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Messaggi Don Orione
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Autore: Flavio Peloso



   DON ORIONE A VELLETRI

VILLA BORGIA E COLLE GIORGI


Don Flavio Peloso

 

Velletri è città antica, ubicata sulle ultime propaggini dei Colli Albani, alle pendici del monte Artemisio e aperta verso l’Agro Pontino. 

In antico si chiamava Velitrae, fondata dagli Etruschi intorno al 700 a. C., roccaforte dei Volsci, oppositori dei romani. Divenne città romana nel 338 a. C., dimora di campagna d'imperatori e personaggi illustri, punto importante di passaggio della Via Appia Antica. Qui risiedeva la gens Octavia da cui discese l’imperatore Ottaviano Augusto.

Il Cristianesimo si diffuse a Velletri per l’opera di Clemente, primo vescovo della città e poi quarto Papa dal 92 al 101. Dopo la caduta dell'impero romano, Velletri fu devastata dai barbari subendo poi varie dominazioni. Nel medioevo fu città fiorente, comune indipendente e sede di diocesi. Condivise le vicende politiche e militari in secoli di continui cambi di poteri. Nel 1870 Velletri fu annessa al Regno d'Italia tramite plebiscito.

Nella seconda guerra mondiale la città si trovò al centro della ritirata tedesca e dell'avanzata americana da Anzio verso Roma e subì duri bombardamenti che la distrussero per l'ottanta per cento, facendole perdere la sua antichissima e gloriosa impronta. Ad inizio del 2000 la città conta circa 50.000 abitanti. Suo vescovo titolare è stato di recente anche Joseph Ratzinger divenuto Papa Benedetto XVI.

 

I BORGIA E LA LORO VILLA IN CONTRADA MORICE

La famiglia Borgia è una delle più conosciute e studiate per la fama e l’autorità dei suoi componenti. La presenza a Velletri dei Borgia è testimoniata dal XII secolo, come attesta un contratto stipulato nel 1181 da un certo Riccardo Borgia. La casata pare discendere da don Pedro de Atarés, principe aragonese fuggito dalla Spagna per motivi politici. Le notizie della famiglia Borgia appaiono con più continuità dal XV secolo con personaggi importanti nel campo della politica, delle armi, della Chiesa, della cultura; tra di essi anche Papa Alessandro VI e san Francesco Borgia.

Lo stemma dei Borgia presenta un bove sormontato da tre rose.[1]

Personaggio eminente dei tempi recenti fu Stefano Borgia (Velletri, 3 dicembre 1731 – Lione, 23 novembre 1804), cardinale, storico, numismatico, dignitario pontificio, bibliofilo ed erudito. Fu a capo della Congregazione di Propaganda Fide e Governatore dello Stato Pontificio. Costituì l’importante Museo Borgiano di Velletri, poi venduto da Camillo Borgia nel 1814 al re di Napoli; all'inizio del XX secolo, i manoscritti del Museo Borgiano furono trasferiti alla Biblioteca Apostolica Vaticana.

Altro personaggio illustre fu il conte Camillo Borgia Pighini Gagliardi che nacque a Velletri il 17 luglio del 1773 dal generale pontificio Giovanni Paolo e dalla nobile perugina Alcmena Baglioni. Era nipote del cardinale Stefano Borgia[2] e venne indirizzato dal padre alla vita militare. Sposò Adelaide Quenson da cui ebbe due figli Ettore ed Alcmena.  Pubblicò un planisfero, detto "borgiano", che gli procurò la stima dei dotti. Trascorse una vita avventurosa tra imprese militari, diplomazia, viaggi, archeologia e studi. Morì a Napoli il 22 maggio 1817. I suoi beni e i suoi debiti passarono alla moglie Alcmena. Il palazzo Borgia, in Via della Scalinata a Velletri, andò distrutto durante i bombardamenti del 1944. Il figlio di Camillo e Adelaide, il conte Ettore Borgia, risiedette nella Villa Borgia, in contrada Morice, sempre a Velletri; qui si ritirò già vecchio e morì nel 1885. La sorella di Ettore, Alcmena, morì invece il 30 agosto 1884, lasciando una figlia Laura Cumbo Borgia. Si estinse così il ramo della famiglia di Camillo Borgia e il titolo e anche la Villa in contrada Morice passarono al nipote Antonio Cumbo Borgia. La Villa Borgia fu venduta tra il 1927 e il 1930. L’ingresso alla Villa, al parco e ai terreni annessi era al n. 12 di Via Armando Diaz, oggi Via Cesare Angeloni.

A testimoniare la presenza degli ultimi discendenti della famiglia di Camillo Borgia nella Villa in Contrada Morice rimane ancora oggi, in fondo a un vialetto del parco, un monumento commemorativo composto da tre lapidi.[3]

La prima lapide, posta sul lato sinistro per chi guarda, reca lo stemma dei Borgia, e riporta la dedica di Adelaide al marito.

Te Camillo mio / e tuoi fatti guerreschi / e virtù cittadine / richiamerà a lontani la memoria / che ti pone la tua Adelaide / a segno di coniugale amore / duraturo sino a che sottentrino / al pietoso ufficio di coronarla / di fiori / Ettore ed Alcmena nostri.

L'altra lapide, posta sul lato destro, in posizione simmetrica a quella sopra descritta, reca lo stemma dei Cumbo di Messina ed ha una dedica di Alcmena alla madre deceduta intorno al 1857, in Velletri. Ed ecco il testo.

La memoria del padre / e quella a te posta / pietosamente di fiori coroneranno / O madre amatissima / non mai credula e pieghevole / alla fortuna / né quando ti sorrise / nella reggia murattiana / né quando poscia t'abbandonava / in questa campestre Morice.

Infine, nella parte centrale, più grande delle altre due, vi è una iscrizione di Antonio Cumbo Borgia che dalla madre Alcmena ereditò il titolo e i beni della famiglia Borgia, assumendone anche il cognome. Quando egli la pose, i due figli di Camillo, Ettore ed Alcmena, erano già morti e quindi questa lapide è databile alla fine dell'ottocento. Il monumento venne dunque realizzato nelle sue tre parti in tempi diversi. Questa è la dedica, quasi cancellata.

Ombre onorate / di Camillo Borgia e di Adelaide Quenson / concedete a me / Antonio Cumbo Borgia / che rinnovi su questi sepolcri / le corone che vi appendeano i / figlioli vostri / Alcmena mia adorata genitrice/ ed Ettore mio dilettissimo zio / mancati ancor essi alla vita / non al nome antico e glorioso che da voi eredarono /  e come l'incenso fumante innanzi ad un altare / si spande qual aura votiva per tutto il tempio / così esulteranno insieme alle vostre / le loro ceneri / nel profumo dei fiori / c'educherò alla vostra memoria.

Sulla sommità dell'iscrizione, vi è uno stemma, non molto chiaro, sormontato da una corona comitale, lo scudo è accollato ad una croce di Malta. Da dietro la parte superiore dello scudo stesso si protende un braccio nudo, armato di spada, la cui punta trafigge un nodo di Salomone.

Sembra quasi un simbolo massonico, anche perché sono assenti simboli cristiani mentre il riferimento al "tempio" richiama alla memoria i liberi muratori o massoni.

Dalle iscrizioni qualcuno deduce che quello di Villa Borgia, in contrada Morice, possa essere il sepolcro di alcuni dei Borgia, ma appare più probabile essere semplicemente un monumento.

Un’altra testimonianza della presenza dei Borgia ancora custodito nella Villa è l’interessante sarcofago in peperino con lo stemma del casato, il bove sormontato da tre rose.

 

LA CONGREGAZIONE DI DON ORIONE A VELLETRI


Le visite di Don Orione a Velletri

Papa Giovanni Paolo II ha proclamato “Beato” Don Orione, il 26 ottobre 1980, presentandolo al mondo come "una meravigliosa e geniale espressione della carità cristiana", "fu certamente una delle personalità più eminenti di questo secolo per la sua fede cristiana apertamente vissuta", "ebbe la tempra e il cuore dell'Apostolo Paolo, tenero e sensibile fino alle lacrime, infaticabile e coraggioso fino all'ardimento, tenace e dinamico fino all'eroismo".[4]

Quando, il 16 maggio 2004, il medesimo Papa lo proclamò “Santo”, ha detto: “Il cuore di questo stratega della carità fu «senza confini perché dilatato dalla carità di Cristo». La passione per Cristo fu l’anima della sua vita ardimentosa, la spinta interiore di un altruismo senza riserve, la sorgente sempre fresca di una indistruttibile speranza”.[5]

Le notizie di sue visite a Velletri sono certe, ma per lo più senza data. C’è una nota autografa di Don Orione con scritto “visita a Velletri” e una busta di lettera da lui scritta con il timbro postale “Velletri – 9 luglio 1930.[6] Successive testimonianze attestano essere egli venuto a Velletri più volte e il suo nome era noto.

La testimonianza più dettagliata è quella del canonico Giuliano Dettori, datata 2 marzo 1960.[7]

Don Orione venne interpellato dal Cardinale Pompili; si voleva che egli si assumesse la parrocchia di Cisterna, che allora aveva un enorme territorio (da Velletri sino all'attuale Sabaudia). La popolazione era enorme e non formata...

Don Orione si recò dunque a Cisterna per vedere un po' sul luogo di che cosa si trattava.[8] Portatosi a Velletri, di lì, a piedi, con gran caldo, andò a Cisterna. Arrivò che era pomeriggio e il parroco riposava. Non volle disturbarlo e si sedette sul muricciolo a riposare. Poi visitò i luoghi: la chiesa, l'abitato. Quando il parroco si avvide della sua presenza si pose a sua disposizione, spiacente che Don Orione non l'avesse chiamato.

Tornato a Roma, Don Orione riferì al Cardinale che avrebbe accettato la parrocchia, ma che aveva bisogno ancora di un paio di anni, perché allora doveva partire per l'America. In quell'occasione il Cardinale gli fece delle proposte concrete. Gli avrebbe dato la parrocchia ed anche una somma (50.000).  Don Orione rispose che a lui il denaro non interessava: la parrocchia sì. Se ne sarebbe dunque riparlato al suo ritorno dall'America.

(...). Ma passò tempo e Don Orione non ritornava.[9]

Venne allora a Cisterna don Risi con un altro sacerdote e furono miei ospiti. Guardarono e dovettero evidentemente riferire a Don Orione... Ma non presero alcuna decisione mentre il bisogno urgeva.  Ci rivolgemmo ad altri Ordini e Congregazioni... ma non si combinò con nessuno. Paura della palude e della gran massa informe, dispersa nel gran territorio. La parrocchia cominciava da vicino Velletri e arrivava a Sabaudia, tutto Borgo San Donato era nostro.

[Quando Don Orione ritornò dall’America Latina] Andai io da don Risi a Roma, a Ognissanti. Mi disse che Don Orione era stato dal Papa Pio XI a fare relazione dello stato delle cose.

Pochi giorni dopo tornai, a Sette Sale, da don Risi.

"Oggi c'è Don Orione - mi disse - resti con noi così potrà conoscerlo".

Don Risi me lo presenta. Mi prese una specie di tremore: ebbi l'impressione di trovarmi davanti a un uomo non ordinario.  Mi usò grande cordialità, volle offrirmi il caffè. Mi invitò a pranzo. Avevo ad un tempo piacere e timore di restare, ma restai. C'era anche un altro sacerdote ospite, forse don Terenzi. (...) Volle sedessi al tavolo, al posto ch’era stato riservato a lui stesso. Inutile rifiutare, insistette e dovetti accondiscendere. In quell'occasione mi disse che era stato a Cisterna e mi narrò la sua visita da me sopra accennata.

Un nuovo incontro.  Mi ero recato a Ognissanti a salutare don Risi e c'era Don Orione.  Era impegnatissimo, dovendo tenere due conferenze, una gli Uomini Cattolici e l'altra a un gruppo di suoi religiosi. lo vidi passare. Si fermò, mi salutò con grande cordialità. Mi disse che nei giorni successivi doveva venire a Velletri. Fu poi don Risi a dirmi che Don Orione sarebbe venuto con lui per visitare Colle Giorgi. (...)

Andai a Villa Borgia e seppi che Don Orione era venuto al mattino ed era salito in macchina a Colle Giorgi. Ad un certo punto la strada non è più selciata; di lì, la strada era ridotta dall'acqua in condizioni impossibili. La macchina di Don Orione si impantanò nel fango così tenacemente che non si riuscì a disincagliarla. Don Orione scese di macchina, tentò di avanzare: impossibile. Dovette accontentarsi di vedere e di benedire la casa da lungi. Aveva avuto anche un disturbo cardiaco. Sicché aveva dovuto terminare col dire “Sarà per un'altra volta”. Passò di lì in macchina un mio amico ingegnere; preso su Don Orione, e, visto il disturbo cardiaco, lo portò via a Roma. La macchina di Don Orione restò nel fango e la liberammo più tardi.

Giorni dopo, recatomi ad Ognissanti, don Risi mi narrò la cosa.  Di lì a poco esce Don Orione che mi corse incontro come ad un vecchio amico.

"Sarà per un'altra volta", disse.  "La prossima volta che verrò sarò su ospite". 

E a sua volta mi narrò quanto era successo.

"Ho potuto vedere la casa e l'ho benedetta soltanto da lontano. Ci ho visto la mano del diavolo".

"Si vede che gli scotta", dissi io.

Mi guardò fisso, fece una breve pausa come riflettendo, e poi! E allora coraggio e avanti".

Oltre alla testimonianza del can. Giuliano Dettori, c’è quella di Mons. Guarnacci,[10] insegnante in seminario, il quale gli riferì che “Don Orione venne nel 1932/33 e voleva fare acquisto della Casa Maggiorelli, in via del Comune, ma non se ne fece nulla. Quando venne fu appunto per visitarla”. Il Canonico riferisce anche che il Santo fu a visitare Mons. Fabiani quando questi si ammalò.

Oggi il nome di san Luigi Orione è conosciuto a Velletri perché, dopo alcuni anni, la sua Congregazione si installò in due diverse località di Velletri: a Villa Borgia, in contrada Morice, e a Colle Giorgi.

 

Villa Borgia diviene seminario

I problemi finanziari portarono gli ultimi discendenti del conte Camillo Borgia a vendere la Villa con parco e terreni in Contrada Morice di Velletri. La proprietà venne acquisita dal signor Rocchi Giuseppe, che a Roma aveva una sartoria in Via Tortona 8, presso la parrocchia orionina di Ognissanti, ed alcuni appartamenti in Via Domodossola 24, 26 e 28.

Villa Borgia, come leggiamo nel testamento olografo di Rocchi Giuseppe fu Attilio, datato “Roma, 4 novembre 1938”, fu lasciata “all'Opera Don Orione detta della Divina Provvidenza con espresso incarico al suo fondatore e rappresentante sacerdote Luigi Orione di destinare detta villa a casa di carità per ricovero di sacerdoti vecchi ed ammalati e anche di chierici religiosi ammalati. Detta Casa di Carità dovrà avere tutti i caratteri di opera pia ed essere intestata al nome mio Giuseppe Rocchi”.[11]

Subito dopo la pubblicazione del testamento, fu don Carlo Sterpi il primo ad andare a visitare la Villa.

“La villa è piuttosto piccola. Sono in tutto 14 camere, con grotta, rustico pei coloni e cantina. Confina da tre parti coi Padri Cappuccini. È posizione ottima. Il terreno, mi fu detto, è di sette ettari molto ben coltivato a viti e alberi di frutta. Intorno alla villa vi è un po’ di giardino con viali. La villa è in ottimo stato. È di recente costruzione”,[12] “luogo sorridente e silenzioso, quantunque in prossimità ed in vista della città”.[13

Anche Don Orione diede notizia: “Sono stato tempo fa a Velletri, a vedere una bellissima villa, per sacerdoti stanchi, pei nostri figliuoli di missione”.[14]

Iniziò un capitolo nuovo della storia di Villa Borgia. Divenne casa religiosa della Piccola Opera della Divina Provvidenza di san Luigi Orione.

 A Villa Borgia, tra luglio e agosto del 1941, si tennero tre turni di esercizi spirituali per i religiosi orionini[15] e don Sterpi commentò: “Sono contento che la nuova casa di Velletri abbia incominciato a funzionare per noi coi S.S. Esercizii. E Deo gratias”.[16]

Vi soggiornarono per brevi tempi sacerdoti e chierici malati o bisognosi di ripresa di salute. Padre Stefano Ignudi ricordò di essere andato nel 1941 “a Villa Borgia, per passarvi un po’ di vacanze. Luogo magnifico di raccoglimento”.[17] Negli anni 1943-1945 la prima comunità fu formata da don Guido Zebri, direttore, don Pietro Schamlian e il chierico Mariano De Angelis. Dal 1945 al 1949 fu direttore don Francesco Prosia.

Dall’8 agosto 1945 vi dimorò anche il venerabile don Carlo Sterpi dopo essere stato colpito da una paresi, il 19 maggio 1944. All’abate Caronti, visitatore apostolico, che aveva insistito perché si prendesse un po’ di riposo, scrisse: “Io mi trovo a Velletri a Villa Borgia, che avrei denominato, come ho già scritto, Villa S. Gaetano. Son qui che faccio il signore a mangiare, bere, dormire, un poco anche a causa di Vostra Eccellenza. Ora maturano i fichi, le pesche, l’uva; perché non viene anche Vostra Eccellenza”.[18]

Nei primi anni, la Villa ebbe un utilizzo limitato e saltuario. Per la coltivazione dei terreni, si continuò “la mezzadria con una convenzione che si possa disdire ogni anno. Alla Villa si facciano intanto i lavori più necessari. Curarsi della pratica dei danni di guerra”.[19] Avendo presente la volontà testamentaria del donatore si provvide “alla sistemazione di questa Casa, onde accogliervi nostri Confratelli ammalati e bisognosi di riposo”.[20]

Nel 1949, il Consiglio generale diede “il permesso di vendere gli appezzamenti di terreno denominate “Riserve” (di Colle Giorgi). Il ricavato sia usato per la sistemazione di Villa Borgia ove saranno eventualmente trasferiti i probandi e non i novizi”.[21] La Villa per le sue dimensioni e anche per il deperimento degli ambienti non risultava idonea a ospitare la vita di una collettività e, d’altra parte, mancavano le necessarie risorse economiche per provvedere ad un intervento di adattamento. Fu così deciso di affidarla “a due coniugi perché la usinovita natural durante’ provvedendo a mettere in efficienza il fondo, riparare la Villa, concedendo una parte della casa stessa per abitazione dei nostri sacerdoti bisognevoli di riposo”.[22]

Nel 1967, un’informazione di don Clemente Perlo, superiore provinciale, riferisce che “Villa Borgia, da molti anni è tenuta dalla Famiglia Faustini” e che la “Signora Faustini, rimasta sola, preme per ritirarsi e lasciare l’amministrazione della Proprietà”.[23]

Villa Borgia ove saranno eventualmente trasferiti i probandi e non i novizi”.[21] La Villa per le sue dimensioni e anche per il deperimento degli ambienti non risultava idonea a ospitare la vita di una collettività e, d’altra parte, mancavano le necessarie risorse economiche per provvedere ad un intervento di adattamento. Fu così deciso di affidarla “a due coniugi perché la usinovita natural durante’ provvedendo a mettere in efficienza il fondo, riparare la Villa, concedendo una parte della casa stessa per abitazione dei nostri sacerdoti bisognevoli di riposo”.[22]

Solo nel 1970 si cominciarono importanti lavori di sistemazione in vista di farne la sede del Noviziato.[24] La prima comunità di Noviziato risiedette a Villa Borgia nell’anno 1972-1973,[25] avendo per Padre maestro don Ferdinando Cavaliere, presenti don Ferruccio Netto, di fratel Corrado Rizza e un gruppo di 18 novizi. Nel 1973, si diede avvio alla costruzione di un nuovo edificio, ove sorgeva la casa del fattore,[26] per ampliare la capacità di accoglienza di residenti: nuova Cappella, sala incontri, camerette, campo da gioco recintato.[27]

Villa Borgia vide nuovo splendore di vita per la presenza dei giovani novizi che dividevano il loro tempo tra preghiera, lavoro, studio e apostolato nelle parrocchie vicine. Fu ben curato il parco, si piantò la vigna e l’uliveto. Il luogo e la comunità divennero un riferimento per tutta la città di Velletri. Nel ruolo di Padre Maestro si susseguirono don Ferdinando Cavaliere (1972-1975), don Rocco Bufalini (1975-1976) don Elio Ferronato (1976-1980).

Nel 1980, il Noviziato fu costituito a Colle Giorgi e Villa Borgia continuò la sua attività come seminario di orientamento vocazionale e Prenoviziato.

Direttori furono don Belisario Lazzarin (1981-1988), don Carlo Marin (1988-1993), don Luciano Mariani (1993-2001), don Leonardo Verrilli (2001-2015), don Filippo Benettazzo (2015-2022), don Neculai Tiba (2022-2023) e don Flavio Peloso dal 2023. Furono numerosi gli orionini presenti per tempi più o meno lunghi nel seminario di Villa Borgia; da segnalare, in particolare, don Ferruccio Netto dal 1975 al 1991 e don Bruno Sanguin dal 1993 al 2010 e 2023, don Domenico Napoli dal 2003 al 2010, Don Enrico Casolari dal 2009 al 2018.[28] La diminuzione delle vocazioni portò, nel 2009, a unificare a Villa Borgia la sede sia del Noviziato che del Prenoviziato.

 

La Casa di Colle Giorgi

Sulle colline che salgono verso il monte Artemisio, a mezz’ora di cammino da Villa Borgia, c’è la contrada Colle Giorgi. Contrassegnata con il numero civico 4, c’era la consistente proprietà di un certo Romolo Posi, ricco possidente romano. La casa con ampio terreno fu comprata nel 1932 dal vescovo Mons. Paolo Albera.[29]

Paolo Albera fu il primo chierico che collaborò con il chierico Orione nella conduzione del primo Collegio da questi aperto nel 1893 a Tortona. Fu paladino del sistema agricolo propugnato da Stanislao Solari e si dedicò alla conduzione delle prime Colonie agricole con Don Orione e poi fece un cammino proprio e divenne Vescovo di Mileto-Nicotera-Tropea dal 9 maggio 1924 al 27 ottobre 1943. Anche a Colle Giorgi intendeva costituire una colonia agricola.[30]

Nel contratto di vendita, datato 26 maggio 1933, si legge: “Bagaglini Clementina e Marconi Sigismondo, quest’ultimo per i suoi diritti di usufrutto vendono a favore di S.E. Monsignor Paolo Albera, qui presente ed accettante: l’utile dominio del terreno vignato, seminativo e cannettato, con annesso fabbricato rurale, posto in territorio di Velletri contrada Colle Giorgi, della superficie di are 89,10 (dati catastali), confinante con Montagna Domenico, Bartolucci Giovanni, Di Lazzaro Alcide e strada vicinale, il cui diretto dominio è di proprietà dello stesso mons. Paolo Albera, per acquisto fatto dagli eredi di Posi Romolo, con istrumento in atti del Notaio Panvini Rosati in data 12 Marzo 1932, immettendo l’acquirente nel libero e legale possesso del fondo e pertinenza da oggi stesso”.

Nella Casa risiedevano le suore Immacolatine: ne fecero il loro noviziato e si occupavano dell’insegnamento del catechismo ai ragazzi della zona. Vi dimorò per qualche tempo anche la fondatrice, la beata Brigida Postorino. Nel 1936, problemi di indole finanziaria spinsero il vescovo Albera a lasciare questa proprietà e le suore Immacolatine dovettero lasciare il luogo. Probabilmente si aspettavano che la proprietà di Colle Giorgi fosse lasciata alla loro Congregazione che aveva contribuito all’acquisto,[31] invece Mons. Albera si orientò a donare la proprietà alla Piccola Opera della Divina Provvidenza.

Don Orione, l’11 settembre 1939, informò don Roberto Risi: “Scrivo a don Parodi approvando che trasferisca i fanciulli da Anzio a Velletri nell'edificio offerto da Mgr. Albera; ma bisognerà con sollecitudine: I - predisporre detta abitazione di Velletri, cominciando dall'averne le chiavi; II - Poi, avvertire le famiglie o gli Enti che ci affidarono i ragazzi, ma questo aspettare a farlo, quando già la Casa sia almeno in mano nostra e possibilmente allestita. III - Dire ad Anzio che si va via solo provvisoriamente, per toglierci da eventuale pericolo, se scoppiasse la guerra”.[32]

In due lettere, a Don Orione (19 settembre 1939) e a don Sterpi (2 gennaio 1940), il Vescovo accenna alla vicenda ipotecaria in cui era incorso e invitava Don Orione a prendere possesso della Casa di Velletri subito o al termine della vicenda giudiziaria.[33] Don Orione informò l’abate Emanuele Caronti, Visitatore apostolico, il 22 settembre 1939: “Mgr. Albera ha ancora offerta quella Villa presso Velletri, che sarei contento fosse visitata, prima, da V. E.   Ci si trasporterebbero i probandi che sono a S. Oreste”.[34]

Dunque, mons. Albera mise a disposizione la Casa di Colle Giorgi già a fine 1939. Il 20 gennaio 1940, Don Sterpi va ad incontrare mons. Albera a Tropea e “se per Lunedì mattina ci fosse anche Bianchi[35] faremmo una corsa a Velletri per difendere quella casa dall’acqua poiché qui non fa che piovere”.[36] Anche se legalmente lasciò la proprietà alla Congregazione successivamente, mediante il testamento olografo del 12 maggio 1942.[37]

Della sistemazione e avvio della Casa di Colle Giorgi si occupò soprattutto don Silvio Parodi con i Chierici dell’Istituto di Via delle Sette Sale di Roma, come risulta da molte note del “Diario della Casa”.[38]

“19 aprile 1940. Don Sterpi accompagnato da D. Parodi e dal Sig. Bianchi si recò a visitare la Casa di Velletri per vedere di poterla sistemare quanto prima poiché si avrebbe intenzione di metterci il probandato per il nuovo anno scolastico. Si prestò ad accompagnarli colla propria macchina il Sig. De Angelis.

20 maggio 1940. Don Parodi è stato col Sig. De Angelis, con don Pensa, don Perlo e il Sig. Bianchi a Velletri per combinare sui lavori da farsi a quella Casa poiché si avrebbe intenzione per il prossimo anno di trasportarci il probandato”.

Già nel luglio 1940 vi si poté tenere un corso di Esercizi spirituali.[39]

Il 6 ottobre 1940 furono accolti gli aspiranti di I e II ginnasio con don Mario Sfoggia, direttore, coadiuvato dai chierici Guido Zebri e Dino Dalla Bà.[40]

Il card. Enrico Gasparri, Prefetto della Segnatura Apostolica, manifestò a don Sterpi il compiacimento per le attività svolte: “Conosco e seguo con piacere il bene che i Figli della Divina Provvidenza, da qualche anno, vanno svolgendo nella mia Diocesi Suburbicaria di Velletri, ove godono tutta la stima e la benevolenza del Clero e del popolo”.[41] 

Alla fine del 1943, il seminario fu lasciato in vista di ristrutturazioni e gli allievi furono trasferiti a Patrica (Frosinone).

Durante la seconda guerra mondiale, la casa di Colle Giorgi fu rifugio e riparo per quanti, non avendo più la propria casa a causa dei bombardamenti (1943 – 1944), vennero a stabilirsi o a nascondersi qui a Colle Giorgi. Il direttore era don Felice Bortignon e li assisteva spiritualmente e materialmente. Velletri fu più volte terribilmente bombardata e una bomba distrusse anche parte della cappella.[42] L’Istituto di Colle Giorgi “subì gravissimi danni nei vari bombardamenti e specialmente negli episodi finali della battaglia per la presa di Roma: gli ultimi contingenti tedeschi asserragliati in quella nostra casa si arresero solo e dopo aspro combattimento quando furono presi alle spalle dai paracadutisti alleati scesi sul Monte Artemisio”.[43]

Dopo la seconda guerra mondiale, la Casa di Colle Giorgi ritornò ad essere probandato della Provincia Religiosa SS. Apostoli Pietro e Paolo. Dall’ottobre 1945 fu direttore don Giovanni Farinasso coadiuvato da don Giulio Spada e dal chierico Dante Barbaro; negli anni seguenti vennero don Domenico Morini, Fr. Luigi Codutti, don Giuseppe Tirello, poi direttore dal 1953. Solitamente vi erano ospitati dai 40 ai 50 ragazzi.[44]

Il card. Nicora espresse il desiderio di erigere a sede di Parrocchia la chiesetta annessa alla Casa di Colle Giorgi; fu data disponibilità per una nuova costruzione al limite del terreno di proprietà, ma il progetto non andò in porto: troppo scomodo l’accesso, ingenti spese, perdita di riservatezza della casa di formazione.[45]

Nel 1958-1959, la Casa divenne sede del Noviziato per i Fratelli coadiutori;[46] come padre maestro c’era don Ferruccio Netto, che qui rimase fino al 1964.[47] In seguito, restò disabitata per due decenni.

Nel 1967, don Clemente Perlo, superiore provinciale scrisse: “Da tre anni la Casa è stata chiusa perché in condizioni precarie che la rendono inabitabile e inusabile… Don Netto si interessa della gestione e ogni domenica continua andare per la Messa festiva e catechismo alla popolazione vicina”.[48] I terreni, inizialmente di 17 ettari, furono in gran parte venduti per sostenere le spese di manutenzione e poi per la radicale risistemazione dell’area in vista di farne la sede del Noviziato.[49]

La Casa riprese nuova vita a partire dal 1980, quando divenne la sede del Noviziato dedicato alla “Madre del Buon Consiglio”: gli edifici e la chiesa ben tenuti, la vigna, l’oliveto e l’orto ben lavorato e vi si ricavò anche un’area parco. Schiere di giovani si susseguirono per quasi 30 anni. Nel ruolo di Padre maestro si avvicendarono don Eliodoro Ferronato (1980-1983) don Giuseppe Rigo (1983-1990), don Luigi Fiordaliso (1990-1997), don Fernando Santamaria Pascual 1997-2000), don Severino Tolfo (2000-2002), don Gianni Castignoli (2003-2009). Attorno alla comunità dei novizi e alla chiesa del Noviziato si ebbe sempre la partecipazione e la simpatia della gente del vicinato.

Nel 2009, a causa del ridotto numero di novizi e di postulanti, si costituì il seminario unico a Villa Borgia e la Casa di Colle Giorgi rimase nuovamente senza comunità, pur continuando a curare gli ambienti. Dal 1° marzo 2009, la proprietà di Colle Giorgi fu affidata con contratto di Comodato ad una comunità maschile del Movimento dei Focolari e ad una Associazione di volontariato sociale che avrebbe curato i terreni.

 

 

 


[1] Lo stemma è oggi visibile nella Rocca di Fiano, nel monumento di Alessandro Borgia in San Giovanni in Laterano e a Villa Borgia (seminario Don Orione) sul sarcofago e sulla stele dedicata a Camillo Borgia.

[2] Cfr Rigel Langella – Renato Mammuccari, Stefano Borgia. La Famiglia. La storia, Il museo, Quaderni della Biblioteca Comunale, n.5, Città di Velletri, 1995.

[3] Vincenzo Ciccotti, Camillo Borgia (1773-1817). Soldato ed archeologo, Quaderni della Biblioteca Comunale, n.8, Città di Velletri, 1999, p.209-2012.

[4] “L'Osservatore Romano”, 27-28 ottobre 1980, 1-2.

[5] “L’Osservatore Romano”, 16 maggio 2004, p.8.

[6] Lettera indirizzata a Emanuele Brunatto; Scritti 108, 162.

[7] Don Giuliano Dettori fu nominato parroco di Cisterna “pro tempore” in attesa che la Parrocchia fosse assunta dalla Congregazione di Don Orione. Nel 1960 abitava in Piazza XX Settembre 4, 2° piano, Velletri.

[8] Don Amerigo Bianchi fu a incontrare anche Mons. Guarnacci  (Via Carlo Rosselli 5, Vellletri). Altri che conobbero Don Orione a Velletri sono Padre Salvatore di San Martino, la signora Rina Torti (Via Ariafina 17, Velletri), vedova di Luigi Sebastiano Torti, che fu allievo di Don Orione e gli serviva Messa, mons. Fabiani che Don Orione visitò quando si ammalò.

[9] La permanenza di Don Orione in America Latina si prolungò dal settembre dal 1934 all’agosto 1937.

[10] Fu incontrato da don Amerigo Bianchi nel 1960, in Via Carlo Rosselli 5, Vellletri.

[11] Archivio di Villa Borgia, Velletri e ADO, cart. O, I, 25. Il Testamento fu pubblicato il 14 gennaio 1939; l’esecuzione testamentaria che coinvolgeva vari destinatari richiese tempo prima che la Villa Borgia venisse in effettiva disponibilità della Congregazione.

[12] Lettera del 31 gennaio 1939 all’abate Caronti; Scritti Sterpi 13, 96.

[13] Scritti Sterpi 14, 17.

[14] Parola del 12 novembre 1939, XI, 229.

[15] “La Piccola Opera della Divina Provvidenza”, novembre 1941, p.12.

[16] Lettera del 15 luglio 1940; Scritti Sterpi 28, 121.

[17] Ricordi personali del P. Stefano Ignudi, ADO.

[18] Lettera del 18 agosto 1945; Scritti Sterpi 13, 143. A Villa Borgia si fermò fino al 12 settembre, poi si trasferì nella Colonia Santa Maria di Via Massimi a Roma. 

[19] Verbale del Consiglio generale del 25 maggio 1948; ADO.

[20] Verbale del 18 agosto 1948; ADO.

[21] Verbale del 22 aprile 1949; ADO.

[22] Verbale del 28 giugno 1949; ADO.

[23] Lettera del 7 febbraio 1967 al Superiore generale; ADO, cart. Velletri.

[24] Si ebbe la costruzione della lavanderia, dei servizi igienici e, a pianterreno, 10 nuovi posti letto. Per coprire la spesa furono venduti alcuni appezzamenti di terreno limitrofi. Villa Borgia passò alle dipendenze dirette del Consiglio Generale; cfr Verbale del 15 luglio 1971 e del 10 e 24 novembre 1971, ADO.

[25] Con il Capitolo generale del 1969 fu deciso di collocare l’anno di Noviziato dopo le scuole superiori, con sede a Villa Borgia. Dal 1969 al 1972 non si ebbe Noviziato, eccettuato un piccolo gruppo con don Franco Gerali, padre maestro nel 1971-1972.

[26] Era una vecchia casa, abitata dal fattore Olindo Michetti, con cantina e attrezzi agricoli nella parte bassa.

[27] Cfr Verbali del 3 maggio e 20 novembre 1972, ADO.

[28] Da ricordare don Fausto Franceschi, don Aurelio Fusi, don Enrico Casolari, don Rosario Belli.

[29] Paolo Albera (1871- 1943) era nativo di Godiasco (Pavia) e fu collaboratore negli inizi della Congregazione di Don Orione. Dopo il riconoscimento della Congregazione (Decreto del 21 marzo 1903), egli non fece la professione religiosa, si separò e continuò promuovere le Colonie proprie; fu nominato Direttore delle Colonie pontificie. Accorse subito dopo il terremoto a Messina prodigandosi per la ricostruzione. Don Orione disse di lui: “Abbiamo cominciato a lavorare insieme. Poi la Provvidenza ha permesso che ci separassimo, avviandoci per sentieri diversi. Ma ci siamo ritrovati al terremoto di Messina. E da allora siamo tornati a vivere da buoni fratelli. Noi consideriamo sempre mons. Albera come uno dei nostri”; D. Sparpaglione, Un Vescovo agricoltore e costruttore. Mons. Paolo Albera, Miniera dei ricordi 16, ADO. Morì il 27 ottobre 1943.

[30] Risulta che mons. Albera continuò ad acquistare terreni per ampliare la proprietà. Sotto la proprietà esisteva una lunga caverna, o grotta. Qui la gente si rifugiò durante i bombardamenti del 1943-1944. In seguito, una frana la rese quasi del tutto inaccessibile (Testimonianza del fattore Umberto Pietrucci).

[31] Mons. Albera era il Procuratore della Congregazione. Testimonianza della Vicaria delle Immacolatine, Suor Valeria Mandriota, in data 11 dicembre 1959, rilasciata ad un incaricato della postulazione di Don Orione.

[32] Scritti 7, 395.

[33] Le due lettere in cart. Velletri – Colle Giorgi, ADO. Mons. Albera scrisse a don Sterpi, 2 gennaio 1940: “La causa pendente deriva dall'aver io accettato, quando ero vescovo di Bova, di essere socio della Cassa Centrale Federativa di Reggio che doveva regolare le casse rurali. Quando nel 1919 fui traslocato a Mileto, non mi curai più della cassa centrale, né domandai di essere cancellato dal numero dei soci, perché il regolamento della Cassa diceva che il socio perdeva la sua qualità passando da una provincia all'altra; io ero passato dalla provincia di Reggio in quella di Catanzaro. Avvenuto il fallimento, hanno tentato e tentano di coinvolgermi distinguendo fra Statuto e Regolamento; l'avvocato Greco dà buone assicurazioni. Stando così le cose lascio a voi di decidere se l'atto di trapasso della proprietà sia da farsi subito oppure sia da rimandarsi a causa finita; sono a disposizione”; ADO, cart. Paolo Albera.

[34] Scritti 107, 282..

[35] Michele Bianchi fu il “capomastro della Divina Provvidenza” sempre agli ordini di don Sterpi.

[36] Lettera a Don Orione del 20 gennaio 1940; Scritti Sterpi 8, 324. Il 1° giugno seguente scrive a don Parodi: “Intanto che è buon tempo raccomando che facciate aggiustare bene la stradetta che dalla casa dà allo stradone dei laghi. Abitando a Velletri d’inverno quella sarà la strada che dovremo praticare, l’altra sappiamo che colla pioggia o colla neve diventa impraticabile come lo fu quest’anno”; Scritti Sterpi 24, 16 e anche 24, 46.

[37] Il Testamento fu pubblicato il 12 settembre 1946 (Rep. 56308/9701 del notaio Guido Schillaci Ventura di Roma) e accettato con atto del notaio Giorgio Albertazzi di Roma, l’8 marzo 1955, da parte di don Enrico Sciaccaluga, “nel nome dell’Istituto Piccolo Cottolengo della Piccola Opera della Divina Provvidenza (don Orione) con sede in Genova, relativo agli appezzamenti di terreno complessivi di mq 177.490 circa siti nel Comune di Velletri, località denominata “Colle Giorgi” di nature varie (elenca particelle catastali), con entrostanti casa padronale, composta di due piani e quindici vani, Chiesa, e altri fabbricati rurali (elenca particelle catastali), a confine con strada, Fosso, Tempesta, coniugi Di Lazzaro Egidio e Ferraglia Virginia, Della Vecchia”; cart. Velletri – Colle Giorgi, ADO.

[38] Il Diario è conservato in ADO. Sono molte le notizie su Colle Giorgi tra il maggio 1940 e il giugno 1941. Nei lavori si alternarono don Nazareno Malfatti, Raffa, Pandiani, Schamlian, Re Luigi e Vincenzo, Tosetti, Mezzalira, Beccalli, Smiriglio, Berò.

[39] Don Sterpi seguì assiduamente l’avvio della casa tramite don Silvio Parodi; lettera del 1° giugno 1940; Scritti Sterpi 4, 16 e 24, 46.

[40] Andrea Gemma, poi vescovo, ricordava di esservi stato accolto il 6 ottobre 1941.

[41] Lettera del 30 dicembre 1941; Positio Orione, p. 259.

[42] Il primo bombardamento colpì Velletri proprio il giorno dell'Armistizio, l'8 settembre 1943, e produsse un centinaio di morti; il più devastante fu quello del 22 gennaio 1944, che distrusse gran parte del centro abitato con un numero imprecisato di vittime. Velletri subì bombardamenti da parte degli Alleati anche il 6 ed il 7 gennaio 1944, con la distruzione della stazione della ferrovia Roma-Velletri, e poi quelli del 24, 25 e 27 gennaio e 5 febbraio. Durante l’ultima offensiva degli Alleati, la contrada Morice fu bombardata il 20 aprile.

[43] Lettera al Genio Civile di Roma, 24 agosto 1950, di richiesta sussidio per danni di guerra subiti. ADO, cart. Velletri – Colle Giorgi.

[44] In ADO sono presenti gli elenchi.

[45] Verbali del Consiglio Generale, 12 gennaio 1948. Don Giovanni Farinasso, don Francesco Prosia e don Giuseppe Tirello nella loro informazione del 4 febbraio 1948 scrivono: “Sorga la Parrocchia e quanto prima”, però “C’è casa di formazione, la gente è molto sparsa, difficile da raggiungere, grandi spese”. E suggerirono di collocarla “a Morice, dove c’è gia una Cappella”; ADO, cart. Velletri – Colle Giorgi.

[46] L’11 ottobre 1958 fecero la prima Professione religiosa i fratelli coadiutori Rizza Pasquale e Corrado: “Atti e comunicazioni”, 1958, XIII, 2, p. 93.

[47] Un Rescritto della Congregatio pro Religiosis del 1962 approva l’unificazione del noviziato a Villa Moffa.

[48] Lettera del 7 febbraio 1967 al Superiore generale; ADO, cart. Velletri.

[49] I tre ettari di terreno rimasti venivano lavorati dal fattore Umberto Pietrucci e dai novizi di Villa Borgia.

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