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Messaggi Don Orione
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Autore: Alessandro Belano

Una nota sulla vita mistica di San Luigi Orione: la conformazione a Cristo lo porta alla medesima passione redentrice fino all’estremo di condividere l’offerta di sé in espiazione vicaria per la salvezza delle anime.

In una sorprendente pagina del Beato don Luigi Orione, fondatore della Piccola Opera della Divina Provvidenza, si incontrano affermazioni che destano nell'animo del lettore sentimenti di muta ammirazione. Lo scritto in questione è una composizione che risale al febbraio del 1939, nella quale il Beato, ad un anno dalla morte, avvenuta a Sanremo il 12 marzo 1940, condensa mirabilmente tutto il suo amore per le anime in un intreccio di poesia, fede e zelo apostolico.(1) Si tratta di una pagina tra le più belle di don Orione, un brano che non sfigurerebbe in una ideale antologia di scrittori mistici. Eccone alcuni stralci.

Anime di piccoli,
anime di poveri,
anime di peccatori,
anime di giusti,
anime di traviati,
anime di penitenti,
anime di ribelli alla volontà di Dio,
anime ribelli alla Santa Chiesa di Cristo,
anime di figli degeneri,
anime di sacerdoti sciagurati e perfidi,
anime sottomesse al dolore,
anime bianche come colombe,
anime semplici pure angeliche di vergini,
anime cadute nella tenebra del senso
e nella bassa bestialità della carne,
anime orgogliose del male,
anime avide di potenza e di oro, anime piene di sé, che solo vedono sé,
anime smarrite che cercano una via,
anime dolenti che cercano un rifugio o una parola di pietà,
anime urlanti nella disperazione della condanna,
o anime inebriate dalle ebbrezze della verità vissuta:
tutte sono amate da Cristo,
per tutte Cristo è morto,
tutte Cristo vuole salve
tra le Sue braccia e sul Suo Cuore trafitto.

La nostra vita e tutta la nostra Congregazione
deve essere un cantico insieme e un olocausto
di fraternità universale in Cristo.
Vedere e sentire Cristo nell’uomo.
Dobbiamo avere in noi
la musica profondissima della carità.
Per noi dal punto centrale dell'universo
è la Chiesa di Cristo e
il fulcro del dramma cristiano, l'anima.

Io non sento che una infinita, divina sinfonia di spiriti,
palpitanti attorno alla Croce,
e la Croce stilla per noi goccia a goccia,
attraverso i secoli,
il sangue divino sparso per ciascun'anima umana.
Dalla Croce Cristo grida «Sitio!».
Terribile grido di arsura, che non è della carne,
ma è grido di sete di anime,
ed è per questa sete delle anime nostre che Cristo muore.

Io non vedo che un cielo;
un cielo veramente divino,
perché è il cielo della salvezza e della pace vera:
io non vedo che un regno di Dio,
il regno della carità e del perdono
dove tutta la moltitudine delle genti
è eredità di Cristo e regno di Cristo.

La perfetta letizia non può essere
che nella perfetta dedizione di sé a Dio e agli uomini,
a tutti gli uomini,
ai più miseri come ai più fisicamente, moralmente deformi,
ai più lontani, ai più colpevoli, ai più avversi.

Ponimi, o Signore, sulla bocca dell'inferno,
perché io, per la misericordia tua, la chiuda.
Che il mio segreto martirio per la salvezza delle anime,
di tutte le anime,
sia il mio paradiso e la suprema mia beatitudine.
Amore delle anime, anime, anime!
Scriverò la mia vita con le lacrime e col sangue.

L'ingiustizia degli uomini non ci affievolisca
la fiducia piena nella bontà di Dio!
Sono alimentato e condotto
dal soffio di speranze immortali e rinnovatrici.

La nostra carità è un dolcissimo
e folle amore di Dio e degli uomini
che non è della terra.
La carità di Cristo è di tanta dolcezza e sì ineffabile
che il cuore non può pensare, né dire,
né l’occhio vedere, né l’orecchio udire.

Parole sempre affocate.
Soffrire, tacere, pregare, amare, crocifiggersi e adorare.
Lume e pace di cuore.
Salirò al mio Calvario come agnello mansueto.
Apostolato e martirio; martirio e apostolato.
Le nostre anime e le nostre parole
devono essere bianche, caste, quasi infantili
e devono portare a tutti
un soffio di fede, di bontà, di conforto
che elevi verso il Cielo.

Teniamo fermo l'occhio ed il cuore nella divina bontà.
Edificare Cristo! Edificare sempre!
"Petra autem est Christus!". (2)


Queste altissime espressioni costituiscono una specie di confessione mistica, un supremo testamento d'amore, una manifestazione singolare, e si potrebbe dire paradossale, di quell'amore per le anime che tutti i santi sentirono nel corso della loro esistenza terrena. Nella storia del cristianesimo si riscontrano numerose imitazioni di questo amore estremo, manifestato nel desiderio e addirittura nel voto di sacrificare la propria salvezza per la salvezza di altri. E' la storia di animi nobili che appaiono sconsiderati ai nostri occhi e che si dichiarano disponibili ad accettare un abbandono da parte di Dio come eterno, pur di guadagnare la salvezza dei fratelli. In questo atteggiamento, espressione di una precisa volontà di espiazione vicaria, “ci troviamo davanti al paradosso assoluto dell'amore cristiano” (Hans Urs von Balthasar).(3)

All'interno di questa superlativa spiritualità si colloca la profonda pagina del nostro don Orione, “una pagina tra le più belle, se non la più bella” (Giovanni Venturelli) che condensa “parole infocate e degne dei più alti mistici” (Domenico Mondrone). Scrive il letterato Giuseppe De Luca: “Noi crediamo queste quattro pagine il residuo sulla carta d'un'ora di preghiera; il tentativo di salvare, con l'inchiostro e in ombra, un ricordo di affetti, un passaggio di luce, un segno di momenti carichi esplosi nel silenzio e caduti poi quietamente, come cade una sera tra gli alberi in campagna. Non dico d'un lettor semplice, dico d'un esperto di testi spirituali e mistici, che non può non restare percosso da alcune di queste frasi, roventi e incandescenti, che in un punto han perduto l'uso delle maiuscole e gli a capo e ogni punteggiatura; e son rimaste in carta nel disordine d'un sangue che fluisce e cade da una ferita improvvisa; e pigliano un vento di volo, come strofe”.(4)


SETE DI ANIME

Questo desiderio delle anime è una delle più importanti ed evidenti caratteristiche della spiritualità orionina. Don Orione avrebbe voluto salvare tutte le anime che il Signore avesse posto sul suo cammino. Nella sua ansia apostolica era particolarmente proteso verso i fratelli più lontani e più spiritualmente bisognosi. Una volta disse ad uno dei suoi sacerdoti di Venezia: “Caccerei le mani nell'inferno per riscattare delle anime”. (5) Analoga espressione ritroviamo nella testimonianza di don Giuseppe Zambarbieri resa nel corso del processo di beatificazione. Secondo il teste, un giorno don Orione, parlando della sua sollecitudine per i fratelli perduti e abbandonati, ebbe a dire: “Se il Signore mi permettesse di andare all'inferno, in un soffio d'amore e di carità, vorrei cavarli anche di là”.(6)
Sono parole che lasciano trapelare intendimenti profondi e ben radicati: non si tratta di sprazzi di retorica orionina, ma di una esplicita e palese volontà di arrivare a tutte le anime per conquistarle a Cristo e alla Chiesa, anche a costo dell'offerta della vita. Non mancano le conferme. In occasione della sua "Prima Messa" (14 aprile 1895), don Orione aveva chiesto la grazia di essere il prete di quelli che non vanno in chiesa, implorando segretamente Dio di salvare tutte quelle anime che in qualsiasi modo avessero dovuto a che fare con lui. Molti anni dopo fu lo stesso don Orione che riferì questo particolare nel corso di una predica alle suore da lui istituite: “Nella prima Messa ho chiesto che tutti quelli che, in qualsiasi modo, avessero avuto a trattare con me si fossero salvati”. (7)

Al riguardo, abbiamo altre preziose testimonianze, tutte di altissimo valore. Scrive don Carlo Sterpi, coetaneo, confidente e primo successore del Beato: “E' stato nella sua prima Messa che Don Orione ha chiesto la grazia della salvezza per tutte le anime che avrebbe incontrato sul suo cammino...”.(8) Così attesta il conte Agostino Ravano, insigne benefattore genovese che ebbe una lunga e intima amicizia con don Orione: “Mi raccontava il Servo di Dio che, il giorno della sua Ordinazione sacerdotale, egli aveva domandato al Signore di salvare il numero più grande possibile di anime, anzi le anime di tutti quelli coi quali avrebbe parlato, trattato o incontrato, anche per la strada”.(9) Il fido e confidente ing. Paolo Marengo dichiara: “Come grazia particolare, durante la celebrazione della prima Messa, Don Orione aveva domandato a Dio la salvezza delle anime di tutti coloro che, per qualsiasi titolo, avessero attirato, anche per un solo istante, la sua attenzione che su quanti si fosse posato, in qualche modo, il suo pensiero, tutti fossero salvi...”.(10)
La grazia chiesta da don Orione in occasione della sua prima Messa pone al centro della sua spiritualità la sete del Cristo per le anime, in una prospettiva cristologica e, insieme, soteriologica ed ecclesiale. Don Orione volle implorare la salvezza delle anime offrendo se stesso. Non chiese, tuttavia, gratis: non fu, la sua, una richiesta dettata dall'entusiasmo, aspirazione bella ma sterile. Egli pagò di persona, immolandosi per le anime durante tutta la vita.
Ci si potrebbe chiedere, al riguardo, se questo contrattare con Dio non sia presunzione sconsiderata, sfida temeraria. Ma questa è la logica dei santi: “Le testimonianze citate potrebbero indurre a definire assurde le richieste fatte al Signore dal novello sacerdote Luigi Orione, o a considerare presuntuose o pazze le pretese della sua preghiera. Solo Gesù, poté dire al Padre d'aver salvato "tutti quelli che gli aveva dato". Non è difficile perciò comprendere che, nella richiesta di Don Orione, vi è e vi deve essere qualche patto eccezionale. Egli chiede molto, ma si sente disposto a dare molto; vuole la salvezza di tutti, ma offre completamente se stesso per ottenerla; si abbandona vittima a Dio purché faccia di lui la vittima per i fratelli. Sembra voler sfidare Dio a farlo soffrire, penare, morire di dolori, ad un patto: che le anime, tutte le anime siano salvate da quelle sofferenze, da quella sua "morte": sono il prezzo che è possibile dare, e lui pienamente dà, per il loro Paradiso” (Amerigo Bianchi). (11)

Nel testo di una stupenda riflessione-preghiera scritta da don Orione nel 1917 sul foglietto settimanale Il Vangelo ritroviamo analoghi intendimenti che gettano un ulteriore fascio di luce su questo anelito apostolico in prospettiva espiatoria: “Fine del sacerdozio è di salvare le anime e di correre dietro, specialmente, a quelle che, allontanandosi da Dio, si vanno perdendo. Ad esse devo una preferenza, non di tenerezza, ma di paterno conforto e di aiuto al loro ritorno, lasciando, se necessario, le altre anime meno bisognose di assistenza. Gesù non venne per i giusti, ma per i peccatori. Preservatemi, dunque, o mio Dio, dalla funesta illusione, dal diabolico inganno che io prete debba occuparmi solo di chi viene in chiesa e ai sacramenti, delle anime fedeli e delle pie donne. Certo, il mio ministero riuscirebbe più facile, più gradevole, ma io non vivrei di quello spirito di apostolica carità verso le pecorelle smarrite, che risplende in tutto il Vangelo. Solo quando sarò spossato e tre volte morto nel correre dietro ai peccatori, solo allora potrò cercare qualche po' di riposo presso i giusti. Che io non dimentichi mai che il ministero a me affidato è ministero di misericordia, e usi coi miei fratelli peccatori un po' di quella carità infaticata, che tante volte usaste verso l'anima mia, o gran Dio...”. (12)


ANIME! ANIME!

Questa dimensione oblativa, nel solco dell'offerta sacrificale per la salvezza delle anime, si ritrova in altri significativi contesti della vita di don Orione. Nel 1897, a due anni dalla sua ordinazione sacerdotale, don Orione sta frequentando un corso di esercizi spirituali a Tortona. In data 26 agosto egli stila un Regolamento di vitacon il quale egli intende, da allora in poi, impostare la sua esistenza “come un secondo battesimo”. A tal fine stabilisce di osservare per il resto dei suoi giorni una serie di 30 regole che egli stesso redige. Si tratta di un "manifesto" di alta spiritualità, caratterizzato da un impegno ascetico davvero impressionante. Le ultime due regole sono quelle che più ci interessano:
“XXIX: Amerò le Anime e il Papa con tutto me stesso sino a morire per loro mille volte al minuto d'amore e di sacrifizio e di lavoro in tutto e per tutto.
XXX: Voglio la santa Povertà e la santa Purezza e la santa Umiltà e la santa Penitenza e un santo olocausto di me per le Anime e per il Vicario di Gesù Cristo”. (13)


Questo desiderio vicario per il bene delle anime si riscontra anche nella numerosa corrispondenza, e a partire addirittura dall'intestazione: è noto, infatti, che don Orione apponeva all'inizio delle sue lettere il motto programmatico “Anime! Anime!”, con il quale egli intendeva caratterizzare il suo dire e agire e quello dei suoi religiosi e collaboratori laici. (14) In data 2 marzo 1911, scrivendo da Messina al conte Roberto Zileri Dal Verme, don Orione così si esprime: “Cercherò di impastarmi di carità di dentro e di fuori e di annichilirmi per la salute dei fratelli e per tirare all'amore di Dio e della chiesa le anime e il popolo: cercherò di pregare e di stare bene unito a n. Signore e di darmi tutto al suo amore fino all'olocausto di me - e questo confido di fare con la sua divina grazia e posto tutto nelle mani della SS.ma Vergine e della Chiesa”. (15)
Qualche mese dopo, questo desiderio vicario per la salvezza delle anime viene notificato perfino al Papa: “...Supplico la Santità Vostra di non rifiutare l'umile offerta, poiché, colla grazia di Dio, spero di corrispondere con più amore in avvenire, e di consumarmi tutto a servire il Signore e la S. Chiesa con vera umiltà e fedeltà, e a salvare anime, e a darVi delle consolazioni”.(16)

Risale al gennaio 1939 un'altra stupenda pagina orionina, conosciuta con il titolo di “Servire negli uomini il Figlio dell'Uomo”. Lo scritto è vergato con quello che potremmo definire lo stile orionino: parole dense e ardenti, dirette e sincere, convinte e convincenti. Il tema dell'offerta vicaria traspare in tutta la composizione, ma sul finire esso raggiunge il suo vertice mistico e poetico: “...Salvare sempre, salvare tutti, salvare a costo di ogni sacrificio, con passione redentrice, con olocausto redentore. Noi siamo gli inebriati della carità e i pazzi della Croce di Cristo Crocifisso. Soprattutto, con una vita umile, santa, piena di bene, ammaestrare i piccoli e i poveri, a seguire la via di Dio. Vivere in una sfera luminosa, inebriati di luce e di divino amore di Cristo e dei poveri, e di celeste rugiada, come l'allodola che sale cantando nel sole. La nostra mensa sia come un'antica agape cristiana. Anime! Anime! Avere un gran cuore e la divina follia delle anime”. (17)
Sempre nel 1939, a pochi mesi di distanza dall'incontro con il Signore, don Orione indirizza una lettera a due suoi “Chierici carissimi” degenti in un sanatorio. Lo scritto trabocca degli stessi sentimenti. Ritroviamo qui la vena più pura della spiritualità orionina, nella quale si fondono i temi a lui più cari: la fede in Dio e nella sua Provvidenza, l'amore a Cristo, capo del Corpo mistico, la fiamma della carità, l'immolazione per le anime, il senso ecclesiale, il desiderio ecumenico, l'azione e la promozione sociale: “...Vogliamo con Gesù e per Gesù vivere e faticare, in amore santo di carità, di sofferenze, di consumazione di noi stessi, divina ostia, divino olocausto nella volontà di Dio, nella carità di Gesù Cristo. Questo è ciò che piace a Gesù: si vive morendo e si fatica dolorando e immolandosi per il Papa, per la Chiesa, per la santificazione del Clero, per le anime, per la conversione dei peccatori, per la conversione degli infedeli, per la pace del mondo, per chi piange, per chi soffre delle umane ingiustizie, per tutti, per tutti: per vincere il male col bene!” (Lettera del 21 agosto 1939).(18)

Dietro e dentro l'esempio di Cristo, Re dei martiri, Agnello immolato per la salvezza del mondo, questi animi nobili, come il beato don Luigi Orione, si sono a lui assimilati, caricandosi delle sofferenze degli altri e offrendosi come vittime per la conversione dei peccatori. Disposti a toccare l'orlo dell'inferno, pur di guadagnare un'anima, queste figure brillano di luce propria e si impongono alla nostra ammirazione e imitazione. E' la carità del Cristo che scorre, viva, sulle strade del mondo e si incarna in uomini e donne che hanno scelto di consumarsi di questo fuoco: “Amare tutti in Cristo; servire Cristo nei poveri; rinnovare in noi Cristo e tutto restaurare in Cristo; salvare sempre, salvare tutti, salvare a costo di ogni sacrificio, con passione redentrice e con olocausto redentore”.(19)


NOTE
__________________

* Alessandro Belano, sacerdote orionino, licenziato in Sacra Scrittura, officiale della Congregazione per la Dottrina della Fede, Roma.

1. L’unico studio sistematico su questo brano è il piccolo commento di Filiberto Guala, Sete di anime Messaggi di Don Orione 4(1972) n.10. Lo stesso autore, nell’introduzione, ci rivela la genesi del suo scritto: “A fine settembre ricevo una lettera di Don Zambarbieri: posso domandarti un grosso favore per il centenario di Don Orione? Ti chiederei di commentare il brano Anime, anime che ti unisco. È una pagina fra le più belle (o la più bella!)del nostro Padre e… così attuale, straordinariamente *conciliare. In famiglia è abbastanza nota (non si conosce e non si approfondisce mai abbastanza), ma molto meno nota agli amici; vorrei presentarla all’inizio del centenario. Puoi accontentarmi? Il brano è stato raccolto da me nella primavera del 1939. Don Orione aveva buttato giù forse il frutto di una sua meditazione, i fogli erano poi rimasti sul suo tavolo a lungo. Visto che non gli servivano e non li usava, li avevo poi dati come ricordo a mio fratello, Angelo, sapendo che li avrebbe graditi e custoditi gelosamente”.
2. Da appunti del 25 febbraio 1939; cfr. In cammino con Don Orione, Piccola Opera della Divina Provvidenza, Roma 1972, p. 328-330; Aa. Vv., Sui passi di Don Orione. Sussidio per la formazione al carisma, Dehoniane Bologna 1996, pp.253-254.
3. Hans Urs Von Balthasar, Sperare per tutti (trad. ital.), Jaca Book, Milano 1997, p. 152.
4. Giuseppe De Luca, Una pagina rivelatrice di Don Orione, Nuova Antologia, giugno 1943, p. 13. Rifacendosi all’ultimo periodo epistolare di Don Orione, Divo Barsotti così commenta: “Gli ultimi scritti sono di una vera bellezza e lasciano trasparire una perfezione mirabile. Non c’è mistico, in questo ultimo secolo, che abbia raggiunto tanta pienezza di carità, tanta dolcezza e umiltà”; Don Orione, Maestro di vita spirituale, Piemme, Casale Monferrato 1999, p. 163.
5. Riportato in Douglas Hyde, Il bandito di Dio. Storia di Don Orione, “Padre dei poveri”, Paoline, Bari 1960, p.115.
6. Positio, 731.
7. ADO, Posizione Orlandi, 1942, Ia.
8. Cfr anche testimonianza di Don Giuseppe Zambarbieri in Positio, p.692 e di Don Giovanni Venturelli, Positio, p.1018.
9. ADO, Posizione Sterpi, Ia (lettera del 15 novembre 1950).
10. ADO, Miscellanea, A. 7, p. 348.
11. ADO, Posizione Bianchi, IV,1
12. ADO, Il Vangelo, n. 18 (anno 1917); testo pubblicato in San Luigi Orione. Meditazioni sul Vangelo, San Paolo Cinisello Balsamo 2004, pp.135-136.
13. Scritti 57, 45.
14. Secondo un sommario conteggio informatico questa espressione, nelle varianti “Anime, anime!”, “Anime e anime”, compare 5.962 volte nel corpus epistolare.
15. Lettera del 2 marzo 1911, Scritti 50, 239.
16. Lettera del 23 dicembre 1911, Scritti 127, 123.
17. Il testo è riportato in In cammino con Don Orione. Dalle lettere, Piccola Opera della Divina provvidenza, Roma 1972, p. 324-327; Lo spirito di Don Orione. Dai suoi scritti, dalla sua parola, presentato ai suoi religiosi, vol. I, Piccola Opera della Divina Provvidenza, Roma-Tortona 1989, p. 89-91. Recentemente è stato riprodotto in Sui passi di Don Orione cit., p. 313-314. Da quanto mi risulta non esiste alcun commento di questa straordinaria pagina orionina. 18. Lettera del 21 agosto 1939, Scritti 67, 59.
19. Scritti 57, 104c.

 

 

 

 

“ALMAS! ALMAS!”
 

 

 

 

 

Com paixão redentora, com holocausto redentor, a expiação vicária em São Luís Orione. Uma reflexão sobre a vida mística de São Luis Orione: a conformação a Cristo leva-o à mesma paixão redentora até o extremo de compartilhar a oferta de si mesmo em expiação vicária pela salvação das almas.

ALESSANDRO BELANO

 

Numa surpreendente página de São Luís Orione, fundador da Pequena Obra da Divina Providência, encontram-se algumas afirmações que suscitam no leitor sentimentos de desconcerto e de admiração. O escrito em questão é uma composição de fevereiro de 1939, no qual o Santo, um ano antes da sua morte, ocorrida em Sanremo no dia 12 de março de 1940, condensa admiravelmente todo o seu amor pelas almas num entrelaçar de poesia, de fé e de zelo apostólico1. Trata-se de uma das páginas mais impressionantes de Dom Orione, um trecho que não ficaria de fora de uma ideal antologia de escritores místicos. Eis algumas passagens. (1)

Almas de pequenos,

almas de pobres,

almas de pecadores,

almas de justos,

almas de transviados,

almas de penitentes,

almas de rebeldes à vontade de Deus,

almas de rebeldes à Santa Igreja de Cristo,

almas de filhos degenerados,

almas de sacerdotes desventurados e pérfidos,

almas sucumbidas à dor,

almas brancas como pombas,

almas simples, puras e angélicas de virgens,

almas mergulhadas nas trevas dos sentidos e na baixa bestialidade da carne,

almas orgulhosas do mal,

almas ávidas de si e que só veem a si próprias,

almas sem rumo a procurarem caminho,

almas adoloradas e a esperarem algum refúgio e uma palavra de comiseração,

almas ébrias pelo gozo da verdade divina:

são todas amadas por Cristo, por todas Cristo morreu, a todas Cristo quer salvar entre seus braços e no seu coração transpassado.

 

A nossa vida e toda a nossa Congregação deve ser um único cântico e um holocausto de fraternidade universal em Cristo.

Ver e sentir Cristo no homem. Devemos ter em nós a música profundíssima da caridade.

Para nós, no ponto central do universo está a Igreja de Cristo e o sustento da existência cristã, a alma.

 

Eu, outra coisa não sinto, senão uma infinita sinfonia, uma divina sinfonia de espíritos a palpitarem em torno da Cruz. E a cruz destila para nós, gota a gota, pelos séculos a fora, o Sangue divino derramado por cada uma das almas.

Do alto da Cruz Cristo grita “Sitio!” “Eu tenho sede”. Terrível grito de ardência que não é da carne, mas que é sede de almas, e é bem por essa sede de nossas almas que Cristo morre.

Eu não vejo senão um céu, um céu verdadeiramente divino e que é o céu da salvação e da verdadeira paz.

Eu não vejo senão um Reino de Deus: é o Reino da caridade e do perdão; nele toda a multidão dos povos é herança de Cristo e Reino de Cristo.

 

A perfeita alegria não pode estar em nenhuma outra parte, senão na perfeita entrega de si mesmo aos homens, a todos os homens, aos física e mentalmente deformes, aos mais distanciados, aos mais culpados e aos mais contrários.

Atira-me, Senhor, à soleira do inferno, para que eu por tua misericórdia, feche as portas do abismo.

Que o meu secreto martírio para a salvação das almas, de todas as almas, seja o meu paraíso, a minha bem-aventurança imensamente grande.

Amor às almas, almas, almas!

Escreverei minha vida com as lágrimas e com o sangue.

A injustiça dos homens não enfraqueça nossa confiança plena na bondade de Deus! Eu sou alimentado e conduzido pelo sopro de esperanças imortais e renovadoras.

 

A nossa caridade é um doce e tresloucado amor de Deus e dos homens, um amor que não é desta terra.

A caridade de Cristo é de tanta doçura, é tão inefável que nosso coração não pode pensar, nem expressar, nem os olhos ver, nem os ouvidos ouvir.

Palavras de fogo.

Sofrer, calar, rezar, amar, ser crucificado e adorar.

Luz e paz de amor.

Subirei meu calvário como um cordeiro manso.

Apostolado e Martírio; Martírio e Apostolado.

Nossas almas e nossas palavras devem ser brancas, castas, infantis até, e devem transmitir o sopro da fé, da bondade e do conforto que leva a Cristo.

Tenhamos firme o olho e o coração na bondade de Deus.

Edificar Cristo! Edificar sempre!

"Petra autem est Christus!". (2)

 

Estas altíssimas expressões constituem uma espécie de confissão mística, um supremo testamento de amor, uma manifestação singular, e poder-se-ia dizer, paradoxal, daquele amor pelas almas que todos os santos sentiram no decorrer de sua existência terrena. Na história do cristianismo leem-se numerosas imitações deste amor extremo, manifestado no desejo e até mesmo na promessa de sacrificar a própria salvação pela salvação do outro. É a história de almas nobres que, aos nossos olhos, parecem imprudentes, mas que se declaram disponíveis a aceitar até um abandono da parte de Deus, sob a condição de alcançar a salvação dos irmãos. Nesta atitude, expressão de uma específica vontade de expiação vicária, “nos encontramos diante do paradoxo absoluto do amor cristão” (Hans Urs von Balthasar). (3)

No contexto desta espiritualidade superlativa situa-se esta profunda página de Dom Orione, “uma das páginas mais bonitas, talvez a mais bonita” (Giovanni Venturelli) que condensa “palavras de fogo e dignas dos mais altos místicos” (Domenico Mondrone). Escreve o literato Giuseppe De Luca: “Consideramos estas quatro páginas o resíduo sobre o papel de uma hora de oração; a tentativa de salvar, com a tinta e de modo obscuro, uma recordação de afetos, uma passagem de luz, um flash de momentos fortes que explodiram no silêncio e foram caindo depois calmamente sobre o papel, como cai uma noite entre as árvores da floresta. Não digo de um leitor simples, digo de um especialista em textos espirituais e místicos, que ele não conseguirá não ficar tocado por algumas destas frases, abrasadoras e incandescentes, que num determinado momento perdeu o uso das maiúsculas, dos parágrafos e das regras de pontuação; e permaneceram no papel como na desordem de um sangue que flui e cai de uma ferida repentina; arranjadas pelo sopro do vento, elas se tornaram estrofes”. (4)

 

SEDE DE ALMAS

 

Este desejo das almas é uma das mais importantes e evidentes características da espiritualidade orionita. Dom Orione desejou salvar todas as almas que o Senhor colocasse no seu caminho. Na sua ânsia apostólica era particularmente preocupado com os irmãos mais distantes e, espiritualmente, mais necessitados. Uma vez disse a um dos seus sacerdotes de Veneza: “Colocaria minhas mãos no inferno para resgatar as almas”. (5) Análoga expressão encontramos no testemunho de Pe. Giuseppe Zambarbieri, incluído no processo de beatificação. Segundo o seu testemunho, Dom Orione falando um dia da sua solicitude para com os irmãos perdidos e abandonados, disse: “Se o Senhor me permitisse ir ao inferno, num sopro de amor e de caridade, eu gostaria de atuar também lá”. (6)

São palavras que revelam um entendimento profundo e amadurecido: não se trata de devaneios de retórica orionita, mas de uma explícita e decidida vontade de ir ao encontro de todas as almas para conquistá-las para Cristo e para a Igreja, mesmo pagando o preço da oferta da própria vida. Não faltam confirmações disto. Por ocasião da sua “Primeira Missa” (14 de abril de 1895), Dom Orione tinha pedido a graça de ser o padre daqueles que não vão à igreja, implorando secretamente a Deus que salvasse todas as almas que, de algum modo, entrassem em contato com ele. Muitos anos depois, foi o próprio Dom Orione que contou este detalhe no decorrer de uma pregação na cerimônia de profissão das Irmãs: “Na primeira Missa eu pedi que todos aqueles que, por algum motivo, entrassem em contato comigo, se salvassem”. (7)

Temos, a esse respeito, outros preciosos testemunhos, todos de altíssimo valor. Escreve Pe. Carlos Sterpi, coetâneo, confidente e seu primeiro sucessor: “Foi na sua primeira Missa que Dom Orione pediu a graça da salvação para todas as almas que encontrasse no seu caminho...”. (8) Assim também atesta o conde Agostino Ravano, ilustre benfeitor genovês que teve uma longa e próxima amizade com Dom Orione: “Contou-me o Servo de Deus que no dia da sua Ordenação sacerdotal, ele pediu ao Senhor de salvar o maior número possível de almas, e mais ainda as almas de todos aqueles com os quais falaria, trataria ou encontraria, também pela estrada”.9

O amigo e confidente Eng. Paolo Marengo declara: “Como graça particular, durante a celebração da primeira Missa, Dom Orione pediu a Deus a salvação das almas de todos aqueles que, por qualquer motivo, atraíssem, mesmo que por um só instante, a sua atenção, de todos os que fossem motivo para o seu pensamento, que todos fossem salvos...”. (10)

A graça pedida por Dom Orione por ocasião da sua primeira Missa coloca no centro da sua espiritualidade a sede de Cristo pelas almas, numa perspectiva cristológica e, ao mesmo tempo, soteriológica e eclesial. E quis implorar a salvação das almas oferecendo a si mesmo.

E não pediu de modo gratuito: não fez uma solicitação ditada pelo entusiasmo, uma aspiração bonita mas estéril. Ele pagou isso pessoalmente, imolando-se pelas almas durante toda a sua vida.

Poderíamos questionar se este modo de pactuar com Deus não seria uma presunção descabida, um desafio temerário. Mas é a lógica dos santos: “O testemunho citado poderia induzir a definir como absurdas as solicitações feitas pelo jovem sacerdote Luís Orione ao Senhor, ou a considerar presunçosas ou loucas as ousadias da sua oração. Somente Jesus, podia dizer ao Pai que salvou “todos aqueles que lhe tinham sido dados”. Por isso, não é difícil compreender que, no pedido de Dom Orione, existe e deveria existir algum pacto excepcional. Ele pediu muito, porém se dispôs a dar muito; quer a salvação de todos e se oferece totalmente para alcançar isso; abandona-se totalmente como vítima a Deus desde que faça dele a vítima para os irmãos. Parece querer desafiar Deus a fazê-lo sofrer, penar, morrer de dor, sob a condição de um pacto: que as almas, todas as almas sejam salvadas por aqueles sofrimentos, por aquela sua “morte”: é o preço que é possível dar, e ele dá plenamente, para que alcancem o Paraíso” (Amerigo Bianchi). (11)

 

Numa estupenda reflexão-oração, escrita por Dom Orione em 1917, no folheto semanal “Il Vangelo” encontramos análoga compreensão que lança um ulterior facho de luz sobre este zelo apostólico na perspectiva expiatória.

“A razão de ser do Sacerdote é salvar as almas, ir em busca, especialmente, daquelas que, distanciando-se de Deus, se colocaram no caminho da perdição. Para com elas, eu devo ter uma preferência, não só de amizade, mas de paternal conforto e de ajuda para que retornem ao seu Pastor, e para isso, se necessário, é preciso deixar as almas menos necessitadas dessa assistência. Jesus não veio para os justos, mas para os pecadores.

Preservai-me, pois, ó meu Deus, da funesta ilusão, do diabólico engano, que eu padre deva ocupar-me só de quem venha à igreja e aos Sacramentos, das almas fiéis e das mulheres piedosas. Com certeza, meu ministério seria mais fácil, mais agradável, mas eu não viveria aquele espírito de apostólica caridade para com as ovelhas extraviadas, que brilha em todo o evangelho.

Somente quando eu estiver esgotado e três vezes morto de tanto correr atrás dos pecadores, só então poderei buscar algum repouso entre os justos. Que eu não esqueça jamais que o ministério que me foi confiado é o ministério da misericórdia, e que eu use sempre para com meus irmãos, os pecadores, um pouco da caridade desmedida que tantas vezes usastes para comigo, ó grande Deus...”. (12)

 

 

ALMAS! ALMAS!

 

Esta dimensão oblativa, no sulco da oferta sacrifical pela salvação das almas, pode ser encontrada em outros significativos momentos da vida de Dom Orione. Em 1897, dois anos depois da sua ordenação sacerdotal, Dom Orione está participando de um curso de exercícios espirituais em Tortona. Na data de 26 de agosto ele compõe um “Regulamento de vida” com o qual pretende, daquele momento em diante, regular a sua existência “como um segundo batismo”.

Para tal, estabelece que observará para o resto dos seus dias uma série de 30 regras que ele mesmo redige. Trata-se de um “manifesto” de alta espiritualidade, caracterizado por um empenho ascético verdadeiramente impressionante. As últimas duas regras são as que mais nos interessam:

“XXIX: Amarei as Almas e o Papa com todo o meu ser até morrer por eles, mil vezes por minuto, de amor e de sacrifício e de trabalho em tudo e por tudo.

XXX: Quero a santa Pobreza e a santa Pureza e a santa Humildade e a santa Penitência e um santo holocausto de mim mesmo pelas Almas e pelo Vigário de Jesus Cristo”. (13)

 

Este desejo vicário para o bem das almas está presente também na sua numerosa correspondência, até mesmo a partir do cabeçalho: é famoso, de fato, que Dom Orione colocava no início das suas cartas o lema programático “Almas! Almas!”, com o qual ele queria caracterizar o seu dizer e agir e o dos seus religiosos e colaboradores leigos. (14)

Em 2 de março de 1911, escrevendo de Messina para o Conde Roberto Zileri Dal Verme, Dom Orione se exprime: “Buscarei estar impregnado de caridade por dentro e por fora, aniquilar-me para a saúde dos irmãos e para atrair para o amor de Deus e da Igreja as almas e o povo: buscarei rezar e estar bem unido a Nosso Senhor e doar-me inteiramente ao seu amor até o holocausto de mim mesmo – e isto confio fazer com a sua divina graça e colocando tudo nas mãos da Santíssima Virgem e da Igreja”. (15)

Alguns meses depois, este desejo vicário para a salvação das almas foi notificado até mesmo ao Papa: “...Suplico a Vossa Santidade que não rejeite a minha humilde oferta, porque, com a graça de Deus, espero corresponder com mais amor no futuro, e de consumir-me totalmente para servir o Senhor e a Santa Igreja com verdadeira humildade e fidelidade, e a salvar almas, e a dar muitas consolações a Vossa Santidade”. (16)

 

É de janeiro de 1939 uma outra estupenda página orionita, conhecida com o título “Servir nos homens o Filho do Homem”. O escrito foi construído com o que podemos definir o estilo orionita: palavras densas e ardentes, diretas e sinceras, convictas e convencedoras. O tema da oferta vicária transparece em toda a composição, mas no final atinge o seu vértice místico e poético: “...salvar sempre, salvar a todos, salvar à custa de todo e qualquer sacrifício, com paixão redentora e com holocausto redentor. Nós somos os ébrios da caridade e os loucos da cruz de Cristo crucificado. Sobretudo com uma vida humilde, santa, cheia de luz. Ensinemos os pequenos e os pobres a seguir o caminho de Deus. Viver numa esfera luminosa, inebriados da luz e do amor divino de Cristo e dos pobres e do orvalho celeste, como a cotovia que sai cantando para o sol. A nossa mesa seja como um antigo ágape cristão. Almas! Almas! Tenhamos um grande coração e a divina loucura das almas”. (17)

Sempre em 1939, a poucos meses de distância do encontro com o Senhor, Dom Orione endereça uma carta a dois dos seus “Clérigos caríssimos” internados num sanatório. O escrito expõe os mesmos sentimentos. Encontramos de novo a veia mais pura da espiritualidade orionita, na qual escorrem os temas mais caros ao nosso Santo: a fé em Deus e na sua Providência, o amor a Cristo, cabeça do Corpo místico, a chama da caridade, a imolação pelas almas, o senso eclesial, o desejo ecumênico, a ação e a promoção social: “...Queremos com Jesus e por Jesus viver e trabalhar, num amor santo de caridade, de sofrimento, de consumação de nós mesmos, divina hóstia, divino holocausto da vontade de Deus, na caridade de Jesus Cristo. É isto o que agrada a Jesus: vivendo na morte e trabalhando na dor, imolando nossa vida pelo Papa, pela Igreja, pela santificação do Clero, pelas almas, pela conversão dos pecadores, pela conversão dos infiéis, pela paz no mundo, pelos que choram, pelos que sofrem por causa das injustiças humanas, por todos e para todos: para vencer o mal com o bem!” (Carta de 21 de agosto de 1939). (18)

 

Seguindo e assumindo o exemplo de Cristo, Rei dos mártires, Cordeiro imolado pela salvação do mundo, estas almas nobres, como São Luís Orione, se assemelharam a Ele, carregando os sofrimentos dos outros e ofertando-se como vítimas pela conversão dos pecadores. Dispostos a tocar o soleira do inferno, se isso fosse necessário para ganhar uma alma, estas figuras brilham com luz própria e se impõem à nossa admiração e imitação. É a caridade de Cristo que escorre, viva, sobre as estradas do mundo e se encarna nos homens e mulheres que decidiram consumar-se com este fogo: “Amar todos em Cristo; servir Cristo nos pobres; renovar em nós Cristo e tudo restaurar em Cristo; salvar sempre, salvar a todos, salvar a custa de qualquer sacrifício, com paixão redentora e com holocausto redentor”. (19)

 


N O T E

 

 

1) O único estudo sistemático sobre este texto é o pequeno comentário de Filiberto Guala, Sete di anime (Messaggi di Don Orione 4(1972) n. 10). O autor, na introdução, nos revela a gênese do seu escrito: “No final de setembro recebi uma carta de Padre Zambarbieri [3º sucessor de Dom Orione, nos anos 1963-1975]: posso pedir ao Sr. um grande favor para o centenário de Dom Orione? Peço um comentário seu ao texto ‘Almas, Almas’ que envio juntamente com esta minha carta. É uma das páginas mais bonitas (ou a mais bonita!) do nosso Pai e... tão atual, extraordinariamente do Concílio. Em nossa família religiosa ela é bem conhecida (mas não se conhece e nem se aprofunda jamais o bastante), porém pouco conhecida aos amigos; queria apresenta-la para o início do centenário. O Sr. pode fazer-me este favor? Este texto foi recolhido por mim na primavera de 1939. Dom Orione o tinha jogado fora; talvez era fruto de uma meditação sua; sei que aquelas páginas ficaram por muito tempo sobre a sua mesa. Visto que não lhe serviam mais, jogou fora, mas eu as recolhi e dei como recordação ao meu irmão, Ângelo, sabendo que ele ficaria muito contente e guardaria tais folhas com muito cuidado”.

2) Das anotações de 25 de fevereiro de 1939; cfr. In cammino con Don Orione, Piccola Opera della Divina Provvidenza, Roma 1972, p. 328-330; Aa. Vv., Nos passos de Dom Orione. Subsídio para a formação ao carisma, Dehoniane, Bologna 1996, pp. 257-258.

3) Hans Urs Von Balthasar, Sperare per tutti (trad. ital.), Jaca Book, Milano 1997, p. 152.

4) Giuseppe De Luca, Una pagina rivelatrice di Don orione, Nuova Antologia, giugno 1943, p. 13. Referindo-se ao último período epistolar de Dom Orione, Divo Barsotti comenta o seguinte: “Os últimos escritos são de uma verdadeira beleza e deixam transparecer uma perfeição admirável. Não existe místico, neste último século, que tenha chegado a tanta plenitude de caridade, tanta suavidade e humildade”; Don Orione, Maestro di vita spirituale, Piemme, Casale Monferrato 1999, p. 163.

5) Narrado em Douglas Hyde, Il bandito di Dio. Storia di Don Orione, “Padre dei poveri”, Paoline, Bari 1960, p.115.

6) Positio, 731.

7) ADO, Positio Orlandi, 1942, Ia.

8) Cfr também o testemunho de Pe. Giuseppe Zambarbieri na Positio, p.692 e de Pe. Giovanni Venturelli, Positio, p.1018.

9) ADO, Posição Sterpi, Ia (carta de 15 de novembro de 1950).

10) ADO, Miscellanea, A. 7, p. 348.

11) ADO, Posição Bianchi, IV,1

12) ADO, Il Vangelo, n. 18 (ano 1917); texto publicado em San Luigi Orione. Meditazioni sul Vangelo, San Paolo Cinisello Balsamo 2004, pp.135-136.

13) Scritti 57, 45.

14) Segundo um sumário informático esta expressão, nas variações “Almas, Almas!”, “Almas e almas”, aparece 5.962 vezes no corpus epistolar.

15) Carta de 2 de março de 1911, Scritti 50, 239.

16) Carta de 23 de dezembro de 1911, Scritti 127, 123.

17) O texto está transcrito no In cammino con Don Orione. Dalle lettere, Piccola Opera della Divina Provvidenza, Roma 1972, p. 324-327; Lo spirito di Don Orione. Dai suoi scritti, dalla sua parola, presentato ai suoi religiosi, vol. I, Piccola Opera della Divina Provvidenza, Roma-Tortona 1989, p. 89-91. Recentemente foi reproduzido em Nos passos de Dom Orione, cit., p. 319-320. Pelo meu conhecimento não existe um comentário sobre esta extraordinária página orionita.

18) Carta de 21 de agosto de 1939, Scritti 67, 59.

19) Scritti 57, 104c.

 

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