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Messaggi Don Orione
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L'artcolo descrive due pagine di storia scritte dalla Congregazione orionina dal 1919 al 1943 a Grottaferrata nelle Parrocchie di Santa Maria e di San Giuseppe a Squarciarelli.

DON ORIONE E LA CONGREGAZIONE A GROTTAFERRATA

 

L’ABBAZIA GRECA DI GROTTAFERRATA

È opportuno introdurre brevemente questo ambiente. Il monastero di Santa Maria di Grottaferrata,[1] fondato nel 1004 da San Nilo di Rossano († 1004), è l’unico monastero italo-bizantino superstite del monachesimo di tradizione bizantina fiorente nell’Italia meridionale.
La comunità monastica in parte seguiva il “rito” latino e in parte quello bizantino, caratterizzato però da un forte ibridismo, che aveva creato una sorta di “rito misto”: le strutture, gli abiti e le cerimonie erano latine pur rimanendo come lingua liturgica il greco, solo nell’ufficiatura, sebbene molto abbreviata, non si era mescolato alcun elemento latino.

Dopo il 1870 con la presa di Roma, il Ministero competente dichiarò l’abbazia monumento nazionale (1874), e la comunità custode del monumento nazionale. Questa situazione permane sino ad oggi.

Il Papa Leone XIII, “in vista dei vantaggi che nelle attuali circostanze potrebbero derivarne alle Chiese di Oriente, manifestò il suo vivo desiderio che venisse ricostituito nel Monastero di Grottaferrata il puro rito greco” (1880). Si decise che la parrocchia latina di S. Maria venisse tenuta da un monaco di rito latino e facesse le funzioni latine nel nartece, anche se tutti i monaci potevano amministrare i sacramenti in rito latino. Non senza conflitti, venne ripristinato il presbiterio secondo la tradizione bizantina nella chiesa del monastero e il “rito” greco venne integralmente ricostituito “tanto nei divini uffici quanto in altre sacre funzioni”.

Il contrasto tra i monaci favorevoli e contrari alla riforma tuttavia continuò ancora più aspra, finché il 20 gennaio del 1882, il Capitolo generale elesse ad abate p. Arsenio Pellegrini (1849-1926), un componente attivo del gruppo ostile alla riforma, ma da uomo pragmatico aveva subito inteso bene che era volontà del Papa e delle alte gerarchie romane affidare ai Basiliani il delicato ruolo di mediazione e di contatto fra la Chiesa di Roma e quella Orientale Ortodossa, ed egli poteva essere un uomo-chiave, così era passato al rito greco.

Il nuovo abate lavorò essenzialmente in due direzioni: all’interno, per far rifiorire le tradizioni spirituali, rituali e culturali del monastero, cercando nuove vocazioni; e, all’esterno, cercando di dare una risonanza internazionale all’Abbazia facendola diventare centro fervido delle idee unionistiche che infiammavano gli animi di studiosi, teologi e liturgisti dell’epoca. A rispondere subito all’incremento vocazionale furono le comunità italo-albanesi della Sicilia, dove le tradizioni liturgiche bizantine e la lingua albanese erano vive.

L’Abbazia iniziò ad essere effettivamente un centro attivo di scambi e di contatti con il mondo orientale, centro propulsore del dialogo ecumenico. Il pontificato di Benedetto XV (1914-1922) confermò il periodo di grande apertura verso l’Oriente con l’istituzione nel 1917 di due fondazioni: la Congregazione per la Chiesa Orientale e il Pontificio Istituto Orientale, destinate a favorire la promozione del cattolicesimo in Europa orientale.

Risulta che i primi contatti tra don Orione e questo ambiente monastico risalgono a inizio Novecento, infatti, l’abate Pellegrini, nel 1907, già mostrava di conoscere bene don Orione e ne aveva grande stima.
 

Gli Orionini nella Parrocchia di Santa Maria a Grottaferrata

La chiesa abbaziale di S. Maria era sin dal 1747 sede della la parrocchia di Grottaferrata e continuò ad esserlo anche dopo il passaggio del monastero al rito greco. Vi erano ancora i monaci di rito latino, che continuarono l’assistenza dei fedeli.

Il 5 gennaio del 1918 la Congregazione per la Chiesa Orientale nomina un Visitatore p. Guglielmo di Sant’Alberto; conferma a Priore di p. Nilo Borgia e si affrontò il problema della parrocchia: “n° 6. Per quello che riguarda la Parrocchia si stabilisce che la cura abituale della Parrocchia latina rimanga alla Badia, e la cura attuale sia affidata ad un sacerdote di rito latino (esclusi i monaci basiliani che dovranno esser tutti di rito greco)”.

Intanto il card. Francesco di Paola Cassetta (1911-1919), Prefetto della S. Congregazione del Concilio, in qualità di vescovo di Frascati, aveva costituito il 26 giugno 1918 la parrocchia di San Giuseppe a Poggio Tulliano (Squarciarelli, attualmente S. Giuseppe a Poggio Tulliano, Via Vittorio Veneto 2, Grottaferrata). Mons. Eugenio Mercanti, Vicario generale della diocesi di Frascati, disse di volere “una Congregazione religiosa specialmente delle recenti, che assumesse la nuova cura. Io non conosco il religioso Istituto di don Guanella e di don Orione. Chissà se uno di questi due Istituti sarebbe disposto”.

Don Orione accettò la cura della Parrocchia di San Giuseppe “per secondare un augusto desiderio espressomi dal Santo Padre”. Domenica 5 gennaio del 1919 si iniziò l’attività pastorale. Primo parroco fu don Cesare Pedrini.

Contemporaneamente mons. Eugenio Mercanti ritiene “conveniente ed opportuno fare a don Orione la proposta di assumere l’amministrazione eziandio della Parrocchia limitrofa di Grottaferrata che potrebbe dare così a tutto il territorio grottaferratese un unico indirizzo. (…) Sai che dopo l’ultimo decreto, sebbene la cura delle anime abituale è del Monastero, il Parroco dev’essere un sacerdote secolare o religioso, non un monaco, che al più compie le veci del Parroco. Si verrà presto ad una completa separazione, giacché vi sto lavorando e cercando fuori della Badia una conveniente abitazione per il rettore della Parrocchia. Tutto questo, se credi, potresti esprimere a don Orione”.

Di fatto mons. Mercanti offrì a don Orione anche la parrocchia di Santa Maria di Grottaferrata, cioè quella sita all’interno dell’Abbazia.
Don Orione risponde: “Sono disposto ad accettare la Parrocchia di Grottaferrata, perché vi si possa sviluppare un lavoro coordinato con la attigua di San Giuseppe a Poggio Tulliano”, rispose don Orione il 24 gennaio del 1919. La parrocchia di Santa Maria di Grottaferrata è quella sita all’interno dell’Abbazia. Come primo parroco mandò don Enrico Contardi.

Fu don Carlo Sterpi a trattare con il Vicario generale di Frascati, il Visitatore apostolico e il Priore dei Basiliani, p. Nilo Borgia per arrivare alla stesura di una convenzione in vista “di una sistemazione completa e decisiva della Parrocchia in guisa da lasciare i Monaci completamente liberi”.

Le attività iniziarono. Praticamente la chiesa fu riservata alla liturgia bizantina e, come chiesa latina, si usò il nartece, la parte antistante coperta della chiesa. Don Orione collaborò agli avvii di quell’attività destinando il capo-tipografo, il capo-sarto e il capo-calzolaio per costituire una scuola di arti e mestieri  .
Si crearono però subito problemi sull’uso degli ambienti destinati al parroco e alla parrocchia e sulle spese da affrontare. Ci fu un irrigidimento da parte dell’abate p. Capasso e dei monaci che non consideravano il sacerdote incaricato un parroco, ma un dipendente, un subalterno come era stato in passato. Naturalmente questo atteggiamento ingenerava continue frizioni.
Dopo poco più di un anno don Contardi passò alla vicina Parrocchia di S. Giuseppe, sostituito da don Antonio Tricerri. I rapporti non davano segni di miglioramento e Don Orione se ne lamentò in scrivendo, il 6 maggio 1921, al cardinale Giovanni Cagliero (1838-1926), vescovo di Frascati.

“Tortona, Piccola Casa della Divina Provvidenza il 6 Maggio 1921.  Eminenza Rev.ma […] La cura delle anime è dal 30 marzo del 1919 che fu a noi affidata, e solo noi ne siamo i direttamente responsabili e davanti a Dio e davanti al Vescovo diocesano di Frascati. Sempre io l’ho intesa così, e così l’ha intesa la Curia di Frascati, e ritengo che questa e non altra sia la mens della S. Sede e la vera volontà del S. Padre. Invece, si è ridotti che non si può far nulla, oppure bisogna rompere la fraterna carità con i monaci. Eminenza, lo creda: la nostra è una posizione dolorosissima! […] Ora io penso: ma perché dovremo restare a Grottaferrata, mentre vi è tanto spirito di ostilità a noi e sempre col pericolo di rompere la carità di Gesù Cristo? Perché restare là, forzatamente inerti, senza libertà di poter lavorare a fare del bene, mentre altrove c’è tanto bene da fare tante anime di gioventù da salvare? Non sarebbe meglio che ci ritirassimo silenziosamente, chiedendo perdono a Dio dei nostri peccati, e baciando umilmente le mani e piedi dei monaci? […] Il S. Vangelo parla chiaro: se non vi accettano in una città andate in un’altra. Io poi penso che altri faranno sempre meglio di noi e per questo pregherò di cuore”.

La lettera faceva capire che stava maturando la decisione del ritiro definitivo. Ci fu ancora un cambio: a don Tricerri subentrò don Candido Garbarino, molto buono e remissivo. Di lì a poco venne la decisione che Don Orione comunicò da Venezia con due lettere del 2 agosto del 1922 dirette al Card. Cagliero e all’Abate Capasso: “è con dispiacere che devo comunicare all’Em. Sua R.ma che proprio non mi è possibile continuare a lasciare a Grottaferrata quel Sacerdote della Piccola mia Congregazione che fin qui vi ha fatto da vice-parroco, né posso mandarne un altro”.

Finì in questo modo il rapporto di collaborazione pastorale con l’Abbazia, ma non si interruppero i buoni rapporti e la stima che si erano instaurati con i singoli monaci, come si vedrà di seguito.

Prima di parlare degli Orionini a San Giuseppe a Poggio Tulliano, giova accennare ad un capitolo interessante dell’opera di Don Orione.
 

Le sorelle Elena e Agnese Raparelli

Nel contesto dei rapporti che don Orione ebbe con l’Abbazia ed i vari monaci è da collocarsi un aspetto relativo alla nascita della Congregazione delle Suore Basiliane, le Figlie di Santa Macrina, la cui fondazione è da ascrivere a p. Nilo Borgia e ad Elena Raparelli.

Le sorelle Elena e Agnese Raparelli, all’inizio del 1917 si trovarono insieme a Grottaferrata. Desideravano esse suore greco-orientali. Si aggregarono altre compagne con lo stesso scopo. Le formava spiritualmente e le accompagnava p. Nilo, priore dell’Abbazia. Erano presso l’Abbazia al tempo della presenza dei religiosi di Don Orione che si interessò di loro.

Avvenne che p. Nilo, che le seguiva, fu trasferito improvvisamente in Albania ed egli, lasciandole, non pensò di meglio che affidarle a Don Orione. Don Orione accettò di interessarsene: si trattava della fondazione di una congregazione femminile di rito greco. Scrisse a p. Nilo: “Quanto a codeste buone figliuole, io, come Lei sa, speravo di aprire loro un sacro asilo loro proprio, e secondo lo spirito e la vita basiliana in Roma o nelle sue vicinanze, ma, finora non mi è stato possibile più che per le vicende della mia vita, certo per i miei peccati. Io ho qui una casetta, che è la più umile, la più povera delle capanne della Divina Provvidenza. Codeste figliuole vogliono venire, per intanto, qui? E ben vengano, e Dio le accompagni e le benedica. Io non ho bisogno delle informazioni di Don Enrico, mi basta la parola del mio caro Padre Nilo”.

Per un periodo di prova nell’ambito di una istituzione religiosa le aspiranti suore furono inviate all’Istituto orionino di Santa Maria, a Roma – Monte Mario.  Fu un’esperienza forte di formazione e di lavoro per le due sorelle, seguite e incoraggiate a perseverare da Don Orione.

Dopo il ritorno dalla sua missione in Albania, p. Nilo non ritornò a Grottaferrata ma fu destinato a Mezzojuso (Palermo), paese dell'entroterra siciliano dove convivevano due etnie bizantine, quella siciliana e quella albanese. Il 2 luglio del 1921 Elena e Agnese, con l’aiuto di don Orione, partirono per Palermo, iniziando così il percorso di quella che sarebbe diventata la Congregazione delle Basiliane, Figlie di S. Macrina che ottennero il Decreto di erezione canonica di diritto diocesano, il 19 luglio 1930, e l’Approvazione delle Costituzioni e il Decreto di lode, il 10 giugno 1972.

 

Gli Orionini nella Parrocchia di San Giuseppe agli Squarciarelli

La chiesa di San Giuseppe agli Squarciarelli si trova nel comune di Grottaferrata, in provincia di Roma, nell'area dei Castelli Romani, su un colle, Poggio Tulliano, che domina la Via Maremana, in un’area collinare poco abitata, tra i “castelli” di Marino, Rocca di Papa e Grottaferrata. La località di Squarciarelli è nota per la bellezza della natura, per sue sorgenti d'acqua, e per le sue trattorie popolari, tanto che Renato Rascel gli dedicò una strofa della sua famosa canzone “Arrivederci Roma”: Arrivederci, Roma, / Good bye... au revoir... / Si ritrova a pranzo a Squarciarelli / fettuccine e vino dei Castelli / come ai tempi belli che Pinelli immortalò!

Come già nell’abbazia di Santa Maria dei Basiliani, anche qui la chiesa fa parte di un antico monastero andato in decadenza. In tempi recenti la chiesa fu riedificata per volere di Nicola Santovetti, ricco proprietario terriero ed imprenditore della zona, alla fine dell'Ottocento, e fu consacrata il 14 luglio 1889. La chiesa fu affidata ai padri cistercensi riformati, che abitavano il convento accanto alla chiesa, sempre di proprietà di Nicola Santovetti.

La gestione dei Cistercensi però non fu positiva, cosicché i Santovetti li sostituirono con i Basiliani di Grottaferrata. Nel 1919, la chiesa di San Giuseppe venne costituita parrocchia e affidata ai religiosi di Don Orione; don Giuseppe Opessi fu il primo parroco di San Giuseppe.

Dai ricordi personali di Don Opessi si sa che San Giuseppe aveva allora meno di mille anime. Ci andò per primo Don Casa e subito dopo arrivò Don Opessi. Nel 1920 ci andò Don Contardi e Don Opessi passò alla chiesa di Sant’Anna in Vaticano. Nel 1921, Don Contardi partì per le missioni in Argentina, ove rimase fino alla morte, e gli succedette Padre Giovanni Serra, Don Saba, Don Silvio Ferretti (ci stette poco), Don Fausto Moncalieri. Il parroco più ricordato è Don Opessi, che ci stette dal 1929 al 1943.

Perché si lasciò San Giuseppe agli Squarciarelli? Sostanzialmente perché lo volle il Vescovo della Diocesi di Frascati che, nel 1942, era divenuta proprietaria del complesso di chiesa e monastero. Il Vescovo volle mettere i suoi sacerdoti diocesani.

Gli Orionini lasciarono la parrocchia il 7 ottobre 1943. Nel corso della seconda guerra mondiale, la chiesa venne colpita da un bombardamento anglo-americano dell'inverno 1944 e in seguito ricostruita nel 1946.

Don Flavio Peloso

 


[1] Gaetano Passarelli, Don Orione e il rito bizantino, Messaggi di Don Orione 46(2014), n.143, p.5-57.

 

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