesso che esistono nuovi modi di comunicare con tecniche e linguaggi inediti”.[14]

 

DOBBIAMO IMMIGRARE NELLA NUOVA CULTURA

Pur con molte diversità, siamo tutti entrati nella cultura virtuale che offre nuove possibilità ordinarie e ampiamente praticate di relazioni virtuali e di socializzazione virtuale.

Nel passato, l’emigrante o il missionario prendeva la nave o l’aereo e, nel paese dove arrivava, trovava una nuova cultura da assumere, in cui ambientarsi. Oggi, succede che noi restiamo fermi al nostro posto ed è cambiato il mondo e la cultura che ci circonda. Dobbiamo immigrare, ovunque noi siamo, e dobbiamo ambientarci.

Vivere nella cultura virtuale non è una ipotesi futurista o un mondo di fantascienza. No, è già attualità. È il mondo che si è sviluppato con i nuovi strumenti elettronici. Basta vedere come si muove con questi strumenti un nipotino di 8 anni e come influisce sulla sua vita quotidiana, delle famiglie, della scuola. Sempre più religiosi, in Congregazione, comunichiamo da una parte all’altra del mondo con mails, ci vediamo e ci parliamo in skype, entriamo in cerchie di facebook, di tweet e simili.

La rete non è solo house (struttura), è home (ambiente relazionale). È parte integrante della vita personale e sociale. La rete non è solo qualcosa altro, esterno alla vita; è condizione, modo di vivere. Non solo si usa la rete, ma si vive in rete. È inadeguata l’opposizione tra reale e virtuale. L’opposizione è più tra fisico e virtuale. Una conversazione, la visita a un museo, un pagamento bancario o un intervento chirurgico realizzati virtualmente, cioè in virtù dei mezzi informatici, sono reali e hanno conseguenze reali.

Oggi, siamo entrati nella “cultura virtuale” come, millenni fa, si entrò nella cultura alfabetica e, secoli fa, nella cultura di massa. Molti, allora, restarono analfabeti. Anche oggi, molti possono restare analfabeti del nuovo linguaggio digitale, ma il mondo comunque parla e vive nella cultura virtuale. Tutti ne siamo profondamente coinvolti.

Come religiosi, noi siamo in questo mondo. E siamo chiamati a esservi come “sale e lievito della terra”, come “testimoni” e “missionari” della vita nuova in Cristo. Per condizione e per vocazione, siamo immersi e in dialogo nel mondo contemporaneo che oggi si presenta con questo nuovo modo digitale di essere e di comunicare.

Joana Puntel, suora paolina brasiliana esperta di comunicazione, nella sua relazione su “Vita religiosa nella cultura mediatica” all’Assemblea dei Superiori generali dello scorso anno, diceva che nel mondo – e nelle Congregazioni religiose – ci sono tre categorie di persone:

i nativi digitali (digital natives): coloro che sono nati nella cultura digitale, che hanno più o meno dai 25 anni in giù;

gli immigrati digitali (digital immigrants): coloro che sono arrivati dopo alle nuove tecnologie di comunicazione con un ambientamento più o meno riuscito.

gli analfabeti digitali (digital analfabetics): coloro che per varie ragioni non hanno appreso i nuovi linguaggi informatici e si sentono estranei al nuovo mondo nato dalla comunicazione digitale.

Scoprirci “analfabeti digitali” o anche solo “immigrati digitali”, che balbettano solo qualche parola indispensabile, può provocare disagio, rifiuto, senso di estraneità, scoraggiamento, ma può attivare curiosità e voglia di imparare.

      

UN AMBITO NUOVO DI FORMAZIONE

Dopo avere considerato che siamo entrati tutti in un mondo di comunicazione virtuale che modifica ed espande la comunicazione reale tra le persone, ci chiediamo: come stabilire una integrazione fruttuosa della dinamica virtuale nelle relazioni? Come servirci bene dei mezzi informatici nelle relazioni?

Molti sollecitano dai superiori indicazioni e anche precetti disciplinari per regolare l’uso di questi mezzi di comunicazione, di cui preoccupano evidenti e frequenti conseguenze negative: dalla semplice perdita di tempo fino a forme di dipendenza e di sdoppiamento relazionale (vicini con i lontani e lontani con i vicini).[15] Sono segnalati deragliamenti nel campo della castità (consumo pornografico, relazioni affettive in internet…),[16] della povertà (spese non autorizzate, gestione di conti nascosti…), dell’obbedienza (dipendenza da altri e non dai superiori, disinteresse comunitario, comunità virtuali alternative…).

In Consiglio generale, più volte si è riflettuto su questa esigenza di orientamento e il frutto è stata la Nota sull’uso dei Mass Media del vicario generale, Don Achille Morabito, nella prospettiva della formazione iniziale e permanente.[17]

Ricordo che chiesi alla già citata Suor Joana Puntel se esistesse già una pedagogia, o almeno qualche abbozzo condiviso di regole comportamentali-disciplinari sull’uso dei media informatici. Rispose che, per la natura stessa della comunicazione digitale, è praticamente impossibile stabilire regole disciplinari esterne, comuni, efficaci e controllabili. Le regole sono indispensabili, però possono venire solo dall’autodisciplina e, dunque, dalla formazione personale nell’uso dei nuovi potenti mezzi per crescere e non per “fracassare” la propria personalità.

Cari confratelli, invitare alla formazione e all’uso positivo non ingenuo dei mezzi di comunicazione virtuale è lo scopo di questa Circolare. È un invito a riflettere in vista di un cammino educativo che è nuovo per tutti noi. I più si regolano (e qualcuno si sregola) come possono. Stanno emergendo anche confratelli competenti ed esperienze comunicative positive.[18]

Il detto popolare "dimmi con chi vai e ti dirò chi sei" ci ricorda quanto le nostre relazioni siano determinanti nella formazione della personalità umana. Vale anche per le relazioni virtuali. Influiscono nella formazione, nella spiritualità, nella vita comunitaria, nell’apostolato.

Benedetto XVI ha affrontato il tema dell'utilizzo dei social network nel suo Messaggio Verità, annuncio e autenticità di vita nell’era digitale” per la 45ma Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali del 2011. Il Papa ha evidenziato la positività di tale strumento che è "il segno di una ricerca autentica di incontro personale con l'altro conducendo a nuove forme di relazione interpersonale".[19] Ha riconosciuto, cioè, nell'uso dei social network una via per rispondere all’esigenza profonda di comunione, di partecipazione seppur nella diversità di luoghi e di realtà di vita. È incalcolabile il materiale di foto, messaggi, informazioni e documenti di ogni genere che quotidianamente, soprattutto le nuove generazioni, condividono tra loro e tra le diverse parti del mondo nonostante la distanza geografica. C’è sempre da rallegrarsi di nuove possibilità comunicative. Quando non prevalgano troppo le ragioni economico-commerciali, la rete informatica facilita un grande flusso di conoscenze e di relazioni che possono far crescere la comunione della famiglia umana.

Il Santo Padre, nel medesimo messaggio, fa presenti anche alcuni rischi umani nella relazione virtuale: si possono incontrare interlocutori virtuali scorretti e disonesti; c’è il rischio di rifugiarsi in una sorta di mondo parallelo;[20] si attenua la coscienza e l’impegno verso il “prossimo”.

Zygmunt Bauman,[21] pensatore polacco, grande osservatore critico della società moderna, ha avvertito circa alcune conseguenze prodotte nelle relazioni umane dall’eccessiva frequentazione di relazioni virtuali. Ha fatto notare che la relazione virtuale permette a ogni persona di comunicare pur essendo estranea l'una all’altra, solo indossando continuamente una maschera, senza impegnare la propria persona, senza provocare una interazione profonda tra le persone. E afferma che questo atteggiamento comunicativo “farfalleggiante” finisce per essere applicato anche nella vita quotidiana per cui "un ambiente sociale vale se pone la persona in condizione di essere presente nel luogo senza essere sospinta, pressata o indotta a togliere la maschera, e lasciarsi andare, esprimersi, mostrare i propri sentimenti e confessare i propri intimi pensieri, sogni e timori".[22]

In altre parole, in internet con un clic fai il logout (uscita) e interrompi il link (relazione). Ebbene, questo atteggiamento può contagiare le relazioni della vita reale: se non mi piace, lascio; se mi stanco, cambio. In questo modo, però, il proprio io resta debole e solo; non c’è progresso, crescita umana. Non c’è appartenenza e fedeltà. Si arriva, afferma ancora Bauman, a "una comunicazione fatta di pura e semplice affinità che in forza di tale motivo non è problematica, non richiede alcuno sforzo o vigilanza genuinamente ordinata".[23]

Questo accade, per esempio, quando qualcuno comunica moltissimo in internet o al cellulare con chi gli è affine e poi, in casa nemmeno saluta o a tavola non ha niente da dire. Insomma, c’è il rischio concreto che lo spazio dato alle relazioni virtuali porti a soddisfare il proprio fabbisogno di relazione lasciando poche energie per le relazioni interpersonali reali, più impegnative e più umanizzanti.

 

UN DECALOGO DI ORIENTAMENTI

È un tentativo di avviare una pedagogia di vita nel mondo virtuale, mediante alcuni orientamenti pratici e praticabili.

  1. Valorizza la comunicazione informatica.[24] Conosci i nuovi mezzi di comunicazione per saperli padroneggiare. Essi “sono «tra le cose meravigliose» — «inter mirifica» — che Dio ci ha messo a disposizione per scoprire, usare, far conoscere la verità, anche la verità sulla nostra dignità e sul nostro destino di figli suoi, eredi del suo Regno eterno”.[25] Bisogna essere consapevoli dei problemi umani legati alla comunicazione virtuale per prevenirli o, almeno, per farsi aiutare. E non basta l’uso e il consumo, ma occorre ambientarci nel nuovo mondo virtuale in cui viviamo. Per questo sarà utile partecipare a iniziative specifiche di formazione alla vita personale e apostolica nel mondo virtuale.

I cristiani devono tenere conto della cultura mediatica in cui vivono” per “integrare il messaggio salvifico nella ‘nuova cultura’ che i potenti strumenti della comunicazione creano e amplificano”.[26] A tal fine ci vuole una “vasta opera formativa per far sì che i media siano conosciuti e usati in modo consapevole e appropriato”.[27] Infatti, “senza una adeguata formazione si corre il rischio che i media, invece di essere al servizio delle persone, le asserviscano e condizionino in maniera determinante”. Si educhino i religiosi ad un uso disciplinato e critico di tali mezzi - dice la nostra Norma 76 - affinché si formino una buona conoscenza e un maturo giudizio delle realtà e necessità del mondo in cui vivono al fine di immettere in esse i valori evangelici.

  1. Coltiva l’interiorità per non acquisire un’identità debole e superficiale. La nuova cultura virtuale presenta una visione frammentata della realtà. La realtà e la verità si trovano immerse nel mare di tante visioni e verità presentate come assolute. La verità è sostituita dall’opinione. L’offerta indistinta di tutto e del suo contrario è a portata di un click. I valori e i fatti di una persona o di una istituzione si trovano posti a confronto con mille altri, spesso contrari. Al sito della Chiesa si affiancano i moltissimi siti di chiese, di religioni, di sette e di “favole profane” (1Tm 4,7) e “artificiosamente inventate” (2Pt 1,16). Il relativismo è una facile conseguenza di questa cultura e, con esso, la debolezza di identità personale.

La comunicazione virtuale può favorire la superficialità. Risèrvati tempi di silenzio e di riflessione per far emergere la dimensione interiore e trascendente della tua persona. La comunicazione virtuale è immediata e rapida nei messaggi. Metti nel tuo progetto personale tempi (apparentemente) in-utili al fare e al dire e utili alla contemplazione e al discernimento. La comunicazione virtuale offre informazioni e opinioni di ogni tipo, tutte sullo stesso piano, contando più sull’effetto dell’impressione che sulla riflessione e l’analisi della realtà. Per vederci chiaro, integra sempre le conoscenze virtuali con l’esperienza tua, delle persone e dei fatti.

  1. Sii esploratore e non nomade. Il nomadismo è un atteggiamento tipico che si sviluppa nel mondo virtuale. Nella rete si naviga, si esplora, si è sempre in movimento da un sito all’altro, da un mondo all’altro. È bello e può diventare un guaio. Il nomadismo della rete può diventare anche uno stile di vita: si passa con facilità da un’esperienza all’altra, da una relazione all’altra, da un’appartenenza all’altra. Sii esploratore che ha una propria identità (casa, affetti, progetti) e non un nomade che ha solo se stesso, qui e ora. Il nomadismo porta all’indifferenza, alla solitudine, all’abuso, alla prevaricazione.
  1. Comunica quello che sei. Noi comunichiamo soprattutto quello che siamo. Si può quindi essere grandi fruitori ed esperti della comunicazione virtuale, ma trasmettere la propria mediocrità e meschinità oppure l’onestà e la vita bella.

In internet ci sono molti siti e blog di Congregazione. In essi, stiamo comunicando il nostro stile di vita e i nostri “amori”? Stiamo comunicando la scelta radicale per Dio e per il Signore Gesù? Esprimiamo la fraternità comunitaria, la scelta dei poveri e desamparados, la fiducia nella Divina Provvidenza e la speranza, la bellezza della carità? Nel mondo virtuale non basta comunicare il Vangelo e il carisma come fossero un’ideologia, come una maschera, un look, un avatar.[28]

La nostra attrattiva (client appeal) anche virtuale sta nella testimonianza del “seguire Cristo più da vicino” e del “portare i piccoli, i poveri, il popolo alla Chiesa e al Papa, per Instaurare omnia in Christo, mediante le opere di carità”. Quindi, essere buoni religiosi orionini nella vita quotidiana è, da un punto di vista comunicativo, molto più importante di tutti i siti web, radio, televisioni o giornali che possiamo avere, perché di fatto comunichiamo quello che siamo. Solo se la testimonianza della vita è autentica, la comunicazione mediatica può suscitare fascino verso il Signore (evangelizzazione) e verso la vita orionina (vocazione).

  1. Educa la tua volontà al bene.  Le reti sociali (social network) hanno reso possibile l’interattività aperta, in contemporanea e da luoghi distanti, oltre le mura della casa di comunità e dell’opera. In internet, possiamo andare dove vogliamo e con chi vogliamo.[29] Non c’è da chiedere permesso e nemmeno da avvertire. Non c’è il superiore o il confratello che ti chiede “dove vai?”, “cosa hai fatto?”. Non c’è altro controllo che quello della tua responsabilità personale. Perciò, illumina la ragione ed educa la volontà al bene fin dalla formazione iniziale,[30] e poi permanentemente, perché nel mondo dei personal media hai la possibilità di fare quello che vuoi. Anche il male. Anche il tuo male. Sai bene che nel mondo virtuale è coinvolta la tua intelligenza e volontà e, pertanto, le tue azioni e relazioni virtuali sono umanamente e moralmente rilevanti.
  1. Gestisci e ordina il tempo. Abbiamo visto che è statisticamente in aumento il tempo occupato da giovani e adulti con i mezzi informatici. Anche da noi religiosi. Conseguentemente, un altro orientamento riguarda la gestione del tempo della propria vita.

Il recente Capitolo generale menziona “l’uso improprio dei cellulari, computers, TV”  tra gli “elementi di disturbo e di compensazione alla relazione fraterna” (n.37). Gli orari e gli impegni comunitari oggi possono essere annullati: di fatto, puoi telefonare, chattare, navigare mentre sei a tavola, o al lavoro, a letto o… anche in chiesa. È impossibile dare regole uguali per tutti, ma è indispensabile che, personalmente e comunitariamente, si stabiliscano le priorità e si gestisca il tempo mettendo ordine e progetto, regole, nella propria vita.[31] Il tempo è vita. Nella gestione del tempo manifestiamo chi siamo e che vita facciamo.

  1. Sii persona trasparente. Essere persona significa dire e manifestare la propria identità individuale, cristiana, religiosa e orionina. Nelle relazioni virtuali è possibile prescindere e anche nascondere la propria identità personale. In internet e nei social network, evita il passo falso e fatale di coltivare relazioni nell’anonimato proprio e altrui, l’uso di maschere e di avatar sostitutivi: ogni contatto avvenga a partire dal riconoscimento di un volto e di un'identità personale. Sono nefaste le conseguenze di una second life (altra vita, altra personalità) virtuale che sdoppia e disintegra la personalità.

Essere persona trasparente nel mondo virtuale significa poi – prendo le parole da Benedetto XVI - "testimoniare con coerenza nel proprio profilo digitale e nel modo di comunicare, scelte, preferenze, giudizi che siano profondamente coerenti con il Vangelo, anche quando di esso non si parla in forma esplicita".[32] Non dobbiamo essere ipocriti o esibizionisti nei nostri siti, blog, mail, video-conferenze, nemmeno a fine di bene: “il vostro comunicare sia ‘sì sì’ e ‘no no’ ” (Mt 5,37).

  1. Cerca l’esperienza oltre l’informazione. C’è tanto spreco di tempo e di risorse nella comunicazione di ogni tipo e, ancor più, in quella informatica! Quello che è comunicato spesso non viene recepito; ciò che si recepisce a volte non diventa riflessione feconda; quello su cui si riflette spesso non diventa vita. Come spezzare questa catena di infruttuosità che scoraggia la comunicazione? Don Pascual Chavez, rettore maggiore dei Salesiani, scrivendo delle “nuove frontiere della comunicazione sociale”, ha riportato il detto popolare “non puoi mangiare una frittata se prima non rompi l’uovo”.[33] La ricchezza nutritiva di una frittata è rinchiusa dentro l’uovo. È evidente che se si lascia lì, mai diventa un cibo delizioso e nutriente; anzi, prima o poi, si imputridisce, il suo contenuto diventa sgradevole e da buttare. L’uovo è la vita concreta, è l’esperienza reale. Dal guscio della comunicazione occorre far uscire l’esperienza di vita. La bontà della frittata – sia essa elaborata con un sito internet, una predica, una lezione di catechismo, un documento del Capitolo o la Circolare del Generale -, dipende sempre dalla bontà dell’esperienza da cui proviene. Occorre però rompere il guscio, andare a quello che sta dentro, con la riflessione e il confronto per farne uscire i contenuti. Non basta lo sguardo o un giudizio superficiale per trasformare l’informazione in nutrimento.
  1. Integra il contatto virtuale con quello diretto e fisico. Certamente il  mondo virtuale non è parallelo ma è parte della realtà quotidiana. E lo sarà sempre più.[34] È parte del tessuto dell’esistenza. È parte ma non tutto. È un’espansione nuova e potente di informazione e di dialogo per rafforzare le relazioni. Integra però le relazioni virtuali nelle relazioni dirette e fisiche con le persone e la natura.[35] Benedetto XVI invita ad autodisciplina e ad equilibrio perché "è importante ricordare sempre che il contatto virtuale non può e non deve sostituire il contatto umano diretto con le persone a tutti i livelli della nostra vita".[36]

I media diventano una tentazione quando ci distraggono dalle relazioni quotidiane, in casa, quelle dateci dalla Provvidenza e dall’obbedienza, offrendoci quelle virtuali; non quelle che chiedono sacrificio ma quelle che fanno piacere; non quelle coniugali (di comunità e di apostolato) ma quelle che ci scegliamo noi, più attraenti, meno impegnative, che possiamo spegnere quando vogliamo con un clic o mettendo l’indirizzo nel cestino o tra le spam. Non avvenga che qualcuno dedichi più tempo alla comunità di facebook, o simili, che alla propria comunità. Dobbiamo essere attenti a mettere gerarchia e priorità nelle nostre relazioni per evitare distorsioni e cadere nella malnutrizione relazionale.[37]

  1. “Gettate la rete” (Gv 21, 6)[38] o, per dirla con Don Orione, “Facciamoci il segno della croce e buttiamoci nel fuoco dei tempi nuovi” del mondo virtuale. La rete virtuale è un nuovo ambito di vita e di apostolato,  “ci riguarda”. Non va demonizzato.[39] Certo vanno conosciuti i problemi, vanno evitati i rischi, ma con Don Orione dobbiamo avere un atteggiamento “apostolicamente fiducioso”, “né presuntuosi né conigli”,[40] ma “con criteri e spirito largo. Tutte le buone iniziative siano in veste moderna, pur di seminare e arare Gesù Cristo nella società”.[41]

Papa Benedetto XVI, che non usava neppure la macchina da scrivere, ha spronato a entrare nel mondo digitale per “introdurre nella cultura di questo nuovo ambiente comunicativo e informativo i valori su cui poggia la nostra vita. Nei primi tempi della Chiesa, gli Apostoli e i loro discepoli portarono la Buona Novella di Gesù nel mondo greco romano: come allora l’evangelizzazione per essere fruttuosa richiese un’attenta comprensione della cultura e dei costumi di quei popoli pagani nell’intento di toccarne le menti e i cuori, così ora l’annuncio di Cristo nel mondo delle nuove tecnologie presuppone una loro profonda conoscenza per arrivare ad un loro adeguato utilizzo”.[42]

Cosa possiamo fare come Orionini, personalmente e istituzionalmente, per essere “fari di fede e di civiltà”, per comunicare il Vangelo e l’esperienza della nostra vita orionina mediante i nuovi linguaggi? Occorrerà innanzitutto ambientarci nel nuovo mondo virtuale in cui viviamo. Ogni missionario impara la lingua del posto in cui va, perché è condizione indispensabile per la sua missione. L’uso della comunicazione virtuale è necessario alla nostra missione nel mondo virtuale in cui viviamo. Diversamente, ci sentiremo timidi e paurosi, fuori posto e fuori epoca. Ritengo sia da avviare un confronto e una formazione tra religiosi e laici orionini che stanno usando gli strumenti informatici come forma di apostolato.[43]

 

Cari Confratelli, concludo invitando tutti ad essere missionari immigrati nel mondo virtuale, dove missionari è sostantivo e immigrati e aggettivo. Per dire che se uno è missionario davvero, sa affrontare la sfida di farsi immigrato per il Vangelo. Don Marabotto in Polonia, Don Zanocchi in Argentina, Don Pattarello in Brasile, Don Genovese in Chile, Don Mugnai in Costa d’Avorio, Don Piccoli in Filippine, e tanti altri, sono oggi ricordati come grandi missionari e fecero tanto bene anche se non parlarono mai bene la nuova lingua ed ebbero difficoltà di inculturazione.

Ciò vale anche per noi. Il principale motivo per il quale entriamo in rete e immigriamo nel mondo virtuale deve essere lo zelo missionario e non il divertimento o il passatempo o, peggio, l’ozio. Don Orione, 100 anni fa, non mandò i suoi religiosi ad una crociera turistica in Brasile e poi in altri paesi, ma li spinse ad un'ardua impresa missionaria. E impresa missionaria fu, con frutti che permangono oggi. Ricordiamoci che l'esito dei missionari si misura dalle vocazioni native suscitate. Così l'esito di noi religiosi maturi, immigrati nel mondo virtuale, si misura dalla passione missionaria che trasmettiamo ai nativi virtuali.

Mi pare di ascoltare e quasi di vedere, dopo un breve giro sulle strade del web, le parole di Don Orione dal Chaco, riferite al mondo virtuale e a quanto vi si incontra: “Qui, la più parte dei ragazzi sono figli naturali… moltissimi sono da battezzare; la corruzione dei costumi è spaventosa. Qui ci sono i protestanti, gli ebrei, i mercanti che arricchiscono di beni terreni e che per la ricchezza stanno là, e non ci sarà il sacerdote per le anime?”.[44]

 

CONCLUDENDO

Il quadrimestre gennaio – aprile 2013, appena concluso, è stato caratterizzato dall’avvicendamento sulla Cattedra di Pietro, a Roma, tra Papa Benedetto XVI e Papa Francesco. Quanti pensieri quanti sentimenti sono stati espressi. Ne voglio evidenziare ancora uno: credo che tutti noi abbiamo avuto una ulteriore conferma che è il Signore Gesù, mediante lo Spirito Santo, a guidare e a far vivere la sua Chiesa. Ora conformiamoci in pensieri, desideri, stile e insegnamento su Papa Francesco.

Per le consuete notizie di famiglia invio al Panorama orionino e invito, ancora una volta, a visitare il sito www.donorione.org che si può leggere, ricorrendo al traduttore istantaneo (anche questo c’è) nelle diverse lingue.

Solo ancora raccomando alle vostre preghiere di suffragio i carissimi Confratelli Pe. Edgard De Jesús Florentino e Don Fioravante Agostini, che il Signore ha chiamato a sé in questi ultimi quattro mesi, e dei quali troverete maggiori notizie nel Necrologio di questi stessi Atti.

Due persone defunte, tanto benemerite anche per la collaborazione prestata nelle nostre case, sono Sr. Maria Discipula Crucis e Inezia Da Dores Santos, consacrata dell’ISO di Ouro Branco (Brasile).

Tra i parenti, sono mancati il papà di Don Krzysztof Wojtynia e di Don Jean Baptiste Komi Dzankani; la mamma di Don Jerzy Pawlowski, del Diac. Cristiano Castellaro e di Fra Geraldo (Rogelino Oliveira Brito); il fratello di Don Luciano Degan, di Don Andrea Scaglia, di P. Juan Sinforiano Pereira Lopez e del Ch. Marcio Alexandre Calais de Jesús, e infine la sorella di Mons. Giovanni D’Ercole.

Affidiamo alla bontà del Signore tutti i nostri Amici, Benefattori, Ex Allievi defunti che contribuirono al bene della Piccola Opera.

Un pensiero e una preghiera speciale anche per tutti i nostri malati ed anziani: la Santa Madonna e San Luigi Orione ottengano loro di accettare e di offrire la sofferenza e i loro problemi a Gesù, per poi con Lui partecipare alla gioia senza fine.

            Vostro fratello e padre in Cristo e in Don Orione,

                                                                                  Sac. Flavio Peloso, FDP

                                                                                      Superiore generale


[1] Un po’ tutte le Congregazioni stanno affrontando questo tema. Se ne è trattato in vari gruppi di studio delle Assemblee dei Superiori generali.

[2] È molto bello il n.11 dell’Istruzione Pastorale Communio et Progressio che descrive Gesù comunicatore.

[3] In cammino con Don Orione, p.325.

[4] Scritti 61, 114.

[5] Scritti, 79. 300. “Nel bene, se non si è un po’ originali, se si sta sempre lì, si ristagna, si ammuffisce… La novità è mezzo di fare il bene perché si richiama l’attenzione, si interessano gli altri alle iniziative del bene…”; Parola del 17.4.1938.

[6] Lettera a Don Domenico Sparpaglione del 15.2.1938; Scritti 33, 19.

[7] Lettera ai sacerdoti chiamati a costituire un “Piccolo Ufficio Stampa” del 22.2.1938; Lettere II, p. 527-533.

[8] La comunicazione con mezzi digitali è in rapida espansione globale perché gli strumenti sono utili, di facile uso, economici nei costi. Si è passati dai mass media ai personal media, di dimensioni piccole, di basso costo, di largo uso (notebook, ipad, cellulari, smartphone, ecc.).

[9] Dati del 2007 della Pearson Education, Inc.

[10] Rapporto Nazionale Eurispes 2011 su "Ragazzi a rischio per la dipendenza da Internet e Social Network", Roma 2011.

[11] Per illustrare alcuni elementi essenziali mi servo dello schema della conferenza di Joana Puntel all’Assemblea dei Superiori generali del maggio 2012, dal titolo “Vita religiosa nella cultura mediatica”, e dei suoi libri: Cultura Midiática e Igreja: uma nova ambiência (2006); Comunicação: diálogo dos saberes na cultura midiática (2011).

[12] Per illustrare alcuni elementi essenziali mi servo dello schema della conferenza di Joana Puntel all’Assemblea dei Superiori generali del maggio 2012, dal titolo “Vita religiosa nella cultura mediatica”, e dei suoi libri: Cultura Midiática e Igreja: uma nova ambiência (2006); Comunicação: diálogo dos saberes na cultura midiática (2011).

[13] La cultura digitale o cibercultura o cultura virtuale è sorta a partire dagli anni ’70, col diffondersi della microinformatica e con il sorgere delle reti. È inoltre la cultura del telefono cellulare, dei computers, delle reti (internet), dei micro-oggetti digitali che funzionano a partire dal processo elettronico digitale.

[14] Giovanni Paolo II, Lettera Apostolica del 24 gennaio 2005, Il Rapido Sviluppo, n.3.

[15] La ciberdipendenza (dipendenza da internet) è ormai un problema ben descritto e rilevato statisticamente. Le persone che ne sono affette sono caratterizzate da un desiderio spasmodico di trascorrere in rete la maggior parte del proprio tempo. È una droga, non diversamente dall'alcool o dalla cocaina e, come nel caso delle sostanze citate, serve all'individuo per fuggire dalla realtà. L'impiego esagerato di Internet comporta il manifestarsi di disturbi psicologici, che a volte sfociano in veri e propri disordini psichici.

[16] Nella vita quotidiana, i rapporti interpersonali comportano sempre difficoltà e anche conflitti; in internet e nei social network, di fatto, le relazioni sono organizzate tra simili selezionati per affinità, e le differenze caratteriali o le difficoltà interpersonali sono «oscurate» dalla lontananza, dall'anonimato: c’è il rischio di perdere l’alterità, la tensione, il conflitto, l’integrazione, il progresso comunitario. L’affinità relazionale può diventare intima e anche di natura sessuale. Un religioso e psicologo, Giuseppe Crea, ha dedicato un articolo a Vita religiosa e dipendenza sessuale in internet, “Vita consacrata”, 2004/2, p.171-182.

[17] In Atti e comunicazioni, 62 (2008), p.327-332. Le Norme parlano dei mezzi di comunicazione sociale ai n. 8, 76, 92, 105. L’Itinerario Formativo Orionino, nel capitolo “Formazione umana”, tratta “Sull’uso dei mezzi di comunicazione sociale”, n. 62-65, p. 72-74.

[18] Alcuni siti di Congregazione sono ben fatti; www.donorione.org è diventato una piccola piazza in cui ogni giorno oltre 1000 persone, dei quali una buona metà sono confratelli,  vanno per avere notizie di famiglia orionina; ci sono siti che, oltre al materiale spirituale e pastorale, offrono la possibilità di colloquio; il Centro Provinciale Vocazioni del Brasile Sud fa promozione e accompagnamento vocazionale via internet; quante volte ho potuto rendermi presente anch’io a riunioni e convegni parlando in diretta video/voce da un lato all’altro del mondo orionino; dalle nostre opere di Lindleya (Polonia), Claypole e Cordoba (Argentina), a Itapipoca (Brasile) e altre, si trasmettono la Messa e programmi religiosi in diretta internet; abbiamo alcuni siti di formazione professionale on line; stanno avvenendo riunioni di segretariato in videoconferenza. Sono davvero molti i servizi che già si stanno utilizzando. C’è un sito polacco (non nostro) - pogotowieduchowe cioè emergenza spirituale - dove appare la mappa con la lampadina verde accesa dei sacerdoti che hanno il telefono acceso e che puoi chiamare per esprimere i tuoi problemi e necessità.

[19] Benedetto XVI, Messaggio Verità, annuncio e autenticità di vita nell’era digitale” per la 45a Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, Città del Vaticano 2011.

[20] Al riguardo è significativo il fenomeno Second Life, un mondo virtuale cui si accede mediante un programma  gratuito che permette agli utenti, rappresentati da una propria immagine (avatar), di interagire gli uni con gli altri. I residenti possono esplorare, socializzare, incontrare altri residenti e gestire attività di gruppo o individuali, creare partnership, sposarsi, realizzare progetti, comprare terreni, costruire, lavorare e teletrasportarsi nel passato e viaggiare attraverso le isole e le terre che formano il mondo virtuale, i cui dati digitali sono immagazzinati e a disposizione. Ci sono milioni di persone collegate che vivono la loro Second Life. Cfr l’articolo apparso su La Civiltà Cattolica, a cura di Antonio Spadaro: «Second Life»: il desiderio di un’«altra vita», 2007/III, p. 266-278.

[21]  Consideriamo qui le opere di Zygmunt Bauman, La modernità liquida, Editori Laterza, Bari, 2009 e La Società individualizzata, Il Mulino, Bologna 2010.

[22]Zygmunt Bauman, La modernità liquida, Laterza, Bari 2009, p.105.

[23]Idem, p.110.

[24] Il Documento di Aparecida, della V Conferenza Generale dell’Episcopato di America Latina e Caraibi  (2007) dedica il n.486 al “Conocer y valorar esta nueva cultura de la comunicación” offrendo indicazioni pratiche.

[25] Giovanni Paolo II, Lettera Apostolica del 24 gennaio 2005, Il rapido sviluppo, 14.

[27] Ibidem, 11.

[28] L'avatar è un'immagine scelta per rappresentare la propria identità in comunità virtuali, luoghi di aggregazione, discussione, o di gioco on-line. Il termine è stato popolarizzato da un film di grande successo.

[29] Ho presente la scena  vivace e simpatica dei 6 novizi di Velletri e del loro padre maestro, dopo cena,  nella sala dei computers di Villa Borgia. Mi ci sono affacciato alcune volte: ciascuno con computer, cuffie e microfono, chi parlava in italiano, chi in spagnolo, chi in rumeno, chi in tono serio e confidenziale, chi scherzando ad alta voce, chi parlando alla famiglia, chi ad amici… Altro che la ricreazione in cortile (fatta prima!) mi trovavo in una piazza mediatica mondiale.

[30] Non si pensi che riguardi solo i religiosi di qualche paese più ricco economicamente. Per conoscenza diretta so che i giovani che entrano in Congregazione oggi – dalla Costa d’Avorio al Brasile, dalla Polonia all’India – pur provenendo da ambienti geografico-culturali molto diversi sono tutti formati nell’unico ambiente/cultura virtuale cui hanno facile ed economico accesso.

[31] L’unica regola comune di Congregazione che sento il dovere di richiamare è quella di lasciare il mondo virtuale fuori della propria camera da letto, riservata all’intimità personale, al silenzio e al riposo. Le motivazioni che hanno portato a proibire la televisione dalla propria camera sono le medesime, e oggi più urgenti, che devono far escludere l’uso dei mass media informatici in camera.

[33] Si tratta della Circolare “Con il coraggio di Don Bosco nelle nuove frontiere della comunicazione sociale” del 24 giugno 2005; Atti del Consiglio Generale n.390.

[34] Ancora una volta rimando al Messaggio di Benedetto XVI Verità, annuncio e autenticità di vita nell’era digitale”.

[35] In questo senso è utile la lettura di Jonah Lynch, Il profumo dei limoni. Tecnologia e rapporti umani nell’era di Facebook, Lindau, Torino, 2011. “Cosa c’entrano i limoni con la tecnologia?”, si chiede l’autore. “Un limone colto dall'albero ha la scorza ruvida. Se la si schiaccia un po' esce un olio profumato e d'improvviso la superficie diventa liscia. E poi c'è quel succo asprigno, così buono sulla cotoletta e con le ostriche, nei drink estivi e nel tè caldo! Tatto, olfatto, gusto. Tre dei cinque sensi non possono essere trasmessi attraverso la tecnologia. Tre quinti della realtà, il 60%. Questo libro è un invito a farci caso”.

[37] Su questo avevo già scritto nella Circolare “Il Signore sa che ci siamo”: Atti e comunicazioni 2010, n.233, p.235-248.

[38] Gv 21, 6; la rete virtuale è un nuovo ambito di apostolato ed è anche un nuovo strumento di apostolato.

[39] Può valere come esempio l’atteggiamento di Don Orione di fronte all’avanzare dell’ “epoca della democrazia” che, all'inizio del sec. XX, portò scompiglio, chiusure e timori, anche in un certo ambito del mondo cattolico, tentato di demonizzare il fenomeno come proveniente dalle forze del male. Don Orione, nel 1905, scrive: "La democrazia si avanza con nuovi bisogni e con nuovi pericoli. Non impauriamocene però, amici miei, ma siamo, per carità, gente di fede larga e larga di nuovi aiuti, se vogliamo davvero essere la gente del nostro tempo: la democrazia si avanza, accogliamola amichevolmente, incanaliamola nel suo alveo, cristianizziamola nelle sue fonti, che sono la gioventù..."; Sui passi di Don Orione, p. 213. Qualcosa del genere non dovremo forse fare in epoca di cibercultura e di mondo virtuale?

[40] Don Orione meglio precisava questa espressione dicendo “non voglio gente fiacca; piccola di testa e di cuore, priva di ogni sana, moderna, necessaria e buona iniziativa, priva del necessario coraggio! Confidare non in noi, ma in Dio, e avanti con animo alto, con cuore grande, con grande coraggio!”. Si veda anche Sui passi di Don Orione, la trattazione delle caratteristiche della nostra carità apostolica: ben preparati culturalmente, audacia e carattere intraprendente, creatività e prontezza nell’azione, laboriosità, intelligenza e modernità nei mezzi e nei metodi, p.171-179.

[41] Riconosciamo subito lo stampo di Don Orione in queste espressioni; Scritti 79, 300. Parlando dell'uso di giornali e radio, Don Orione scriveva, il 21 agosto 1935, da Buenos Aires: "Vedete, che si può e si deve essere modernissimi senza essere modernisti. E così dobbiamo essere: valerci di tutti i trovati della scienza per diffondere la parola di Dio e il bene", Scritti 18, 133. Evidentemente, questo non è un incoraggiamento alla vanità e spreco nell’acquisto dei mezzi informatici indotti dal commercio. È sempre il motivo apostolico che deve guidare le nostre scelte degli strumenti.

[43] La Norma 92 ricorda che “Per essere apostoli occorre preparazione e continuo aggiornamento sia nei principi come nei metodi e negli strumenti” e che “l’uso sapiente dei mezzi di comunicazione sociale può offrire grandi vantaggi”.

[44] Scritti 50, 25.

 

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