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Messaggi Don Orione
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Autore: Card. Jos? Saraiva Martins

Relazione del Card. José Saraiva Martins, Prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi, tenuta a Genova, il 1° marzo 2003, durante l'incontro di studi dal titolo “Don Orione grande cuore della Chiesa”. L’Arcivescovo Tarcisio Bertone, introducendo l'incontro, ha fatto osservare che Genova sembra essere stata, nel corso del secolo appena trascorso, una sorta di “crocevia della santità”. Il beato Luigi Orione (1872 – 1940), per quanto nato a Tortona e dunque in terra piemontese, ha lasciato nel capoluogo ligure non soltanto un lascito materiale (si pensi soltanto al Paverano, a Camaldoli, a Quarto- Castagna), ma anche e soprattutto una eredità – per usare i versi del Foscolo – di affetti e di amorosi sensi.

DON ORIONE A FIANCO DEI PAPI

Card. José Saraiva Martins


Mentre preparavo qualche appunto per svolgere il tema affidatomi, pensavo che Don Orione, probabilmente, avrebbe corretto quell’espressione “a fianco dei Papi” con altra immagine a lui più consona. Avrebbe certo preferito dire “in ginocchio ai piedi del Papa”. E per lui non era certo espressione formale o di galateo ecclesiastico. “D’in ginocchio ai piedi del Papa” è stato il suo atteggiamento di fede e la sua attitudine operativa durante tutta la vita. Di fatto, per questa profonda devozione verso il “Vicario di Cristo” – titolo da lui preferito - Don Orione fu “a fianco dei Papi” rendendo loro servigi anche molto personali, impegnativi e, talvolta, eroici.
A chi conosca anche solo un po’ la vicenda di colui che Giovanni Paolo II ha definito “una geniale espressione della carità cristiana”, sa che l’amore al Papa costituisce la nota dominante e caratterizzante del santo prete di Tortona ed anche del carisma della Piccola Opera della Divina Provvidenza da lui fondata. Proprio cento anni fa, dovendo stilare il testo delle Costituzioni da presentare per l’approvazione del suo Vescovo, così Don Orione definiva la missione e il fine dell'Opera: "Amare Gesù Cristo e farlo conoscere e amare con le opere nostre. Amare la Sua Santa Chiesa Cattolica e far conoscere e amare e servire il Papa, Padre nostro santissimo, Vicario di Cristo e Capo della Chiesa, è l'opera più grande tra gli uomini che possiamo fare su questa terra a gloria del Signore ed è il fine del nostro povero Istituto. Instaurare omnia in Christo: per la grazia di Dio tutto instaurare nella carità infinita di Gesù Cristo con la attuazione del programma papale. Difendiamo la testa della Chiesa e ne salveremo il corpo" (Lo spirito di Don Orione, I, 43).
Leggendo le sue biografie non è difficile raccogliere alcuni dati della sua azione a fianco dei Papi.

Don Orione nacque nel 1872, due anni dopo la presa di Roma, all’epoca della lacerante Questione Romana e del pontificato del beato Pio IX. Non ebbe modo di conoscere personalmente questo Papa, ma percepì, negli anni della sua formazione, il clima conflittivo che lo circondava, come pure la forte “pietà papale” diffusa in vasti strati del cattolicesimo italiano.
Nel 1892, chierico di 20 anni, preparò una pubblicazione, Il martire d’Italia, con la quale intendeva mostrare il valore del Sommo Pontefice e smascherare i tanti travisamenti ideologici e politici sulla sua persona e sul suo operato. “Pio IX – scriveva Don Orione - fu la più grande figura del secolo nostro, lo strenuo debellatore della rivoluzione travisata in tutte le forme, l’amico e il benefattore dei popoli, l’invitto atleta della verità e della giustizia: le sue opere saranno immortali, ed il suo lungo pontificato, di ben 32 anni, formerà nella storia della Chiesa e della Patria una delle epoche più luminose” (Messaggi di Don Orione 102, 31).
Nel 1904, Don Orione fu forse il primo a intervenire presso il neo-eletto Papa Pio X, per incoraggiarlo ad aprirne la causa di canonizzazione: “Mio Beatissimo Padre, prostrato ai Vostri piedi benedetti umilmente Vi supplico di degnarVi dare mano alla Causa del Santo Padre Pio IX e Vi conforto a volerlo glorificare” (Ibidem) . Di fatto, la causa fu aperta e, per qualche tempo, Don Orione ne fu il Vice-Postulatore.

E’ Leone XIII il primo Papa incontrato personalmente da Don Orione. La spinta e l’illuminazione di Papa Pecci per una presenza meno difensiva e più intraprendente dei cattolici nella vita sociale infiammarono di alte idealità e di santi progetti anche il giovane Orione, durante il tempo della formazione seminaristica e del primo avvio della sua nuova congregazione. Certamente l’impronta in Don Orione di una spiritualità e di un’azione pastorale marcatamente incarnate nel sociale provengono dal magistero e dalle direttive di Leone XIII, su cui egli era fortemente sintonizzato. Traccia indelebile restò nelle prime Costituzioni, elaborate durante il pontificato di Leone XIII e a lui presentate in una memorabile udienza personale dell’11 gennaio 1902. “Gli presentai la Regola – riferì Don Orione di quell’udienza -; la benedisse, la toccò, mi mise più di una volta la mano sulla testa, battendola, confortandomi; mi disse tante cose; anche di mettere nelle Regole di lavorare per l'unione delle Chiese d'Oriente: ‘E’ questo, mi disse, un altissimo mio consiglio’" (G. Papasogli, Vita di Don Orione, p.138).
Questo impegno ecumenico, insolito e profetico a inizio Novecento, è un tipico frutto del fatto che Don Orione fu effettivamente “a fianco” del Papa, cioè in sintonia, devoto, pronto all’esecuzione delle indicazioni pontificie. Sappiamo che Leone XIII fu molto sensibile e attivo per quanto riguarda i rapporti con le Chiese orientali. E' a partire da Leone XIII che si può parlare di un 'ecumenismo cattolico'. Ebbene, Don Orione, già infiammato carismaticamente per l’unità della Chiesa, non aveva esitato ad assumere anche questa indicazione ecumenica di Leone XIII nelle sue Costituzioni e, dopo quella famosa udienza, si disse “lietissimo e consolatissimo di non aver sbagliato nei criteri costitutivi della Regola” (Ibidem) .

San Pio X fu senza dubbio il Papa più determinante della vita di Don Orione, il quale affermava: “Il Santo Padre Pio X sarà sempre il nostro Sommo Benefattore, il nostro Papa!” (Scritti 82, 98). Salito al Soglio pontificio nel 1903, il Patriarca Giuseppe Sarto scelse il motto “Instaurare omnia in Christo” , che Don Orione aveva scelto per la sua Congregazione già da dieci anni. La fortuita coincidenza era segno dell’affinità spirituale di quelle due grandi anime e si sostanzierà nella successiva storia delle loro relazioni.
Il loro primo incontro ha il sapore di un fioretto. Il Patriarca Giuseppe Sarto aveva chiamato a Venezia il giovane musico Don Lorenzo Perosi, coetaneo e concittadino di Don Orione. Lo onorava della sua amicizia, lo aveva talvolta ospite a tavola e compagno in qualche partita a tarocchi. Il padre di Lorenzo, temendo che il Cardinale gli viziasse il figliolo, confidò i suoi timori a Don Orione. Questi, senza pensarci due volte, scrisse una lettera al Patriarca, pregandolo di non volere avviare il promettente “Maestrino” verso un brutta china. Spedita la lettera, si augurava che la sua “predichetta”, rispettosa ma audace, venisse presto dimenticata. Ma... gli scritti restano! Quando una decina d’anni dopo, fu ricevuto per la prima volta in udienza dall’ex Patriarca di Venezia, neo-eletto Papa, si sentì mancare quando lo vide estrarre dal breviario la celebre lettera. Il santo Pontefice non se l’era avuta a male; anzi, assicurò di averne ricavato del bene: “Una lezione di umiltà è buona anche per il Papa” , commentò (E. Pucci, Don Orione, p.71s).
Sarebbe lungo enumerare i servizi resi da Don Orione a Pio X e le dimostrazioni di fiducia e di affetto di Pio X verso Don Orione, dopo quell’udienza. Si instaurò tra il Santo Padre e il giovane prete tortonese una relazione di confidenza a tutta prova. Don Orione accettò senza minima esitazione le incombenze, spesso delicate e difficili, affidategli da Pio X, quali quella di Vicario generale plenipotenziario della diocesi di Messina nei quattro turbolenti anni che seguirono al terremoto del 1908, o quella di prolungare l’azione del Pontefice nei confronti dei modernisti, spesso severa in nome della verità, con l’aiuto discreto e fraterno in nome della carità.
Per questa intesa retta, leale e discreta, stabilita tra i due santi, Don Orione si trovò in situazioni personali irte di difficoltà e incomprensioni. “E’ un martire!” , disse Pio X di Don Orione, al termine del periodo messinese (Summarium, 524). E’ significativo un altro episodio da fioretto, ma vero e drammatico. Ad un certo punto, la frequentazione di Don Orione con modernisti incorsi in censure ecclesiastiche, suscitò il sospetto circa la sua piena ortodossia. Della cosa volle occuparsene Pio X in persona. Lo chiamò a udienza senza apparente motivo e ne scrutò le parole e il volto. Ad un certo punto gli chiese di inginocchiarsi e di recitare il Credo. “Erano di fronte il Supremo Pastore della Chiesa, trepido delle sue responsabilità – riferì poi Tommaso Gallarati Scotti – e Don Orione innocente, con la fede semplice della sua prima Comunione, ma che portava le tribolazioni e le colpe nostre”. Terminata la recita del Credo, tanto devota e interiormente vissuta, il volto del Santo Padre appariva rasserenato. E congedò Don Orione dicendo “Và, và, figliuolo… Non è vero ciò che dicono di te!” (Papasogli, p.227).

Anche con Benedetto XV Don Orione ebbe molti contatti personali. Del “Papa della pace” assecondò soprattutto il programma di un più deciso universalismo dell’opera missionaria. E’ di questi anni il coraggioso slancio missionario della Piccola Opera della Divina Provvidenza sulle rotte dell’America latina, nel Medio Oriente arabo e nella Polonia cristiana guardando alla Russia. Egli stesso fu in Brasile, Argentina e Uruguay nel 1921-1922. A conoscenza della volontà del Pontefice circa la Questione Romana, scrisse un coraggioso “Appello agli uomini di Stato” perché facessero “coraggiosamente un passo avanti” per giungere alla soluzione (Scritti 90, 352). Benedetto XV fece giungere a Don Orione, in occasione del suo XXV di sacerdozio, il dono di un calice e di una lunga Lettera autografa, nella quale riconosceva il merito di aver “speso tutti questi anni non soltanto per te, ma per il bene comune, in un perenne vantaggio della Santa Chiesa” (Papasogli, p.367).

Il rapporto di Don Orione con Pio XI fu ancor più fitto di udienze, colloqui e resoconti su missioni confidenziali e delicate, ulteriormente intensificate per la altrettanta fiducia che lo legava al Card. Pietro Gasparri, Segretario di Stato. Ad esempio, solo recentemente gli archivi hanno fatto conoscere il ruolo decisivo e discreto del Beato tortonese per fare chiarezza sulle intricate vicende legate a San Pio da Pietrelcina. Al termine di una difficile mediazione di Don Orione per evitare una iniziativa che poteva intaccare il prestigio della Santa Sede, Pio XI non esitò a commentare in un’udienza: “Don Orione ha sudato sette camicie, ma ha dato delle consolazioni al Papa” (Summarium, 894).
La ragione unificante di tanti episodi e azioni che vedono Don Orione a fianco di Pio XI, ma anche degli altri Papi, è la volontà di favorire il prestigio e la centralità del Papato, condizione per l’affermarsi di un’autentica cattolicità ecclesiale, forza di coesione di un universalismo che solo avrebbe potuto valorizzare il genio dei popoli salvandoli dalle crescenti tentazioni nazionalistiche. In questo quadro, vanno visti anche i significativi ed efficaci interventi di Don Orione per sboccare le trattative che portarono alla Conciliazione tra Stato e Chiesa in Italia nel 1929. Nella lettera da lui scritta a Mussolini nel 1923, egli faceva comprendere che la vera conciliazione da ricercare era quella tra “romanità” e “universalità” del Papato che presupponevano una autonomia e libertà anche politica (Messaggi di Don Orione 107, 27-45). Questa medesima visione della missione spirituale e civile del Papato si esprimeva, in quegli anni di accentuati e pericolosi nazionalismi, in un lungimirante profetismo: “Vedo dai quattro venti venire i popoli verso Roma – scriveva Don Orione -. Vedo l’Oriente e l’Occidente riunirsi nella verità e formare i giorni più belli della Chiesa. Sarà una mirabile ricostruzione, forse la più grande delle epoche, la pax Christi in regno Christi” (Scritti 86, 102).

Il Cardinale Eugenio Pacelli aveva conosciuto Don Orione nel 1934, durante il viaggio in nave dall’Italia a Buenos Aires e nella successiva permanenza per le celebrazioni del Congresso Eucaristico internazionale. Fu eletto Papa, con il nome di Pio XII, il 12 marzo 1939, ad un anno esatto prima della morte di Don Orione. Ci fu il tempo solo per un saluto, carico di apprensione per i venti di guerra che già imperversavano. Sono ricordate un’udienza a Castelgandolfo e l’ultimo saluto, quasi un’icona-testamento, di Don Orione a fianco e “in ginocchio” ai piedi del Papa. Era il 28 ottobre del 1939. L’auto del Papa sostò sulla Via Appia – la “Patagonia romana” affidata da Pio X agli Orionini - di ritorno da Castel Gandolfo. Don Orione si avvicinò e si inginocchiò a lato, circondato dai confratelli e da 1200 allievi dell’Istituto “San Filippo”. Il Papa si sporse. Don Orione gli prese la mano, la baciò e se la calcò sul capo chinato con gesto umile, riconoscente, credente. Pio XII lo lasciò fare e lo benedisse amabilmente (Papasogli p.494). Quando dopo pochi mesi, il 12 marzo 1940, Don Orione morì, Pio XII lo definì “padre dei poveri e insigne benefattore dell’umanità dolorante e abbandonata” (Summarium, 86).

Santi così ne nascono uno o due in un secolo. Questi ricordi storici della eccezionale dedizione di Don Orione a fianco dei Papi ci aiutino a rinnovare il nostro amore, la nostra devozione e la nostra fedeltà al Papa. Risuoni ancora oggi nel vostro cuore, cari membri del Serra Club, cari discepoli dell’Apostolo della Carità e cari amici di Genova, l’accorato messaggio di Don Orione: “Noi dobbiamo palpitare e far palpitare migliaia e migliaia di cuori attorno al cuore del Papa. Dobbiamo portare specialmente a lui i piccoli e le classi degli umili lavoratori, tanto insidiate, portare al Papa i poveri, gli afflitti, i reietti, che sono i più cari a Cristo e i veri tesori della chiesa di Gesù Cristo. Dal labbro del Papa il popolo ascolterà, non le parole che eccitano all’odio di classe, alla distruzione e allo sterminio, ma le parole di vita eterna, le parole di verità, di giustizia, di carità: parole di pace, di bontà, di concordia, che invitano ad amarci gli uni con gli altri, e a darci la mano per camminare insieme, verso un migliore, più cristiano e più civile avvenire” (Lettere II, 490).
 

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