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Messaggi Don Orione
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Autore: Flavio Peloso

L'articolo raccoglie e ricostruisce le relazione tra i due santi piemontesi.

GIUSEPPE ALLAMANO  E  LUIGI ORIONE

Tracce dell’amicizia dei due santi piemontesi, fondatori di congregazioni religiose, che lanciarono la Chiesa su nuovi sentieri di azione apostolica.

Flavio Peloso

 

Le prime tracce dell’amicizia tra San Luigi Orione[1] e il beato Giuseppe Allamano[2]  risalgono agli anni 1886-1889, quando il giovane Orione fu per tre anni allievo di Don Bosco a Valdocco. Tra le mete di passeggiate e visite era il santuario illustre e caro ai torinesi della “Consolata”.[3] Al tempo, già da sei anni l’Allamano ne era il rettore e con ogni probabilità l’Orione l’avrà quanto meno visto e di lui avrà sentito parlare.

Gli incontri personali tra queste due gemme del clero italiano poterono cominciare solo a partire dal 1897-1898, allorché don Orione aprì in Torino una modesta casa per artigianelli nell’edificio in corso Principe Oddone, messo a sua disposizione dalle sorelle Maria, Severina e Delfina Fogliano, insigni benefattrici dedite ad opere di bene e di apostolato tra la gioventù.[4]

 

Il primo incontro a Torino

Fu durante una visita fatta da don Orione a questo suo nuovo istituto di Torino che egli volle recarsi a pregare davanti alla Madonna Consolata, nel suo celebre santuario e vi incontrò l’Allamano. L’episodio, raccontato da un testimone, ha il sapore di un fioretto.

Don Orione era arrivato a Torino alla sera di un imprecisato giorno, e, al mattino seguente, volle andare a celebrare al santuario della Consolata. Giunto in sacrestia, si presentò per domandare il permesso di celebrare, ma non gli fu accordato perché non munito del “celebret”, il documento di riconoscimento dei sacerdoti.

Forse quella severità del sacrestano fu dovuta al senso del dovere ma anche al colpo d’occhio su quel sacerdote “male in arnese”. Don Orione non si scoraggiò di fronte all’imprevisto rifiuto e chiese di parlare col vice-rettore; ma anche questi gli mosse difficoltà. Chiese allora del rettore, il canonico Allamano, che non fu più indulgente. Don Orione aveva vivissimo desiderio di celebrare davanti alla Madonna Consolata. Che fare? Con semplicità pregò il canonico Allamano di voler almeno ascoltare la sua confessione. Dopo cinque minuti circa, uscirono dal confessionale e il canonico diede disposizione per la celebrazione di Don Orione.

“Gli abbiamo servito la S. Messa – conclude il testimone Giuseppe Rota -, e tornando in istituto Don Orione diceva: Hanno fatto bene a fare così! Sono disposizioni vescovili. Egli con umiltà accettò quell’umiliazione, senza esprimere alcun risentimento”.[5] 

E’ interessante notare come Don Orione, a Torino, entrò subito in contatto e strinse amicizia con sante persone che frequentavano l’Opera dell’Adorazione, molto sostenuta anche dall’Allamano: Giuseppina Comoglio, ispiratrice dell’Opera dell’Adorazione, Pio Perazzo, il ferroviere santo, Agostino Balma e altri.[6]

 

Prezioso conforto in tempi difficili

Dai brevi accenni disseminati nelle memorie del santo tortonese si viene a sapere che il noto e più anziano sacerdote torinese fu per un certo tempo suo punto di riferimento spirituale e di consiglio nei primi incerti inizi della congregazione.

Si deve avere presente che, tra il 1901 e il 1903, Don Orione e la sua Piccola Opera della Divina Provvidenza attraversarono tempi molto difficili.[7]

Il vescovo di Tortona, mons. Igino Bandi, pur stimando e sostenendo Don Orione, avrebbe voluto che la sua opera rimanesse diocesana, mentre quel giovane e vulcanico giovane sacerdote aveva già aperto le tende a Torino e anche fuori Piemonte, a Sanremo, a Roma e perfino a Noto in Sicilia. Il Vescovo l’avrebbe desiderato invece a capo degli Oblati diocesani. Inoltre, c’erano i soliti timori sulla sua capacità di conduzione e di amministrazione. Uno che misurava le imprese di bene con “il metro della Divina Provvidenza” non poteva che apparire un temerario e un pasticcione. Il Vescovo giunse a ordinare che tutti i chierici di Don Orione rientrassero in seminario. Nel gennaio 1903, era deciso a porre alla testa dell’opera un altro sacerdote collaboratore di Don Orione, più “diocesano” e più “prudente”. Furono momenti drammatici. Tutto si schiarì quasi all’improvviso, il 28 gennaio 1903, con una decisione del Vescovo tutta in favore di don Orione: gli ridiede piena fiducia, gli permise di seguire la “sua strada”. Il 21 marzo successivo firmò il decreto di approvazione diocesana della Piccola Opera della Divina Provvidenza.

E’ in questo periodo che Don Orione si rivolse per consiglio al canonico Allamano, molto stimato a Torino. Di un incontro, in particolare, si ha informazione precisa da una lettera di Don Orione al suo stretto collaboratore Don Carlo Sterpi, del 28 settembre 1901: “Ieri fui alla Consolata dove ho pregato per voi, e dove ho potuto parlare fino verso le 9 con il can. Allamano, nipote di don Cafasso, e dove ebbi tanti lumi e buoni consigli”.[8]

 

Un incontro ricordato dal canonico Cappella

Non sappiamo bene quanti incontri ci siano stati tra don Orione e l’Allamano. Il canonico Giuseppe Cappella, poi rettore del santuario della Consolata, ci ha tramandato la memoria di un incontro verificatosi poco tempo dopo la fondazione delle Missioni della Consolata.[9] Nella relazione più breve per il processo di beatificazione dell’Allamano, il Cappella dice che quell’incontro avvenne “quando il venerando Don Orione visitò per la prima volta il Santuario della Consolata”.[10] Potrebbe essere quella stessa visita cui fa cenno Don Orione nella succitata lettera del 28 settembre 1901. Ma veniamo al racconto.

“Nei primordi del diffondersi del nome di don Orione negli ambienti della carità e delle moderne istituzioni religiose, un mattino si presenta nella sacrestia del nostro santuario della Consolata un sacerdote che, al primo aspetto, dà l’impressione di persona modesta e veneranda, non tanto per l’età ma pel portamento.  Sentito il desiderio suo di parlare col rettore del santuario, il canonico Allamano, che già da parecchi anni aveva fondato l’Istituto dei Missionari della Consolata, mi faccio premura di accompagnarvelo. Appena il rettore intese il nome del visitatore, ne fu come sorpreso, come di chi si trova improvvisamente avanti a persone di riguardo e di cui forse da tempo desiderava l’incontro. Il colloquio tra i due fondatori fu assai lungo.

E, siccome di don Orione già se ne era parlato tra noi sacerdoti del santuario, appena ci trovammo insieme raccolti nell’ora della refezione, mi presi la libertà di interrogare il nostro rettore quale impressione avesse riportata dalla visita di don Orione. Ed egli, quasi premuroso di farci conoscere un santo sacerdote, già tanto benemerito della Chiesa, subito rispose: Don Orione mi ha fatto subito l’impressione di un uomo di Dio, investito del dono, della prerogativa di un vero ed autentico fondatore di un ordine religioso, che farà del gran bene nella Chiesa. Avendomi poi accennato don Orione a difficoltà, insorte già fin dai primordi della fondazione dell’opera sua, cercai di incoraggiarlo a continuare... ché, le difficoltà, le contraddizioni ed anche qualche incomprensione dei buoni, erano e saranno sempre il marchio delle opere di Dio..., che la corona, che circonda il capo dei santi fondatori di congregazioni religiose, mentre profuma di balsamo prezioso la Chiesa di Dio, non è mai senza spine, e che queste appunto saranno poi quelle che li faranno rifulgere in cielo quasi stellae in perpetuas aeternitates... Tiriamo avanti, caro don Orione - gli dissi - nell’opera intrapresa, sicuri che il Signore, che ce l’ha affidata, non mancherà del suo aiuto, e avanti con la vicendevole promessa  di preghiere per noi e per i nostri congregati, fidenti nella Divina Provvidenza e nell’aiuto della santissima Vergine, di poter fare un po’ di bene...”.

Parola più o parola meno, questo fu il senso di quanto riferito dal can. Allamano. Meraviglia la immediata comprensione da parte di questo uomo di Dio, grande maestro di spirito, nei confronti di un altro uomo di Dio: “Don Orione mi ha fatto subito l’impressione di un uomo di Dio, investito del dono, della prerogativa di un vero ed autentico fondatore”. Riconobbe l’azione dello Spirito in un giovane fondatore di 30 anni che altri giudicavano un presuntuoso, un avventato, e forse un po’ pazzo.

 

Forse fu solo un pensiero: unirsi all’Allamano

La fiducia e l’affetto del can. Allamano nei confronti di Don Orione, proprio in quel periodo di più forti difficoltà, apersero l’animo del giovane fondatore a pensare a una duratura collaborazione di bene tra di loro. Del resto, anche l’Allamano era agli inizi della propria fondazione. La partenza dei primi Missionari della Consolata per il Kenya avvenne l’8 maggio 1902. Probabilmente, avrà confidato a conforto di Don Orione che anche la sua incipiente congregazione dei Missionari della Consolata stava passando momenti di grande travaglio e incertezza.[11] Senza data, ma riconducibile a questo tempo, è una minuta di lettera di Don Orione.

“A nostro Signore Gesù Crocifisso e al santo Padre e alle Anime per Maria santissima. Veneratissimo signore e fratello del nostro caro Padre e Signore Gesù crocifisso, facciamo una cosa sola, la casa della Consolata per le sante missioni, e questa povera baracca? Perché mi pare che questa casa sarà una consolazione per la Madonna, e così alcuni buoni soggetti e qualche buon chierico, desideroso di andare alle missioni, ci andrebbe per mano della Madonna, e così io sarei anche più tranquillo ed essi sicuri di andar bene. Ho anche qualche sacerdote proprio di spirito e di vita interiore,[12] che mi va allevando dei novizi di molte buone speranze, fra cui un giovane professore,[13] uscito dall’università di Torino e che frequentava il teol. De Maria, e un altro suo compagno torinese, che venne anche aiutato da De Maria.[14] E anche dalle altre case potrebbe venire un buon elemento, e gli eremiti, che sono già, per volontà del santo Padre, sui beni della santa Sede di Orvieto e a Monte Mario in Roma, potrebbero forse servire per l’agricoltura. Dunque, o mio buon fratello, io vi prego di pregare un po’ davanti alla Madonna e, se vi pare che questa cosa sia nei disegni di Dio, scrivetemi...”.

Di questa lettera non si possiede l'originale; esiste solo la minuta autografa di don Orione.[15] Tutto fa pensare che questa lettera non sia mai stata scritta e spedita, e che don Orione, abbia invece esposto di persona all’Allamano quanto gli stava a cuore. Qui, quello che importa è che essa rivela la stima e la fiducia di don Orione nell’Allamano.

 

La devozione alla Consolata

Don Orione ebbe particolarmente cara la devozione verso la Madonna, venerata con il titolo di Consolata nel celebre santuario di Torino. Lo visitò e vi pregò da allievo salesiano e vi tornò poi sovente. Quale il motivo particolare? “Vi si prega con tanto raccoglimento” diceva ai suoi confratelli.[16]  Ne conosceva la storia, ne ammirava l’arte, ma più ancora ne apprezzava il clima di religioso raccoglimento. “Quando nel 1706 Torino era assediata dai Francesi, Vittorio Amedeo II di Savoia… e i Torinesi pregavano, recitavano il Rosario, imploravano l’aiuto del cielo; e fecero voto alla Consolata, che è il Santuario dei Torinesi dove si prega meglio, forse, che in tutte le Chiese di Torino… Quando andrete a Torino visiterete Maria Ausiliatrice, la piccola Casa, San Giovanni e altre Chiese, ma non troverete luogo ove possiate pregare con fervore, con un silenzio, come il Santuario della Consolata”.[17]

Don Orione elencando i titoli mariani tributati a Maria dai nuovi ordini e congregazione religiose ricordava che “i Missionari della Consolata hanno per giaculatoria: Consolatrix afflictorum”.[18]

Nel 1909, Don Orione era vicario generale della diocesi di Messina dopo il terremoto. In tale teatro di dolore e di morte (80.000 morti a Messina), volle aiutare la popolazione superstite della città a cercare rifugio e conforto nella Madonna e, pensando al santuario di Torino, ne propose il titolo e la prerogativa di “Consolata”. Pensò anche al caro canonico Allamano per avere in dono un bel quadro dal santuario di Torino da collocare nella chiesa-baracca aperta in mezzo alle macerie e dedicata appunto alla Madonna sotto questo dolce titolo.

Del felice esito di quella iniziativa è testimone un appunto di Don Orione: “A Torino dalla Consolata. Il canonico Allamano, nipote del Venerabile don Cafasso, confessore di Don Bosco. Dono del quadro, e parole del canonico:  nuova fede. La Consolata giunge a Roma in Vaticano e bontà del Papa”.[19] Dalle brevi parole risulta che il Canonico volentieri fece dono del quadro, con l’auspicio e la preghiera che esso potesse essere strumento per ravvivare a “nuova fede” quel popolo tanto provato dal dolore.[20]

A quel quadro è legato anche un gesto di “bontà del Papa”. Infatti, Don Orione si adoperò presso Mons. Giovanni Bressan, segretario particolare di Pio X, perché il Papa benedicesse personalmente il quadro che il can. Allamano fu lieto di donargli. Lo avvisò: “Messina, il 22. VIII. ‘909. (…) I miei di Sant’Anna porteranno su un quadro della Consolata, identico a quello che è al celebre Santuario di Torino. È un bel quadro, dono del Canonico Allamano, nipote del Venerabile Cafasso. È da mettere qui, ad un altare nella Chiesa dei morti del terremoto. Desidererei che Ella mi ottenesse dalla bontà del S. Padre che Egli stesso di degnasse benedirlo, e annettervi tutti quei tesori spirituali che si acquistano al Santuario della Consolata a Torino, applicabili le S. Indulgenze alle Sante Anime del Purgatorio, per cui la Chiesa sorge”.[21]

Tutto si svolse secondo il desiderio di Don Orione. Due suoi religiosi, Don Giuseppe Adaglio e Don Martino Bak, portarono il bel quadro nello studio privato del santo Padre. Pio X lo guardò e abbozzò una benedizione. I due sacerdoti, però, poco soddisfatti di quel breve cenno, non si muovevano; allora il santo Padre, indovinandone il pensiero: Sì, sì - disse -  l’abbiamo benedetto e lo benediciamo ancora ampiamente. E così dicendo, tracciò sul quadro un largo segno di croce, aggiungendo belle parole per la cara città di Messina”.[22]

Quel quadro fu intronizzato nella povera chiesa-baracca di Messina, inaugurata il 5 novembre 1909. La devozione popolare verso la Consolata andò crescendo. L’Allamano ne era informato e ne gioiva. Lo veniamo a sapere dagli appunti di una sua conferenza del 30 aprile 1911, durante la quale “dopo, detto della grande attrattiva alla devozione della Consolata, impiantata da D. Orione nella risorgente Messina” stimola i suoi discepoli: “Guardiamo di non lasciarci portar via tutte le grazie dagli altri”.[23] La devozione verso la Consolata, a Messina, continua oggi nel nuovo grande santuario-parrocchia.

C’è una testimonianza della devozione di Don Orione verso la Consolata di Torino, resa da Agostino Ravano, amico e benefattore genovese, che lascia sbalorditi. Si era ai primi di novembre 1926. “La mia Signora si era ammalata gravemente di una forma di anemia iteromolitica, per cui - secondo i medici - da dodici giorni viveva contro ogni aspettativa”. Don Orione si recò a celebrare la Messa nella casa dei Ravano a Genova e poi andò alla Consolata a Torino, accompagnato dal Signor Dufour (nipote del Ravano, altro insigne benefattore genovese). “Mi disse che aveva pregato chiedendo che fosse passata una parte di male a lui perché fosse concesso ancora un poco di vita a questa madre. E difatti nella notte la mia Signora migliorò in modo da poter subire una grave operazione (asportazione della milza) e campò ancora sette mesi. A Don Orione sopravvenne una polmonite che durò una quindicina di giorni, portandolo a condizioni gravissime, e di cui portò per parecchio tempo le conseguenze. Don Orione mi faceva però notare che nella Signora il male esisteva ancora, forse per prepararmi”.[24]

 

Soprattutto consigliere e amico

Don Orione, parlando dell’Allamano, lasciava capire la grande considerazione che aveva di lui come maestro e consigliere spirituale. Alla Madre Michel, fondatrice e oggi beata, commentò il comportamento di un ecclesiastico: “a Torino so che il cardinale è stato assai assai disgustato. Anche il Teol. Allamano si è espresso ultimamente molto sgradevolmente”.[25]

Scrivendo alla marchesina Giuseppina Valdettaro e sconsigliandola di entrare nella Piccola Opera perché “è un Istituto dove c'è tutto da fare, e Lei è stata dove già tutto era ordinato e fatto”, porta a conferma che “Il Venerabile Cafasso (me lo raccontò Suo Nipote il Teol. Allamano Rettore della Consolata di Torino e del Convitto Ecclestiastico) sconsigliò sua sorella dal mandare il figlio dal Venerabile Don Bosco, perché c’era troppo disordine”.[26]

Sullo stesso argomento e sull’importanza di seguire i consigli del confessore, Don Orione portava ad esempio quanto diceva Don Bosco: “Ho ottenuto tanti aiuti straordinari dal Signore perché mi sono affidato nelle mani del confessore, che era il Cafasso”. Don Orione poi commentava: “E dire che una volta il Cafasso proibì a sua sorella di mettere il figlio da Don Bosco, ed era quello che poi diventò il Canonico Allamano, il fondatore delle Missioni della Consolata. Questo fece il Beato Cafasso non perché non avesse una immensa stima di Don Bosco, ma perché riteneva che, tra quegli sbarazzini che Don Bosco accoglieva, il piccolo Allamano ci avrebbe perso più che guadagnato”.[27]

Don Carlo Pensa, secondo successore di Don Orione, affermò che è riconoscibile il particolare influsso dell’Allamano soprattutto nella sensibilità missionaria del Fondatore della Piccola Opera: “I documenti provano che il rifiorire dell’ideale missionario del nostro Fondatore Don Orione risale al periodo in cui egli poté avvicinare a lungo il Can. Allamano (…) e al consiglio e incoraggiamento alle successive attività missionarie della Piccola Opera della Divina Provvidenza (…)”.[28]

La relazione tra Don Orione e l’Allamano ha lasciato poche tracce nei documenti, ma quei pochi in nostro possesso lasciano intendere che fu profonda e concreta. Per esempio, l’Allamano, scrivendo ad Attilio Bongiovanni, un ex giuseppino che desiderava rientrare nella vita religiosa, lo invita a bussare alla porta dei Giuseppini stessi e “Se ricevesse un rifiuto, il che non credo, si rivolgerà a Don Albera, e dopo a Don Orione”.[29] In un biglietto di Don Orione del 2 luglio 1918 leggiamo: “Rev.mo Mg.r can.co Allamano. Sono di passaggio a Torino il Superiore generale dei Fratelli delle Scuole di Carità di Venezia con un gruppo di suoi religiosi. Li raccomando alla sua bontà, poiché essi vengono per visitare la Consolata e il Ven.le Cafasso. Dio la ricompensi, e preghi la SS. Vergine per questo suo amico in Gesù Cristo Aff.mo   Sac. Orione  della Div. Provvidenza”.[30]

“Suo amico in Gesù”: non poteva fare altra migliore dichiarazione di stima.

I santi si riconoscevano, si ricercavano, si stimavano, si aiutavano nel comune interesse della santità e dell’apostolato. Un noto proverbio dice che “l’amicizia o trova uguali o rende uguali”. Non è facile stabilire se per una sintonia riconosciuta oppure ricercata, ma di fatto, sono molti gli elementi spirituali di consonanza tra i due santi Fondatori. Entrambi piemontesi, allievi di Don Bosco a Valdocco, la loro spiritualità fu caratterizzata da una profonda tonalità mariana,[31] ebbero un forte impulso apostolico e missionario “ad gentes”,[32] furono maestri di santità e fondatori di congregazioni religiose,[33] e soprattutto furono santi e tali sono stati riconosciuti dalla Chiesa.[34]

L’amicizia tra i santi fondatori Luigi Orione e Giuseppe Allamano, iniziata in anni lontani e viva nella beatitudine del paradiso, continua ad offrire esempi e intercessione alle rispettive congregazioni affinché continuino ad essere strumento di bene nella Chiesa nelle frontiere della missione e della carità.

 

 


[1] Luigi Orione nacque a Pontecurone (AL) il 23 giugno 1872. Allievo a Valdocco con Don Bosco, ancora chierico, nel 1892 fondò il primo oratorio e nel 1893 il primo collegio a Tortona. Ordinato sacerdote il 13 aprile 1895. Fondò i Figli della Divina Provvidenza, le Piccole Suore Missionarie della Carità, coinvolse i Laici nello spirito e nel progetto della Piccola Opera della Divina Provvidenza. Fu missionario in America Latina (1921-1922 e 1934-1937) e promotore di missioni. Morì a Sanremo nel 1940. Biografie: G. Papasogli, Vita di Don Orione, 5a ed., Gribaudi, Torino, 1994, pp.566; D. Sparpaglione, Il Beato Luigi Orione, 9a ed., Paoline, Roma, 2004, pp.376; A. Gemma, Don Orione: un cuore senza confini, Quadrivium, Isernia, 2000, pp.446. Scritti: Nel nome della Divina Provvidenza. Le più belle pagine, Piemme, Casale Monferrato 2004, pp. 207; F. Peloso, Don Orione. Intervista verità, 2a ed., San Paolo, Cinisello Balsamo, 2004, pp.142; San Luigi Orione. Meditazioni sul Vangelo, a cura di Flavio Peloso, San Paolo, Cinisello Balsamo, 2004, pp.272; F. Peloso, Luigi Orione. Fede. Speranza. Carità, San Paolo, Cinisello Balsamo, 2013, pp.256. Alcuni recenti studi: Aa. Vv. Sui passi di Don Orione. Sussidio per la formazione al carisma, Dehoniane, Bologna 1996, pp. 328; D. Barsotti, Don Orione. Maestro di vita spirituale, Piemme, Casale M., 1999, pp.214; M. Busi, R. De Mattei, A. Lanza, F. Peloso, Don Orione negli anni del Modernismo, Jaka Book, Milano 2002, pp.373; Aa.Vv., Don Orione e il Novecento, Atti del convegno all’Università Lateranense del 2002, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2003; Aa.,Vv. San Luigi Orione. Da Tortona al mondo, Atti del Convegno di Tortona del 2003, Vita e Pensiero, Milano 2004, pp.272.

[2] Giuseppe Allamano, nato a Castelnuovo d'Asti il 21 gennaio 1851; morto a Torino il 16 febbraio 1926; beatificato a Roma il 7 ottobre 1990. Era nipote di San Giuseppe Cafasso, allievo spirituale di San Giovanni Bosco, ordinato sacerdote all'età di 22 anni, viene scelto a soli 25 anni come direttore spirituale dei chierici del seminario diocesano di Torino e a 29 anni viene nominato rettore del Santuario della Consolata e del convitto ecclesiastico. Fonda l'istituto dei Missionari (1901) e quello delle Missionarie (1910) della Consolata, con l'incoraggiamento e l'approvazione del Card. Agostino Richelmy. Bibliografia: G. Allamano, La vita spirituale: dalle conversazioni ascetiche del servo di Dio Giuseppe Allamano, 2a ed., Torino, Missioni Consolata, 1963, pp.898; G. Barra, Padre di apostoli: Can. Giuseppe Allamano fondatore dell'Istituto Missioni Consolata, Torino, Missioni Consolata, 1967, pp.200; D. Agasso, Fare bene il bene: Giuseppe Allamano, Cinisello Balsamo, Ed. Paoline, 1990, pp.198; G. Tebaldi, La mia vita per la missione. Giuseppe Allamano, EMI, Bologna 2001, pp.286; F. Pavese, Giuseppe Allamano. Un uomo per la missione. «Adesso voglio parlarvi un po' di me», ed. Missioni Consolata, Torino 2009, pp. 278.

[3] Don Orione qualificava “le frequenti visite che, ai tempi di Valdocco, egli faceva con i compagni al Santuario della Consolata “veri gaudii spirituali”; I. Terzi, La Consolata devozione e conforto di Don Orione, in Il Santuario della Consolata 72 (1972), n.5-6, p. 8. Il rapporto tra l’Allamano e Don Orione è studiato da: I. Tubaldo, Giuseppe Allamano. Il suo tempo. La sua vita. La sua opera, Ed. Missioni Consolata, II, pp. 358 – 365.

[4] Cfr C. Giallongo, Don Orione e i laici santi nella città di Torino a inizio Novecento, “Messaggi di Don Orione” 32(2000)  n.102, pp.77-90.

[5] Memoriale di don Giuseppe Rota, Archivio Don Orione, Roma (citato ADO), Miscellanea B, 8, p.137.

[6] Il tramite fu Gaspare Goggi, allora giovane universitario a Torino, tra i primi seguaci di Don Orione; cfr Don Gaspare Goggi dei Figli della Divina Provvidenza (Don Orione), 1877 – 1908, Roma, 1960, p.113.

[7] A. Lanza, L’approvazione canonica della Congregazione nel 1903, “Messaggi di Don Orione” 35(2003)  n.110, pp.5-38.

[8] Scritti 52, 192; è uno stralcio della lettera a Don Sterpi riportata in Scritti 36, 35.

[9] Relazione indirizzata a Don Luigi Orlandi, postulatore, del 10.8.1945; ADO, C, 4-III.

[10] Sacra Congregatio pro Causis Sanctorum, Beatificationis et Canonizationis Servi Dei Josephi Allamano. Summarium, Roma 1955, p.50. All’epoca del fatto il Cappella era prefetto di sacrestia del santuario.

[11] “La partenza dei primi missionari aveva sì suscitato consensi e entusiasmo - nella lettera di don Orione se ne coglie una eco -, ma anche freddezze e scetticismo, per non dire di peggio”, osserva Candido Bona, La fede e le opere. Spigolature e ricerche su Giuseppe Allamano, Ed. Missioni Consolata, Torino, p.480.

[12] Fa riferimento a Don Carlo Sterpi, maestro dei novizi a Sanremo, suo fedele compagno, collaboratore e poi successore alla guida della Piccola Opera; oggi è “venerabile”; I. Terzi, Don Carlo Sterpi. Profilo biografico, Ed. Don Orione, Tortona, 1991, pp.230.

[13] Allude chiaramente a Don Gaspare Goggi, uno dei primissimi seguaci di Don Orione, di ricche doti umane e spirituali, “servo di Dio”; cfr il già citato Don Gaspare Goggi dei Figli della Divina Provvidenza e F. Peloso – E. Ferronato, Don Gaspare Goggi, ''primo Figlio della Divina Provvidenza'', Roma, 2002.

[14] Il teologo Camillo De Maria, discepolo dell’Allamano, si occupava a Torino dell’apostolato tra i giovani universitari.

[15] Scritti 54, 129.

[16] Parola, 22.9.1930, IV, 350.

[17] Parola, 8.9.1939, XI, 123.

[18]Ogni Ordine, ogni Congregazione religiosa, ha una sua giaculatoria mariana. I Salesiani hanno per giaculatoria mariana: Maria Auxilium Christianorum; i Carmelitani invocano la Madonna sotto il titolo di Maria Decor Carmeli… i Domenicani hanno per giaculatoria: Regina Sacratissimi Rosarii… l’’Istituto per le Missioni  Estere di Milano ha per giaculatoria: Regina Apostolorum; e i Missionari della Consolata hanno per giaculatoria: Consolatrix afflictorum. (…) “Anche la nostra piccola Congregazione deve avere la sua giaculatoria mariana tutta particolare, tutta nostra; ed è questa: Mater Dei, Madre di Dio. E’ questa la nostra giaculatoria che sintetizza un gruppo di dogmi e di verità religiose”; Parola, 6.11.1939, XI, 207.

[19] Scritti 50, 245b.

[20] Questa era anche l’esplicita intenzione di Don Orione nel pensare a una chiesa dedicata alla Consolata: “L’Arcivescovo ha approvato e benedetta questa iniziativa e mi risulta che anche il S. Padre, al quale io stesso ne ho scritto, la vede bene e sarà largo di tesori spirituali che ho richiesto. Si spera di concorrere così a far rinascere nel cuore dei superstiti più viva la fede dando ad un tempo largo suffragio ai poveri defunti”; Scritti 50, 246b.

[21] Scritti 102, 11-12 e anche 84, 228; 107, 49.

[22] Il racconto è presente nell’articolo “Pio X e la Consolata” di Don Angelo Galluzzi pubblicato sul Bollettino "La Consolata" di Messina e ripreso in La Piccola Opera della Divina Provvidenza, 1935 gennaio, 6. Cfr G. Pollarolo, Tre santi e un quadro della Consolata, in Il Santuario della Consolata 81 (1980), n.7, p.7.

[23] Conferenze all’Istituto Missioni Consolata, I, 397. Il nome di Don Orione riappare in una lettera dell’Allamano al prof. Attilio Dongiovanni del 20 luglio 1917; Lettere VI, 582-583.

[24] Sacra Congregatio pro Causis Sanctorum, Beatificationis et canonizationis servi Dei Aloisii Orione. Positio super virtutibus, vol. I-III, Roma 1976, p.287. L’episodio è ricostruito in G. Papasogli, Vita di Don Orione, p. 360.

[25] Senza data; Scritti 102, 22.

[26] Lettera del 16.3.1918; Scritti 65, 147.

[27] Parola. 4.9.1938, IX, 376.

[28] Lettera postulatoria per la beatificazione del can. Allamano, 6.1.1954; ADO, cart. Pensa.

[29] Lettera del 20.7.1917; Quasi una vita… Lettere scritte e ricevute dal beato Giuseppe Allamano, Ed. Missioni Consolata, VII, p.582-583. Don Paolo Albera era il rettore maggiore dei Salesiani.

[30] Scritti 43, 89.

[31] Entrambi considerarono la Madonna “fondatrice” delle loro congregazioni. Li accomunò anche un preciso gesto di confidenza nella Madonna, cioè “la consegna delle chiavi” nella sua mano in momenti di tribolazione e difficoltà. L’Allamano aggiunse «L’opera è tua, pensaci tu»; Don Orione la invocò: «Salvami, o cara Mamma, salvami con i miei giovani». La vita e la spiritualità dell’Allamano furono caratterizzate dal suo ministero di “rettore” e di “tesoriere” della Consolata; di Don Orione sono stati raccolti 4 grossi volumi biografici dal significativo titolo “Don Orione nella luce di Maria” perché egli “tutto vedeva con prisma mariano”.

[32] Le congregazioni fondate dall’Allamano sono strettamente “missionarie”. Don Orione fu personalmente missionario in America Latina (1921-1922 e 1934-1937) e lanciò subito le Congregazioni maschile e femminile nelle frontiere missionarie; alla sua morte erano presenti in Brasile, Argentina, Uruguay, USA, e verso l’oriente in Palestina, Rodi, Albania, Polonia. Ancor oggi hanno una forte impronta “ad gentes”.

[33] Santi, trasmettitori e formatori di un carisma di santità: è il loro volto più noto e che li rende attuali nella vita e nella missione della Chiesa. Mi limito a segnalare, con Padre Francesco Pavese IMC, una consonanza anche verbale della formazione religiosa da loro trasmessa ai discepoli. L’Allamano così spiegava la vita consacrata: «Chi è religioso non dà a Dio soltanto l’opera, ma gli dà l’albero, la radice di tutte le opere» (Conf. IMC, III, 91 e 340). Anche Don Orione insegnava: «Che differenza c’è tra chi fa i voti e chi non li fa? La differenza è questa: la vita di chi è senza voto è come chi dà a Dio solamente il frutto, il frutto della pianta. Chi fa il voto, invece, non dà solo il frutto, ma dà anche la pianta, cioè si fa tutto di Dio» (Parola alle PSMC, 8.12.1927; ai FDP, 3.1.1940; XII, p.3).

[34] Don Orione è stato proclamato “santo” il 16 maggio 2004; il canonico Allamano è “beato” dal 7 ottobre 1990 e si attende il riconoscimento di un altro miracolo per la canonizzazione. Cfr Don Orione e l’Allamano.  Come i Santi si intendono, “Dalla Consolata al mondo”, 2 maggio 2007, p.15-19.

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