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Messaggi Don Orione
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Nella foto: Don Oreste Benzi con gli zingari.
Pubblicato in: Aa.Vv. Laici con Don Orione. Ed. Don Orione, 1997, p. 135-138.

Testimonianza di Don Oreste Benzi, fondatore delle comunità Giovanni XXIII che si occupa delle categorie di persone più emarginate, al Convegno del Movimento Laicale Orionino; Rocca di Papa, 10 ottobre 1997. Don Oreste Benzi, fondatore della Comunità Giovanni XXIII, è nato il 7 settembre 1925 e morto il 2 novembre 2007. Il 27 settembre 2014, a Rimini, è iniziato il processo per la causa di canonizzazione.

Mi ha colpito la Parola di Dio nella lettera agli Ebrei al cap. (13,11-13), dove è detto che Gesù ha scelto di morire “fuori delle mura”. Dentro di me mi sono sempre chiesto perché Gesù ha fatto questa scelta. Oggi le mura a noi non dicono nulla, ma ai tempi di Gesù per una città erano come le braccia di una mamma, chiunque viveva dentro le mura aveva un’identità, chi veniva scacciato fuori non era più nessuno. Infatti, fuori delle mura c’erano i condannati a morte; erano così maledetti dalla gente perché si sentissero così maledetti anche da Dio. Così la gente voleva che fossero totalmente rigettati, non fossero più appartenenti alla città così coloro che rimanevano dentro si sentivano in coscienza più liberi. Il condannato doveva essere sradicato, gettato via, buttato fuori per non contaminare.

Gesù ha voluto morire fuori, condannato e maledetto, come sta scritto: “maledetto colui che pende dal legno della croce” (Gal.3,13). Egli è il maledetto tra i maledetti.

Ma chi c’era fuori delle mura?  C’erano i lebbrosi che dovevano gridare, perché la gente non si avvicinasse e non fosse contagiata: “lebbroso... lebbroso!”.

C’erano fuori i pastori. Chi li toccava diventava impuro (non certamente coloro che mangiavano gli agnelli dei greggi da loro custoditi). I padroni invece stavano dentro la città. I pastori, i garzoni stavano fuori, erano considerati peggio degli zingari d’oggi: erano i cosiddetti “cani della terra”.

Mi sono accorto che Gesù non solo è morto fuori le mura, ma è anche nato fuori delle mura. Perché questo? Per fare un gesto rivoluzionario? No. Ma perché coloro che erano dentro le mura capissero che non potevano essere popolo, se scacciavano dal popolo qualcuno, se lasciavano indietro qualcuno. Egli ha voluto vivere e morire fuori delle mura per unire e fare dei due un solo popolo, fino a quando quelli che erano fuori delle mura non fossero stati raccolti. Chi era dentro le mura non poteva sentirsi a posto in coscienza finché non avesse chiesto perdono per averli gettati fuori.

Mi è venuto in mente ciò che dice S.Paolo nella lettera ai Corinzi (12,22-23): le membra che sono le più deboli sono le più necessarie e debbono essere curate con più cura.

Così dobbiamo togliere lo strazio che è nella Chiesa di coloro che sono buttati fuori delle mura e sono cacciati per nostra comodità. I primi che ho incontrato fuori delle mura sono stati proprio gli handicappati. Ho capito che ai poveri non si possono dare le risposte che pensiamo noi, ma dobbiamo dare le risposte di cui hanno bisogno. Ed è per questo che dobbiamo mettere in discussione tutti i motivi che ci fanno dire di no.

Allora a un bambino che ha bisogno di mamma e papà non gli posso dare una struttura, dei muri e della gente che lo serve a turno. Non si può! Bisogna che ogni famiglia, credente in Cristo Gesù, per il fatto che è famiglia, deve accogliere. Così sono nate in Italia e all’estero le nostre 142 case famiglia. C’è una famiglia: padre, madre accanto ai figli. Sono altri figli generati nell’amore.

E così non posso dire ad una persona anziana che ha bisogno di nipoti, con una missione precisa nella Chiesa: vai al ricovero! In India mi ha sconvolto la solidità della famiglia indiana: i genitori sono la prima preoccupazione della famiglia, il primogenito non li può abbandonare. Non li può gettare fuori delle mura. E così sono assistiti. E’ una cosa stupenda e santa. Diventano, in questo modo, parte attiva e costruttiva della Chiesa. Ecco allora la casa famiglia, una vera famiglia sostitutiva, non alternativa, ma sostitutiva; il nonno è un gioiello; i ragazzi handicappati diventano una sorgente di stupore continuo; i figli che sono generati fisicamente, sono diversi, maturano molto prima.

Chi c’è oggi fuori le mura? Penso agli zingari. Noi abbiamo due sorelle, Giovanna e Maria che da tre anni vivono nel campo dei ron a Rimini. Ne hanno subìto di tutti i colori. C’è una vocazione precisa: quella della comunità di Papa Giovanni. Perché stai lì? Perché ami? L’amore non si spiega. Perché misurarlo? C’è un’intelligenza d’amore, certe cose le capisci solo se ami, non valgono mille ragionamenti.

Io dico sempre ai ragazzi e alle ragazze: le cose prima si fanno e poi si pensano. Non aspettate di darvi a Gesù quando siete avanti negli anni. Come quella vecchietta che ad ottant’anni diceva: o mio caro e buon Gesù non ti posso offendere più.... Datevi al Signore quando ancora potete offenderLo, perché allora è una scelta solida, perché con Gesù bisogna ragionare molto, molto, e perché con le cose umane si fa subito.

Gli zingari sono fuori delle mura? Quando sono fuori delle mura? Quando sono fuori del tuo cuore. Sono cent’anni che sono in Italia e sono ancora fuori delle mura! Sono maledetti da tutti.

Ho ricevuto una lettera che iniziava dicendomi: maledetto! Ed io ho detto: non ha tutti i torti. La lettera finiva; maledetto, maledetto, maledetto! Tre volte invece di dire “Santo, Santo, Santo”, ha detto: “maledetto, maledetto, maledetto”. Il Signore sia benedetto nei suoi Angeli e nei suoi santi!

Fuori delle mura c’è tutta la prostituzione schiavizzata, sono circa cinquantamila le ragazze in Italia. Qualcosa di spaventoso. Più di 800 ne sono “uscite”, e noi ne ospitiamo attualmente 150 nelle nostre case famiglia. Sono condizionate dalla vita che fanno. La prostituzione schiavizza. E’ terribile perché massacra, punisce, uccide. Mi diceva una ragazza che “deve” guadagnare un milione al giorno: iniziava a mezzogiorno fino alle dieci di sera. Un po’ di riposo poi riprendeva fino alle cinque del mattino. Se non aveva raggiunto il milione veniva torturata con le sigarette accese sul petto.

Quando sappiamo queste cose come facciamo finta di non saperle? Non scandalizzatevi. Io domani sera a mezzanotte sono “sulla strada” con il vescovo di Macerata , mi ha chiesto: “voglio venire con te”! Così il vescovo di Nocera Inferiore.

Chiedo a queste persone che incontro: tu vuoi bene a Gesù? Certo, Padre, io voglio bene a Gesù. Dopo le chiedo: ma a Gesù piace il tuo lavoro? No Padre, mi sento rispondere: è peccato, ma sono costretta.

Tanti giovani si interrogano su questo fatto. E’ proprio questa condivisione che ti sconvolge, ti chiede l’appartenenza. Ti porta su di un altro piano.

Il servizio è stupendo, l’ha detto il Signore. È bello, però non basta: ti chiede la prestazione, ma dopo l’altro è uguale e tu sei come prima. Invece la condivisione, che realtà del Corpo mistico, storicizzato, incarnato, ti chiede l’appartenenza per cui devi mettere tutto in discussione, cambiare tutte le tue sicurezze. Ti rinnova, le cose cambiano d’importanza. E’ bello pregare sotto i lampioni. Le prostitute ti chiedono sempre la Bibbia ed il Rosario. Ho speso un capitale in Bibbie in inglese! Leggo la Bibbia con loro. Alcune di loro piangono. In quel momento mi vengono in mente le parole di Gesù: le prostitute vi precederanno nel regno dei cieli. E’ questa la festa, il canto. La vita di cui parla il Vangelo! E’ bello stare con Gesù. Credetemi: questa è la gioia più piena e più vera!

Avete scritto: "Instaurare omnia in Christo", io faccio nuove tutte le cose. Abbiamo dei limiti, ma siamo più grandi dei nostri peccati: Sapendo che Lui ci ama abbiamo la forza di chiedere perdono. E’ bello essere impegnati su cieli nuovi, la nuova terra dove regna la giustizia.
 

Messaggio in occasione della morte di Don Oreste Benzi.

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